Destinazione patrimoniale a tutela dei soggetti deboli
La destinazione patrimoniale a tutela dei soggetti deboli è stata in tempi recenti oggetto di un significativo intervento legislativo, con il quale è stato previsto un regime fiscale agevolato per trust, atti di destinazione e contratti di affidamento fiduciario in favore di persone affette da disabilità grave. Il contributo che segue analizza i tratti salienti e le ricadute sistematiche della l. n. 112/2016, soffermandosi in particolare sui rapporti con la normativa previgente, sui dati strutturali delle figure negoziali ivi previste e sulle problematiche operative connesse alla loro utilizzazione.
Con l. 22.6.2016, n. 112, rubricata Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, è stato introdotto nell’ordinamento italiano un regime fiscale agevolato per alcune fattispecie di destinazione patrimoniale, poste in essere in favore di persone con disabilità grave prive di assistenza familiare1.
La normativa, che prevede ulteriori misure a tutela dei soggetti deboli2, non modifica la disciplina preesistente in materia di disabilità.
Non appare mutato il quadro degli strumenti a protezione degli incapaci (quale risultante – da ultimo – in base alle variazioni apportate con la l. 9.1.2004, n. 63); in particolare non sono incise le norme su interdizione e inabilitazione, del resto ormai relegate dalla pratica ad applicazioni relativamente marginali4 perché considerate connotate da “eccessi impeditivi”5 . Non è modificata neanche la normativa in materia di amministrazione di sostegno, istituto divenuto ordinario strumento di tutela della disabilità, soprattutto qualora l’interessato (in ipotesi non affetto da una grave e irreversibile patologia psicofisica6) risulti comunque protetto da un’adeguata “rete” familiare o sociale e non sia titolare di un patrimonio7 talmente consistente da richiedere un’attività di gestione complessa. Profili di contiguità (anche in ragione di uno specifico richiamo testuale) la l. n. 112/2016 presenta con l’art. 2645 ter c.c., introdotto dalla l. 23.2.2006, n. 51. Pur lasciando aperta una serie di questioni problematiche, sorte anche a causa della sua formulazione e collocazione, la suddetta disposizione contempla, infatti, un primo esempio di destinazione di patrimonio espressamente previsto (anche) a tutela della disabilità e risponde dunque all’esigenza – cui è ispirato il regime agevolativo previsto dalla l. n. 112/2016 – di attribuire funzionalmente beni a favore dei soggetti deboli per favorirne l’autonomia. Alla medesima esigenza, peraltro, la prassi aveva risposto anche attraverso un largo uso dei trust; istituto sulla cui ammissibilità nel nostro ordinamento, a fronte della Convenzione dell’Aja dell’1.7.1985 e della relativa legge di ratifica (l. 16.10.1989, n. 364), si è nel tempo registrato un acceso dibattito. Anche tale fattispecie è espressamente richiamata dalla l. n. 112/2016 e dunque pure su tale ultimo piano può dirsi che essa abbia rilevanti implicazioni. Nel quadro della riflessione sugli strumenti di destinazione e affidamento patrimoniale, un posto significativo – nelle posizioni della dottrina8 e nelle soluzioni della prassi precedenti alla l. n. 112/2016 – andava, inoltre, rivestendo il contratto di affidamento fiduciario; tale fattispecie riceve qui il primo esplicito9 riconoscimento legislativo.
