CHILOVI, Desiderio
Nato a Taio (Trento) il 23 maggio 1835 da Andrea e da Anna Stefenelli, frequentò il ginnasio a Bolzano e poi a Trento, dedicandosi con passione al greco antico, di cui tradusse e pubblicò una grammatica dalla lingua tedesca all'italiana. Costretto da una malattia a interrompere gli studi scoperse, attraverso la lettura di un'operetta di Fr. Perthes, Der deutsche Buchhandel als Bedingung des Daseins einer deutschen Literatur (.....1816), l'importanza che pergli studi aveva la organizzazione del commercio librario, specificamente nei suoiaspetti bibliografici. Per approfondire questi suoi interessi si recò nel 1855 a Viennae l'anno dopo a Firenze, dove si stabilìdedicandosi agli studi di bibliografia, diletteratura e di lingue moderne. A. Vannucci, che aveva avuto modo di conoscerloe di apprezzarlo, nel 1861 lo chiamò comescrittore alla Biblioteca Magliabechiana egli affidò la revisione del nuovo catalogoa volumi.
Nell'articolo Il governo e le biblioteche (in Il Politecnico, [XXX], 1867, pp. 71-85, 171-197) il C. aveva dato presto una ampia prova della competenza biblioteconomica e dell'istinto organizzativo che egli possedeva in grado veramente ragguardevole; da esso emerge un quadro di grande chiarezza sulle necessità delle biblioteche italiane, in quanto correlate con le loro più autentiche finalità, e una serie di efficaci proposte per la realizzazione delle strutture più opportune per una loro corretta ed efficiente gestione bibliografica ed amministrativa.
Per la prima volta veniva definita la fisionomia individuale e complessiva delle biblioteche italiane, da quelle nazionali alle universitarie, dalle comunali alle biblioteche speciali; di queste ultime il C. fu all'avanguardia nel raccomandare l'istituzione, con lo sguardo in particolare rivolto ai bisogni della gioventù. L'articolo conteneva un programma esauriente per l'istaurazione di un equilibrato ed organico sistema bibliotecario, dalla fondazione delle sovrintendenze bibliografiche al deposito degli stampati d'obbligo, dalla formazione qualificata professionale del personale all'organizzazione coordinata e capillare dei servizi pubblici di lettura e di studio per le diverse categorie di utenti, e infine al riordinamento del commercio librario, e ai vantaggi che esso avrebbe potuto trarre dalla costituzione di un servizio nazionale di informazioni bibliografiche.
Al termine dell'articolo il C. riepilogava, in uno schema di dodici punti, l'insieme degli interventi straordinari e dei lavori ordinari che avrebbero potuto consentire il risollevamento delle biblioteche italiane, e la loro trasformazione in "efficaci strumenti e fonte perenne di civiltà". Si trattava di un vero e proprio programma di governo, e R. Bonghi non tardò a valersene.
Nel 1879, alla morte di P. Fanfani, il C. gli successe come direttore della Marucelliana: fu sua premura accentuare il carattere popolare della biblioteca così da renderla più proficua, in particolare, agli studenti delle scuole secondarie. Nel 1880 L. Cremona, nominato, in seguito alle accuse scagliate contro la gestione di C. Castellani, commissario responsabile dei lavori di riordinamento e di sistemazione della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II, lo chiamò a Roma per giovarsi della sua esperienza e della sua competenza, già note per il saggio pubblicato e per la collaborazione data al Bonghi nell'allestimento del Regolamento per le Biblioteche italiane del 1876.
Nel 1882 il C. tornò alla Marucelliana, rimanendovi fino al maggio del 1885 quando fu nominato prefetto della Biblioteca nazionale di Firenze. Questa, che già dal 1861 risultava dalla unione della Magliabechiana e della Palatina, e dall'incremento dei libri provenienti dalle soppresse corporazioni religiose, per decreto di F. De Sanctis ministro della Pubblica Istruzione era nell'ottobre dichiarata Biblioteca nazionale centrale. Nello stesso anno veniva pubblicato, per firma del ministro Coppino, il nuovo Regolamento delle Biblioteche italiane, quasiinteramente opera del Chilovi. Esso costituiva non soltanto una serie di sagge norme di amministrazione, ma rappresentava un coerente programma di sviluppo e di integrazione; tanto che fu salutato, in Europa, come uno degli statuti biblioteconomici più avanzati e più liberali.
