Trust, destinazione patrimoniale e concordato preventivo
La tematica degli atti di destinazione e, in particolare, del trust in funzione liquidatoria è diventata di particolare attualità, con riferimento alle procedure di concordato preventivo e alla nuova disciplina riformata delle procedure concorsuali, ispirata alla libertà degli operatori con il controllo giurisdizionale assai ridotto rispetto al passato, dovendosi verificare essenzialmente se l’autonomia privata che informa le figure giuridiche facenti capo alla destinazione patrimoniale e alla costituzione del trust possa svolgere un’utile funzione a tutela dei creditori nelle procedure concorsuali negoziate. Si tratterebbe, in sostanza, di comprendere se e in quale misura possano concretamente svilupparsi nel nostro ordinamento queste nuove e atipiche forme di garanzia, intese a rafforzare la fiducia dei creditori e incentivarli all’approvazione del concordato, nella consapevolezza del grande interesse suscitato dalle stesse tra gli operatori, ma anche delle criticità riscontrate nella giurisprudenza, la quale ha comunque offerto diversi spunti di riflessione sul rapporto tra tali figure, che peraltro si atteggiano in concreto in modo piuttosto variegato, e i principi della responsabilità e garanzia patrimoniale nel nostro ordinamento.
Se il tema degli atti di destinazione e del trust cd. “liquidatorio” viene inquadrato, ragionando in ambito di concordato preventivo, nella più ampia vicenda delle forme di garanzia a tutela dei creditori, è immediato il confronto tra le discipline vigenti prima e dopo la riforma. In epoca anteriore al 2005, l’art. 160, co. 2, n. 1, prevedeva che la proposta di concordato fosse assistita da «serie garanzie» reali o personali di terzi per il pagamento entro sei mesi dall’omologazione. La norma aveva sollevato questioni non poco problematiche in giurisprudenza (ad esempio, con riferimento alla fideiussione prestata a garanzia della corretta esecuzione del concordato1, ossia se la garanzia persistesse in caso di risoluzione e conseguente fallimento). Nella disciplina attualmente vigente nessuna previsione figura nell’art. 160 l. fall. (anche se non si può ignorare il riferimento alla normativa in tema di «effetti del concordato», in particolare all’art. 184 l. fall., che lascia «impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso»), sicché sarebbe legittimo domandarsi come venga (o possa essere) garantito il concordato (rectius, la sua esecuzione) attualmente, ossia nella nuova dimensione postriformistica caratterizzata dell’atipicità della proposta.
Al di là delle numerose e non semplici questioni relative alla prestazione di garanzia (reale o personale) da parte del soggetto concretamente interessato alla riuscita della soluzione concordataria, rispetto al fallimento, e alle forme di tutela dei creditori beneficiari in caso di inadempimento, è da riscontrare la comparsa nella prassi di nuove e atipiche forme di “garanzia” intese a rafforzare la fiducia dei creditori e incentivarli all’approvazione del concordato. Si tratta, in particolare, degli atti di destinazione patrimoniale, di cui il legislatore si occupa, com’è noto, in termini generali (ancorché soltanto in sede di trascrizione), nell’art. 2645 ter c.c., ma anche del trust in funzione “liquidatoria”, che hanno suscitato grande interesse tra gli operatori (in primis,i notai chiamati in prima linea a preoccuparsi degli aspetti più critici), così come nella giurisprudenza (per il momento di merito) che, in alcuni casi specifici e particolarmente significativi in funzione della loro problematicità2, ha offerto alcuni spunti di riflessione, qui di seguito sinteticamente ripresi nel tentativo di mettere a fuoco la problematica.
Il punto di vista del diritto fallimentare o delle procedure concorsuali più in generale si coglie, in primo luogo, nel giudizio di ammissibilità della domanda di concordato preventivo, alla luce della preliminare valutazione, di tipo esclusivamente giuridico, sulla lesione dei diritti dei creditori, secondo i principi sanciti negli artt. 2740 e 2741 c.c. È evidente, tuttavia, che l’effetto segregativo connesso all’atto di destinazione, così come al trust, ha fatto sì che l’analisi della giurisprudenza si concentrasse sugli aspetti generali di queste figure.
Premesso che, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, si discute da anni sulla portata dell’art. 2645 ter c.c. e, in particolare, sull’ammissibilità del “negozio di destinazione puro” (la cui causa sarebbe insita nella “volontà destinatoria” del costituente, sorretta dal requisito della “meritevolezza”), sulla possibilità di strutturare il negozio come atto unilaterale, sull’effettiva meritevolezza degli interessi perseguiti, nonché sulle modalità di trascrizione del vincolo e sulla sua modificabilità/revocabilità da parte del costituente, è l’intreccio tra il vincolo di destinazione impresso dal privato al suo patrimonio e i principi, nonché le norme generali in materia di procedure concorsuali e, in particolare, di concordato preventivo, a creare dubbi non ancora risolti alla giurisprudenza.
