STRATOS, Demetrio
STRATOS, Demetrio (Efstratios Demetriou). – Efstratios Demetriou (questo il nome anagrafico) nacque ad Alessandria d’Egitto il 22 aprile 1945 da genitori greci, Janis Demetriou e Athanassia Archondoyorghi.
Frequentò la British Boys School (in lingua inglese) e studiò fisarmonica e pianoforte nella sezione staccata del conservatoire national d’Athènes. Di famiglia greco-ortodossa, crebbe ascoltando musica sacra bizantina e musiche popolari arabe. Fra il 1957 e il 1962 frequentò il collegio cattolico di Terrasanta a Nicosia, dove i genitori lo mandarono in seguito ai disordini politici scoppiati in Egitto. Mutò il proprio nome in Demetrio Stratos quando venne in Italia per iscriversi alla facoltà di architettura di Milano (1962). Non acquisì mai la cittadinanza italiana, pur avendo sposato nel 1969 la compagna di università Daniela Ronconi.
Nel 1963, da tastierista, formò un gruppo musicale studentesco che si esibiva alle feste della Casa dello studente di Milano e in altri locali da ballo in città. Iniziò a cantare per caso, sostituendo il cantante del gruppo, indisposto per via di un incidente. Si esibì a lungo nei repertori blues e soul nel locale milanese Santa Tecla. Nel 1967 divenne cantante del gruppo I Ribelli, dell’etichetta discografica Clan Celentano; la sua vocalità, peculiare nel timbro e multiforme nei modi di emissione, incontrò l’attenzione di un vasto pubblico anche grazie al notevole successo della canzone Pugni chiusi (1967). Nel 1970 Stratos lasciò I Ribelli e formò un proprio gruppo con musicisti britannici (tra i quali Jan Broad, poi batterista dei Deep Purple). Per la casa discografica Numero Uno di Lucio Battisti e Mogol incise alcuni provini di canzoni in inglese da destinare al mercato anglo-americano e il 45 giri Daddy’s dream / Since you’ve been gone (1972); la collaborazione non ebbe seguito.
Nel 1972 con il batterista Giulio Capiozzo fondò il gruppo Area, con Leandro Gaetano (tastiere), Johnny Lambizzi (chitarra), Patrick Djivas (basso) e Victor Edouard Busnello (fiati). Il nome del gruppo si richiamava all’imperativo poetico proclamato da Allen Ginsberg: occorre che le nuove generazioni «allarghino l’area della coscienza». Il gruppo assunse una forte connotazione protestataria, che in Italia coincideva con gli orientamenti della sinistra extraparlamentare (Lotta continua), dei movimenti giovanili più politicizzati e di riviste di controcultura come Re nudo. Tale posizione precluse agli Area il circuito discografico anglo-americano; buona fu invece l’accoglienza in Francia e in Portogallo. Forte fu l’istanza internazionalista degli Area – si definirono anche International POPular group – che ne caratterizzò lo stile musicale, pervaso da sonorità etniche mediterranee e dell’Europa orientale; tale istanza rispondeva anche alla varia provenienza dei primi componenti (Djivas era francese, Busnello aveva vissuto in Belgio, Lambizzi era italo-ungherese). Questo «piccolo porto di mare» (Bianchi, 2014, p. 9) si sposò con la sensibilità sviluppata da Stratos fin da piccolo nella nativa Alessandria, terra di passaggio di popoli, culture, pratiche musicali.
Nel 1973 gli Area (con Patrizio Fariselli e Giampaolo Tofani al posto di Gaetano e Lambizzi) incisero il primo disco, Arbeit macht frei, per la neonata Cramps Records, i cui fondatori, Gianni Sassi e Sergio Albergoni, divennero di fatto elementi del gruppo: il primo curò la veste grafica dei dischi, entrambi scrissero i testi delle canzoni (sotto lo pseudonimo Frankenstein) in sintonia con i musicisti. Nella prima canzone, Luglio, agosto, settembre (nero), si ode una poesia araba d’amore recitata da una donna egiziana, seguita dal canto di Stratos, accompagnato dall’organo Hammond, che commenta la strage delle Olimpiadi di Monaco 1972. Affidando alla voce di Stratos versi come «Non è colpa mia se la tua realtà mi costringe a fare guerra all’omertà», gli Area intesero non già legittimare i terroristi dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina bensì lanciare un disperato grido contro l’ideologizzazione del conflitto. Il ricorso a melodie derivate da una canzone popolare macedone (Yerekina) era il segno dell’istanza internazionalista del gruppo e dell’interesse per le musiche tradizionali popolari; sperimentando, gli Area inglobavano sonorità folkloriche nelle forme correnti del rock e della canzone, accostando improvvisazioni in stile free jazz, momenti di progressive rock, suoni elettronici e stilemi tipici della musica d’avanguardia.
