DEMETRIO da Creta (Demetrio Damilas, Demetrius Mediolaneus)
Nacque nella prima metà dei sec. XV da una grande famiglia borghese della Creta orientale, fiorita nell'isola durante il dominio veneto.
Il cognome Damilas, che indica chiaramente l'antica origine "da Milano" della famiglia, è attestato da documenti notarili fin dal sec. XIII. I Damilas, probabilmente cattolici, erano numerosi nell'isola e tra i più famosi si possono annoverare D. e suo fratello Antonio. Loro lontani parenti potrebbero essere Helena de Mediolano e Iohannes de Mediolano, entrambi attivi nel commercio, il cui nome compare in un documento veneziano del 1390 che attesta la loro presenza nell'isola greca dall'ottobre 1374.
Antonio venne in Italia dopo la caduta di Costantinopoli, forse insieme con Demetrio. Sulla permanenza in Italia rimangono però ancora alcuni interrogativi: senz'altro egli era di nuovo in Grecia prima del 1488, perché da una lettera che Demetrio Calcondila scrisse da Firenze in quell'anno a Giovanni Lorenzi si apprende che il Calcondila intervenne presso l'amico in favore di Antonio, affinché gli procurasse un posto di protopsaltes a Creta. All'attività di notaio, che esercitò a Candia dal 1496 al 1504, Antonio affiancò quella di copista. Non sempre esemplava da solo, ma talvolta in collaborazione con altri, tra cui Giorgio e Manuele Gregoropulos e Michele Apostolis.
Nel 1476 D. era a Milano: in collaborazione con il tipografo Dionigi Parravicino stampò l'Epitome (o Erotemata) di Costantino Lascaris, comunemente considerato il primo libro stampato in Italia interamente in caratteri greci. A tutt'oggi, infatti, non è ancora stato dimostrato che l'edizione degli Erotemata di Manuele Crisolora, senza indicazione di luogo, tipografo e data, ma stampata forse a Firenze, sia uscita prima del 30 genn. 1476, data in cui, appunto, apparve l'opera del Lascaris.
Nel periodo dell'Umanesimo la grammatica del Lascaris, insieme con quella del Crisolora, costituì il testo fondamentale per lo studio della lingua greca. Nel 1480, infatti, a distanza di pochi anni dalla prima, essa vide una seconda edizione con la traduzione latina del francescano Giovanni Crastone (Milano, Bono Accursio) e altre ne seguirono. L'edizione curata da D. si compone di 72 carte, senza paginazione, né segnature, né richiami. Il colophon è in latino, a verso dell'ultima carta. Precede il testo una prefazione di D. rivolta τοις εὖ γεγονόσι καὶσπουδαίοις (ingenuis ac studiosissimis adolescentibus). Il testo greco della prefazione è seguito dalla traduzione latina. D. stesso disegnò i caratteri che dovevano servire alla composizione dei libro e, molto probabilmente, seguì lui stesso la loro preparazione. Nella prefazione, dopo aver espresso il suo profondo desiderio di essere in qualche modo utile a coloro che si accingono allo studio della lingua greca, egli spiega di aver deciso di stampare libri greci, nonostante le tante e ardue difficoltà dell'impresa. Spera, comunque, di aver fatto un buon lavoro e che questo possa essere ben accetto e utile agli studiosi di tale lingua. La caratteristica fondamentale dei caratteri disegnati e preparati da D. per l'edizione del Lascaris, che il Proctor ha classificato come "primo tipo milanese", sta nel tentativo di somigliare il più possibile ai caratteri dei manoscritti. Questo comportava un numero necessariamente elevato di legature, atte a rendere più fluida la parola stampata. Nella prefazione al volume D. si sofferma proprio sulle difficoltà incontrate per la realizzazione di questo scopo. Nell'altra edizione da lui curata, l'Omero del 1488, D. comunque non ripeté analogo errore e la stampa venne effettuata coi minimo di legature.
L'opera tipografica di Dionigi Parravicino e D. fu molto apprezzata dai contemporanei: Angelo Poliziano, infatti, dedicò loro un epigramma In Demetrium Cretensem et Dionysium Paravisinum, Graecorum voluminum impressorum (Venezia 1498), in cui veniva lodato il frutto del loro lavoro. Tuttavia l'associazione tra i due ebbe breve durata. Certamente già nel 1478 il Parravicino lavorava a Milano in società con Domenico da Vespolate: in quell'anno, infatti, essi stamparono i Rudimenta grammatices di Niccolò Perotti. D. andò invece a Firenze, non sappiamo esattamente quando, ma senz'altro prima del 1484. Da una lettera scritta da Demetrio Calcondila a Giovanni Lorenzi, in un periodo che può andare dal 1478 al 1484, si apprende che D. in quegli anni era già a Firenze. Il suo arrivo in questa città può essere ulteriormente precisato in base a una lettera di Francesco Filelfo al Calcondila, a Firenze, scritta da Milano il 30 maggio 1477, in cui il Filelfo raccomandava D. all'amico. A Firenze egli collaborò strettamente con il Calcondila, lavorando all'editio princeps delle opere di Omero, la quale, sebbene nel colophon riporti la data 9 dic. 1488, non fu completata prima del 13 gennaio dell'anno successivo.
