DESIDERIO da Montecassino
(o Dauferio)
Abate di Montecassino (1058-1086) all'epoca dell'apogeo del monastero benedettino e poi papa con il nome di Vittore III, D. fu tra coloro che in età romanica incarnarono più pienamente la figura dell'abate costruttore e patrono delle arti.Nato intorno al 1027 dalla famiglia dei principi longobardi di Benevento, D., malgrado l'opposizione dei familiari, si votò assai presto alla vita monastica; rifugiatosi alla corte del principe Guaimario V di Salerno, il quale lo affidò all'abbazia della SS. Trinità a Cava de' Tirreni (1048-1049), entrò in seguito nel monastero beneventano di Santa Sofia, interrompendo questo soggiorno per ritirarsi a vita eremitica presso il cenobio benedettino di S. Maria a Mare sull'isola di San Nicola nelle Trèmiti e, di qui, alla Maiella.D. fece il suo ingresso a Montecassino nel 1055-1056 - contemporaneamente al suo amico Alfano, futuro arcivescovo di Salerno (1058-1085) -, dove fu presto designato come suo successore dall'abate Federico di Lorena, divenuto papa con il nome di Stefano X (1057); alla morte di quest'ultimo D., in procinto di imbarcarsi a Bari per una missione diplomatica presso l'imperatore bizantino Costantino X, il 29 marzo 1058 fu eletto abate di Montecassino e consacrato in questa carica da Niccolò II il 7 maggio 1059. Nominato cardinale titolare di S. Cecilia a Roma (1059), poi legato pontificio in Italia meridionale, D. prese parte attiva agli affari della Chiesa romana, svolgendo un ruolo significativo sia nel ristabilire relazioni cordiali fra papato e Normanni sia nel mantenere buoni rapporti con l'imperatore bizantino, malgrado lo scisma del 1054; sostenne papa Gregorio VII (1073-1085) nella lotta contro l'imperatore Enrico IV (1065-1106) e l'antipapa Clemente III (1080-1100), intervenendo anche nella controversia con Berengario di Tours. Nel maggio 1086 D. venne eletto pontefice e accettò questa nomina l'anno seguente, prendendo il nome di Vittore III. Morì il 16 settembre del 1087.Tra le molteplici attività svolte, D. è noto soprattutto come abate costruttore e cultore delle arti; tuttavia la sua azione in ambito artistico deve essere inquadrata nel contesto più generale della fioritura intellettuale e spirituale che egli stesso favorì, rappresentata da personaggi quali Alfano I di Salerno, Costantino l'Africano novus Hippocrates, Alberico di Montecassino, maestro di Giovanni di Gaeta (poi papa Gelasio II) nell'ars dictamini, Amato di Montecassino, autore della Historia Normannorum, e da numerosi canonisti; D. stesso scrisse i Dialogi de miraculis sancti Benedicti (1076-1079) e forse un poema su s. Mauro (The Codex Benedictus, 1982).La testimonianza più significativa del ruolo svolto da D. nella committenza artistica è offerta dalla Chronica monasterii Casinensis di Leone Marsicano, il quale, su invito dell'abate Oderisio I (1067-1105), scrisse, a partire dal 1090, la storia di Montecassino, giungendo con la sua narrazione fino al 1075. Intimo di D. fin dal suo ingresso nel monastero (ca. 1060) e testimone oculare dei lavori da lui intrapresi, Leone poté descrivere la grandiosa cerimonia con cui Alessandro II, il 1° ottobre 1070, consacrò la nuova basilica di Montecassino voluta da D.; delle vicende architettoniche di quest'ultima fu testimone diretto anche Amato di Montecassino, che scrisse la Historia Normannorum, dedicata proprio a Desiderio. I continuatori dell'opera di Leone, Guido di Montecassino e poi soprattutto Pietro Diacono, autore anche del Registrum Petri Diaconi, redatto intorno al 1131-1133, offrono invece una compilazione che richiede un attento vaglio critico (Cowdrey, 1983).Le fonti epigrafiche relative alla committenza di D., oltre alle