Alla Biblioteca nazionale centrale il C. lavorò fino alla morte, avvenuta a Firenze il 7 giugno 1905. Pochi giorni prima, con una solenne cerimonia, i bibliotecari di tutta Italia avevano festeggiato il suo settantesimo compleanno.
A capo del più importante centro biblioteconomico italiano, il C. promosse e diede attuazione a due progetti bibliografici di interesse fondamentale per la organizzazione culturale italiana: dal 1886, il Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Nazionale di Firenze, in attuazione della legge 30 giugno 1870 a firma di P. Villari, e la serie di Indici e Cataloghi, collana di volumi che si proponevano di illustrate e far conoscere i fondi manoscritti e a stampa delle biblioteche italiane. Il Bollettino, per il quale aveva preparato l'impianto e studiato lo schema di classificazione, ottenne larghi consensi, ed il riconoscimento, alla Esposizione di Parigi del 1888, come uno dei migliori repertori bibliografici nazionali tra quelli presentati da ventotto nazioni.
A vantaggio della Biblioteca nazionale di Firenze il C. ideò e sostenne con impegno altri due progetti. Di questi uno riuscì ad attuare, a partire dal 1887, nell'Archivio della letteratura italiana; l'altro, la costruzione di una nuova sede, per quanto vi si fosse dedicato con zelo, rimase allo stato di elaborato architettonico. Nel 1885 il comune aveva donato allo Stato l'area necessaria per costruire, al centro della città, un nuovo palazzo per la biblioteca; e il C. aveva subito trasmesso al ministero della Pubblica Istruzione il progetto dell'edificio, preparato assieme all'architetto L. Mansueti. Nel 1890 il comune sostituì l'area con una altra più grande, e il C. presentò con l'architetto A. Papini un secondo progetto, che prevedeva dettagliatamente la disposizione di ogni singola parte dell'istituto in relazione all'uso più funzionale possibile dell'insieme, descrivendolo nell'opuscolo Il nuovo palazzo per la Biblioteca nazionale centrale (Firenze 1892).
L'Archivio della letteratura italiana era spartito in tre sezioni: la prima destinata ai carteggi e alle lettere che possono avere importanza per la letteratura, la storia, le scienze e le arti; la seconda ai frammenti manoscritti di opere inedite, ai documenti e agli appunti, la terza ai chirotipi. Nel 1903, nell'opuscolo L'Archivio della letteratura italiana e la Biblioteca nazionale centrale di Firenze edito a Firenze, il C. dava notizia che in esso erano state già raccolte quattrocentomila lettere, delle quali già accessibili agli studiosi le ventottomila del carteggio Vieusseux più altre quindicimila. L'iniziativa suscitò grande interesse; oltre ai documenti e ai carteggi che si provvide a comperare direttamente, incominciarono a confluire lettere, autografi e manoscritti da ogni parte.
