demonio (dimonio)
Per la prevalenza della forma ‛ demonio ' su ‛ dimonio ', cfr. Petrocchi, Introduzione 431-432.
La voce ricorre quasi esclusivamente nell'Inferno, ove denota gli spiriti maligni che esercitano in vari modi la funzione di guardiani delle anime dannate, talora contribuendo al loro tormento: su per lo sasso tetro / vidi demon cornuti con gran ferze (If XVIII 35); Così parlando il percosse un demonio / de la sua scurïada (XVIII 64); ma i demon che del ponte avean coperchio, / gridar (XXI 47); e v. anche If XIV 44, XXII 13, XXI 103. In If III 109 e VI 32 è apposizione, rispettivamente, di Caronte (Caron dimonio) e di Cerbero (lo demonio Cerbero), figure della mitologia pagana trasformate da D. in personaggi demoniaci e assorbiti nell'area della demonologia (v.) cristiana.
Sulla falsariga di alcune indicazioni evangeliche (Marc. 1, 26; Luc. 4, 35), al d. viene riconosciuto il potere di far stramazzare gli ossessi: qual è quel che cade, e non sa como, / per forza di demon ch'a terra il tira (lf XXIV 113). In senso traslato, il d. della famiglia Pagani (Pg XIV 118) è Maghinardo da Susinana.
Singolare la sorte dei traditori dei commensali, nel cui corpo ancor vivo assai spesso un d. prende il posto dell'anima, destinata anzi tempo alla Tolomea: il corpo suo l'è tolto / da un demonio, che poscia il governa (If XXXIII 131). Generico il valore del vocabolo in If XXX 117 io... / son qui per un fallo, / e tu per più ch'alcun altro demonio.