DEPOSITO (fr. dépot; sp. deposito; ted. Hinterlegung; ingl. deposit)
Il deposito è un contratto mediante il quale una persona (depositario) riceve da un'altra persona (deponente) una cosa mobile con obbligo di custodirla e restituirla a suo tempo. È disciplinato dal codice civile negli articoli 1835-1868. Il codice di commercio si occupa di una specie particolare di deposito, il deposito di merci o derrate nei magazzini generali. Con la parola deposito comunemente si designa anche la cosa depositata, ma tecnicamente essa è riservata al contratto. È un contratto reale, unilaterale, gratuito. È un contratto reale, perché alla sua perfezione è necessaria la consegna effettiva della cosa. È un contratto unilaterale perché è fatto a vantaggio del deponente, e produce obbligazioni solo a carico del depositario, mentre quelle del deonente sono di secondaria importanza e non sempre si verificano. È infine un contratto gratuito, perché mira a procurare un vantaggio al deponente senza corrispettivo a suo carico. Per il codice italiano, la gratuità è un elemento essenziale del contratto di deposito (art. 1837); se venisse stipulata una mercede in pagamento dell'opera prestata dal depositario, si avrebbe non più un contratto di deposito, ma un contratto di locazione d'opera. Tuttavia il codice (art. 1844, n. 2) permette che si pattuisca una rimunerazione per la custodia della cosa. L'apparente contraddizione con il principio proclamato nell'art. 1837 ("il deposito è un contratto essenzialmente gratuito") si elimina interpretando la disposizione dell'art. 1844, n. 2, nel senso che sia permessa una tenue rimunerazione a titolo di regalo o gratificazione. La cosa data in deposito deve essere mobile; gl'immobili possono essere oggetto di sequestro o di mandato o di locazione d'opera, ove vengano affidati a qualcuno perché li amministri e li conservi.
Vi sono tre specie di deposito: il deposito volontario che avviene per consenso spontaneo di chi dà e di chi riceve la cosa in deposito (art. 1839); il deposito necessario, che è quello al quale alcuno è costretto da qualche accidente, come un incendio, un saccheggio, un naufragio o altro simile avvenimento (art. 1864); a questo deposito è parificato, per certi effetti, quello fatto presso gli osti e albergatori (art. 1866); il deposito irregolare che ha per oggetto cose consumabili col permesso al depositario di servirsene (art. 1846).
Deposito volontario. - Valgono le regole generali circa il consenso e i vizî che lo invalidano (v. contratto); così pure circa la capacità di contrattare; quindi è necessario che deponente e depositario siano capaci di contrattare (art. 1841), ma giusta i principî generali, l'eventuale incapacità di uno di essi non esime l'altro dalle obbligazioni che gli spettano (artt. 1841, 1842). Il deponente è normalmente il proprietario della cosa; il deposito volontario, dice l'art. 1840, non si può "regolarmente" fare se non dal proprietario della cosa. Ma basta che il deponente abbia il diritto di disporre della cosa a un titolo qualsiasi, come se ad es. ne fosse l'usufruttuario, o la tenesse in pegno o in locazione (in tali casi, depositario potrebbe essere anche il proprietario della cosa). Qualora il deponente non avesse nessun titolo a tenere la cosa e a disporne, e ciononostante l'avesse data in deposito, il proprietario può rivendicarla, né il depositario avrebbe alcun diritto verso di lui se non nei limiti generali dell'indebito arricchimento; beninteso, egli può rivolgersi verso il deponente per il risarcimento del danno. Ma nei rapporti tra deponente e depositario, il contratto è valido e produce i suoi effetti, qualunque sia la posizione giuridica del deponente verso la cosa. Anzi il depositario è tenuto a restituire la cosa a colui che gliel'ha affidata, chiunque sia (articolo 1853), né ha il diritto di pretendere che il deponente provi di esser il proprietario della cosa, o di avere altrimenti il diritto di disporne (articolo 1854). Se però il depositario venga a sapere che la cosa fu rubata, deve avvisare il proprietario che la cosa si trova presso di sé (art. 1854); altrimenti si espone all'azione di risarcimento del danno, e quando ne sia il caso, può anche essere imputato di ricettazione di cosa rubata. Qualora il proprietario non fosse conosciuto, il depositario deve rivolgersi alla pubblica