SANNA, Demetrio Vittorio.
– Nacque il 22, o forse il 12, gennaio 1729 da Sebastiano e da Giuseppa Tanca a Tiesi (oggi Thiesi), feudo Manca nell’Altopiano del Meilogu, a circa trenta miglia da Sassari, dove seguì i primi studi di grammatica e umane lettere.
Le frammentarie notizie biografiche consentono di datare tra il marzo e il maggio 1747 (Del Rey Fajardo, 2006b, t. II, p. 473; Turtas, 2010, p. 182, app. f. 6) il suo ingresso nella Compagnia di Gesù e l’avvio degli studi presso il Collegio gesuitico sassarese che ancora in quegli anni, benché la Sardegna fosse ormai parte del Regno sabaudo e avesse ottenuto il riconoscimento di Benedetto XIII nel 1726, manteneva l’assetto di Università di diritto pontificio e di diritto regio spagnolo. Gli anni di Sanna nel Collegio non risultano documentati da fonti coeve, ma tracce più tarde attestano il conseguimento dei gradi accademici in filosofia e teologia, e il distinguersi del giovane «per la modestia delle azioni, e per l’ingegno addimostrato»: per tali risultati («per la qual cosa»: Tola, 1838, p. 167, col. 1), fu destinato come missionario al Viceregno della Nuova Granada attorno al 1760. La provincia gesuitica della Sardegna era ancora sotto il controllo dell’Assistenza di Spagna e, in procinto di passare sotto la giurisdizione dell’Assistenza d’Italia (ratificata poi nel 1766), viveva una fase di ripresa dopo la peste del 1652, incrementando le vocazioni missionarie, specie per le Indie Occidentali e le Filippine. Il vuoto documentario sulle Litterae Indipetae di candidati sardi alle missioni ad gentes nel periodo 1705-1763 (cfr. Turtas, 2010, p. 53) non consente di sapere se il Nuevo Reino de Granada fosse tra i desiderata di Sanna, di cui peraltro non è nota la destinazione apostolica originaria. Del resto, le scansioni successive della sua vita si recuperano per segmenti o indirettamente dai contesti storici di riferimento, e mettendo a confronto la storiografia gesuitica, quella sarda-sabauda, e la letteratura sui viceregni americani.
Sulla base di documenti della Real Audiencia y Casa de la Contratación de Indias, a Cadice dal 1717, Sanna risulta essersi imbarcato il 7 settembre 1760 sul naviglio San Francisco di Sales, detto El Thetis, per la Provincia gesuitica del Nuevo Reino de Granada (cfr. del Rey Fajardo, 2006b, t. V, p. 434) che nel dicembre del 1757 aveva chiesto al Consejo de Indias nuovi missionari per sostenere i ventiquattro padri effettivi e avviare l’evangelizzazione nei deserti del Guaviare (cfr. Pacheco, 1989, p. 351). Sulla linea del più serrato controllo politico-militare, economico e amministrativo della Corona nelle Americhe entro cui Filippo V aveva istituito nel 1717 e ricreato nel 1739 il Viceregno, e nel quadro della linea regalista dei Borbone, dei rapporti piuttosto critici con i gesuiti anche per la competitività commerciale sui prodotti americani (e dell’impatto della 'Guerra del Asiento' contro la flotta inglese del 1739-1748) l’invio di nuovi missionari era soggetto a un non formale placet politico.
