Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le detective story nascono nella seconda metà dell’Ottocento nei primi tre stati nazioni dell’Occidente: Stati Uniti, Francia e Inghilterra, sulla scia del positivismo, dell’espansione delle grandi metropoli, della creazione di una polizia di stato e dalla diffusione di giornali e riviste a basso costo. Grazie alla crescente alfabetizzazione della popolazione e alla conseguente affermazione di un largo consumo narrativo (racconti e romanzi d’appendice) si formano un gusto e una cultura di massa. Le detective story sono una formula letteraria basata su due storie, quella del crimine nota sola al criminale e quella dell’indagine che fa luce sul misfatto offrendo al lettore il piacere della congettura.
L’invenzione di un genere: Poe e Gaboriau
A metà dell’Ottocento l’indagine scientifica prende un’importanza preponderante in tutti i campi del sapere. Sotto il fenomeno denominato positivismo si assiste a un fiorire di ricerche (storiche, biologiche, geologiche) che, da tracce e reperti, congetturano le nostre origini spodestando l’autorità biblica in materia. Il mondo è un campo aperto. La popolarizzazione dell’interesse scientifico nella logica induttiva per decifrare questo mondo è evidente nello scrittore americano Edgard Allan Poe, grande inventore di generi, che risolve mirabilmente ogni sorta di crittogrammi vincendo anche concorsi. Poe invita i lettori delle riviste sulle quali scrive a mandargli messaggi criptati, sia per sfruttare il pubblico interesse nella risoluzione di enigmi, sia per una sua genuina passione per la scienza della crittografia e della decodifica, evidente nel racconto d’avventura, tra il fantastico e il raziocinio, Lo scarabeo d’oro (1843). Egli ha l’idea di prendere come oggetto di racconto il suo metodo di ragionamento per mostrare come l’analisi logica e l’immaginazione creativa, lungi dal non essere conciliabili, funzionino in armonia attraverso un personaggio dall’anima bipartita che personifichi questo metodo di conciliazione tra scienza e arte. Nella scelta del campo d’applicazione Poe sembra ispirarsi ai saggi satirici di Thomas De Quincey, L’assassinio come una delle belle arti del 1827 e la continuazione del 1839, per il piacere estetico che il suo personaggio ricava dalla soluzione di crimini. Grande influenza per il genere avrà anche Le confessioni di un mangiatore d’oppio del 1821. Grazie all’impiego di un narratore americano anonimo e d’intelligenza media che gli fa da spalla, Poe mette in risalto le prodezze intellettuali del Cavaliere Auguste C. Dupin, un aristocratico francese senza soldi che ama passeggiare di notte per le vie di Parigi. Protagonista di tre racconti o novelle del raziocinio, Gli assassinii della rue Morgue (1841), Il mistero di Marie Rogêt (1842-43) e La lettera trafugata (1844), incentrate su un mistero apparentemente insolubile, Dupin è un acuto osservatore di dettagli apparentemente insignificanti, dotato di un sorprendente distacco emotivo, di una forte immaginazione e una grande capacità d’immedesimazione, un flâneur che grazie allo sguardo obliquo datogli dalla sua posizione marginale può ricostruire pensieri o avvenimenti decifrando indizi e dandosi così un’occupazione che soddisfi il suo bisogno di stati mentali febbrili e riparazioni di torti. L’insolito eroe, grazie al suo metodo d’indagine, districa l’enigma spiegando il come: come sia avvenuto un doppio omicidio che incolpa un innocente in un appartamento chiuso dall’interno; come si sia ripescato dal fiume il corpo di una giovane e bella donna; come il famigerato ministro D sia riuscito a nascondere alle indagini più serrate una lettera compromettente per una nobile donna. Parigi è la capitale del secolo e ha già una polizia di stato, anche se di superiorità è intriso il richiamo a Eugène-François Vidocq, fondatore del primo corpo investigativo francese che racconta nelle sue Memorie (1827) del suo passaggio da ex-forzato a collaboratore con la giustizia e infine detective. La rivalità tra investigatori serpeggerà d’ora in poi anche tra detective di finzione in continui richiami autoreferenziali. Secondo Conan Doyle, tutte le possibilità del genere (la camera chiusa, l’indizio così palese da non essere visto, il doppio diabolico, il colpevole meno probabile) sono già presenti nelle avventure intellettuali di questo cavaliere errante del pensiero con il quale Poe inventa un personaggio seriale, un giovane eccentrico e marginale consapevole della sua superiorità intellettuale. Molto attento alla composizione, Poe scrive sempre in funzione dell’effetto ricercato, in questo caso l’ingegnosità della congettura. La brevità è un vantaggio, il mistero cerca di