Di fondamentale importanza per Stratos fu la collaborazione con la Cramps: la casa discografica promosse le collane Nova musicha e DIVerso; la prima fu inaugurata nel 1974 da un disco con musiche di John Cage che include estratti dei Sixty-Two Mesostics re Merce Cunningham per voce non accompagnata e microfono interpretati da Stratos. In giugno, alla Festa del proletariato giovanile al parco Lambro di Milano, organizzata da Re nudo, Stratos presentò i Mesostics di Cage davanti a 15.000 spettatori. Nello stesso anno gli Area (con Ares Tavolazzi al posto di Djivas) pubblicarono il secondo disco, Caution Radiation Area (Cramps).
Memore della fase di lallazione della figlia Anastassia (nata nel 1970) e della successiva perdita di ricchezza della sonorità vocale con l’acquisizione del linguaggio, Stratos intensificò gli interessi che già da tempo nutriva per le potenzialità espressive della voce. Nel 1975, anno di pubblicazione del terzo disco degli Area, Crac! (Cramps), approfondì lo studio delle tecniche di emissione popolari orientali, con suoni multipli, diplofonie e triplofonie. Nel 1976 pubblicò il primo disco come cantante solista, Metrodora, risultato delle sue ricerche sulla voce, e il quarto con gli Area, Maledetti (maudits), entrambi per Cramps; avviò collaborazioni con il laboratorio di acustica dell’Università di Parigi VI e con il Centro di studio per le ricerche di fonetica del CNR di Padova; partecipò all’ultima, burrascosa Festa del proletariato giovanile al parco Lambro; tenne un concerto, basato sull’improvvisazione, nell’Aula magna dell’Università statale di Milano (la cui registrazione fu poi pubblicata con il titolo Event ’76, nel 1979).
Il crescente interesse per la psicanalisi e le funzioni educative della voce lo portò nel 1977 a tenere corsi e seminari in scuole milanesi. Nel 1978, dopo una tournée in Portogallo con gli Area, il 18 e 19 marzo al Roundabout Theatre di New York partecipò allo spettacolo Events di Merce Cunningham & Dance Company (direzione musicale di Cage, coreografie di Cunningham, scene e costumi di Jasper Johns, Mark Lancaster, Robert Rauschenberg e Andy Warhol). L’ultimo disco degli Area con Stratos cantante fu 1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano: segnò la fine della collaborazione del gruppo con Sassi e la Cramps (l’album fu pubblicato dalla CGD; cfr. Coduto, 2009, pp. 175-177). In estate fu a Cuba con gli Area per l’XI Festival mondiale della gioventù e partecipò con una delegazione della Mongolia a un dibattito sulla vocalità in Estremo Oriente. Per la Cramps pubblicò Cantare la voce, secondo disco come solista, accompagnato dal testo estetico-musicologico Hyde Park di Gianni Emilio Simonetti, e partecipò con O tzitziras o mitziras, scioglilingua onomatopeico greco di un canto di cicale, a Futura, antologia storico-critica di poesia sonora. Con Cage fu ad Amsterdam (Sounday, performance ininterrotta di dieci ore), a Bologna (Un treno per John Cage: alla ricerca del suono perduto, tre escursioni in treno ‘preparato’ con Walter Marchetti e Juan Hidalgo Codorniu), a Genova (concerto al teatro Margherita), all’Università di San Diego in California (seminario al Centro di musica sperimentale) e a Parigi (Settimana John Cage, Opéra Louis Jouvet).
Nel gennaio del 1979 registrò il testo di Nanni Balestrini Le Milleuna per un’azione mimica di Valeria Magli. In febbraio fu a Parigi per una rassegna organizzata da France Culture, interpretando Antonin Artaud. Tenne corsi di semiologia della musica contemporanea sulla voce nel conservatorio di Milano. Con Tofani e Mauro Pagani diede vita allo spettacolo Rock’n’roll Exhibition, rivisitazione di brani degli anni Cinquanta, segno della sua mai sopita passione per il ryhtm’n’blues e i classici del rock (da Elvis Presley a John Lee Hooker).
Morì al Memorial Hospital di New York City la mattina del 13 giugno 1979. Era stato ricoverato il 2 aprile al Policlinico di Milano per una grave forma di anemia aplastica ed era poi stato trasferito nell’ospedale di Manhattan.