Gli orientamenti sin qui emersi possono essere così sintetizzati, distinguendo tra quello meno disponibile nei confronti del nuovo strumento per l’esecuzione del concordato e la tendenza invece di maggiore apertura.
3.1 L’orientamento contrario all’ammissibilità del concordato
Si segnala, in primo luogo, una tendenza negativa, nel senso di orientarsi per l’inammissibilità del concordato preventivo in presenza di una destinazione, che comporti la segregazione patrimoniale, posta in essere dal debitore, muovendo dalla considerazione di tale atto quale sottrazione dei beni dell’imprenditore alle risorse del concordato e al soddisfacimento dei creditori nell’ambito della procedura concorsuale. In tal senso, si colloca anche la decisione assunta nel 2014 dalla Suprema Corte, la quale ha escluso la riconoscibilità del trust in presenza di uno stato persistente di insolvenza della società disponente in quanto, al configurarsi di tali ipotesi, facilmente si potrebbe incorrere in un mezzo illecito di sottrazione del patrimonio della società in questione alle norme imperative proprie delle procedure concorsuali e, quindi, alla massa dei creditori3. In particolare, la Cassazione ha individuato tre situazioni astrattamente configurabili:
i) l’ipotesi in cui il trust è finalizzato alla completa sostituzione della procedura liquidatoria;
ii) l’ipotesi di trust cd. endoconcorsuale, in cui il trust si pone in alternativa alle misure concordate alla risoluzione della crisi d’impresa;
iii) l’ipotesi di trust cd. anticoncorsuale che andrebbe a sostituirsi alla procedura fallimentare, impedendo lo spossessamento del debitore insolvente.
Tra le pronunce di merito più recenti si può ricordare quella in cui, muovendo dal presupposto secondo cui l’art. 2645 ter c.c. sarebbe norma definita “sugli effetti” (e non “sugli atti”)4, il tribunale ha ritenuto che il vincolo di destinazione debba costituire contenuto accidentale di un diverso atto negoziale e non può che ravvisarsi in un atto bilaterale il negozio principale5; poiché l’art. 1987 c.c. non riconduce alcun effetto obbligatorio – e tantomeno reale – alle promesse unilaterali «fuori dei casi ammessi dalla legge», non sembra percorribile l’ipotizzata strada di collegare l’effetto destinatorio ad un negozio diverso dal contratto (nella fattispecie concreta, si trattava di un concordato preventivo presentato da una società, che prevedeva l’apporto esterno da parte di altra società di un immobile, da destinare alla liquidazione e al soddisfacimento dei creditori della prima).
In altra recente pronuncia, è stato dichiarato inammissibile un concordato preventivo il quale prevedeva l’apporto esterno di un terzo mediante costituzione di un trust6. In particolare, pur avendo considerato il trust strumento astrattamente idoneo a vincolare i beni di terzi al buon esito della procedura concordataria – impedendo, grazie al controllo del trustee, che gli stessi siano distolti dal fine impresso, dato che cura la loro proficua gestione a vantaggio dei creditori –, il giudice ha tuttavia concluso nel senso che l’esercizio di un’azione revocatoria del suo atto di dotazione, da parte dei creditori del disponente, pregiudicherebbe la fattibilità del concordato, con la conseguenza che lo stesso deve essere dichiarato inammissibile7.
Sempre in senso contrario all’ammissibilità del vincolo di destinazione dell’ambito della procedura concordataria, si è espressa altra giurisprudenza8, avendo ritenuto nullo, per mancanza di meritevolezza dell’interesse perseguito, il vincolo istituito a beneficio esclusivo dei creditori risultanti dalle scritture contabili, con esclusione di eventuali creditori non ancora accertati (si è ritenuta non sufficiente la mera liceità dello scopo, essendo necessaria una comparazione tra l’interesse sacrificato dei creditori generali e l’interesse realizzato con l’atto di destinazione, soprattutto in considerazione del fatto che a un atto negoziale unilaterale del debitore non può essere riconosciuta un’efficacia protettiva valida erga omnes analoga a quella riconosciuta alla proposta di concordato giudiziale ex art. 168 l. fall.).