suscitare la curiosità del lettore disorientandolo o stuzzicando il suo desiderio di elucidazione nel finale. Come esempio di progettazione riuscita incentrata sul dénoument, Poe cita Caleb Williams, forse il primo thriller della storia e per amissione dello stesso autore, William Godwin (1756-1836), un romanzo scritto a ritroso. Godwin parte dal finale con il fine preciso di catturare l’attenzione di un largo pubblico che non ha potuto raggiungere con la sua inchiesta sulla Giustizia politica apparsa un anno prima. Le cose come stanno o le avventure di Caleb Williams (1794) hanno l’ambizione di sensibilizzare l’opinione pubblica sui meccanismi che permettono il dispotismo dell’uomo sull’uomo attraverso il racconto delle peripezie di un innocente che accusa un potente d’omicidio. L’illuminista Godwin pensa che l’opinione pubblica, se liberata da false idee, superstizioni e pregiudizi, sia il motore di trasformazione più potente all’interno della sfera della società politica. L’inchiesta dovrebbe per questo essere un mezzo di liberazione. Poe non condivide queste preoccupazioni illuministiche, è anzi contrario all’utilità dell’arte. Ed è con ironia che pone come indizi probatori i pregiudizi nazionalistici, il sensazionalismo dei quotidiani o la mancanza d’immaginazione della polizia. La posizione cerniera del detective tra crimine e giustizia, disordine e ordine, ancora ambivalente in Caleb Williams, si è spostata con Poe a favore dell’ordine, anche se la marginalità è essenziale al metodo che lo storico Carlo Ginzburg chiama indiziario e il detective resta un Dr. Jekill e Mr. Hyde sino a Poirot.
Edgard Allan Poe
I delitti della via Morgue
Racconti del mistero
Questa mattina, verso le tre circa, gli abitanti del quartiere Saint-Roch furono svegliati dal sonno da un susseguirsi di strida terrificanti che provenivano con ogni apparenza dal quarto piano di una casa sita nella via Morgue, della quale si sapeva essere uniche occupanti una certa Madame L’Espanaye e una figlia di quest’ultima, Mademoiselle Camille L’Espanaye. Dopo qualche indugio, dovuto a tentativi infruttuosi per cercar di penetrare l’abitazione in modo normale, la porta fu abbatuta con una spranga di ferro ed otto o dieci vicini vi fecero irruzione, accompagnati da due gendarmes. Nel frattempo gli urli erano cessati, ma mentre il gruppo correva affannosamente su per la prima rampa di scale, si intesero due o forse più voci rozze che litigavano aspramente, e sembravano provenire dalla parte superiore della casa. Come, però, gli uomini ebbero raggiunto il secondo pianerottolo, anche questi rumori tacquero, ed ogni cosa rientrò nel silenzio più assoluto. Il gruppo di divise, e ciascuno prese a perlustrare di stanza in stanza. Giunti a una vasta camera del quarto piano, che dava sul retro (si dovette forzarne la porta, essendo questa chiusa a chiave dall’interno), si presentò agli occhi degli astanti una visione che riempì ognuno di sbalordimento oltreché di orrore.
L’appartamento offriva uno spettacolo di disordine indescrivibile: il mobilio era stato frantumato e scaraventato in tutte le direzioni. Non esisteva che un’unica lettiera; orbene, da questa il letto era stato divelto e buttato nel mezzo della stanza. Su una seggiola era stato gettato un rasoio lordo di sangue; sul focolare vie erano due lunghe e grosse trecce grigie di capelli umani, anch’esse intrise di sangue, che avevano tutta l’apparenza di essere state strappate dalle radici; sul pavimento furono trovati quattro napoleoni, un orecchino di topazio, tre grossi cucchiai d’argento, tre più piccoli in métal d’Alger, e due borse contenenti quasi quattromila franchi in oro. I tiretti di un bureau d’angolo erano aperti ed erano stati probabilmente saccheggiati, sebbene molti oggetti vi rimanessero ancora. Sotto il letto (non sotto la lettiera) fu rinvenuta una minuscola cassaforte di ferro: venne aperta, poiché la chiave si trovava ancora nello sportello, e conteneva soltanto qualche lettera di vecchia data e altre carte di scarsa importanza.
Di Madame L’Espanaye nessuna traccia: ma poiché nel focolare fu notata una quantità insolita di fuliggine, si procedette a un’ispezione nel camino, dal quale (orribile a dirsi!) fu estratto il cadavere della figlia col capo all’ingiù: certo dovevano averlo forzato per un buon tratto, in quelle condizioni, su per l’angusta apertura. Era ancora caldo, e all’esame rivelò numerose escoriazioni, provocate senza dubbio dalla violenza con la quale era stato cacciato a forza su per la cappa e successivamente liberato. Il volto presentava molti graffi rilevanti e la gola ammaccature scure e segni profondi di unghie, come se la disgraziata fosse stata uccisa per strangolamento.