Il concerto organizzato per il 14 giugno all’Arena Civica di Milano, per raccogliere fondi da destinare alle sue cure, ebbe il senso di un epicedio. All’appuntamento, di cui restano tracce in un doppio long playing (1979 Il concerto: omaggio a Demetrio Stratos) e in numerose riprese televisive, parteciparono circa 60.000 persone; un centinaio di artisti (di varia statura) salirono sul palco. Per dimensioni e contraddizioni, il concerto è stato eletto da taluno addirittura a emblema della fine di un’epoca di rivoluzioni mancate e di «sublimi eclettismi» artistici, a un anno dall’assassinio di Aldo Moro e dalla scomparsa di Paolo VI (Volpi, 2015).
Determinante per il multiforme percorso artistico di Stratos fu il ruolo svolto dalla Cramps, etichetta indipendente nelle scelte artistiche, che si affidò però alle grandi case discografiche per la distribuzione (dapprima Ricordi, poi Phonogram e Baby Records). Tale compromesso consentì ad artisti di nicchia e dediti alla sperimentazione di raggiungere il grande pubblico «sfruttando una sorta di effetto-carrello nella contrattazione degli spazi offerti dai vari media» (Fabbri, 1994, p. 210). La controcultura di sinistra, di cui gli Area furono espressione, si appuntò contro un establishment di cui faceva parte anche l’industria discografica, invocando in modo talvolta violento la fruizione gratuita della musica, mentre fra gli artisti c’era chi anelava alla totale indipendenza dalle principali etichette. Stratos e gli Area si posizionarono a metà strada fra i prodotti musicali che perseguivano il consenso del mercato e quelli destinati a circuiti alternativi di radicale ispirazione marxista – come la Cooperativa Orchestra, che riunì, fra gli altri, il Gruppo Folk Internazionale e gli Stormy Six, convogliando gli ideali del sinistrismo in un’etichetta indipendente nella produzione e nella distribuzione. La contraddittoria convergenza tra opposizione e adesione al sistema discografico diede alcuni risultati positivi ma innescò anche conflitti. D’altronde, le canzoni degli Area trascesero la mera protesta politica, perché i testi di Sassi e Albergoni, al netto di titoli e slogan espliciti, adeguandosi a uno stile musicale di difficile ascolto, adottarono linguaggi criptici, che sconfinarono perfino nella favolistica, volti a spiazzare l’ascoltatore per indurlo a riflettere. Lungi dall’essersi limitato a «una sola produzione musicale commerciale» (così Janete El Haouli su Daddy’s dream; 1999, p. 15), Stratos non fu il portabandiera di una protesta esclusiva, si misurò anzi con esperienze artistiche diversissime (e talvolta apparentemente astratte). Nel 1980 la Premiata Forneria Marconi gli dedicò la canzone Maestro della voce, a testimonianza di un’ammirazione che andava oltre le diatribe ideologiche che pure vi furono fra la band e gli Area; lo stesso Moni Ovadia, anima del Gruppo Folk Internazionale e vicepresidente della Cooperativa Orchestra, considera tuttora un privilegio aver avuto Stratos nel 1979 come cantante-muezzin in una performance teatrale relativa al disco Le mille e una notte (così in un’intervista inedita, marzo 2018). Con la sua voce, Stratos incarnò gli ideali di quel confronto, scontro e incontro fra estetiche ed etiche contrapposte, perfino entro uno stesso schieramento, che agitò un decennio quanto mai inquieto per l’Italia.
Fonti e Bibl.: A. Aprile - L. Majer, La musica rock progressive europea, Milano 1980, pp. 206-211; F. Fabbri, La Cramps. Un’indipendenza mancata, in Musica/Realtà, 1994, n. 43, pp. 209-211; J. El Haouli, D. S. Alla ricerca della voce-musica, Milano 1999; D. Coduto, Il libro degli Area, Milano 2009; C. Bianchi, Quegli anni di rock e protesta. Fariselli agli appuntamenti di Aref, in BresciaMusica, 2014, n. 137, pp. 8 s.; S. Melidoro, Un’analisi della vocalità nei lavori solistici di D. S. Diplofonia, bitonalità e vocal staging, in Analitica. Rivista online di studi musicali, 2015, vol. 8; A. Volpi, La rivoluzione mancata. La scomparsa di D. S. e il difficile rapporto tra musica e politica negli anni Settanta, Pisa 2015; D. S. Scritti. Documenti. Testimonianze, a cura di C. Chianura, Milano 2015; C. Bianchi, Il lungo intreccio. L’onda lunga del ’68 fra cultura, politica e popular music, in La memoria delle canzoni. Popular music e identità italiana, a cura di A. Carrera, Pasturana 2017, pp. 36-67; Sulle labbra del tempo. Area tra musica, gesti ed immagini, a cura di D. Protani - V. Vacca, Caivano 2017. Si veda inoltre: http://www.demetriostratos.org/ (con bibliografia e discografia).