iscrizioni un tempo situate nell'atrio e nell'abside della basilica e trascritte nella Chronica (III, 28), comprendono anche le due iscrizioni che presentano D. come donatore, la prima sull'architrave del portale della chiesa di Sant'Angelo in Formis, presso Capua (post 1072), e la seconda su un reliquiario custodito nella diaconia romana dei Ss. Cosma e Damiano, del 1086 ca. (Bloch, 1986, I, pp. 82-88).Per i danni subiti da Montecassino durante il terremoto del 9 settembre 1349 e poi durante la seconda guerra mondiale, le imprese monumentali di D. sono documentabili solo parzialmente grazie agli scavi archeologici (Pantoni, 1973); i relativi tentativi di restituzione sono stati guidati dal testo della Chronica, che permette anche di stabilire il ruolo svolto dall'abate. D. non solo promosse la costruzione, ma intervenne operando precise scelte artistiche in materia di iconografia, tecnica e stile; dopo aver pianificato gli edifici monastici, nel marzo 1066 D. decise, malgrado le perplessità di alcuni monaci anziani, di demolire la vecchia basilica carolingia e di costruire, per le temporanee esigenze del culto, una chiesa dedicata a s. Pietro (Chronica, III, 26); tuttavia gli imponenti lavori di terrazzamento si imbatterono prima del previsto nella tomba di s. Benedetto e il progetto concepito per la nuova basilica - ispirato al S. Pietro di Roma - dovette essere modificato. La basilica, preceduta da un atrio e circondata da numerosi edifici, formò un imponente complesso al quale si accedeva tramite una scala monumentale.D. si recò personalmente a Roma alla ricerca di colonne, capitelli e marmi, che si fece donare dai suoi amici o che acquistò larga manu (Chronica, III, 26). L'ispirazione romana non si limitò al progetto e al reimpiego dei materiali, ma si espresse anche nella scelta delle iscrizioni dedicatorie, che ricalcavano quelle costantiniane di S. Pietro in Vaticano e di S. Giovanni in Laterano, e nei programmi dei mosaici e delle pitture murali, eseguiti nella basilica cassinese e negli altri edifici. Questi cicli, totalmente perduti, sono conosciuti solo attraverso i riferimenti della Chronica e alcuni dei tituli attribuiti ad Alfano I di Salerno (Acocella, 1966).La decorazione parietale di Sant'Angelo in Formis, dove D. è rappresentato nell'abside in veste di donatore e celebrato nell'iscrizione dedicatoria sulla porta d'ingresso, è invece importante documento superstite da lui direttamente patrocinato (Toubert, 1990). La scoperta della decorazione pittorica nell'absidiola sinistra (Iacobitti, Abita, 1992), dove si possono riconoscere S. Giovanni Evangelista e il Battista ai lati del busto di Cristo, stabilisce una nuova analogia con le pitture perdute dell'abbaziale cassinese, dove pure figuravano entrambi i santi.L'attenzione di D., pur impegnato nella ricerca a Roma di materiali e di modelli, in linea dunque con l'orientamento della politica riformatrice della renovatio Ecclesiae primitivae formae alla quale aderiva, si volse anche a Costantinopoli, da dove fece giungere opere d'arte - fra le quali un ricco antependium per l'altare di s. Benedetto e gli elementi principali di una iconostasi - e artisti specializzati nell'arte del mosaico parietale e pavimentale, ai quali si aggiunsero (Chronica, III, 27; Historia Normannorum) anche dei saraceni. Frammenti, ancora in situ, del pavimento della basilica desideriana (1066-1071) mostrano somiglianze con quello della Santa Sofia a Nicea. Gli artisti bizantini dovettero formare nelle loro arti anche giovani monaci scelti fra i più idonei a profittare del loro insegnamento. Tale iniziativa, eccezionale nella sua ampiezza, fece di D. uno dei promotori della diffusione di influssi bizantini