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DEPORTAZIONE

di Mario Piacentini - Enciclopedia Italiana (1931)
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DEPORTAZIONE (lat. deportatio; fr. deportation, transportation; sp. deportación; ted. Verbannung; ingl. deportation)

Mario Piacentini

Pena mediante la quale il condannato viene privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del commesso reato e relegato in un'isola o in un territorio lontano dalla madre patria.

La deportazione era già prevista dal diritto penale romano. Derivò dalla pena dell'esilio, con l'interdictio aquae et ignis, che privava il condannato della cittadinanza e che poteva essere scontata in qualunque luogo. Augusto stabilì che la pena perpetua dell'interdictio aquae et ignis si dovesse scontare in un determinato luogo, e, preferibilmente, in un'isola lontana e dalla quale fosse difficile il ritorno o l'evasione. Il deportato perdeva la cittadinanza; era sottoposto alla confisca dei beni; non perdeva, però, la libertà, perché subiva soltanto la media diminutio capitis e conservava la tutela stabilita dallo ius gentium per il peregrinus. Luoghi di deportazione, sotto l'impero romano, erano le isole Egee, la Sardegna, e, negli ultimi tempi, i deserti asiatici e africani.

La deportatio differiva dalla relegatio poiché quest'ultima poteva essere temporanea, non faceva perdere la cittadinanza, né portava seco la confisca dei beni. Questa seconda pena fu quella inflitta a Ovidio, relegato a Tomi sul Ponto Eusino, e a centinaia di cristiani, relegati in Sardegna, all'epoca delle persecuzioni. La deportatio era molto affine alla damnatio ad metalla, per la quale il condannato veniva deportato nelle provincie dove erano in esercizio miniere ed era obbligato, come servus poenae, a lavorare nelle miniere stesse. La deportatio, però, s'infliggeva di preferenza, agli honestiores; la damnatio ad metalla agli humiliores.

Nel Medioevo, la pena della deportatio fu abbandonata; in sua vece, furono molto usati il bando e l'esilio. Se ne ha qualche traccia soltanto nei Capitolari dei Franchi; e, sotto Lotario I (823), fu usata, come luogo di deportazione, l'isola di Corsica.

Dopo la scoperta dell'America e dopo la fondazione dei grandi imperi coloniali, la deportazione fu largamente usata per liberare la madre patria da molti delinquenti pericolosi, specie politici, e per contribuire alla colonizzazione dei possedimenti d'oltremare.

Nel Portogallo è conservata tuttora, e i deportati vengono, preferibilmente, avviati nell'Angola dove sono stabilite due colonie penitenziarie: una a Loanda e l'altra a Benguella. Nella Spagna, anche la semplice reclusione perpetua può essere scontata fuori del territorio della Penisola Iberica nei possedimenti d'oltremare, nelle località designate dal governo. Sono usati, in particolare, i presidî dell'Africa del Nord, di Ceuta, Melilla e delle isole vicine. L'Olanda ha abolito la deportazione. La Francia, per contro, ne ha fatto largo uso, per il passato e la conserva tuttora; i condannati furono dapprima avviati nel Canada e nella Luisiana. Dopo il 1763, quando furono perduti i possedimenti coloniali dell'America del Nord, i deportati furono, prevalentemente, avviati nella Guiana Francese (America del Sud) e nella Nuova Caledonia (Melanesia). Quest'ultima è stata abolita come colonia penitenziaria nel 1898. La legge del 28 luglio 1923 ristabiliva come colonie di deportazione semplice le isole di Nou e Ducos (Nuova Caledonia).

Particolarmente importante per la scienza penitenziaria è la storia della deportazione nell'Impero Britannico. Prima del regno della regina Elisabetta, la segregazione in prigioni non era compresa nell'elenco delle sanzioni penali; le prigioni erano usate soltanto per i debitori insolventi, per gl'imputati in attesa di giudizio e per i condannati in attesa dell'esecuzione capitale. Le condanne usuali, oltre quella di morte, erano il marchio d'infamia, la berlina, la frusta, il bastone, la multa.

Al tempo della regina Elisabetta si aggiunse alle sanzioni anzidette la deportazione nelle colonie, in commutazione della pena di morte; e cioè, per quelli che preferivano perdere patriam quam vitam. Colonie di deportazione si stabilirono, prima, nell'isola Barbados, nelle Piccole Antille, nelle Colonie di New York e del Maryland; poi, dopo la rivoluzione nordamericana, nell'Australia, nella Tasmania, nella Nuova Zelanda, nelle Isole Nonolk a est dell'Australia. Dalle colonie popolate esclusivamente di deportati, si passò alle colonie dove i deportati venivano affidati come lavoratori, per un determinato periodo di tempo, a privati intraprenditori o agricoltori. E fu Maconochie che, nelle Isole Norfolk, esperimentò, per primo, il sistema, dal quale si sviluppò l'istituto della liberazione condizionale e il mark system in base al quale il condannato, guadagnando, con attività, lavoro, diligenza, un certo numero di marche poteva riscattare anticipatamente e gradatamente la propria libertà. I deportati, a vita o per un periodo di tempo non inferiore ai quindici anni, erano inviati nelle Isole Norfolk, restandovi in condizioni analoghe alla schiavitù, almeno due anni. Dopo venivano trasferiti nella Tasmania, dove s'inviavano direttamente i deportati per un periodo di tempo inferiore ai quindici anni. Quivi erano adibiti ai lavori forzati e in special modo alla costruzione delle strade o al taglio dei boschi; e, col mark system, passavano dal probation gang (squadre di prova) alla liberazione condizionale, ottenendo, prima, il probation pass (permesso in seguito alla prova); e poi il ticket of leave (biglietto di licenza). Ogni deportato, peraltro, doveva passare. almeno metà della sua condanna nei primi stadî del menzionato curriculum; e la condanna a vita veniva, per tale effetto, ragguagliata alla pena di 24 anni.