La l. n. 112/2016 disciplina «misure di assistenza, cura e protezione» sia in considerazione di una attuale necessità di supporto dei soggetti deboli, sia in previsione di un futuro bisogno «in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori» (così l’art. 1: è il cd. “dopo di noi”). Per «la costituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645 ter del codice civile e di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario» viene prevista l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni. Viene, inoltre, contemplata l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e l’esenzione dall’imposta di bollo per gli atti e i documenti relativi posti in essere o richiesti dal trustee, dal fiduciario del fondo speciale ovvero dal gestore del vincolo di destinazione. È, infine, prevista la possibilità che i Comuni stabiliscano aliquote ridotte, franchigie o esenzioni ai fini dell’imposta municipale, in caso di conferimento di immobili e di diritti reali sugli stessi. La concessione di tale regime agevolato è subordinata ad una serie di condizioni. Anzitutto, finalità esclusiva dei negozi istitutivi, che deve risultare espressamente, deve essere l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza dei beneficiari. Inoltre l’atto istitutivo o il contratto devono rivestire la forma pubblica, non risultando sufficiente la scrittura privata, pure ammessa per i trust dall’art. 3 della Convenzione dell’Aja. L’atto istitutivo deve, fra l’altro, indicare in maniera chiara i soggetti coinvolti, i rispettivi ruoli ed obblighi. Beneficiari esclusivi del trust, dell’atto di destinazione, del fondo speciale (ma non destinatari finali del fondo residuo) devono essere le persone con disabilità grave. È necessario prevedere la presenza di un soggetto preposto al controllo delle obbligazioni imposte all’atto dell’istituzione del vincolo a carico del trustee o del gestore. L’atto istitutivo deve individuare il termine finale di durata del vincolo nella data della morte della persona con disabilità grave e deve stabilire la destinazione del patrimonio residuo, eventualmente prevedendo i beneficiari finali del fondo.
La disciplina degli incentivi tributari così delineata sottende – e ciò costituisce la prima novità sostanziale di rilievo – il riconoscimento legislativo di figure negoziali, la cui ammissibilità e configurazione strutturale sono state invece nel tempo controverse. L’art. 6 l. n. 112/2016 contempla infatti, come si è visto, tre strumenti diversi: il trust, i negozi di destinazione, il contratto di affidamento fiduciario, volto a disciplinare fondi speciali formati da beni sottoposti a vincolo di destinazione. L’uniforme previsione del regime fiscale delle diverse fattispecie accosta dunque il primo istituto – le cui caratteristiche e la cui disciplina sono comunque almeno in parte tipizzate dalla Convenzione dell’Aja e dal riferimento alla legge straniera eletta – a diversi schemi negoziali, supportati da riferimenti normativi alquanto scarni o frutto sinora di elaborazione esclusivamente dottrinale. Le fattispecie sono accomunate dall’analogo effetto della separazione patrimoniale, cui si accompagna il vincolo di destinazione, e dall’esistenza (in alcuni casi presunta) di rapporti fiduciari tra le parti. Accanto a tali elementi di affinità, diversa però è la struttura, differenti sono le forme negoziali utilizzabili e la tipologia dei beni vincolati. La genesi unilaterale è ordinariamente tipica del trust (quanto meno nel modello originario inglese); la struttura bilaterale è propria del contratto di affidamento fiduciario; entrambe le modalità di costituzione del vincolo negoziale possono adattarsi agli atti di destinazione. Sicché ciascuna fattispecie negoziale merita una riflessione specifica, prima di procedere ad una ricognizione d’insieme sui profili problematici comuni.
La l. n. 112/2016 sembra, anzitutto, dare per acquisita l’ammissibilità del trust interno, di quel trust relativo cioè a beni situati in Italia e tra soggetti aventi cittadinanza italiana, con unico elemento di estraneità rappresentato dal rinvio alla legge straniera regolatrice. Si tratta di un tema sul quale, pur con ampio dibattito in dottrina10 e giurisprudenza11, già da tempo era da registrare una prevalenza di opinioni in senso positivo. Le questioni sollevate sono state diverse ed hanno toccato differenti piani: dall’ambito degli effetti della Convenzione dell’Aja e di alcune sue specifiche norme (come l’art. 1312); alla compatibilità con il principio della responsabilità patrimoniale universale; al conflitto tra doppia titolarità, disciplina della proprietà e principio del numero chiuso dei diritti reali; alla difficoltà operativa di apprestare modalità di pubblicità del vincolo a fronte della tipizzazione degli atti soggetti a trascrizione13.