Dopo un’accurata ispezione di ogni angolo della casa, ispezione che non portò ad alcuna ulteriore scoperta, il gruppo si diresse a un cortiletto selciato sito sul retro dell’edificio, dove trovarono disteso il cadavere della vecchia signora, con la gola squarciata tanto orribilmente che, come tentarono di rimuovere la salma, la testa si staccò del tutto dal busto. Sia il corpo che il capo erano spaventosamente mutilati; il primo in maniera tale da non conservare più, quasi, alcuna sembianza umana!
Circa questo orrendo mistero non è stato scoperto, così almeno crediamo, neppure il più tenue indizio.
Edgar Allan Poe, Racconti del mistero, trad. it. di M. Gallone, Milano, BUR, 1949
Piccato dal successo della traduzione francese di Baudelaire dei racconti del raziocinio su "Le Pays", giornale per il quale scrive, Emile Gaboriau risponde parodicamente con il romanzo d’appendice L’Affaire Lerouge (1865), mostrando attraverso la stessa formula letteraria l’arbitrarietà del metodo indiziario e la necessità di collaborazione. La storia, ispirata a un fatto di cronaca recente, introduce attraverso le sperticate lodi di un giovane poliziotto di nome Lecoq, che come Vidocq è stato in precedenza un piccolo criminale, il rentier in cerca di uno scopo nella vita, père Tabaret, alias Tireauclair (Sbrogliatutto). Per la seconda volta nella sua vita, Tireauclair rischia di far giustiziare la persona sbagliata e, anche se alla fine scoprirà il vero colpevole, non vorrà più occuparsi di giustizia. Gli uomini non sono macchine infallibili e alla soluzione finale si arriva solo grazie a un gioco di squadra. Persino l’ambizioso giovane Lecoq, sopranominato dai colleghi Monsieur Lecoq (dottor galletto), che dà vita a un ciclo di grande successo internazionale inaugurando il genere poliziesco, deve spesso far visita al vecchio Tireauclair per vederci chiaro.
Whodonit? Il giallo all’inglese
L’ascendenza gotica della detective story, come le sue radici bibliche e tragiche, sono palesi nel breve racconto di Poe del 1844 Sei tu il colpevole! (Thou art the man!), un modello del sottogenere Whodonit (Chi è stato?, letteralmente Chi l’ha fatto?). Il titolo è un esplicito riferimento al secondo libro di Samuele 12:5-12, dove Natan accusa Davide di aver ucciso Uria l’hittita per prendergli la moglie agendo di nascosto e gli annuncia che il Signore lo punirà, per contrasto, davanti a tutti e alla luce del sole. Il tema della colpa è dunque centrale. L’ambientazione è rurale, quella di una piccola comunità della quale il narratore fa parte, turbata dall’arrivo di uno straniero molto affabile e premuroso, al quale fa seguito il misterioso delitto di un uomo ricco del luogo, al quale è legato da amicizia. I sospetti si addensano sull’erede. Il narratore annuncia sin dalla prima frase: "Farò adesso la parte di Edipo, nell’enigma di Rattleborough". Edipo è però qui sdoppiato tra il narratore e lo straniero che si adopera investigando. L’indizio cruciale per risolvere l’enigma è offerto al lettore attento, mentre la rivelazione del colpevole da parte del narratore avviene grazie a una messa in scena finale che ricorda la strategia di Amleto della Trappola per topi. Edipo lo zoppo è assunto ad archetipo dell’investigatore che spezza la delusion o deception collettiva, cioè l’autoinganno, in cui cade la comunità a eccezione del narratore. Dell’arte dell’autoinganno è un buon discepolo Gabriel Betteredge, quintessenza della bonomia inglese e principale narratore del romanzo a puntate La pietra di luna (1868) di Wilkie Collins (1824-1889), secondo Thomas Stearns Eliot la prima e migliore detective story della letteratura inglese. Collins è amico di Dickens, che in Casa desolata (1852-1853) ha introdotto il dismesso e pieno di buonsenso ispettore Bucket, modellato su due veri detective ufficiali di sua conoscenza, dando così avvio al mito di Scotland Yard. A Bucket s’ispira Collins per il suo brizzolato Sergente Cuff. Vestito di nero con una cravatta bianca sembra un parroco o un impresario di pompe funebri, un poco depresso, con una grande passione per la coltivazione di rose e forse il rimpianto di un amore perduto. A ogni scoperta fischietta L’ultima rosa d’estate. Non è però il miglior detective d’Inghilterra, bensì quell’anima bipartita, perché mezzo inglese e mezzo indiano, di Ezra Jennings che, assumendo la figura sacerdotale, più spesso impersonata dallo stesso detective, inscena la