derivata
Concetto fondamentale in analisi matematica, ampiamente utilizzato nelle applicazioni economiche. Per dare un’idea della potenza di questo strumento nella teoria economica, si pensi, per es., che la d. del ricavo (costo) totale è il ricavo (costo) marginale e la massimizzazione del profitto (differenza fra ricavo totale e costo totale) richiede la ricerca di un punto in cui si azzeri la d. della differenza, cioè la differenza fra le d., e dunque si eguaglino ricavo e costo marginale.
Il concetto di d. si lega, nell’interpretazione geometrica, a quello di pendenza della tangente a una curva. Sia y=f(x) la relazione che collega valori di una variabile indipendente x ai valori di un’altra variabile dipendente y=f(x); nel piano coordinato (x,y) la rappresentazione geometrica della funzione f è il luogo dei punti di coordinate x,y=f(x). In molte applicazioni esso è una curva regolare, dotata di tangente in ogni punto. L’inclinazione o pendenza o coefficiente angolare di tale tangente nel punto di coordinate x, f(x) è la d. della funzione f nel punto x. Più formalmente, fissato x, si consideri per valori di h diversi da 0 la funzione R(x,h)=(f(x+h)−f(x))/h, rapporto fra gli incrementi (in senso algebrico, perché non necessariamente positivi) della f e della x(h=(x+h)−x), detta appunto rapporto incrementale. Se esiste il limite di tale funzione per h tendente a 0, esso è detto d. della f in x e si indica con la notazione f′(x).
Consideriamo le funzioni R(q), C(q), Π(q)=R(q)−C(q), che esprimono rispettivamente il ricavo, il costo e il profitto di un’impresa in funzione della quantità, q, venduta. Le rispettive derivate sono appunto interpretabili come il ricavo (il costo, il profitto) marginale R′(q) (C′(q), Π′(q)=R′(q)−C′(q)) cioè il ricavo (costo, profitto) dell’ultima unità (infinitesima) venduta. Si ricerca la quantità che massimizza il profitto. Come si vedrà nel seguito, secondo i criteri generali, nel punto di massimo deve essere Π′(q)=R′(q)−C′(q)=0 e Π″(q)=R″(q)−C″(q)<0. Le due condizioni affermano che il massimo profitto si consegue quando il costo marginale (crescente, d. seconda positiva) eguaglia il ricavo marginale (decrescente o almeno non crescente, d. seconda negativa o almeno non positiva). Il costo di ulteriori unità prodotte e vendute sarebbe in tal caso superiore al ricavo da esse generato. Nell’interpretazione geometrica il massimo profitto si ha quando l’inclinazione (decrescente o almeno non crescente) della tangente alla curva del ricavo totale eguaglia quella (crescente) della tangente alla curva del costo totale; ivi è massima la differenza fra le due curve.
La notazione f′(x) indica che la d. prima è essa stessa una funzione della variabile x, che potrebbe a sua volta essere derivabile. In tal caso si indicherà con f″(x) la d. in x della funzione d. prima, detta d. seconda. Iterativamente si potrebbero definire, se esistenti, d. di qualsivoglia ordine. L’andamento e in particolare il segno delle prime due d. danno importanti informazioni sul comportamento di funzioni derivabili. In particolare, negatività (positività) della d. prima implica de(crescenza) della f e negatività (positività) della d. seconda, concavità (convessità) della medesima. I punti di massimo (minimo) relativo hanno almeno la d. prima nulla e la prima non nulla delle d. successive di ordine pari (spesso la d. seconda) e di segno negativo (positivo). Intuitivamente, basta considerare il comportamento della parabola che è la rappresentazione geometrica dell’approssimazione locale del secondo ordine della funzione, la cui espressione è P(x)=f(x0)+f′(x0)(x−x0)+f″(x0)(x−x0)2/2. Se risulta f′(x0)=0 e f″(x0)<0(>0), cioè il coefficiente del termine quadratico è negativo (positivo), la parabola ha in x0 il vertice e f(x0) è il suo valore massimo (minimo). L’estensione di questi concetti a funzioni z=f(x,y) di due o più variabili richiede qualche cautela. Si definisce d. parziale prima rispetto a x nel punto di coordinate (x,y), e si indica con la notazione f′x(x,y), il limite per h che tende a 0 del rapporto incrementale [f(x+h,y)−f(x,y)]/h. Scambiando il ruolo di x e y si ottiene la d. parziale prima rispetto a y:fy(x,y). Tali funzioni sono ancora funzioni delle due variabili x, y e ciascuna di esse può essere a sua volta parzialmente d. rispetto a ciascuna delle due variabili. Si ottengono in tal modo d. parziali seconde pure fxx(x,y) e fyy(x,y), se la seconda derivazione avviene rispetto alla stessa variabile, miste, se la seconda derivazione è fatta rispetto a variabile diversa dalla prima. In condizioni di regolarità, le due d. seconde miste coincidono, cioè risulta fxy(x,y)=fyx(x,y). Condizioni sui massimi e minimi relativi di una f(x,y) si legano al segno in x, y delle d. parziali prime e della quantità fxx(x, y)·fyy(x,y)−(fxy(x,y))2, detta hessiano (➔). Nel caso generale di funzioni di n variabili l’hessiano è il determinante (➔) della matrice hessiana, cioè della matrice quadrata (nxn) delle d. parziali seconde. Precisamente, condizione necessaria perché (x0,y0) sia un massimo o minimo relativo è che vi si azzerino ambedue le d. parziali prime; quando l’hessiano è positivo si ha un massimo (minimo) se le due d. seconde pure sono negative (positive), quando è negativo si ha un cosiddetto punto di sella; ulteriori indagini sono necessarie quando l’hessiano è nullo. Nell’interpretazione geometrica, la nullità delle d. parziali prime nel punto di coordinate (x0,y0) implica, in primo luogo, che la superficie, immagine geometrica della funzione z=f(x,y), ha ivi piano tangente orizzontale (condizione necessaria per un massimo o un minimo). La forma dell’approssimazione quadratica (del secondo ordine) dipende dal segno dell’hessiano: quando è positivo (negativo) essa è un paraboloide ellittico (iperbolico). Nel caso ellittico, le sezioni del paraboloide con i piani passanti per (x0,y0) e perpendicolari al piano di equazione z=0 (detto anche piano di base) sono parabole, con vertice nel punto (x0,y0); esse sono tutte rivolte verso il basso (l’alto) se le d. seconde pure sono negative (positive) e allora si ha un massimo (minimo). Nel caso iperbolico alcune sezioni generano parabole rivolte verso l’alto, altre verso il basso e allora si ha una sella (punto di sella). L’estensione al caso n-dimensionale richiede l’utilizzo di strumenti e risultati di algebra delle matrici.