Pur nel quadro di questi profili problematici, l’utilizzazione dei trust in favore di soggetti deboli è maturata fra le pieghe delle critiche all’interdizione e all’inabilitazione nella prassi, prima ancora di un riconoscimento giurisprudenziale o legislativo, grazie a una serie di caratteristiche positive: la possibilità del ricorso ad un procedimento più semplice rispetto all’attivazione di una misura istituzionale, l’opportunità della pianificazione familiare con una composizione dei vari interessi tra beneficiari del reddito e del fondo, i costi di istituzione e gestione contenuti. Se, peraltro, il riconoscimento normativo (non il primo in assoluto, per vero, giacché il legislatore fiscale nel 200614 aveva disposto in tema di tassazione dei redditi prodotti dai trust in Italia) vale a segnare una tappa significativa per il definitivo accoglimento dell’istituto, nella l. n. 112/2016 ai profili fiscali non si accompagna la predisposizione di una disciplina generale della materia, né vengono inserite norme di raccordo con diverse, correlate disposizioni del nostro ordinamento. Rimane dunque aperta una serie di questioni problematiche, ad esempio dal punto di vista dei riflessi successori e del rapporto con le norme inderogabili a tutela della disabilità, di cui si darà conto infra.
Nella l. n. 112/2016 viene rinnovato il richiamo, già operato dall’art. 2645 ter c.c., ai vincoli di destinazione (anche) a tutela della disabilità. Apparentemente non vi sono novità di rilievo in tale riferimento. La valutazione di meritevolezza dell’interesse che giustifica il vincolo – centrale per l’operatività della norma e identificata dalla dottrina con la liceità15, dell’atto o della destinazione, o con la sua “apprezzabilità sociale”16 – può poggiarsi anche su quel richiamo alla tutela dei soggetti deboli, già oggetto di esplicita previsione normativa. Nell’art. 2645 ter c.c. tale riferimento era stato eletto anzi da alcuni autori17 a parametro “relazionale” per individuare gli altri interessi atipici meritevoli di tutela. Il rinnovato richiamo ai vincoli di destinazione a tutela dei soggetti disabili contribuisce però a fornire spunti ricostruttivi ulteriori. Viene confermato anzitutto (art. 6) che detto vincolo può avere a oggetto, a differenza del trust, solo beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri. Il dato che la legge richiami la figura del “gestore”, accanto al fiduciario e al trustee, inoltre conferma come sia possibile che la destinazione discenda, oltre che da atti unilaterali, anche da strutture negoziali bilaterali18, nel caso in cui disponente dei beni e gestore siano soggetti diversi. Per il resto, non sono chiarite le altre questioni sorte intorno all’art. 2645 ter c.c. – in relazione in particolare alla determinazione dell’ambito applicativo (se la norma generalizzi la possibilità di creare patrimoni separati), alle regole di responsabilità, al rapporto con i negozi fiduciari – per le quali si rimanda all’ampio dibattito19 aperto dopo la sua introduzione. La determinazione di alcuni profili di disciplina, in mancanza di specifica normativa, rimane in ogni caso affidata alle disposizioni contenute nell’atto istitutivo o nel contratto collegato; il che peraltro (soprattutto quanto alla regolamentazione del rapporto fiduciario tra il disponente ed il gestore) è conforme a quanto previsto dall’art. 6 l. n. 112/2016, che prescrive in capo ad un soggetto terzo il controllo del rispetto «delle obbligazioni imposte all’atto dell’istituzione del trust o della stipula dei fondi speciali ovvero della costituzione del vincolo di destinazione».
Accanto a trust e atti di destinazione la l. n. 112/2016 sembra attestare l’esistenza, affrancandolo in parte dalle figure contigue, del contratto di affidamento fiduciario. Attraverso questo negozio un soggetto affida ad un altro alcuni beni affinché li impieghi a vantaggio di una o più persone in forza di un programma, che l’affidatario si impegna ad attuare. Il programma destinatorio orienta la gestione e tiene uniti i beni affidati nelle loro permutazioni e/o sostituzioni, operando la surrogazione reale20. La l. n. 112/2016 (art. 1), per vero, determina esclusivamente il contenuto del contratto nel programma di creazione e nella disciplina di fondi speciali, indicando poi nell’art. 6 le caratteristiche che il negozio deve avere per poter godere delle agevolazioni fiscali. Il dettato normativo così formulato ha indotto alcuni autori21 a ridimensionare la portata innovativa dell’intervento in commento, sostenendo che dietro l’immagine dei «fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario» si possa scorgere un normale atto di destinazione (volto a creare il fondo speciale), accompagnato dal conferimento di un mandato diretto ad incaricare un soggetto diverso dal disponente della gestione dei beni vincolati. La ricostruzione dottrinale22 ha, peraltro, nel tempo affinato la descrizione strutturale del contratto, evidenziando alcuni elementi eventuali ancorché ordinariamente presenti (il vincolo di destinazione) ed altri necessari, che anche la disciplina pattizia deve prevedere, pena il suo snaturamento (la centralità dell’affidamento; l’indipendenza dell’affidatario; l’effetto segregativo). Dubbia è, in questo quadro, la necessità del trasferimento di beni da affidante ad affidatario: la risposta positiva sembra suggerita nella l. n. 112/2016 anche dalla previsione del regime agevolato e nella prassi dalla considerazione che un fondo vincolato è necessario per consentire all’affidatario lo svolgimento dell’attività richiesta.