Anche nell’ambito di un’esecuzione immobiliare, si è ribadito che il vincolo di cui all’art. 2645 ter c.c. (norma da interpretare, secondo alcuni, restrittivamente per non svuotare di significato il principio della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c.), non può essere unilateralmente “autodestinato” su di un bene già in proprietà con un negozio destinatorio puro, ma può unicamente collegarsi ad altra fattispecie negoziale tipica od atipica dotata di autonoma causa9. Il rischio, secondo tale orientamento, riguarda la tenuta del sistema fondato sul principio, codificato dall’art. 2740 c.c., della responsabilità patrimoniale illimitata e del carattere eccezionale delle fattispecie limitative di tale responsabilità, atteso che, in forza di una semplice volontà unilaterale del debitore, una porzione o financo l’integralità del suo patrimonio, sarebbero sottratti alla garanzia dei propri creditori10.
In ogni caso, si è ritenuto che, anche ipotizzando l’ammissibilità di un negozio destinatorio puro, gli interessi meritevoli di tutela che legittimano il vincolo debbano essere esplicitati nell’atto di costituzione, devono essere valutati in modo stringente e devono essere prevalenti rispetto agli interessi sacrificati dei creditori del disponente estranei al vincolo.
3.2 L’opposto orientamento favorevole
Una recentissima pronuncia sul tema dell’ammissibilità dell’effetto di autodestinazione patrimoniale unilaterale ha ritenuto meritevole di tutela il trust con il quale il fideiussore di società che intenda presentare una domanda di concordato preventivo appone sui propri beni un vincolo di destinazione a favore dei creditori del concordato e, nel contempo, protegge i beni dall’aggressione dei creditori allo scopo di evitare che questi possano acquisire diritti di supremazia o comunque posizioni di privilegio in grado di inficiare il soddisfacimento delle loro ragioni di credito secondo un criterio strettamente proporzionale tra l’entità dei crediti e quella del patrimonio facente parte del fondo costituito in trust e posto a garanzia dei loro diritti11. Detto trust persegue, infatti, la finalità di rassicurare i creditori sulla non dispersione del patrimonio personale del fideiussore e sulla successiva liquidazione degli immobili conferiti e si pone in collegamento con la volontà di raggiungere la soluzione della crisi della società garantita tramite concordato. L’atto di segregazione non persegue, pertanto, il mero intento di distogliere dai creditori il patrimonio del disponente allo scopo di renderlo inattaccabile, ma quello di facilitare la procedura di concordato assicurando ai creditori una parità di trattamento12.
Nello stesso senso, è stata ritenuta ammissibile una proposta di concordato preventivo garantita sia da un vincolo di destinazione, ai sensi dell’articolo 2645 ter c.c., sia per mezzo di un trust di scopo, permettendo il pagamento in percentuale anche dei creditori chirografari, in un primo momento esclusi per incapienza della società debitrice13. Si è detto che, “ove il vincolo di destinazione si innesti su una procedura di concordato è da questa che riceve la propria “causa concreta”, apparendo del tutto lecito rafforzare nell’interesse di tutti i creditori concordatari un vincolo di destinazione di somme o beni a favore degli stessi da parte dei soggetti terzi che detto atto di disposizione poi sottoscrivono”.
Tra le pronunce meritevoli di essere richiamate nell’ambito dell’orientamento giurisprudenziale a favore dell’ammissibilità – con riferimento al trust utilizzato in sede di proposta concordataria –, si deve poi ricordare la decisione che ha ritenuto meritevole di accoglimento la proposta di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori ove l’attività di liquidazione dell’attivo sia demandata ad una nuova compagine societaria con funzione di assuntore del concordato, le cui quote siano costituite in un trust di scopo, nell’interesse dei creditori concordatari, con nomina del commissario giudiziale nel ruolo di guardiano del trust e di un soggetto dallo stesso indicato nel ruolo di trustee14. In un’altra vicenda decisa in sede di ammissibilità della proposta concordataria15, il terzo in qualità di disponente, trasferendo gli immobili di sua proprietà al trust, costituiva un patrimonio separato, non aggredibile dai suoi creditori personali e, per garantire mediante il trust il buon esito della procedura concorsuale (rispettando lo scopo cui è destinato), il tribunale aveva previsto, inoltre, che il commissario giudiziale assumesse la funzione di guardiano dell’operato del trustee. In altre occasioni è stata dichiarata ammissibile la proposta di concordato preventivo con cessione dei beni ad un trust, qualora l’atto istitutivo prevedesse che l’ufficio di guardiano fosse ricoperto dal nominando commissario giudiziale16, precisando che il trust sarebbe venuto meno con la dichiarazione di fallimento17.