Con Real cédula del 9 aprile 1760, Carlo III approvò la partenza di un numero massimo di sessanta gesuiti destinati al Viceregno (ancora in fase di riassetto territoriale sulla base delle risorse minerarie e agricole), per la conversione dei Llanos de Casanares, Meta, Orinoco y otros parajes, dove nei decenni precedenti l’evangelizzazione si era per tanti motivi bloccata (cfr. Restrepo Olano, 2009, cap. 5; Rivero, 1883, pp. 73 s.; Borda, 1872, I, cap. 3; II, cap. 6). Il 19 maggio fu autorizzata la partenza di 34 sujetos, compresi giovani diretti al Colegio Máximo di Bogotà per completare gli studi. Tra i gesuiti, guidati da p. ignacio de Olarte, erano compresi tre italianos di lingua castigliana (come allora consigliato ma non ancora imposto per le missioni ad gentes nei domini spagnoli): il sardo Ignazio Gutiérrez, il romano Salvatore Sorbo e Demetrio Sanna, che aveva quasi trent’anni, «mucho cuerpo, delgado, moreno, poca barba, ojos undidos, pelo negro», e non aveva ancora emesso i quattro voti (del Rey Fajardo, 2006b, t. V, p. 434; Id., 1974, pp. 43 s.; Id., 2006a, p. 628, sulla base di documenti dell’Archivo General das Indias, Casa de Contractación, C. 5549). Non si hanno informazioni sulle tappe successive allo sbarco, probabilmente a Cartagena de Indias (punto di arrivo della flota de Tierra firme) dove, a differenza di altri compagni di viaggio subito avviati alle missioni registrati nel locale collegio gesuitico (cfr. del Rey Fayardo, 2004, p. 166), Sanna non risulta presente; è dunque ipotizzabile che fosse già destinato alla Provincia di Venezuela (che dal 1742 era scorporata dal Viceregno della Nuova Granada) non solo per emettere la professione ma perché ritenuto idoneo all’insegnamento e a sostenere il nascente Collegio di Caracas. Vi arrivò soltanto nel 1762, a oltre un anno dallo sbarco americano e forse a causa dell’itinerario che prevedeva usualmente il passaggio via fiume da Cartagena a Maracaibo, e di lì per l’omonimo lago che le barche attraversavano due volte l’anno, fino a Caracas.
Il Collegio, nato nel 1731 a uso interno, collocato in una casa della Compagnia e già dotato di un grande patrimonio terriero, procedeva lentamente a una definitiva sistemazione della sede e della Chiesa annessa, ed era autorizzato, grazie alla Real cédula del 20 dicembre 1752, ad aprire l’alunnato a tutte le classi (cfr. Torres Sánchez, 2001; Pastor Miguelanez, 2011, p. 252). Gran parte delle fonti gesuitiche e della storiografia sui viceregni attestano che Sanna vi restò negli anni a seguire, forse come insegnante di grammatica (castigliana), che pronunciò i quattro voti il 15 agosto 1764, che dedicò la sua attività pastorale alla «popolazione spagnuola» (del Rey Fajardo 2007, p. 567; Kratz, 1942, p. 44) fino al 15 giugno 1767, quando la Pragmática sanción per l’espulsione dei gesuiti da tutti i domini della Corona emanata da Carlo III il 2 aprile venne applicata al Collegio di Caracas. Prima dell’alba, con la modalità attuata dal 31 marzo nelle città spagnole, il governatore della Provincia di Venezuela José Solano y Bote «apoyado con una partida de tropa arreglada» e con quattro testimoni occupò le «temporalidades» della «casa que sirve de colegio» e ordinò l’«extrañamiento» dei padri e dei tre coadiutori presenti, ospitati nei giorni a seguire in una imprecisata residenza ecclesiastica. L’11 luglio 1767 – con il superiore José Pagés e i padri Francisco Javier Otero, Manuel Parada – Demetrio Sanna si imbarcò per Cadice da La Guayra, porto di Caracas (cfr. del Rey Fajardo, 2014, p. 50; Id., 2008, p. 40; Torres Sánchez, 2001, pp. 19 s.). Il tempo piuttosto anticipato della partenza rispetto a quella degli altri gesuiti americani, l’esiguità del numero dei padri a Caracas e nell’apostolato dell’area, dove era a rischio anche la tenuta di altri ordini religiosi e in specie dei cappuccini (cfr. Cassani, 1741, cap. 14; Civrieux-Potelet, 1991), può spiegare l’assenza di documentazione sul rimpatrio. Si può dunque soltanto presumere che a Cadice (presso gli Agostiniani o nell’Ospedale San Juan, cfr. Page, 2007, p. 405) il gruppo seguì le prescrizioni assegnate ai gesuiti dell’Assistenza di Spagna provenienti dalle Americhe, tra cui si contavano quarantaquattro italiani: raggiunta