Pur muovendo da punti di partenza diversi, pare evidente che in mancanza di una disciplina organica la configurazione dei rapporti sottesi a contratti di affidamento fiduciario, trust e vincoli di destinazione risulti ancora fluida, perché rimessa alla disciplina negoziale, che si candida ad essere particolarmente meticolosa. E ciò anche per prevenire una serie di questioni problematiche, che pure dopo la l. n. 112/2016 rimangono aperte.
La previsione “comune” operata dalla l. n. 112/2016 pone, anzitutto, il problema della delimitazione dei confini tra i tre strumenti sinora descritti e della individuazione delle peculiarità di ciascuno. Sul punto può anzitutto porsi in evidenza che nel contratto di affidamento fiduciario la gestione, a differenza degli atti di destinazione ove è considerata prevalentemente statica, è come nel trust dinamica, perché preordinata alla realizzazione del programma oggetto dell’affidamento. In questo compito attivo del fiduciario, che suppone la possibilità di trasformare i beni vincolati, viene individuato uno dei fattori di diversità del contratto in questione rispetto agli atti di destinazione. La soluzione del contratto fiduciario appare, poi, adatta ove il conferente voglia avvalersi di altro soggetto per la gestione del bene destinato; in tal caso questo meccanismo negoziale può essere forse più efficiente rispetto all’atto previsto dall’art. 2645 ter c.c., giacché per realizzare il suddetto risultato potrebbe dover affiancarsi all’atto di destinazione un negozio di trasferimento del bene destinato ed eventualmente un mandato (per ampliare i poteri gestori oltre i limiti della norma)23. Quanto al rapporto con il trust, il contratto di affidamento fiduciario ne ricalca in parte lo schema, ma mantiene rispetto al primo una intrinseca autonomia, che non si giustifica solo per la diversa natura dell’atto istitutivo: esso non necessita né può giovarsi, infatti, della elezione di una legge regolativa straniera, né delle linee strutturali definite nella Convenzione dell’Aja, ma deve essere “congegnato” secondo la legge italiana. In particolare, la costruzione dell’ordito negoziale, in mancanza di previsione normativa, deve appoggiarsi allo strumentario tradizionale, identificando un tipo contrattuale nominato dal codice (come il mandato) con l’aggiunta di contenuti atipici o combinando schemi negoziali differenti (contratto a favore di terzi, contratto a prestazioni corrispettive, contratto plurilaterale). Ciascuna soluzione pone specifici problemi e non esenta da un controllo sulla causa concreta24. Quanto alle caratteristiche “comuni”, si è evidenziato che la separazione patrimoniale caratterizza le fattispecie negoziali e che l’eventuale confusione dei beni affidati nel patrimonio dell’affidatario, del gestore o del trustee renderebbe inefficienti i relativi atti istitutivi. L’effetto segregativo può operare, nel rispetto dei diritti dei terzi, quando l’affidatario, il gestore o il trustee non solo non confonde i beni affidati con i propri, ma li tiene separati e distintamente identificabili; il che richiede, quanto ai beni immobili e mobili registrati, la trascrizione dell’atto traslativo. Da questo punto di vista, forse si giustifica il richiamo a «fondi speciali composti di beni sottoposti a vincoli di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario», con cui la l. n. 112/2016 “appoggia” la creazione del fondo separato tramite contratto di affidamento fiduciario allo schema negoziale già previsto dall’art. 2645 ter c.c. La prassi, peraltro, ha elaborato sul punto soluzioni diverse25.
