deonomastici
I deonomastici (o deonimici; La Stella 1982; Schweickard 2002-) sono lessemi formati a partire da nomi propri. Possono essere di vari tipi secondo la base di derivazione (anche detta eponimo): si chiamano deantroponimici se la base è un nome proprio di persona, ➔ etnici se la base è un toponimo, e possono avere a loro volta funzione designativa per vegetali sono cioè ecònimi, prodotti commerciali (➔ nomi commerciali), ecc.
Ci sono due procedimenti per formare deonomastici, uno morfologico e l’altro semantico. Nel primo caso, i deonomastici risultano dall’affissazione, e in qualche caso dalla composizione, di eponimi. Questo tipo sfrutta largamente le possibilità morfologiche della lingua. Ad es., a partire dal nome dell’ex-sindaco di Roma Veltroni si incontrano nei giornali (e altrove) suffissati come veltronata, veltroniade, veltroniano, veltronico, veltronismo, veltronista, veltroneide, veltronite, veltronesco, veltronese, veltronaccio, veltronuccio, veltronino, veltroneggiare (anche nella forma flessa veltroneggio), veltronare (anche nella forma flessa veltroniamo) e veltronato, veltronizzare (anche nella forma flessa veltronizziamo) e veltronizzato, e, con procedimento parasintetico, inveltronato, inveltronito; prefissati: superveltroni; composti: veltronopoli e veltroniboy; parole macedonia, come i fumettistici veltronero e veltronez (da Veltroni incrociato rispettivamente con Zapatero e Chávez). Infine, dagli aggettivi deonomastici si possono ulteriormente formare avverbi come veltronicamente e veltronianamente, così come dai verbi deonomastici si possono formare nomi come veltronizzazione e veltroneggiata.
L’effetto di molti derivati è scherzoso e lo si può ottenere usando come base di derivazione sia il nome sia il cognome: l’ex-presidente della Repubblica Cossiga coniò ad es. walterveltronite («La Repubblica» 24 gennaio 2008: «Cossiga, che attribuisce il possibile successo a “un virus di walterveltronite”»).
Da ciò si evince l’ampia disponibilità dei nomi propri a formare derivati con i maggiori ➔ affissi produttivi dell’italiano (-ismo, -ico, -izzare), ma anche con quelli meno o scarsamente produttivi (-aico: mosaico, tolemaico; -eo: achilleo, augusteo, a cui si rifa veltroneo, come nell’esempio tratto da Google: «la pax veltronea ha messo d’accordo tutti»). In particolare, si segnalano come specifici per formare deonomastici i suffissi aggettivali -iano e -ano, i quali, benché etimologicamente affini, sono da considerare da un punto di vista sincronico due suffissi differenti. Infatti, «[s]e […] dopo consonanti e semivocali palatali -ano si può considerare anche come il risultato della cancellazione della /j/ di -iano, in formazioni come copernicano, francescano, linneano, ecc. una tale analisi è invece esclusa» (Seidl 2004: 412). Bisogna aggiungere tuttavia che, in contesti non palatali come quelli citati, -ano non è produttivo e lascia spazio a -iano. Se invece non si adotta l’ipotesi che in contesti palatali -ano sia una variante di -iano, allora l’etnico italiano conterrà il suffisso -ano piuttosto che -iano.
Quest’ultimo è tra i suffissi più produttivi dell’italiano, specialmente a partire da eponimi antroponimici (lapalissiano, luculliano, marxiano), ma anche, benché in misura di gran lunga meno frequente, da etnici: bostoniano, singaporiano, peru-viano. Il suffisso è invece poco produttivo con nomi comuni, a parte qualche raro neologismo come rettiliano (Rainer 2004: 388). Da notare che con basi di altre lingue il suffisso -iano può o meno indurre un acclimatamento della base anche dal punto di vista grafematico e fonologico, come nelle varianti shakespeariano o scespiriano, rousseauiano o (meno spesso) russoviano, ecc., o addirittura con riformazione sul modello derivazionale originale, come nel raro rimbaldiano (sul tipo del francese rimbaldien ← Rimbaud), accanto al più usuale rimbaudiano.
Altri suffissi molto produttivi per formare deantroponimici sono -esco e -ista. Quest’ultimo si specializza rispetto al suffisso -iano in quanto denota «chi segue e applica con convinzione e spesso con ammirazione le dottrine, le proposizioni formulate da X» (Seidl 2004: 415): si pensi a coppie come marxiano / marxista, mendeliano / mendelista, ecc. Inoltre il valore aggettivale di -ista appare secondario rispetto alla sua funzione nominale, piuttosto recente, e in genere limitato alla sfera politica, anche se non sono esclusi sconfinamenti in altri ambiti, specie in quello sportivo come tottista (da Google): «Non è che se la SS Lazio sfrutta la notorietà di Zarate e ci guadagna è peccaminoso o ‘tottista’», anche nella variante prefissata: «Italia pallonara in gran parte anti romanista e anti Tottista».