autorità, né può ritenersi autorizzato, dopo che ha saputo che trattasi di cosa rubata, a restituirla al deponente. Il depositario deve custodire la cosa con diligenza; è pertanto responsabile del deterioramento o perimento della cosa avvenuti per sua colpa, cioè per non aver osservato la dovuta diligenza. La diligenza che deve usare è quella che usa nel custodire le cose proprie (art. 1843). La responsabilità del depositario deve valutarsi con maggior rigore, oltre che nel caso che in questo senso egli abbia assunto esplicito impegno, anche quando siasi offerto a ricevere il deposito, oppure questo sia stato fatto nel suo interesse, e infine quando siasi stipulata una rimunerazione per la custodia del deposito (art. 1844). Quando poi il depositario non adempia l'obbligo di restituire la cosa, e la trattenga arbitrariamente, è responsabile per qualunque accidente capiti alla cosa, anche se dovuto a forza maggiore; può solo liberarsi provando che la cosa sarebbe stata danneggiata o sarebbe perita egualmente, quando l'avesse regolarmente restituita (articoli 1843,1228). Il depositario deve custodire la cosa affidatagli, ed è naturale che non possa servirsene per proprio uso. È naturale altresì che possa farlo, quando il deponente ve l'abbia autorizzato (art. 1846). Se la cosa fu consegnata in una cassa chiusa o in un involto suggellato, il depositario, che in queste condizioni l'ha accettata, deve così mantenerla e rispettare il segreto (art. 1847). Il depositario è tenuto a restituire la cosa, quando il deponente la domanda, anche se nel contratto sia stato stabilito un termine; il deponente può chieder la restituzione prima della scadenza del termine, perché il contratto fu fatto nel suo esclusivo vantaggio (contratto unilaterale), e quindi anche il termine si deve ritenere apposto a favore suo con la conseguente facoltà di rinunziarvi (articolo 1860). D'altra parte, anche il depositario ha diritto di obbligare in ogni tempo il deponente a ritirare il deposito; ciò dipende dalla gratuità dell'obbligazione assunta dal depositario. Ma se il deponente ha giusti motivi di pretendere la continuazione del deposito, l'autorità giudiziaria può obbligare il depositario a conservarlo. La cosa da restituire è naturalmente quella che fu depositata (art. 1848); e deve esser restituita nello stato in cui si trova al momento della restituzione, salvo, beninteso, la responsabilità del depositario per i deterioramenti avvenuti per sua colpa, come sopra è stato detto (art. 1849). Se la cosa gli sia stata tolta per legittimo motivo, e gli sia stata data in cambio una somma di denaro o altra cosa, egli deve restituire ciò che ha ricevuto (art. 1851). Insieme con la cosa, il depositario deve restituire i frutti che essa abbia prodotto e che siano stati da lui percepiti; ma non è tenuto a far fruttificare la cosa, essendo il suo obbligo limitato a quello di custodirla e conservarla; quindi, se si trattasse di una somma di denaro, non è obbligato a pagare gl'interessi, durante il tempo del deposito; solo dopo essere stato posto in mora per la restituzione, è tenuto agl'interessi secondo i principî generali (interessi di mora, art. 1852). Ma se, nonostante che non vi sia tenuto, il depositario ha posto a frutto il danaro datogli in deposito, deve restituire gl'interessi percepiti al deponente, al quale appartengono come prodotto della sua cosa. Se il depositario ha fatto spese necessarie per conservare la cosa, il deponente deve rimborsarnelo; e così pure questi deve indennizzare il depositario per le perdite che la cosa depositata gli avesse cagionato (art. 1862). A garanzia di questo diritto, la legge accorda al depositario il diritto di ritenzione, cioè il diritto di ritener la cosa fino a che non sia stato pagato (art. 1863). Se però si tratta di spese non necessarie ma utili, il depositario ha, secondo i principî generali, diritto di esser rimborsato soltanto della somma minore tra quella spesa e il valore del miglioramento. Né ha, per questo titolo, il diritto di ritenzione; la legge accorda questo diritto solo a garanzia di ciò che sia dovuto al depositario "per causa del deposito" (art. 1863). Nel caso che la cosa sia posta in vendita ad istanza dei creditori del deponente, il depositario gode del privilegio a termini dell'art. 1958, n. 7, sia per le spese necessarie che per le utili.