Il C. ha lasciato poco più di una dozzina di articoli, redatti per lo più negli ultimi anni di vita. Dopo quello del 1867, per oltre quindici anni non pubblicò altro, impegnato com'era nella attività di bibliotecario e di consulente tecnico per i ministri Bonghi e Coppino, e per il sottosegretario Martini. I suoi articoli non furono né pretesti eruditi né divagazioni letterarie: il tema bibliografico e biblioteconomico era inserito nella concreta situazione italiana, segnalandone con precisione l'efficacia per la cultura e per la istruzione popolare. Ed è sempre evidente il suo zelo di organizzatore intellettuale e di educatore. Così, parlando dell'Indice delle Rivisteamericane ed inglesi (in Nuova Antologia, 1º ag. 1883, pp. 532), non tralascia di sollecitare un potenziamento degli acquisti dei periodici, in particolare scientifici, perché le biblioteche italiane non servano esclusivamente alle dotte ricerche sul passato ma anche al pensiero moderno e alla scienza corrente. Su Le Biblioteche universitarie (ibidem, 1º ag. 1900, p. 468), scrisse un articolo accuratissimo e pungente, con funzionali osservazioni ancora valide. La collaborazione catalografica e la standardizzazione bibliografica internazionale furono per il C. uno degli interessi più vivi; il suo orientamento pragmatico e operativo nei confronti delle procedure biblioteconomiche lo conduceva ad insistere con energia per progetti di cooperazione e di partecipazione bibliografica sia in sede italiana che straniera. La consapevolezza che le biblioteche operavano all'interno di un grande meccanismo tecnologico di distribuzione e di coordinamento bibliografico lo spingeva a considerare primari tutti quegli accorgimenti organizzativi che permettessero un risparmio di spesa e un incremento di efficacia; perciò, primo in Italia, divulgò la classificazione decimale del Dewey e sostenne fervidamente le iniziative dell'Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles, del Concilium bibliographicum di Zurigo e della Royal Society. Su questi argomenti, in particolare, il C. scrisse I cataloghi e l'Istituto internazionale di bibliografia (Firenze 1897); Il Catalogo della letteratura scientifica (in Nuova Antologia, 1º marzo 1899, p. 127), dove affronta il problema della documentazione delle memorie che compaiono nelle riviste e negli atti accademici; Aproposito di una proposta americana per uncatalogo cooperativo (in Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, XIII [1902], 5-6, pp. 78-83).
Nel breve intervento Simbolo o segnatura (Firenze 1897) sostenne risolutamente la superiorità della notazione adottata nella classificazione decimale, proprio quale mezzo di collaborazione internazionale, rispetto alle scelte particolari e spesso macchinose della notazione usata nello schema di Hartwig. In Cerco un libro (in Nuova Antologia, 16 ag. 1899, pp. 672 ss.) presentava un esame dei cataloghi e delle loro funzioni che per alcuni aspetti anticipa perplessità ed intuizioni manifestatesi solo molto decenni più tardi. In La scuola rurale e la sua biblioteca (ibidem, 16 luglio 1901, pp. 200 ss.; poi in opuscolo, Firenze 1902), propugnava l'istituzione di biblioteche scolastiche nelle campagne e nelle zone di montagna, come del resto era stabilito da un articolo della legge Casati rimasto inattuato. L'insegnamento della scuola, perora il C., deve venir proseguito ed alimentato con quelle letture che educhino il giovane "a una vita libera, dignitosa e feconda di ogni bene, a lui e agli altri". Con Le biblioteche ambulanti (ibidem, 1ºott. 1903, pp. 463 ss.) auspicava la formazione, sull'esempio dei paesi anglosassoni, di reti di distribuzione capillare dei libri, che consentissero di raggiungere per mezzo di cassette mobili viaggianti i punti più lontani dalle città e dai paesi provvisti di biblioteca permanente, attuando così concretamente un efficace ed economico proselitismo alla lettura e all'istruzione.
Si possono infine ricordare le notizie e recensioni pubblicate nel Zentralblatt für Bibliothekswesen e nel Bollettino delle pubblicazioni italiane, e un romanzo, Cronaca di un idillio (Firenze 1904), di nessun pregio letterario.
Fonti e Bibl.: Nella Bibl. nazionale di Firenze (Archivio, filze 84-85) sono archiviate due filze di carte manoscritte, comprendenti appunti di biblioteconomia, osservaz. ai regolamenti ministeriali sulle biblioteche, e proposte gestionali e organizzative. Necr. in Boll. delle pubblicazioni italiane, luglio1905, pp. 7 n.n.; in La Bibliofilia, VII (1905), p. 128; in Nuova Antologia, 16 sett. 1905, pp. 325-328; in Riv. delle Biblioteche e degli Archivi, XVI (1905), pp. 117-120. Si vedano: F. Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini viventi, Trento 1894, pp. 362-365; G. Fumagalli, La bibliografia, Roma 1923, pp. XXI-XXIII; C. Frati, Dizionario bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili ital. dal sec. XIV al XIX, Firenze 1933, pp. 160 s.