Il suffisso -esco invece sembra selezionare preferibilmente antroponimi nell’ambito artistico-letterario, peraltro piuttosto datati (dantesco, giottesco, molieresco, goyesco, anche finzionali: tartufesco, lolitesco, gargantuesco), mentre con personaggi recenti è più raro rispetto a -iano, che invece è predominante: pavarottiano / pavarottesco, baudiano / baudesco. Non mancano inoltre deantroponimici dal mondo della politica (neronesco, napoleonesco, berlusconesco, fujimoresco) e dello sport (maradonesco, baggesco, vieresco). Si noti che, soprattutto per i derivati più recenti, «abbiamo a che fare piuttosto o con un uso spregiativo o ironico, specie quando si parla di un personaggio di cui non si condivide la linea politica […] oppure con quello qualitativo “che ricorda X”» (Seidl 2004: 414). Analogo effetto ironico o dispregiativo si incontra spesso anche con il suffisso -ico, sia con deantroponimici («La Repubblica» 8 maggio 2007: «tutto si sa ormai dell’affabulante universo veltronico»), che con etnici («La Repubblica» 31 ottobre 1997: «l’italica usanza di rovistare tra le quinte di cronaca»).
Il suffisso -ese risulta essere tra i più produttivi per formare etnici (cinese, olandese, bolognese, viennese), seguito da -ano (che, a differenza di -iano, è molto diffuso tra gli etnici: africano, americano, friulano, molisano) e da -ino (trentino, parigino, bolzanino, reggino). Si osservi che la formazione di etnici è particolarmente ricca con oltre trenta suffissi impegnati, da quelli più produttivi citati sopra a quelli rari come -oto in liparioto ← Lipari e -ero in laurégnero ← Lauregno. Inoltre, abbiamo parecchi casi di allomorfia (➔ allomorfi) come in pantesco ← Pantelleria, elbigino ← Elba, fino a sfociare nel suppletivismo parziale: eugubino ← Gubbio, tiburtino ← Tivoli, o totale: felsineo ← Bologna, partenopeo ← Napoli. Marginalmente presente con gli etnici è anche la derivazione per conversione: albiano ← Albiano, brésimi ← Brésimo, e inoltre si incontra «un numero non irrilevante di casi in cui a un toponimo in -ia, accentato o non, corrisponde un aggettivo etnico meno lungo» (Rainer 2004: 405): bulgaro ← Bulgaria, campano ← Campania (si veda Crocco Galèas 1991).
Infine, soprattutto nella creazione di ecònimi sono ampiamente diffuse tecniche di formazione lessicale quali le parole macedonia (ad esempio la Lambretta, prodotta a Lambrate, le Carsol, prodotte dal calzificio Carabelli di Solbiate Arno), le sigle (FIAT: Fabbrica Italiana Automobili Torino, CGIL: Confederazione Generale Italiana del Lavoro) e le sigle sillabiche, specialmente nell’ambito delle casse di risparmio (Cariplo: Cassa di risparmio delle provincie [sic] lombarde, Carige: Cassa di risparmio di Genova) e delle compagnie di navigazione (Siremar, Toremar, Caremar: rispettivamente Sicilia / Toscana / Campania Regionale Marittima: cfr. Thornton 2004).
L’altro procedimento è di tipo semantico, e ha a che fare con la reinterpretazione (per antonomasia, metonimia o altro spostamento di significato) di un nome proprio come nome comune. Anche questo procedimento è frequente, e anzi, scoprire cosa si cela dietro un nome comune come diesel o béchamel (anche adattato: besciamella) può diventare uno «sport domestico», come suggeriva Primo Levi (1985: 155), che invitava ad «andare per minuscole, allo stesso modo come si va per funghi». Il primo a occuparsi della questione fu Bruno Migliorini (1927), da cui molta ricerca successiva ha tratto esempio. In genere, lo slittamento semantico è basato sul nome dello scopritore o dell’inventore di un certo denotato, come in pullman (dal nome dell’imprenditore e inventore americano George Mortimer Pullman) o nell’econimo zampirone (dal dottor Giovanni Battista Zampironi, inventore negli anni Trenta del Novecento del conetto che brucia e allontana le zanzare), o sul luogo di origine (jeans, che risale alla denominazione inglese nel Cinquecento di Genova, da cui proveniva un tessuto di cotone utilizzato poi soprattutto per fabbricare calzoni per i cercatori d’oro del Nord America; groviera, adattamento di Gruyères, la città svizzera dove si produce il formaggio), o su determinate proprietà convezionalmente attribuite a una persona reale o fittizia (ercole, cicerone, dongiovanni). Infine, in alcuni casi si può anche fare appello a un procedimento di ellissi come in béchamel ← salsa di Béchamel, diesel ← motore diesel.
Crocco Galèas, Grazia (1991), Gli etnici italiani. Studio di morfologia naturale, Padova, Unipress.
Grossman, Maria & Rainer, Franz (a cura di) (2004), La formazione delle parole in italiano, Tübingen, Niemeyer.
La Stella T., Enzo (1982), Deonomastica: lo studio dei vocaboli derivati da nomi propri, «Le lingue del mondo» 47, pp. 13-18.
Levi, Primo (1985), L’altrui mestiere, Torino, Einaudi.
Migliorini, Bruno (1927), Dal nome proprio al nome comune. Studi semantici sul mutamento dei nomi propri di persona in nomi comuni negl’idiomi romanzi, Génève, Olschki.
Rainer, Franz (2004), Etnici, in Grossmann & Rainer 2004, pp. 402-408.
Schweickard, Wolfgang (2002-), Deonomasticon Italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tübingen, Niemeyer.
Seidl, Christian (2004), Deantroponimici, in Grossmann & Rainer 2004, pp. 409-419.
Thornton, Anna M. (2004), Formazione delle parole nell’onomastica, in Grossmann & Rainer 2004, pp. 599-610.