ricostruzione del furto del diamante indiano che dà il titolo al romanzo e permette così la risoluzione del mistero. Come in Sei tu il colpevole! il colpevole o capro espiatorio è la persona meno sospetta, ma il romanzo è corale, raccontato a turno da vari testimoni degli eventi, e anche il vero colpevole del romanzo, il colonialismo predatorio, è collettivo come dimostra il finale. Il sergente Cuff di Scotland Yard, meno eccentrico e febbrile di Dupin, seppur originale, sarà una valida alternativa ai vari detective amatoriali. Ne è esempio il detective della polizia newyorkese Ebenezer Gryce di Anna Katharine Green (1846-1935) che, con il romanzo Il caso Leavenworth (1878), tradotto in italiano col titolo Il mistero delle due cugine, scrive la prima detective story ortodossa: omicidio, inchiesta, cerchia circoscritta dei sospetti, messa in scena finale del detective con svelamento del colpevole. Stanca di vedersi rifiutare le sue poesie, grande ammiratrice di Collins, l’idea di una storia procedurale le viene certamente dal padre, noto penalista newyorkese. Qui l’interesse è tutto diretto su chi è il vero colpevole. Il narratore della storia, il giovane avvocato Raymond, si reca ad aiutare Eleonora e Mary Leavenworth nipoti di un importante e ricco cliente del suo studio legale assassinato con un colpo di pistola a bruciapelo nel suo studio. L’eccentrico signor Leavenworth ha lasciato alla sola Mary la sua eredità e tutti i sospetti convergono su Eleonora, di cui Raymond si è innamorato al primo sguardo. Il detective Gryce non è eccentrico, ma sospetta di tutti e ottiene la capacità di uno sguardo obliquo attraverso gli occhi degli altri, come quello dell’innamorato Raymond. Il testo è adottato nei corsi di giurisprudenza dell’università di Yale come esempio di pericolo nell’affidarsi alle evidenze circostanziali. Green scrive altre storie del detective Ebenezer, nelle quali fa apparizione anche un’acuta anziana, nubile e molto curiosa dei suoi vicini, da cui prenderà spunto Agata Christie per la famosa Miss Marple. Egli conia il termine detective story per le storie brevi in cui compare anche la figura della giovane ereditiera Violet Strange, risolutrice di micro-scandali nell’alta società. Il più grande successo commerciale dell’epoca si deve però all’avvocato inglese trapiantato in Nuova Zelanda Fergus Hume con Il delitto della carrozza chiusa (The mystery of an hansom cab,1886). Il romanzo usa la formula "un mistero, un omicidio" e la descrizione dei bassi fondi della città, istituendo dei cliché del genere come la realtà che supera la finzione. Nonostante due detective poco interessanti e presenti, il romanzo funziona grazie alle luci notturne di Melbourne e alla prefigurazione del traffico moderno con il suo va e vieni di carrozze-taxi.
Un mito popolare: Sherlock Holmes e il suo fedele Watson
Arthur Conan Doyle
Il segno dei quattro
Sherlock Holmes prese dalla mensola del caminetto una bottiglia e una siringa ipodermica da un lucido astuccio di marocchino. Le sue dita lunghe, bianche e nervose, fissarono all’estremità della siringa l’ago sottile e rimboccarono la manica sinistra della camicia. I suoi occhi si posarono per un istante pensierosi sull’avambraccio e sul polso solcati di tendini, tutti punteggiati e segnati da innumerevoli punture. Infine conficcò nella carne la punta acuminata, premette sul minuscolo stantuffo, poi, lasciandosi scappare un profondo sospiro di soddisfazione, si lasciò sprofondare nella poltrona di velluto.
Da molti mesi, per tre volte al giorno, assistevo al ripetersi di quella scena, ma ancora non riuscivo ad abituarmi. Al contrario, quello spettacolo mi irritava sempre più, e spesso la notte la mia coscienza insorgeva dentro di me e mi rimproverava di non aver trovato il coraggio di protestare. Quante volte avevo giurato a me stesso di parlarne apertamente con lui, ma c’era un che, nel suo aspetto distaccato e noncurante che lo rendeva l’ultimo uomo col quale fosse possibile arrischiarsi a usare una qualsiasi libertà. Le sue immense doti, i suoi modi da dominatore e la mia esperienza delle sue straordinarie capacità mi rendevano estremamente cauto nel contrariarlo.
Tuttavia quel pomeriggio, forse a causa del Beaune che avevo bevuto a colazione, o di un eccesso di esasperazione che l’estrema affettazione dei suoi gesti aveva provocato in me, a un tratto capii che non sarei più stato capace di continuare a tacere.