Un secondo profilo problematico attiene al coordinamento con le misure a tutela dei soggetti deboli e, in particolare, al rispetto delle norme inderogabili dettate in materia di autorizzazioni, fatte salve per i trust dall’art. 15 della Convenzione dell’Aja. Per vero, come dimostrato da giurisprudenza recente26 (ancorché precedente alla novità legislativa) e come il dettato normativo sembra suggerire, il ricorso agli strumenti contemplati nella l. n. 112/2016 dovrebbe avvenire in funzione più integrativa che sostitutiva delle diverse misure codicistiche. Si ricorrerà a tali istituti ove non si profili solo la necessità di un soggetto che integri o sostituisca la volontà dell’inabile, ma si voglia “dotare” di beni il soggetto debole, affidandone la gestione al trustee, all’affidatario o al gestore. In tale prospettiva, è evidente che le norme in materia di autorizzazioni non sono escluse, ma dovranno operare se e nei limiti in cui l’incapacità sia stata formalizzata, eventualmente facendo convergere la scelta del soggetto che debba ricoprire l’incarico nella persona che già rivesta il ruolo di tutore, curatore e amministratore di sostegno o, viceversa, inserendo nell’atto istitutivo o nel contratto le necessarie norme di raccordo.
Piuttosto, la peculiare titolarità dei soggetti fiduciari e la funzione della dotazione patrimoniale – che colorano la destinazione, di per sé neutra, di una qualificazione in termini di gratuità – pongono una serie di criticità, soprattutto dal punto di vista dei riflessi successori.
Per la realizzazione di effetti post mortem, le fattispecie fin qui considerate possono atteggiarsi in maniera peculiare. Il trust può essere contenuto in una scheda testamentaria o essere strutturato inter vivos ma con programma di effetti post mortem. Gli atti di destinazione sono normalmente inter vivos, ma è discussa la possibilità di istituire il vincolo tramite testamento27. Il contratto di affidamento fiduciario è caratterizzato da struttura inter vivos (ma può essere stipulato in adempimento di un onere testamentario) e pone problemi diversi a seconda che sia o meno accompagnato da vicenda traslativa. Trust a struttura inter vivos, contratti di affidamento fiduciario e negozi di destinazione con struttura bilaterale in funzione successoria pongono, anzitutto, la questione della compatibilità con il divieto dei patti successori. Per superare tale nodo problematico potrà considerarsi che tali negozi non realizzano una devoluzione mortis causa delle sostanze del disponente, perché determinano un immediato passaggio dei beni nella sfera giuridica del trustee, del gestore o dell’affidatario, un attuale spoglio da parte del disponente e l’immediato sorgere di posizioni giuridiche del beneficiario. Detta attribuzione non è dunque limitata al quod superest al tempo della morte e il momento cui riferire la determinazione dell’oggetto della attribuzione è quello della stipulazione dell’atto istitutivo, non dell’apertura della successione del disponente. Quanto alla qualificazione dell’attribuzione patrimoniale al beneficiario da parte di trustee, gestore o fiduciario, essa rappresenta un atto dovuto ed è priva perciò dell’animus donandi. Diversa la qualificazione del rapporto disponente-beneficiari, che è stato considerato come donazione indiretta, trattandosi di un’attribuzione liberale che, pur mirando a “premiare” il beneficiario finale dell’attribuzione, si concretizza attraverso congegni negoziali diversi dall’atto di donazione. Le maggiori difficoltà tecniche che si pongono – e ciò costituisce l’ulteriore ambito di questioni problematiche – sono allora quelle che attengono al rapporto tra donazioni indirette e norme sulla collazione e sulla riduzione, quanto all’individuazione del soggetto legittimato passivo dell’obbligo di imputazione ex se, all’oggetto della riunione fittizia, alla collocazione del trust, dell’atto di destinazione patrimoniale o del contratto fiduciario nell’ordine delle liberalità riducibili28. Quanto agli atti mortis causa, nel caso di trust o, ove ammessi, di atti di destinazione inseriti nella scheda testamentaria si potrà avere una