La deportazione, sebbene fosse usata, nell'Impero Britannico, a differenza di altri stati, prevalentemente per i condannati per delitti comuni, fu praticamente abolita nel 1857, specialmente per l'opposizione delle colonie. Ma dal 1787 al 1857, più di 150.000 condannati, erano stati, per effetto di essa, trapiantati nella Nuova Galles del Sud, nella Tasmania e nella Nuova Zelanda e i figli di quei condannati costituiscono ora una parte notevole degli abitanti di quei fiorentissimi dominî.

Anche gli stati senza colonie furono attratti dall'idea di liberarsi di una certa categoria di condannati - specie politici - mediante la deportazione verso le terre d'oltremare, appartenenti ad altri stati. Trattative all'uopo iniziate con l'Inghilterra da qualche stato, come la Prussia e l'Austria, non ottennero alcun pratico risultato. Trattative del genere ebbe a fare prima con la Repubblica Argentina e con l'America del Nord anche. Ferdinando II, re delle Due Sicilie, dal 1856 al 1858, per la deportazione dei prigionieri politici detenuti nell'ergastolo di S. Stefano, tra i quali erano Luigi Settembrini e Silvio Spaventa; furono infatti imbarcati il 17 gennaio 1859 per New York; ma, durante la traversata, riuscirono a evadere e a rifugiarsi nell'ospitale Inghilterra.

Fece larghissimo uso della deportazione verso la Siberia e l'isola Sachalin, la Russia zarista. La deportazione è stata abolita in Russia parzialmente, e cioè per i condannati politici, nel 1917.

Il Giappone deporta i suoi condannati nell'isola Hokkaidō; l'India li deporta verso le isole Andamane nel Golfo del Bengala. Durante l'ultima guerra europea, la Germania largamente deportò in massa la popolazione del Belgio, in appositi campi di concentramento. L'esempio fu seguito dagli altri stati in guerra, per la popolazione civile sospetta.

In Italia, per due volte, si discusse a lungo sull'opportunità d'introdurre la deportazione nel nostro sistema penale e penitenziario; e cioè, nel 1869, quando il prof. Sapeto, per conto della società Rubattino, acquistò la baia di Assab; possesso dal quale ebbe origine l'attuale Colonia Eritrea; e, nel 1889, quando fu approvato il codice penale dello Zanardelli. Prevalse la corrente contraria rappresentata dal direttore generale delle carceri, Beltrami Scalia, che riteneva la deportazione una pena non sufficientemente afflittiva e intimidatrice, anche per la facilità dell'evasione, e non capace di redimere i condannati e diventare fattore efficace di colonizzazione. Invece, si è affermato da noi, come in altri stati, l'esperimento della colonia penitenziaria agricola, sia come sistema di redenzione dei condannati, sia come sistema di colonizzazione e bonifica di terre incolte e malariche. Colonie del genere sono state istituite e dànno risultati soddisfacenti nell'Asmara, Castiadas, Cuguttu, Isili, Mamone, Pianosa, Capraia, Gorgona. Di grande utilità si sono dimostrate, anche, le colonie agricole penitenziarie, stabilite, per i condannati indigeni, a Sghede da (Tripolitania) e a el-Coefia e Berca (Cirenaica).

Vedi anche
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    Pena che priva il condannato dei diritti civili e politici, allontanandolo dal luogo del reato commesso e relegandolo in un territorio lontano dalla madrepatria. Per estensione, trasporto d'un condannato in un luogo di pena fuori dei confini della madrepatria, trasferimento coatto di gruppi di condannati ...
  • deportazione
    Enciclopedia on line
    Pena mediante cui il condannato è privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del reato e relegato in un territorio lontano dalla madrepatria. La d., nota già al diritto penale romano, nel Medioevo fu sostituita dal bando e dall’esilio. Venne reintrodotta dopo la scoperta dell’America ...
Vocabolario
deportazióne
deportazione deportazióne s. f. [dal lat. deportatio -onis, attraverso il fr. déportation; v. deportare]. – Pena mediante la quale il condannato viene privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del commesso reato o di...
deportare
deportare v. tr. [dal lat. deportare (comp. di de- e portare «portare»), attraverso il fr. déporter] (io depòrto, ecc.). – Condannare alla pena della deportazione; più com., trasportare, accompagnare il condannato nel luogo stabilito per...
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