"Be’, di cosa si tratta quest’oggi" domandai "di morfina o cocaina?"
Alzò languidamente gli occhi dal vecchio volume in caratteri gotici che da poco aveva aperto davanti a sé.
"Di cocaina", rispose, "in una soluzione al sette per cento. Vorrebbe provarla anche lei?"
"No, grazie", rifiutai seccamente. "La mia salute non è del tutto rimessa dalla campagna afgana, e non posso permettermi il lusso di strapazzarla inutilmente".
Holmes sorrise di fronte a tanto impeto. "Forse ha ragione lei, Watson", ammise. "Temo che fisicamente parlando l’influenza della cocaina sia dannosa. Ma io la trovo uno stimolo chiarificatore dell’intelletto tanto forte che, a mio avviso, i suoi effetti collaterali sono del tutto trascurabili".
"Ma si fermi a riflettere un momento!" protestai con forza. "Pensi allo spreco di energie che tutto questo le costa! Può darsi che, come lei dice, il suo cervello ne sia stimolato e attivato, ma si tratta di un processo patologico, morboso, che comporta un accresciuto mutamento di tessuti, e può alla fine produrre una debolezza permanente. Lei stesso, del resto, sa quale reazione ipocondriaca produce questo nel suo organismo. Io trovo che il gioco non valga la candela. Perché vuole rischiare, solo per un piacere effimero, di perdere le facoltà meravigliose di cui è dotato? Si ricordi che non le parlo soltanto da amico, ma nella mia veste di medico, poiché mi sento in un certo senso responsabile del suo benessere fisico".
Non parve offendersi. Al contrario: riunì insieme le punte delle dita e appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona, come chi si disponesse a conversare con piacere.
"Il mio cervello" esordì, "si ribella di fronte a ogni forma di stasi, di ristagno intellettuale. Datemi dei problemi da risolvere, datemi del lavoro da sbrigare, datemi il più astruso crittogramma da decifrare, o il più complesso intrico analitico da esaminare e io mi troverò nel mio elemento naturale: allora non saprò che farmene degli stimolanti artificiali: ma io detesto il grigio tran tran dell’esistenza quotidiana: ho bisogno di sentirmi in uno stato di esaltazione mentale costante. Ecco perché mi sono scelto questa particolarissima professione, o meglio me la sono creata, dal momento che sono unico al mondo".
"Come? Non esistono altri poliziotti privati all’infuori di lei?" domandai stupito.
"Sono il solo poliziotto privato ’consulente’, rispose. "Io rappresento l’ultima e suprema corte d’appello in fatto d’indagine poliziesca".
A. C. Doyle, Il segno dei quattro, trad. it. di M. Belvisi, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2011
L’anno seguente entra in scena un detective che diventerà così famoso da eclissare il suo stesso inventore: Sherlock Holmes. Il medico senza clientela Arthur Conan Doyle considera più importanti i suoi romanzi storici delle avventure del suo detective e tenterà persino di uccidere la sua creatura sulla carta suscitando un sollevamento popolare. Ammiratore della figura del Dupin di Poe di cui è avido lettore e ispirandosi al professore con cui si è laureato in medicina, il dottor Joseph Bell, alto, magro dal naso adunco e noto per le sue capacità di risalire alle caratteristiche psico-fisiologiche dei suoi pazienti dai loro sintomi, Conan Doyle inventa con Sherlock Holmes un mito popolare. Poe è il modello primordiale come mostra un ritorno alla forma breve, dapprima a tentoni con due racconti lunghi. In Uno studio in rosso (1887), il dottor Watson, un reduce dall’Afghanistan alla ricerca di un convivente, incontra in un laboratorio di analisi chimica il sorprendente Sherlock Holmes. Il primo mistero sarà per Watson, narratore d’intelligenza media, scoprire il mestiere del suo nuovo amico con cui va a convivere al 221 B di Baker Street. Autore di una monografia sulle ceneri dei sigari, di una mentalità scientifica che rasenta il cinismo, Sherlock Holmes ha bisogno di eccitazione mentale, perché non sopporta la routine quotidiana. Il personaggio è notato dall’editore americano del "Lippinscott’s Magazine", che gli commissiona un’altra storia apparsa a puntate contemporaneamente in Inghilterra e in America: Il segno dei quattro (1890) , dove Conan Doyle mescola avventura e detection ispirandosi a Poe e Collins. Il vero successo, però, arriva solo con i racconti brevi, forma scelta per motivi esplicitamente commerciali: un personaggio che torna in diverse serie di avventure, ciascuna completa in sé, affeziona il lettore a una particolare rivista. Pubblicati sullo "Strand Magazine" e poi raccolte in Le avventure di Sherlock Holmes (1892), seguite dalle Memorie di Sherlock Holmes (1894), le storie sono accompagnate dalle illustrazioni di Sidney Paget, che contribuiscono alla popolarizzazione del geniale dandy melomane e del suo fedele dottor Watson. Il metodo d’indagine è quello enunciato dal vero dottor Bell in una prefazione alle opere di Conan Doyle: spirito d’osservazione e "un’immaginazione capace di imbastire una teoria o di rimettere insieme gli anelli di una catena spezzata o di districare un filo impigliato: questi gli strumenti di lavoro di un diagnostico di successo". Ciò che può essere definito non è più un pericolo, e le spiegazioni di Holmes rassicurano il lettore. Molti scrivono al famoso detective all’indirizzo di Baker Street. Conan Doyle si trova persino a vestirne i panni nella realtà in difesa di due presunti colpevoli che riesce a scagionare facendo riaprire i processi. Sconfitto dalle ragioni pecuniarie, risuscita il suo personaggio, prima in una storia antecedente la sua presunta morte, Il mastino dei Baskerville (1901-1902), poi in nuove avventure, sino all’ultimo romanzo La valle della paura (1915).