In senso sempre favorevole, si è poi precisato che il trust liquidatorio costituito quando l’impresa si trovi in stato di dissesto non è ab origine nullo o inefficace ai sensi dell’art. 13 della Convenzione dell’Aia per contrasto con le norme di diritto pubblico che prevedono la liquidazione concorsuale; in detta ipotesi, infatti, la disciplina applicabile sarà quella prevista dall’atto istitutivo del trust o, in mancanza, dalla legge regolatrice prescelta, per il caso di impossibilità del trust di raggiungimento dello scopo18. In particolare, il Tribunale ha correttamente rilevato come la disciplina del trust non sia tout court inconciliabile con i principi regolatori in materia concorsuale e, in particolare, con la procedura di concordato preventivo, dovendo, al contrario essere verificata dal giudice, caso per caso, la raggiungibilità dello scopo, che qualora venga accertata insussistente, attiene alla patologia “esecutiva”, non costituendo, diversamente da quanto affermato da diverso orientamento giurisprudenziale, una causa di nullità dell’atto19.
Si può poi ricordare un’interessante pronuncia con la quale, nell’ambito di un giudizio di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. promosso dai creditori personali dei convenuti – disponenti di un trust liquidatorio da loro istituito e finalizzato a soddisfare i debiti sociali delle società da questi partecipate, nonché alcuni loro debiti personali –, si è affermato che il trust è un valido strumento nel concordato preventivo, per risolvere il problema delle difficoltà di costituire un vincolo sui beni personali di terzi che si rendono garanti dell’adempimento della proposta mettendo a disposizione il proprio patrimonio, e che la costituzione di un trust è uno strumento più efficiente della concessione della garanzia reale sui beni assicurando la loro effettiva destinazione, nei limiti della percentuale concordataria offerta al pagamento dei creditori20.
La questione, evidentemente, rimane ancora aperta, essendo chiaro che trust e/o atti destinazione da un lato e procedure concorsuali dall’altro non sono inconciliabili per principio, mentre un ruolo decisivo potrebbe assumere la tecnica redazionale degli atti e così anche il ruolo del notaio21.
1 Cass., 18.2.1997, n. 1482, in Foro it., 1997, I, 727 e in Fallimento, 1997, 722, con nota di L. Panzani.
2 Come, ad esempio, Trib. Ravenna (caso Cantina Ronchi) e Trib. Forlì, 5.2.2015, in Contratti, 2015, 437, con commento di M. Indolfi.
3 Cass., 9.5.2014, n. 10105, in Foro it., 2015, I, 1328, già esaminata da Pagliantini, S., Autonomia privata, trust liquidatorio e tutela dei creditori, in Il Libro dell’anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 73.
4 Negli stessi termini si erano espressi: Trib. Trieste, 7.4.2006, Trib. Reggio Emilia, 23.3.2007, Trib. Reggio Emilia, 22.6.2012, Trib. Reggio Emilia, 26.11.2012, e Trib. Santa Maria Capua Vetere, 28.11.2013.
5 Trib. Reggio Emilia, 27.1.2014, in www.ilcaso.it.
6 Trib. Reggio Emilia, 11.8.2014, in www.expartecreditoris.it.
7 In tal senso, sembra anche esprimersi Trib. Verona, 13.3.2012, in Fallimento, 2012, 972.
8 App. Trieste, 19.12.2013, in www.ilcaso.it.
9 Trib. Reggio Emilia, 12.5.2014, in www.ilcaso.it.
10 In questi termini, cfr., Trib. Trieste, 7.4.2006, in www.trusts.it; Trib. Reggio Emilia, 27.1.2014, cit.; Trib. Reggio Emilia, 26.11.2012, cit.
11 Trib. Forlì, 5.2.2015, cit.
12 Nello stesso senso, Trib. Reggio Emilia, 14.5.2007, in Guida dir., 2007, fasc. 26, 50. Sempre in senso favorevole, si è espresso il Trib. Palermo, 22.5.2014. Sul punto, merita di essere ricordata altresì il recente Trib. Genova, 21.5.2014, in www.ilcaso.it.
13 Trib., Ravenna, 22.5.2014, in www.ilcaso.it.
14 Trib. Bologna, 14.10.2014, in www.ilcaso.it.
15 Trib. Ravenna, 4.3.2013, in www.ilcaso.it.
16 Trib. Milano, 28.3.2014, in www.ilcaso.it.
17 In senso favorevole si è espresso anche Trib. Pescara, 7.1.2014, in www.ilcaso.it. Si veda anche Trib. Lecco, 26.4.2012, in www.unijuris.it.
18 Trib. Cremona, 8.10.2013, in www.ilcaso.it.
19 Nello stesso senso si è espresso Trib. Milano, 29.10.2010, in www.ilcaso.it.
20 Trib. Bari, 12.2.2013, in www.ilcaso.it.
21 In argomento, un’ampia e preziosa riflessione è svolta da Palazzo, A., Il trust liquidatorio e il trust a supposto di procedure concorsuali (di prossima pubblicazione in Studi notarili, consultato grazie alla cortesia dell’Autore).