depressione
Disturbo dell’umore (detto anche disturbo unipolare o disturbo depressivo maggiore) in cui si presenta alterato non solo il tono dell’umore, ma anche, in forma più o meno grave, le manifestazioni affettive, cognitive e comportamentali, spesso accompagnate da disturbi somatici, fino alla compromissione di tutte le funzioni vitali e di relazione. Le cause della d. si possono far risalire a fattori biologici, genetici, familiari, sociali, psicologici; c’è un sostanziale accordo nel riconoscere in essa una radice multifattoriale. Sul piano sintomatico, questo disturbo è caratterizzato da un vissuto soggettivo di tristezza, angoscia, autosvalutazione, sentimento di indegnità; da una sensazione perenne di stanchezza, da inappetenza e insonnia; da una mancanza di interesse per le persone e per le cose, da una incapacità di godere accompagnata dalla perdita di fiducia e di speranza nel futuro che può giungere a fantasie di suicidio o addirittura al suo compiersi. Talora sono state riscontrate alterazioni nell’equilibrio tra vari neurotrasmettitori, che hanno guidato la progettazione e l’uso di diversi psicofarmaci in grado di agire ristabilendo il perduto equilibrio biochimico. Secondo la psicoanalisi freudiana, la d. (➔ lutto) deriva da un senso di colpa inconscio per l’ambivalenza rivolta a un oggetto interno vissuto come perduto a causa della propria aggressività, che può culminare nell’attesa delirante di una punizione. La terapia consiste, a seconda dei casi ‒ o più spesso a seconda dell’orientamento teorico del medico curante ‒ in psicoanalisi, psicoterapia, trattamento con psicofarmaci. La soluzione maggiormente praticata è quella del trattamento combinato di psicoterapia e psicofarmaci.