Detective: eccentrici versus ordinari
Innumerevoli detective nascono sulla scia del successo straordinario di Sherlock Holmes negli stessi anni: investigatrici in gonnella come Loveday Brooke di Catherine Louisa Pirkis e Dorcas Dene, ex attrice che deve provvedere al marito, un pittore diventato cieco, di George Robert Sims; l’investigatore cieco Max Carrados di Ernest Bramah; il vecchio che non si sposta mai dal suo angolo o Lady Molly di Scotland Yard della Baronessa Orczy. Spuntano anti-Sherlock, alcuni per normalità come il Martin Hewitt di Arthur Morrison o l’ispettore Hanaud di E.W. Mason, altri per scetticismo come il Philip Trent di E.C. Bentley, ma tutti con le stesse doti investigative. Grande successo riscuote il medico legale Dr. Thorndyke di Austin Freeman, lui stesso medico, con il suo laboratorio e le sue scoperte scientifiche, adottate poi nella realtà dalla polizia scientifica. Mary Roberts Rinehart imprime una svolta emotiva al genere con Lo sconosciuto del vagone letto (1907) e La scala a chiocciola (1908). Numerose sono le parodie, come in un racconto di Mark Twain che narra del quasi linciaggio del celebre detective, o la risposta francese all’arci-detective, che è quell’arci-ladro di Arsenio Lupin di Maurice Leblanc: il gentiluomo ladro giunge a rubare l’orologio del grande detective inglese Herlock Sholmès e a risolvere casi che sfuggono completamente alla portata della polizia francese. Il giovanissimo giornalista flâneur Rouletabille, di Gaston Leroux, risolve casi più ortodossi grazie al suo sguardo adolescente. Il mistero della camera gialla (1907) è considerato un classico della camera chiusa di cui diventerà maestro nell’età d’oro John Dickson Carr (1906-1977). Al plurilaureato professor Augustus Vari Dusen, dell’americano Jacques Futrelle, sopranominato la "Macchina Pensante" per la forza della sua logica, si oppone la conoscenza del cuore umano del piccolo padre Brown di un villaggio dell’Essex forte solo della sua fede.
Un rituale di società, da Chesterton alla Golden Age
Gilbert Keith Chesterton
Come si scrive un giallo
Ora, è quanto mai curioso che la tecnica di tali racconti non venga discussa, perché sono precisamente il genere di artificio in cui la tecnica è pressoché tutto. È quanto mai singolare che tali scrittori non abbiano una guida critica, perché è una delle poche forme d’arte in cui potrebbero in qualche misura essere guidati. Ed è quanto mai strano che nessuno discuta le regole, perché è uno dei rari casi in cui delle regole si potrebbero formulare. Proprio il fatto che il lavoro non è del più alto ordine della creazione rende possibile trattarlo come una questione di costruzione. Ma mentre la gente è disposta a insegnare l’immaginazione poetica, sembra ritenere un’impresa disperata aiutare chi costruisce intrecci in una faccenda di mera ingegnosità. Esistono manuali che insegnano a confezionare sonetti, come se uno spirito soave pien d’amore, o i sospiri e le lagrime e il desio, o le nubi estive e i zeffiri sereni, fossero roba da spiegare al pari di un trucco di prestigiatori. Abbiamo monografie che illustrano l’arte della novella, come se lo stillicidio di orrore della Casa degli Usher o l’ironia solare del Tesoro di Franchard fossero ricette da libro di cucina. Ma nel caso dell’unico tipo di storia a cui le stretti leggi della logica sono applicabili, nessuno si prende la briga di applicarle, o addirittura se in questo o quel caso siano state applicate. Nessuno scrive il libriccino che mi aspetto ogni giorno di vedere nelle edicole, dal titolo Come si scrive un giallo.