Deposito necessario. - È soggetto a tutte le regole del deposito volontario; unica differenza è nei riguardi della prova testimoniale che per il deposito necessario è ammessa senza limite di valore (art. 1865,1348). Una specie di deposito necessario è quello che i viandanti fanno dei loro effetti agli osti e albergatori presso i quali alloggiano (art. 1866).
Deposito irregolare. - Abbiamo visto che il depositario non può servirsi della cosa che ha in deposito, a meno che il deponente gliel'abbia permesso, e deve restituire l'identica cosa che gli è stata consegnata. Quando si tratta di cose consumabili, cioè di cose che si consumano con l'uso, quali i commestibili e i combustibili, nel caso che il deponente abbia dato al depositario il permesso di servirsene, e questi effettivamente se ne sia servito, è impossibile la restituzione dell'identica cosa ricevuta. In tal caso si ha il deposito irregolare, nel quale il depositario è autorizzato a restituire cose della stessa qualità e quantità. All'infuori di ciò, valgono per il deposito irregolare le stesse norme che per il volontario. Questa specie di deposito ha molta analogia con il contratto di mutuo; ma non deve confondersi con esso. Una delle principali differenze consiste nella facoltà che ha il deponente di ritirare il deposito quando voglia, e anche prima del termine pattuito, come sopra abbiamo visto. Inoltre mentre nel mutuo di una somma di denaro, il mutuatario deve restituire la somma numerica risultante dal contratto, indipendentemente dal maggiore o minore valore che abbia acquistato la moneta (art. 1821), il depositario di una somma di denaro deve restituire il denaro nella medesima specie di monete depositate, perché queste furono l'oggetto del contratto, e queste il depositario deve restituire, tanto nel caso d'aumento quanto in quello di diminuzione del loro valore (art. 1848 capov.). Il deposito irregolare è frequente in materia commerciale, nella forma più comune di deposito bancario (v. qui appresso).
Bibl.: Oltre i trattati generali di diritto civile v. F. Alessandri, Contributo alla teoria del deposito irregolare, Casalbordino 1903; L. Baratti, Mandato, deposito e contratto di lavoro, Milano 1914; A. Barberis, Il deposito in albergo, Torino 1908; L. Bolaffio, Il deposito e il pegno irregolare, Città di Castello 1891; P. Coppa-Zuccari, Il deposito irregolare, Modena 1901; V. Graglia, Il deposito necessario, Asti 1905; C. Longo, Appunti sul deposito irregolare, Roma 1906; G. Mirabelli, Contratti speciali: il comodato, il mutuo, la costituz. di rendita, il deposito, ecc., 2ª ediz., Napoli 1915; C. Toesca di Castellazzo, Dell'"ius retentionis" nel deposito, in Scritti giuridici offerti a G.P. Chironi, Torino, 1915.
Depositi Bancarî.
Depositi bancarî si dicono le operazioni mediante cui si affidano in consegna, a qualsiasi titolo, dei valori a una banca. Le diverse specie di depositi bancarî si sogliono raggruppare e distinguere avendo presente se alla banca venga concesso oppure no l'uso delle cose depositate. Vi sono, cioè, depositi bancarî che importano il trasferimento della proprietà del depositante alla banca depositaria e vi sono invece depositi in cui il depositante mantiene la proprietà della cosa propria. I depositi del primo tipo si dicono ad uso appunto perché la banca ha facoltà di disporre dei valori che le sono affidati per il tempo in cui dura il deposito. Quelli del secondo sono detti depositi a custodia, perché a questo solo effetto essi vengono costituiti. Generalmente i depositi a uso hanno per oggetto il denaro, i depositi a custodia le cose.