costituzione diretta o si potrà onerare eredi e legatari di istituire un vincolo sui beni attribuiti (costituzione indiretta, che rientrerebbe nello schema dell’onere o del legato di comportamento). In tali casi, tra i vari profili problematici, vi è quello della compatibilità con i principi inderogabili della materia successoria: insieme al divieto di sostituzione fedecommissaria, il problema della tutela dei legittimari. Ove oggetto del trasferimento al trustee, al gestore o al fiduciario siano beni che fanno parte della legittima del disponente, per la peculiare dinamica di attribuzione sottesa alla destinazione, si pone un problema tanto di protezione delle persone, diverse dal soggetto debole, che abbiano diritto a succedere al disponente e siano lese o pretermesse, tanto di tutela della sfera giuridica del beneficiario disabile, eventualmente pregiudicato dal trasferimento al trustee o al gestore dei beni, di cui pure durante il trust percepisca le utilità29. Come si è già posto in evidenza, la l. n. 112/2016 non affronta specificamente il tema, né dunque sembra possa presumersi, in mancanza di espressa menzione, la previsione di un’eccezione rispetto alla normativa inderogabile. È sostanzialmente pacifico, però, che non possano essere lesi i diritti ereditari dei legittimari, e che dunque contro il negozio dispositivo lesivo possa essere esperita l’azione di riduzione. Problematica è peraltro, quando le fattispecie negoziali oggetto del nostro esame siano ancora in esecuzione, l’identificazione del convenuto (atteso che trustee, gestore e fiduciario per definizione non si arricchiscono), oltre che in ogni caso l’individuazione dell’atto lesivo reso inefficace dalla sentenza che accoglie la domanda del legittimario.
1 Considerate tali secondo il parametro fissato dall’art. 3, co. 3, l. 5.2.1992, n. 104.
2 Fra le misure di assistenza, l’art. 3 della legge prevede l’istituzione di un Fondo per l’assistenza dei soggetti disabili gravi.
3 Cass., 12.6.2006, n. 13584; Cass., 24.7.2009, n. 17421; Cass., 1.3.2010, n. 4866; Cass., 26.10.2011, n. 22332; Cass., 26.7.2013, n. 18171.
4 Cfr. Trib. Mantova, 19.7.2016, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 477.
5 Cass., 24.7.2009, n. 17421.
6 Cass., 26.7.2013, n. 18171; Cass., 26.10.2011, n. 22332; Trib. Oristano, 20.4.2004, in Foro it. Rep., 2007, voce Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, n. 63.
7 Cass., 26.7.2013, n. 18171.
8 Lupoi, M., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, 203; Id., Atti istitutivi di trust e contratti di affidamento fiduciario, Milano, 2010, 419 ss.; Id., Il contratto di affidamento fiduciario, in Riv. not., 2012, 513; Id., Il contratto di affidamento fiduciario, Milano, 2014, 311 ss.
9 Per vero, un primo riferimento al contratto di affidamento fiduciario è stato individuato negli artt. da 6 a 14 della
l. 27.1.2012, n. 3.
10 Per una ricostruzione del dibattito e delle relative voci, sia consentito il richiamo a Di Landro, A.C., Trusts e separazione patrimoniale nei rapporti familiari e personali, Napoli, 2010, 112 ss.
11 Per l’indicazione della giurisprudenza in tema di trust v., recentemente, Lupoi, M., Il dovere professionale di conoscere la giurisprudenza e il trust interno, in Trusts, 2016, 116. Sul ruolo del notaio nell’indagine sulla meritevolezza del trust cfr., da ultimo, App. Milano, ord. 30.1.2017, in Notariato, 2017, 303, con nota di A. Brienza.
12 Cfr. sul punto Gambaro, A., Trust, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999, 466.
13 Sul punto, Gazzoni, F., Tentativo dell’impossibile (osservazioni di un giurista non vivente su trust e trascrizione), in Studi in onore di Piero Schlesinger, Milano, 2004, 15 ss.; Id., Il cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust, in Riv. not., 2002, 1112 ss.; Gambaro, A., Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del trustee ai sensi della XV Convenzione dell’Aia, in Riv. dir. civ., 2002, II, 259 ss.; Id., Trust e trascrizione, in Trusts, 2002, 346; Id., Un argomento a due gobbe in tema di trascrizioni del trustee in base alla XV Convenzione dell’Aja, in Riv. dir. civ., 2002, II, 920 s.