in Occidente. In occasione di un viaggio ad Amalfi, rimasto impressionato alla vista della porta bronzea che il mercante Pantaleone aveva commissionato ad artisti costantinopolitani per il duomo cittadino, D. volle anche per la sua basilica battenti simili, che gli vennero offerti da Mauro, padre di Pantaleone, nel 1066 e che ancora si conservano, in parte rimaneggiati, all'entrata della chiesa (Bloch, 1986, I, pp. 137-628). Se l'interesse di D. per l'arte bizantina fu suscitato indubbiamente dall'ammirazione per le opere di quell'area, esso tuttavia deve essere interpretato anche come un tentativo di recupero dell'arte antica e paleocristiana, della quale i Bizantini apparivano i continuatori, in un'epoca in cui, secondo la Chronica (III, 27), l'Occidente ne aveva ormai dimenticato la pratica. L'apporto bizantino si accompagnò a un'apertura non solo nei confronti della tradizione paleocristiana, ma anche verso l'arte carolingia e ottoniana (Toubert, 1971), come si evince dalla produzione di manoscritti, per la quale la Chronica (III, 63) esalta ancora l'intervento di Desiderio. Egli ben presto avrebbe manifestato l'intenzione di far pervenire al più alto grado di perfezione l'arte della scrittura e della miniatura, ponendo Leone Marsicano a capo dello scriptorium; fu allora che venne elaborato, appoggiandosi alla tradizione beneventana, un nuovo tipo di iniziali, esemplate su quelle del lussuoso evangeliario realizzato a Ratisbona e offerto dall'imperatore Enrico II nel 1022-1023 (Roma, BAV, Ottob. lat. 74). Non meno delle influenze bizantine è evidente la volontà di esprimere l'ideale politico e spirituale di D., che si manifesta più precisamente nelle dediche di un omeliario del 1072 (Montecassino, Bibl., 99) e del Lezionario di Montecassino, in cui è raffigurato lo stesso D. (Roma, BAV, Vat. lat. 1202; Newton, 1979; Mayo, 1982; Brenk, 1989).L'inventario del tesoro, eseguito alla morte di D., enumera, accanto a manoscritti lussuosamente ornati e rilegati, sontuosi paramenti e vesti liturgiche, nonché oggetti di oreficeria, molti dei quali personalmente acquistati da D., ma parecchi anche donatigli dall'imperatore Enrico IV e dalla moglie Agnese, da Roberto il Guiscardo e dalla sua consorte e anche da Mauro di Amalfi. Lo stesso D., nel 1086, donò al consul Romanorum Cencio Frangipane il reliquiario d'argento di s. Matteo, con iscritto il suo nome (Roma, Ss. Cosma e Damiano).Si è concordi nel riconoscere il ruolo fondamentale svolto da D. nella fioritura artistica di Montecassino, ma si può discutere sia sul grado di originalità delle iniziative da lui patrocinate sia sulla misura in cui egli possa aver inaugurato o invece solamente adottato e amplificato un movimento artistico concepito altrove, più precisamente a Roma. Questo interrogativo rischia di diventare un falso problema, soprattutto se si tiene conto del fatto che lo stesso D. venne ben presto coinvolto nell'ambiente riformatore romano (Toubert, 1990; in corso di stampa). Anche l'irradiamento dell'opera di D. fornisce spunti per un dibattito; le equilibrate conclusioni di Bertaux (1903) sulla sua azione nell'Italia centromeridionale furono, in seguito, esageratamente amplificate fino a fare dell'abate uno dei promotori dell''arte benedettina', tendenza che a sua volta provocò il rifiuto, altrettanto eccessivo, di ammettere qualsiasi influenza desideriana (de Francovich, 1955). Da allora il ruolo di D. è stato rivalutato grazie a contributi (Kitzinger, 1972b; Toubert, 1976) che, evitando generalizzazioni, hanno messo in luce in determinati monumenti tracce puntuali dell'impatto delle opere legate alla committenza desideriana.
Bibl.:
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