depressione
Ansia e depressione: malattie del secolo
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) configura l’ansia e la depressione come malattie da inserire fra le prime dieci cause di disabilità. Si prevede che nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di invalidità tra le malattie croniche.
L’ansia patologica si manifesta con modalità abnormi, sovente invalidanti e ostacolanti la libera espansione dell’esistenza. Nel disturbo da ansia generalizzata i pazienti soffrono di un’ansia diffusa, irrazionale, rispetto a un’ampia gamma di circostanze. L’ansia è accompagnata da tensione muscolare, che lascia la persona sofferente, spaventata e tesa. Il soggetto sperimenta un’iperattività del sistema nervoso simpatico, respiro rapido, palpitazioni. Da un punto di vista cognitivo, i pazienti sono vigili e scrutano l’ambiente per individuare le fonti di un’eventuale minaccia: si spaventano facilmente, sono irritabili e hanno difficoltà a concentrarsi. Questo disturbo è piuttosto comune e i 2/3 di coloro che ne sono affetti sono donne. Nel disturbo da panico viene sperimentata un’ansia intensa che permane per un lasso di tempo che va da qualche minuto a più di un’ora. Gli attacchi sembrano scaturire ‘dal nulla’ e sono perciò imprevedibili. In questi momenti il soggetto è esposto a sensazioni molto forti (palpitazioni, capogiro, dispnea, formicolio alle mani e ai piedi, sudorazione, sensazioni di scollamento dalla realtà), è estremamente spaventato, teme di compiere gesti inconsulti (gridare, scappare via), di svenire, di morire di infarto. Un altro disturbo d’ansia è quello ossessivo-compulsivo. Le ossessioni sono ricorrenti, impulsi o immagini che entrano nella coscienza, e vengono vissute come fortemente avverse; d’altra parte il soggetto trova difficile o impossibile respingerle come intruse. Esse sono spesso connesse all’aggressività, al sesso o al blasfemo. Intrusioni ossessive sono piuttosto frequenti, tuttavia la maggior parte delle persone non ne è disturbata e le scaccia dalla mente come elementi irrilevanti del flusso di coscienza. I pazienti ossessivi sono invece molto disturbati da queste intrusioni e le possono vivere fino a cento volte al giorno. Le compulsioni sono atti comportamentali che si compiono in risposta a un pensiero minaccioso. Sono comportamenti ripetitivi, stereotipati, che la persona non vuole assumere ma non riesce neppure a evitare, resistendo all’impulso di agire in quel modo. Molte compulsioni sono legate all’igiene e motivate dalla paura di contaminarsi; altre riguardano il controllo reiterato, come la chiusura del gas, dell’acqua, delle serrature delle porte, e sono accompagnate da precisi rituali, quantificabili.
La depressione ha prevalenza piuttosto alta in tutto il mondo e la sua gravità può essere tale da produrre disabilità sociale e alti costi sociali e sanitari. È la prima causa di malattia per le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, e la terza per gli uomini della stessa fascia di età. La prevalenza nella popolazione generale nell’arco della vita è stimata tra il 4,6 e il 17%, con differenze dovute all’area geografica (rurale o urbana) e alla diversa presenza di fattori di rischio che possono incidere sull’espressione della malattia. Per motivi che restano ancora da chiarire, le donne presentano un maggiore rischio di venirne colpite rispetto agli uomini, con un rapporto stimato di 2:1. La depressione si associa tipicamente a un aumento del tasso di morbilità e mortalità per malattie organiche concomitanti, in partic. disturbi cardiovascolari, e per suicidio. L’età media di insorgenza si situa intorno ai 25 anni e presenta due picchi, uno tra i 15 e i 19 e l’altro tra i 25 e i 29.
Il decorso della malattia è generalmente fasico e cronico, ossia caratterizzato da un certo numero di ricadute nel corso degli anni, che possono essere intervallate da periodi di remissione completa o parziale. La depressione è una malattia a genesi multifattoriale: secondo il cosiddetto modello bio-psico-sociale, nello studio della depressione quale evento di confine tra mente, cervello e corpo devono essere considerati e soppesati fattori causali multipli, che riguardano sia la struttura psicologica del paziente, sia la sua costituzione genetica e fisiologica, sia infine l’ambiente familiare e sociale in cui ha vissuto i primi anni di vita. Secondo questo modello, la depressione è la risultante di eventi di vita stressanti che di per sé potrebbero avere effetti trascurabili, ma che invece, qualora colpiscano un individuo caratterizzato da determinati tratti psicologici, possono portare allo sviluppo di sintomi depressivi.
Per la depressione si usano i farmaci serotoninergici che favoriscono l’accumulo di neurotrasmettitore nella doccia sinaptica grazie al blocco selettivo della ricaptazione da parte del terminale presinaptico. Tali farmaci, tra cui si annoverano la fluoxetina, la paroxetina e altri, sono chiamati SSRI (Serotonin Selective Reuptake Inhibitors, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), possiedono un’elevata specificità per il sistema serotoninergico, e sono quasi privi degli effetti collaterali fastidiosi che venivano indotti dai farmaci di vecchia generazione, come i cosiddetti triciclici o gli inibitori delle monoamminossidasi (IMAO). È importante notare che gli SSRI sono utilizzati anche nel trattamento di disturbi mentali assai diversi dalla depressione, come il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo di panico, o la bulimia. Così, da un lato l’estrema diffusione della diagnosi di disturbo depressivo, anche in caso di lievi condizioni di disagio esistenziale, e dall’altro l’apparente facilità d’uso degli SSRI, stanno portando a un’incontrollata somministrazione di massa di antidepressivi che, secondo alcune statistiche, si trovano ai primi posti tra i prodotti farmaceutici più venduti in assoluto.