A loro volta, i depositi ad uso comprendono i cosiddetti depositi a risparmio e i depositi in conto corrente. I depositi a risparmio sono chiamati così perché hanno per oggetto capitali che vengono costituendosi col versamento ripetuto, cioè con l'accumulo dei privati risparmî. Questa figura di deposito è la più semplice perché il rapporto si costituisce e si esaurisce direttamente tra il depositante e la banca. Nella pratica se ne conoscono forme e tipi diversi, a seconda delle modalità prefisse per il rimborso delle somme depositate. Il rimborso può infatti essere convenuto a vista, a certo tempo vista, cioè dopo un breve preavviso, o a scadenza fissa. In questo ultimo caso il deposito è sovente rappresentato da buoni fruttiferi. Negli altri casi esso è documentato nei libretti. Anche di libretti la pratica ha suggerito diversi tipi, i quali corrispondono alle diverse modalità di svincolo delle somme depositate: così si hanno i libretti nominativi, i libretti al portatore, i libretti vincolati. Le banche calcolano gl'interessi sui depositi semestralmente ovvero annualmente e li scrivono nei libretti in aumento del capitale depositato. Il saggio d'interesse corrisposto dalla banca è in rapporto con la maggiore o minore disponibilità delle somme, essendo naturalmente più elevato per quelle forme di depositi in cui si prescrive al depositario un più lungo preavviso per addivenire al ritiro delle somme depositate, e in cui la facoltà di prelievo è, ogni volta, limitata a piccole somme. Modalità e procedure particolari sono poi dettate dalla legge e dai regolamenti bancarî per il caso di smarrimento o sottrazione dei libretti, e per la loro conseguente sostituzione.
Nei depositi a conto corrente, a differenza che nei depositi a risparmio, il depositante non effettua le operazioni di costituzione del deposito e di prelievo direttamente e personalmente con la banca, ma esse si compiono per cassa. Cioè, in questa specie di depositi, il depositario non affida alla banca la semplice custodia fruttifera del proprio denaro, ma la incarica altresì di eseguire i proprî incassi e i proprî pagamenti. Con gl'incassi che la banca eseguisce o riceve per conto del depositante si costituisce il deposito in conto corrente, sul quale successivamente la banca preleverà le somme necessarie per eseguire i pagamenti che le vengono ordinati dal depositante medesimo. Periodicamente si compiono i cosiddetti saldi, cioè le operazioni di rendiconto e di regolarizzazione del deposito, in relazione agl'incassi e ai pagamenti eseguiti dalla banca, e agl'interessi maturati. Ad ogni depositante in conto corrente viene rilasciato dalla banca un libretto di assegni o chèques, che costituiscono altrettanti ordinativi di pagamento da compilarsi dal depositante. Inoltre, al depositante viene rilasciato un libretto di conto corrente, sul quale viene annotata ogni operazione avvenuta in relazione al deposito. L'altra grande categoria di depositi bancarî è quella dei depositi a custodia, che si riferisce quasi essenzialmente al deposito di oggetti. Si distinguono, a questo riguardo, i depositi chiusi e quelli aperti. Si ha il cosiddetto deposito chiuso quando il depositante affida alla banca un plico suggellato contenente gli oggetti da custodire. È invece aperto il deposito di valori che la banca riceve prendendo cognizione del loro numero, della loro natura e delle loro caratteristiche, che vengono indicate nella ricevuta del deposito. Quest'ultima specie di deposito è usata particolarmente per la custodia di titoli di credito.
Un modo del tutto particolare di affidare i proprî valori in custodia a una banca è poi quello della locazione di cassette di sicurezza (v. cassaforte: IX, p. 324 segg.). Le chiavi di queste cassette restano in mano del proprietario dei valori e la banca ignora completamente la natura, la quantità e la qualità dei valori custoditi. Perciò non è un vero e proprio rapporto di deposito quello che così si costituisce fra la banca e il privato.