DEMOS (Δῆμος)
Personificazione del Popolo che appare rappresentata in monumenti figurati soprattutto come D. di Atene, che ebbe appunto in quella città culto come una divinità.
Si ignora la data di fondazione del culto di D. che fu unito a quello delle Canti. Demostene (de corona, 92) ricorda l'altare che i Chersonesi eressero alle Canti e al D. di Atene nel 340, ma questo non dimostra niente per il culto attico. Comunque attraverso una iscrizione frammentaria del IV sec. (I. G., 1655) possiamo provare che in quel tempo esisteva un culto del Demos. E già Aristofane nei Cavalieri aveva messo in scena una personificazione del Demos.
Di un τέμενος τοῦ δήμου καὶ τῶν Χαρίτων fanno menzione due decreti (I. G., ii, 605), il secondo riportato da Flavio Giuseppe (Antiq. Iud., xiv, 8, 5). Si pensa, sulla base del ritrovamento di iscrizioni, che questo santuario si trovasse a N del cosiddetto Theseion. L'unione delle Canti, simbolo di riconoscenza, con il D. nell'altare dei Chersonesi ci indica chiaramente come si volesse attraverso questo linguaggio simbolico esprimere la riconoscenza al popolo ateniese. Abbiamo anche il ricordo di un sacerdote di questo cultp (I. G., ii, 466-471; iii, 661), il quale diventa, in epoca imperiale, sacerdote della dea Roma, quando viene assimilata a D., come dimostra un iscrizione di un seggio del teatro di Dioniso.
Attraverso gli autori abbiamo il ricordo di diverse rappresentazioni del Demos. Plinio (Nat. hist., xxxv, 69) ricorda una rappresentazione del D. ateniese di Parrasio, ma dalla sua descrizione si è pensato, oltre che alla immagine di una personificazione, anche alla descrizione di un gruppo di persone diversamente atteggiate. Euphranor nel IV sec. nel portico di Zeus Eleuthèrios (Paus., i, 3, 4) dipinse il D. insieme a Teseo e la Democrazia, per indicare che Teseo aveva introdotto l'uguaglianza civile in Atene. Pausania (i, 3, 5) ricorda anche una statua del D. di Lyson, non altrimenti noto. Un gruppo di Zeus e Demos di Leochares è ricordato da Pausania (i, 1, 3) nel lungo portico al Pireo. Plinio (Nat. hist., xxxv, 137) ricorda una imago Atticae plebis di Aristolaos, figlio e discepolo di Pausias. Demostene (de corona, 91) ricorda il gruppo del D. di Atene coronato dal popolo di Bisanzio e Perinto innalzato sul Bosforo nel 340. Si è pensato di riconoscere una personificazione di questo gruppo in una statua femminile scoperta presso Perinto. Di un gruppo simile come composizione e cioè il D. di Rodi incoronato dal D. di Siracusa, fa menzione Polibio (v, 88, 8) dicendolo distrutto nel terremoto di Rodi del 224.
Una statua del D. lacedemonico, che indica come questa personificazione considerata tipicamente ateniese fosse diffusa anche altrove, era innalzata nell'agorà di Sparta (Paus., iii, 11, 10). Ma questi due ultimi monumenti, di Rodi e Sparta, possono essere considerati come monumenti politici, che non ci autorizzano a ritenere che anche fuori di Atene esistesse il culto del Demos.
Numerosi sono i rilievi attici scolpiti in testa ad atti pubblici con la raffigurazione del D. come un vecchio barbuto, vestito di un mantello che lascia il busto scoperto, insieme ad Atena e la Boulè e con il personaggio oggetto del decreto o la sua divinità tutelare. Nel 1950 è stata trovata una stele marmorea nell'agorà di Atene con un decreto che si riferisce al 336 a. C., in cui si vede il D. coronato dalla Democrazia (v.).
Da Afrodisiade proviene un rilievo del II sec. d. C., con incoronazione del filosofo Zoilo, a cui assiste il D. ammantato con il nome iscritto accanto.
Alcune tessere plumbee di presenza alla Ekklesìa, portano una figura di vecchio sul rovescio e sul dritto le Cariti; un'altra sul dritto una testa di Gorgone, sul rovescio una testa di vecchio e la leggenda Δ Η Μ. Numerose monete dell'Asia Minore di epoca imperiale hanno la rappresentazione del D. personificato; monete di Hadrianoi e Attaia nella Misia, di Antiochia sul Menandro, di Eritre, Afrodisiade, Tripoli di Siria, Apamea e Sagalassos. In queste monete le rappresentazioni del D. possono essere ridotte a tre tipi: 1) testa, talvolta giovanile e imberbe, talvolta vecchia e barbata con corona e diadema - gli attributi sono così pochi e generici che senza la leggenda non saremmo in grado di identificare il Demos; 2) busto drappeggiato; 3) figura intera: appare assai più raramente degli altri due tipi.
Bibl.: W. H. Roscher, in Roscher, I, cc. 991 ss., s. v.; Schoeffer, in Pauly-Wissowa, V, c. 154 ss., s. v.; Haussoulier, in Dict. Ant., II, p. 76 ss.; R. Schöne, Griechische Reliefs, Lipsia 1872, nn. 50, 53, 63, 75, 76, 81, 85, 86, 87; A. Engels, Tessères grecques en plembe, in Bull. Corr. Hell., VIII, 1884, p. 1 ss.; P. Gardner, Countries and Cities in Ancient Art, in Journ. Hell. St., IX, 1887, pp. 47 ss.; Th. Homolle, Inscriptions d'Athène provenant du Téménos du Demos et des Charites, in Bull. Corr. Hell., XV, 1891, pp. 368 ss.; B.V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, passim; H. Thompson, Excavations Athenian Agorà 1950, in Archaeology, V, 1952, p. 145 ss.