Per quanto mi riguarda, io non sono arrivato oltre la scoperta di come non scriverlo. Ma perfino dai miei insuccessi ho ricavato qualche raro barlume di come potrebbe essere un tale prospetto di avvertenze. Di un principio preliminare sono più che certo: il punto cardine di un giallo è che il segreto dev’essere semplice. L’intero racconto sussiste per il momento della sorpresa; e dev’essere un momento. Non dev’essere qualcosa che prende venti minuti per spiegarla e ventiquattr’ore per impararla a memoria nel timore di dimenticarla. La maniera migliore di testarla è farsi in mente un quadro immaginario di qualche momento drammatico simile. Immaginate un giardino scuro al crepuscolo, e una voce terribile che grida forte a distanza e si avvicina sempre più lungo i sentieri tortuosi del giardino finché le parole diventano orribilmente distinte; un urlo proveniente da qualche figura sinistra eppure familiare della storia, un estraneo o un domestico da cui inconsciamente ci aspettiamo una simile rivelazione. Ora, è chiaro che l’urlo che erompe da costui dev’essere in se stesso qualcosa di breve e semplice, tipo "Il maggiordomo è suo padre!", o "Il canonico Bill è il boia!", o "L’imperatore si è sgozzato!", o che altro. Ma troppo narratori eccessivi, peraltro ingegnosi, paiono ritenere loro preciso dovere scoprire quale sia la più complicata e improbabile serie di eventi da poter combinare per produrre un certo effetto. Effetto che potrà risultare logico, ma non è sensazionale. Il domestico non può spezzare il silenzio del giardino al crepuscolo strillando ad alta voce: "La gola dell’imperatore è stata tagliata nelle seguenti circostanze: sua maestà imperiale era intento a radersi e andò a dormire a metà dell’operazione, stanco delle cure dello Stato; il canonico dapprima era intento a completare con spirito cristiano la rasatura del monarca dormiente, allorché ebbe la subitanea tentazione di compiere un gesto omicida al ricordo dell’Atto di Destituzione, ma si pentì dopo aver fatto un semplice graffio e gettò il rasoio sul pavimento; il fedele maggiordomo udendo il trambusto, irruppe nella stanza e raccolse l’arma, ma nella confusione del momento tagliò la gola all’imperatore anziché al canonico; così ora è tutto a posto e i due giovani innamorati hanno smesso di sospettarsi l’un l’altro di omicidio e potranno sposarsi". Ora questa spiegazione, per quando ragionevole e completa, non è tale da potersi adeguatamente pronunciare come esclamazione o da poter risuonare all’improvviso nel giardino al crepuscolo come tromba del giudizio. Chiunque voglia fare la prova di gridare forte le espressioni tra virgolette nel proprio giardino al crepuscolo capirà la difficoltà di cui parlo. Questo è precisamente uno di quegli esperimenti tecnici, illustrati con schemi, di cui il nostro piccolo manuale abbonderebbe".
G.K. Chesterton, Come si scrive un giallo, a cura di S. Vecchio, Palermo, Sellerio, 2002
Il critico e scrittore di detective story Nicholas Blake (nato Cecil Day Lewis) immagina un Frazer del 2045 studiare il genere della detective story come un rito religioso che libera dal senso di colpa. Bisogna poter individuare un colpevole per attribuire le responsabilità. L’avvocato, il detective, il medico, il giornalista sono figure che possono ricevere delle confessioni senza divulgarne le fonti per fare le parti d’innocenza e colpa. Sono tenuti al segreto professionale come il prete cattolico, figura sacerdotale e confessionale per eccellenza. Padre Brown, nella raccolta di racconti Il candore di Padre Brown (1911) di Gilberth Keith Chesterton riassume il suo metodo spiegando "sono un uomo e perciò ho il cuore pieno di diavoli", ma continua a prestare attenzioni a fatti trascurabili che gli rivelano un quadro più ampio. Gramsci, nelle sue Lettere dal carcere, coglie una sottile ironia nei racconti di Chesterton che permette all’autore "un distacco stilistico tra il contenuto, l’intrigo poliziesco e la forma", evidente anche nei suoi articoli su come scrivere detective story, prime regole di scrittura del genere. Per Chesterton, le detective story sono una "sorta di poesia selvatica del luogo comune" e della modernità. Più costruzioni che creazioni, sono dei giocattoli per adulti, dove il criminale è il vero artista e il detective è un critico sulle sue tracce, ma anche un cavaliere errante che cerca di mantenere l’ordine lottando contro i suoi nemici interni. Negli anni Venti, dopo lo choc provocato