Tale edizione fu considerata il più bel libro greco stampato in Italia nel sec. XV. I caratteri sono una versione ampliata, per un totale di più di 300 pezzi, di quelli usati nel 1476 a Milano. Molto probabilmente D. portò con sé da Milano a Firenze, se non i caratteri, almeno punzoni e matrici. Alcuni studiosi credettero erroneamente che questa edizione di Omero fosse uscita dall'officina dei fratelli Bernardo e Neri de' Nerli che invece, insieme con Giovanni Acciaiuoli, furono solo i finanziatori dell'impresa. A Bernardo de' Nerli si era infatti rivolto il Calcondila, che ne era stato maestro, perché patrocinasse il progetto editoriale. La genesi dell'opera è illustrata in una epistola dedicatoria del Nerli a Pietro de' Medici, che precede il testo. A questa segue la prefazione del Calcondila ai lettori. Dopo attenti studi il Ridolfi giunse alla conclusione che l'officina dai cui torchi usci l'Omero era la stessa da cui era precedentemente uscita l'edizione di Virgilio e che egli chiamò dello "stampatore del Vergilius, C. 6061".
La collaborazione tra il Calcondila e D. durò vari anni. Quest'ultimo non si limitò a disegnare caratteri greci per la stampa, ma fu anche abile e apprezzato copista. A lui venne affidata dal Calcondila la copia dello Strabone che occorreva a Lorenzo de' Medici, eseguita sull'esemplare appartenente a Giovanni Lorenzi (oggi conservata a Parigi, Bibl. nationale, Fonds grec 1394). P. Canart identifica D. con il famoso "librarius Florentinus", copista di numerosi codici, molti di lusso, e attivo sia a Firenze sia a Roma.
Scontento della sua situazione a Firenze, il Calcondila nel 1491 lasciò la città e si trasferì a Milano. Nel frattempo D., probabilmente a conoscenza delle intenzioni del suo collaboratore, si era già trasferito a Roma. Infatti il 23 apr. 1490 ricevette in prestito dalla Biblioteca Vaticana un Tolomeo che restituì l'8 luglio dello stesso anno. Il suo nome compare altre volte nei registri di prestito della biblioteca, fino al 1504. Nel febbraio 1506 egli ebbe l'incarico di scrittore di manoscritti greci della Biblioteca Vaticana (il motu proprio di Giulio Il con cui gli veniva affidato tale incarico fu emesso tra il 6 e il 19 febbr. 1506). Ma non rimase a lungo al servizio della biblioteca, e questo spiegherebbe il fatto che nei manoscritti vaticani non si trova traccia di copie esemplate dal "librarius Florentinus", ovvero da Demetrio. Fu comunque il primo copista ufficialmente chiamato presso la Biblioteca Vaticana per trascrivere codici greci. Gli succedette Giovanni Onorio da Maglie, nominato il 2 luglio 1515.
Dopo il suo soggiorno a Roma di D. non si hanno più notizie: forse morì di lì a poco, oppure, ormai stanco, abbandonò ogni attività.
Fonti e Bibl.: K. N. Sathas, Νεοελληνκὴϕιλολογία..., 1, ἐν᾿Αθήναις 1868, p. 106; A. Firmin-Didot, Alde Manuce et l'Hellénisme a Venise, Paris 1875, pp. 36-44, 580 s.; H. Noiret, Huit lettres inédites de Démétrius Chalcondyle, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, VII (1887), pp. 479 s., 486-490; E. Legrand, Bibliographie hellénique ou description raisonnée des ouvrages publiés en grec par des grecs, I, Paris 1885, pp. 1-6, 9-15; III, ibid. 1903, pp. 50, 86, 116; Id., Cent-dix lettres grecques de François Filelfe..., Paris 1892, pp. 190-194; R. Proctor, The printing of Greek in the fifteenth century, Oxford 1900, pp. 11, 51 ss.; V. Scholderer, Greek printing types 1465-1927 ..., London 1927, pp. 4 s., tavv. 8, 18; M. Bertola, Idue primi registri di prestito della Biblioteca Vaticana. Codices Vaticani Latini 3964-3966, Città del Vaticano 1942, pp. 60 s., 84, 102; G. Cammelli, Idotti bizantini e le origini dell'Umanesimo, III, Demetrio Calcondila, Firenze 1954, pp. 89 ss.; R. Ridolfi, La stampa in Firenze nel secolo XV, Firenze 1958, pp. 95-100; D. J. Geanakoplos, Greek scholars in Venice, Cambridge 1962, pp. 224 s.; A. Pertusi, ᾿Ερωτήματα. Per la storia e lefonti delle prime grammatiche greche a stampa, in Italia medioevale e umanistica, V (1962), pp. 321-328; C. Lascaris, Greek grammar..., a cura di J. J. Fraenkel, Amsterdam 1966; N. B. Tomadakis, I greci a Milano, in Rend. d. Ist. lomb. di scienze e lettere, classe di lettere e scienze mor. e stor., CI (1967), 3, pp. 575 ss.; J. Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI..., Città del Vaticano 1973, pp. 317 s.; P. Canart, Démétrius Damilas, alias le "Librarius Florentinus", in Riv. di studi bizantini e neoellenici, n.s., XXIV-XXVI (1977-1979), pp. 281 -347; M. Lowry, The world of Aldus Manutius, Oxford 1979, p. 81; T. Rogledi Manni, La tipografia a Milano nel XV secolo, Firenze 1980, p. 41; E. Gamillscheg-D. Harlfinger, Repertorium der griechischen Kopisten 800-1600, I, Handschriften aus Bibliotheken Grossbritanniens, a) Verzeichnis der Kopisten, Wien 1981, pp. 37, 68; M. M. Nikolidakis, ΝεὶλοςΑαμὶλας, Iraklio 1981, pp. 39-45; La stampa a Firenze 147-550 (catal.), a cura di D. E. Rhodes, Firenze 1984, pp. 33 s.; L'attività editoriale dei Greci durante il Rinascimento italiano (1469-1523) (catal.), a cura di M. Manoussakas- C. Staikos, Atene 1986, pp. 54-57, 74 s.