la Corsica, ormai francese e passaggio obbligato per raggiungere lo Stato della Chiesa dopo l’interdizione ai gesuiti spagnoli del porto di Civitavecchia decisa da Clemente XIII per motivi politici nel maggio del 1767, e messa a disposizione degli ignaziani in base a un accordo franco-spagnolo fino all’agosto del 1768, quando Luigi XV ne decise l’espulsione. Di lì Sanna, via mare fino a Sestri Levante, raggiunse le Legazioni pontificie attraverso l’Appennino con le stesse difficoltà materiali e psicologiche documentate per tanti confratelli dell’Assistenza di Spagna (cfr. Giménez Lopez, 1977), mentre la Santa sede individuava nei suoi confini una città-ospite per ciascuna delle province gesuitiche d’oltremare, assegnando ai padri della Provincia della Nueva Granada località umbre e marchigiane (cfr. Guasti, 2006, pp. 4-44; Page, 2007, pp. 405 s.; Pavone, 2011, p. 866). Non trova conferme una presenza di Sanna a Cagliari per due anni, su chamata del ministro Bogino (cfr. Tola, 1838, p. 167, col. 1), probabilmente originata dall’omonimia con quattro missionari gesuiti sardi richiamati in patria dopo lunghe trattative con il governo sabaudo (nomi in Puddu pp. 236-246 e liste rimpatriati in Cogliani 1908, pp. 185 s.); analogamente, non è confermato un suo soggiorno a Roma «fino al giorno in cui fu abolita la Compagnia». Tutte le fonti registrano Sanna a Fano nel 1801, senza precisazioni sulla vita negli oltre trent’anni successivi all’arrivo a Cadice. Di certo, partecipò attivamente al più delicato dibattito dottrinale degli anni Ottanta, pubblicando su «alcuni errori» del Sinodo di Pistoia due volumi, di 362 e 159 pagine (Il peccato in religione ed in logica degli atti, e decreti del concilio diocesano di Pistoja celebrato l'anno 1786. Da monsignor Scipione de Ricci e pubblicato l'anno 1788… Opera postuma del fu p. Mariano Pistofilo degli Eusebj di città Geropoli, edito ad Assisi, stamperia Ottavio Sgariglia, nel 1791 e la Seconda parte, ossia Apendice all’opera intitolata Il peccato in religione…, Pesaro, stamperia Gavelli, 1792).
A fronte delle tante paternità del disvelamento del vero autore (cfr. Cernitori, 1793, pp. 132 s.; Melzi, II, 1852, p. 346) è lo stesso Sanna (a conclusione della Seconda parte, pp. 157 s.) a rivelare la sua identità di «exgesuita Sardo», presentando il senso dell’opera «postuma» (perché scritta da un prete secolarizzato che «fu Regolare»), e dello pseudonimo Mariano (difensore «contro il Sinodo, delle prerogative, ed eccellenza di Maria»), Pistofilo («amante della fede cattolica») degli Eusebj («pii») di Città Gerapoli (l’«alma città» a cui si dedicò come «membro di un istituto regolare addetto sempre al Roman Pontefice». Le due opere (talvolta attribuite ad altri gesuiti come Manuel Mariano de Iturriaga o Diego José Fuensalida Sierra, e spesso ancora oggi assegnate a «Sauna») ebbero una buona eco nell’ambito della letteratura gesuitica-americana, inserite in diversi repertori (Caballero, 1814, p. 48; Hurter, 1884, p. 540; Uriarte y Basterrechea, 1906, pp. 245-247). A riguardo, l’Archivo Histórico Nacional di Madrid (con conferma nell’Archivo Histórico de Loyola - AHL di Guipúzcoa, cfr. del Rey Fajardo 2006a, p. 629) conserva una lettera di Sanna al «duque de Acudia» (Manuel Godoy y Álvarez de Faria, ministro universal di Carlo IV) che, datata Fano 16 marzo 1793, consente di attestare il suo luogo di residenza in quella città prima del già testato 1801. Attorno a quella data risulta da varie fonti insegnare in una sua «scuola di latinità», svolgere anche in Urbino «labores intelectuales» (forse fino al 1804 come attesta Sommervogel, 1846, p. 573, e risulterebbe dalle «Papeletas Sanna» dell’Archivo inédito Uriarte-Lecina di Medellín) e vivere «in tale stato di indigenza che gli furono fatti caritativamente il mortorio e la sepoltura» (Tola, 1838, p. 167, col. 2), in un giorno imprecisato tra il 1801 e il 1804.
Fonti e Bibl.: Le fonti dell’Archivum Romanum Societatis Iesu sono indicate in W. Kratz, Gesuiti italiani nelle missioni spagnole al tempo dell’espulsione (1767-1768), in Archivum historicum Societatis Iesu, XI (1942), pp. 27-68. Fonti dagli archivi spagnoli e viceregni americani sono indicate in tutte le opere citate di J. del Rey Fajardo.