dalla Prima guerra mondiale, la detective story diventa sempre più popolare e sempre più un gioco di società. Il racconto, nonostante le raccomandazioni di Poe e Chesterton, tende ad allungarsi in romanzo. Il critico e scrittore americano Willard Huntington Wright, che firma le storie del suo Philo Vance con il nom de plume di S.S. van Dine, oltre a offrire una prima antologia delle detective story, formula 20 regole che assicurino fair play da parte dell’autore. Un altro decalogo (1829) è stillato da Monsignore Ronald Knox per il Detection club, che vincola i suoi soci al rispetto di un codice etico di scrittura che garantisca al lettore la possibilità d’individuare il colpevole prima del finale. Chesterton ne è il primo presidente nel 1930 e ne fanno parte tutti gli autori più noti dell’epoca, come Freeman Wills Crofts (1879-1957). L’età d’oro della detective story, che dura per tutti gli anni Venti e Trenta, è l’era delle regole. Il colpevole non dev’essere né il cinese né il maggiordomo. L’autoreferenzialità del genere sarà portata al parossismo dai cugini Frederic Danna e Manfred Bennington Lee che si firmeranno con il nome del loro investigatore: Ellery Queen. Come proclama il Nero Wolfe di Rex Stout nella sua prima avventura, Fer-de-Lance (1934), "Nella vita tutto, tranne la coltura delle orchidee, deve avere uno scopo", se non un senso.
Le regine del giallo e l’hard-boiled detection
L’età d’oro della detective story è dominata dalle figure di quattro scrittrici donne, denominate per questo le "regine del crimine": Agatha Christie, Dorothy Sayers, una delle fondatrici del Detection club di cui anche la Christie fa parte, e le meno ricordate Margery Allingham (1904-1966), con il suo Albert Campion, e la neozelandese Ngaio Marsch (1895-1982), con l’ispettore Roderick Alleyn. Agatha Christie Mallowan è la più popolare e prolifica scrittrice di gialli del XX secolo, con 76 romanzi, 158 racconti e 15 pièce teatrali. Il celebre Hercule Poirot compare nel racconto lungo Poirot a Styles Court nel 1920. Il piccolo investigatore belga di mezz’età, dalla testa d’uovo e dai baffi curati, assistito dal fedele dottor Hastings, reduce ferito senza relazioni né amici come Watson, solo un po’ più stupido e aspirante detective in competizione con il suo mentore, deve moltissimo a Sherlock Holmes, anche se insieme alle sue cellule grigie porta una certa dose di emotività e impulsività latina. L’apparentemente inoffensiva anziana zitella del villaggio, Miss Marple, che fa la sua apparizione qualche anno dopo, è invece il lato oscuro di padre Brown con la sua casistica morale. Christie riesce sempre a sorprendere il lettore esplorando i limiti del genere puzzle come in L’assassinio di Roger Ackroyd (1929) o in L’assassinio sull’Orient Express (1934), ma ha poco successo con i critici, che le rimproverano una scrittura trascurata a differenza di Dorothy Sayers, più apprezzata dal punto di vista letterario. Con il racconto Whose Body? (Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto, 1923) Sayers, una delle prime donne laureate a Oxford, introduce l’esteta e ricchissimo Lord Peter Wimsey e l’investigazione scientifica in senso stretto.
Niente di più lontano dai metodi e dagli atteggiamenti degli aristocratici ed effeminati Philo Vance o Lord Peter Wemsey di quelli dell’eroe del Falso Burton Combs (1920) di Caroll John Daly, il primo dei duri (hard-boiled, letteralmente cinico, indurito) della scuola della rivista americana "Black Mask", al quale fa seguito la prima storia e pietra miliare per cliché del genere hard-boiled: Three Gun Terry (Terry tre pistole, 1923), che, con una scrittura fumettistica, rivela l’influenza del western su questo sottogenere che viene elevato a letteratura dall’ex detective dell’agenzia Pinkerton, Samuel Dashiell Hammett con i racconti dell’anonimo e camaleontico agente operativo dell’agenzia continentale di San Francisco, ma soprattutto con il romanzo Il falco maltese del 1930. La detective story ha definitivamente lasciato la sponda del rassicurante. Sam Spade, quel diavolo biondo che porta la sua ombra in sé, non ha nessuno per raccontare la storia perché gli hanno ammazzato il compagno, al quale del resto metteva le corna con la moglie. Il detective si muove in un mondo senza regole, dove nessuno è innocente e gli resta un solo scopo: salvare la propria dignità facendo giustizia. Da pura astrazione, l’indagine è diventata il massimo del coinvolgimento umano.