14 Cfr. art. 1, commi da 74 a 76, l. 27.12.2006, n. 296. Si tenga presente inoltre la relazione governativa al disegno di legge di conversione del d.l. 27.6.2015, n. 83, che ha introdotto nel codice civile l’art. 2929 bis; essa ha chiarito che tra i beni aggredibili vi sono quelli oggetto di «vincolo di indisponibilità del tipo del fondo patrimoniale o trust autodichiarato».
15 Palermo, G., Configurazione dello scopo, opponibilità del vincolo, realizzazione dell’assetto di interessi, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, a cura di Mir. Bianca, Milano, 2007, 74 ss.; Vettori, G., Atto di destinazione e trascrizione, ivi, 171 ss.; Gentili, A., La destinazione patrimoniale. Un contributo della categoria generale allo studio delle fattispecie, in Riv. dir. priv., 2010, 49 ss., spec. 66 ss. (e v. già Id., Le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesi dell’art. 2645-ter cod. civ., in Rass. dir. civ., 2007, 12). Sul punto cfr. anche Falzea, A., Riflessioni preliminari, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., 7.
16 Cfr. sul punto D’Amico, G., La proprietà “destinata”, in Riv. dir. civ., 2014, 525 ss.; Gigliotti, F., Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 362 ss.; Perlingieri, G., Il controllo di meritevolezza degli atti di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ., in Foro napoletano, 2014, 54 ss.; Calvo, R., Vincoli di destinazione, Bologna, 2012, 167 ss.; Rispoli, G., Riflessioni in tema di meritevolezza degli atti di destinazione, in Corr. mer., 2011, 806 ss.
17 Nuzzo, M., Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., 66.
18 Trib. Reggio Emilia, 26.3.2007, in Atti di destinazione e trust, a cura di G. Vettori, Padova, 2008, 420; Falzea, A., Riflessioni preliminari, cit., 5; Nuzzo, M., Atto di destinazione, cit., 60.
19 Cfr., ad es., le diverse voci in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, a cura di Mir. Bianca, cit., e in Atti di destinazione e trust, a cura di G. Vettori, cit.
20 Lupoi, M., Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia, Padova, 2016, 221.
21 Azzarri, F., I negozi di destinazione patrimoniale in favore dei soggetti deboli: considerazioni in margine alla l. 22.6.2016, n. 112, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 122 ss.
22 Da ultimo, cfr. Lupoi, M., Le ragioni della proposta dottrinale del contratto di affidamento fiduciario, in Contr. e impr. Europa, 2017, 734 ss.
23 Cfr. sul punto Bianca, Mir., L’atto di destinazione: problemi applicativi, in Riv. not., 2006, 1182; Luminoso, A., Contratto fiduciario, trust e atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., ivi, 2008, 993 ss.
24 Si ponga sol mente al fatto che l’adattamento di strutture negoziali tipiche, come il mandato, legittimerebbe la separazione dei beni affidati ex art. 1707 c.c., ma non risulterebbe adatta ad esempio per il profilo della revoca dell’affidatario.
25 La soluzione accolta dalla prassi è prevalentemente, quanto ai trust, quella di trascrivere in favore del trustee il trasferimento del bene disposto dal settlor, menzionando nella sezione D della nota di trascrizione la sua qualità. Per il contratto di affidamento fiduciario, cfr. Piana, P., Contratto di affidamento fiduciario per attuare una fiducia testamentaria, in Trusts, 2017, 345 ss.
26 Trib. Genova, 31.12.2012; Trib. Civitavecchia, 5.12.2013; Trib. Genova, 30.1.2014, in Trusts, 2014, 11.
27 Sul punto cfr. Trib. Roma, 18.5.2013, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 83, con nota di Azara, A., La disposizione testamentaria di destinazione.
28 Per l’analisi delle questioni indicate nel testo sia consentito il richiamo a Di Landro, A.C., La destinazione patrimoniale a tutela dei soggetti deboli. Riflessioni sulla l. 22 giugno 2016, n. 112, in favore delle persone con disabilità grave, in Nuove leggi civ., 2017, 35.
29 Si veda la soluzione interpretativa proposta da M. Lupoi (da ultimo in Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia, cit., 310 ss.).