J. Cassani, Historia de la Compañía de Jesús de la Provincia del Nuevo Reino de Granada, Madrid 1741; G. Cernitori, Biblioteca polemica degli scrittori: che dal 1770 sino al 1793 hanno o difesi, impugnati i Dogmi della Cattolica Romana Chiesa, Roma 1793; R.D. Caballero, Bibliothecae scriptorum Societatis Jesu Supplementa, Supplementum primum, Romae 1814; P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, III, Torino 1838, pp. 167 s. (ristampa a cura di M. Brigaglia, Nuoro 2001); Dizionario Geografico, Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, a cura di G. Casalis, XIII, Torino 1845; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, nouvelle éd., VII, Bruxelles - Paris 1846; G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime, II, Milano 1852; J. Rivero, Historia de las misiones de los Llanos de Casanare y los ríos Orinoco y Meta escrita en el aňo del 1736, Bogotà 1883; H. Hurter, Nomenclator literarius recentioris Theologiæ Catholicæ theologos exhibens qui inde a Concilio Tridentino floruerunt..., t. 3, f. 3 (1801-1820), Oeniponte (Innsbruck) 1884; J. Borda, Historia de la Compañía de Jesus en la Nueva Granada, 2 voll., Poissy 1872; E. Uriarte y Basterrechea, Catalogo razonado de obras anónimas y seudónimas de autores de la Compañía de Jesús pertenecientes á la antigua Asistencia española, III, Madrid 1906; T. Cogliani, L’espulsione dei gesuiti dalla Sardegna. La soppressione del 1773, estratto da Archivio storico sardo, 1908, vol. 4, pp. 181-193; J.M. Pacheco, Los jesuitas de la Provincia del Nuevo Reino de Granada expulsados en 1767, in Ecclesiastica Xaveriana, III (1953), 35, pp. 23-78; J. del Rey Fajardo, Documentos jesuíticos relativos a la historia de la Compañía de Jesús en Venezuela, III, Caracas 1974; Expulsion y esilio de lo jesuitas espanoles, a cura di E. Giménez Lopez, Alicante 1977; G. Puddu, Su alcuni gesuiti sardi nelle colonie spagnole alla vigilia della soppressione dell’ordine, in Archivio storico sardo, 1989, vol. 36, pp. 223-246; J.M. Pacheco, Los jesuitas en Colombia, III, Bogotà 1989; J.M. de Civrieux - J. Potelet, Canaima novela del indio caribe, in Canaima, a cura di R. Gallegos - Ch. Minguet, Madrid 1991, pp. 377-416; J. Torres Sánchez, Haciendas y posesiones de la Compañía de Jesús en Venezuela: el Colegio de Caracas en el siglo XVIII, Sevilla 2001; J. del Rey Fajardo, Los jesuitas en Cartagena de Indias:1604-1767, Bogotà 2004; N. Guasti, L'esilio italiano dei gesuiti spagnoli. Identità, controllo sociale e pratiche culturali (1767-1798), Roma 2006; J. del Rey Fajardo, Biblioteca de escritores jesuitas neogranadinos, Bogotà 2006a; Id., Los Jesuitas en Venezuela, t. II, Los hombres; t. V, Las misiones germen de la nacionalidad, Caracas 2006b; Id., La república de las letras en la Venezuela colonial, Caracas 2007; C.A. Page, I gesuiti sardi delle missioni del Paraguay, in Theologica & Historica. Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, XVI (2007), pp. 385-407; J. del Rey Fajardo, La presencia de Venezuela en la cultura italiana de fines del siglo XVIII, in Procesos Históricos. Universidad de Los Andes, VII (2008), 13, pp. 38-65; M. Restrepo Olano, Nueva Granada en tiempos del virrey Solís, 1753-1761, Medellin 2009; R. Turtas, Gesuiti sardi in terra di missione tra Seicento e Settecento, Nuoro 2009; Id., I Gesuiti in Sardegna. 450 anni di storia, Cagliari 2010; S. Pavone, I gesuiti in Italia durante la crisi della Compagnia, in Atlante della Letteratura Italiana, a cura di S. Luzzatto - G. Pedullà, II, Dalla Controriforma alla Restaurazione, a cura di E. Irace, Torino 2011, pp. 803-809; G. Deriu - S. Chessa, L'assetto territoriale dell'odierno Meilogu dal Basso Medioevo ai nostri giorni, Cargeghe 2011; C. Pastor Miguelanez, Cultura y humanismo en la América española, I, Buenos Aires 2011; J. del Rey Fajardo, Expulsión, extinción y restauración de los Jesuitas en Venezuela, 1767-1815, Caracas 2014.