depressione
Deviazione del tono affettivo in senso malinconico, triste, con sintomi cognitivi, comportamentali e somatici che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire il tono dell’umore in modo da lieve a grave, compromettendo la socialità e la psicologia di una persona. La d. non è quindi un semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura sé stessa, gli altri e il mondo esterno. La d. talvolta è associata a ideazione suicidaria e quasi sempre si accompagna a deficit dell’attenzione e della concentrazione, insonnia, disturbi alimentari e della libido, estrema ed immotivata prostrazione fisica.
I meccanismi all’origine del disturbo consisterebbero in una disfunzione della neurotrasmissione cerebrale della serotonina, della noradrenalina e della dopamina. Numerosi studi, tuttavia, hanno proposto un modello multifattoriale del fenomeno depressivo. Secondo i sistemi di classificazione internazionale la d. rientra nello spettro dei disturbi dell’umore. Le diverse forme di d. possono insorgere a seguito di eventi stressanti (lutti, separazioni, perdita del lavoro) oppure presentarsi senza motivo apparente e avere carattere episodico o fasico; nel caso che si manifestino in alternanza a fasi ipomaniacali o maniacali, rappresentano manifestazioni del disturbo bipolare e della ciclotimia (➔ maniaco-depressiva, psicosi). Talora la d. può avere decorso cronico, anche se più lieve (disturbo distimico) o essere elemento costitutivo e pervasivo del carattere, come in alcuni disturbi di personalità.
Particolare attenzione va data alle diverse età della vita (d. infantili, post-partum o puerperali, senili o involutive) come momenti facilitanti o scatenanti una predisposizione generica e, specialmente oggi, alle componenti transculturali dei quadri clinici. I più comuni sintomi della d. sono rappresentati dalla perdita della possibilità di esperire piacere (anedonia), dal distacco dagli abituali interessi, dalla svalutazione delle proprie capacità psichiche e fisiche, da pessimismo e sfiducia che pervadono la persona (tristezza vitale); nelle forme più gravi sono presenti la perdita dell’autostima, la riduzione dell’attività lavorativa, la diminuzione o l’aumento del sonno, la prevalenza di idee di disgrazia, di colpa, di rovina, di malattia, fino a veri e propri deliri (ipocondriaci, nichilistici, di dannazione) e sovente atti suicidari.