DETERMINISMO
Questa espressione, introdotta nella seconda metà del '700 nel linguaggio filosofico, può ricevere significati di estensione assai diversa. Presa nel senso più ristretto, designa le teorie che affermano che gli atti della volontà sono determinati in modo necessario (determinismo psicologico); presa in quello più ampio, indica le dottrine che (dimrgendo nell'interpretazione del concetto di necessità) ammettono l'esistenza di un ordinamento necessario di tutti gli esseri e di tutti gli accadimenti (determinismo cosmologico). Sembra opportuno considerare qui soltanto quella forma del determinismo cosmologico che si può chiamare (nel senso più largo della parola) causale, ossia la dottrina che ammette che gli esseri e gli accadimenti dell'universo sono collegati da rapporti necessarî di causalità. Questa poi può ricevere significati diversi; le sue forme più importanti sono la teleologica o finalistica e l'efficiente, in cui, abitualmente, si è fatta rientrare la causalità meccanica. Nella fisica moderna però s'intende di solito quest'ultima come un rapporto funzionale di processi quantitativamente equivalenti o si riduce il rapporto causale alla trasformazione di un'identica quantità di moto.
Già nella più antica filosofia greca si trova l'affermazione di un ordine necessario di tutte le cose, la quale presumibilmente dipende da un fatalismo astrologico di origine babilonese, di cui forse si può scorgere l'influsso nella teoria dell'anno cosmico; soltanto nell'atomismo di Leucippo e di Democrito si formula con precisione un determinismo rigidamente meccanicistico. Invece Platone e Aristotele vedono nella causalità teleologica l'unico vero e proprio determinismo; però, secondo la filosofia aristotelica, nella sfera sublunare, per la resistenza della materia all'azione della forma, l'ordinamento finalistico governa soltanto le specie, mentre negl'individui appare la contingenza. Lo stoicismo propugna un determinismo che identifica la causa finale e l'efficiente, perché ritiene che tutte le cose e tutti gli accadimenti siano sottoposti a una legge causale universale, l'εἱμαρμένη, che è uguale a Zeus, che è l'Anima Cosmica, l'Intelletto o la Ragione dell'universo, la Provvidenza divina che rivolge ogni cosa verso il meglio. L'epicureismo, sebbene riprenda le concezioni dell'atomismo democriteo, respinge l'inflessibile determinismo di questo e ammette un clinamen casuale per cui gli atomi si scostano dalla linea verticale di caduta. Lo scetticismo critica vigorosamente la necessità causale e ogni forma di determinismo. Infine, il neo-platonismo (che afferma la derivazione necessaria di tutti gli esseri dall'Uno) si avvicina allo stoicismo e ritiene le cose governate da una Necessità che è insieme una Provvidenza. Le nuove credenze religiose (cristianesimo e islamismo) portano a spogliare il determinismo naturale dei suoi caratteri di continuità e d'infrangibilità incondizionate, in quanto lo sottopongono all'azione di cause soprannaturali, e principalmente della volontà di Dio, che può intervenire con atti particolari nel corso degli accadimenti. Fra gli Arabi poi sorge una scuola atomistica che nega ogni nesso interiore di causalità tra i fatti e ritiene che essi siano collegati soltanto dall'arbitrio divino. Nel mondo cristiano, quando si fa sentire l'influsso del pensiero aristotelico, la filosofia scolastica accoglie anche le tesi di Aristotele sulla natura e i limiti del determinismo causale (che inoltre può sempre essere modificato da cause soprannaturali). Per contro, l'averroismo latino, in contrasto con le dottrine ortodosse, propugna un determinismo universale di carattere fatalistico. Nel periodo di decadenza della scolastica, Nicolò di Autrecourt (sec. XIV) critica il principio causale e ne respinge la razionalità e il valore oggettivo. Nel Rinascimento predomina la tendenza a negare ogni intervento di forze soprannaturali nel corso della natura che è ritenuta una totalità chiusa in sé e governata dalla propria legge. Ma questa convinzione (che si esprime anche nella magia e nell'astrologia, in quanto cercano di ridurre fatti apparentemente miracolosi a cause naturali) assume aspetti assai diversi. Il Pomponazzi, che inclina verso il determinismo stoico, vede nelle stelle gli strumenti di cui si serve l'azione divina per dirigere tutte le cose. Le correnti della filosofla della natura che maggiormente dipendono dal neo-platonismo (Giordano Bruno, p. es.) ammettono con questo che tutte le cose sottostanno a una necessità che è insieme una legge teleologica razionale. La nuova scienza della natura (Galileo) e le filosofie che sorgono in stretto rapporto con essa (Bacone, Hohbes, in Inghilterra, Descartes e i suoi continuatori sul continente) difendono un determinismo risolutamente meccanicistico. Però il Malebranche afferma che le cosiddette cause naturali sono pure occasioni dell'azione del Creatore, unica causa reale, che opera secondo le leggi della comunicazione del moto. Per lo Spinoza, che identifica completamente i principî di dipendenza logica e di causalità, il ferreo determinismo meccanico che governa la successione infinita delle cause e degli effetti degli esseri finiti è l'espressione di quella necessità razionale per cui da Dio (la Sostanza o la Natura naturans) derivano tutte le cose. Nel Leibniz invece il determinismo meccanico che domina nel mondo fisico è subordinato alle cause finali, perché da una parte le leggi naturali servono di strumento al conseguimento della maggiore perfezione dell'universo, dall'altra tale determinismo si applica soltanto alla sfera dei fenomeni, mentre la vera realtà è costituita di monadi, cioè di esseri spirituali operanti finalisticamente. Nel campo della scienza della natura, l'interpretazione matematica dei fenomeni del Newton e dei suoi successori apparve così solida da rafforzare in tutto il sec. XVIII la credenza nella validità universale del determinismo meccanicistico, e a questa credenza (che trovò all'inizio dell'800 un vigoroso assertore nel Laplace) diedero nuovo vigore le conquiste fatte dalle ricerche naturalistiche nel sec. XIX (particolarmente la determinazione del principio della conservazione dell'energia e le scoperte biologiche) e la diffusione, avvenuta nella seconda metà di questo, delle teorie evoluzionistiche; per tali motivi si ritenne in generale che anche i fenomeni della vita si potessero spiegare esaurientemente per mezzo di cause meccaniche necessarie. Nel campo della filosofia invece il determinismo non ottenne gli stessi successi. Nel '700, un pensatore nato nella terra del Newton, D. Hume (che del resto, sotto certi rispetti, è stato preceduto dal Berkeley), nega la razionalità e l'oggettività del principio di causa, riduce il rapporto causale a una successione costante di fenomeni e deriva la credenza nella sua necessità da processi soggettivi di associazione e di abitudine. Per difendere dalle sue critiche scettiche la scienza newtoniana della natura, E. Kant intende la causalità come una categoria, cioè come una delle leggi che dirigono l'attività sintetica dell'intelletto, che, ordinando il molteplice sensibile, costituisce l'esperienza, intesa come la conoscenza di un mondo connesso di oggetti. Perciò la totalità dei fenomeni è sottoposta necessariamente al determinismo causale. I sistemi idealistici dei grandi continuatori del Kant, in generale, poco apprezzano il determinismo meccanicistico; cosi il Fichte vede nella necessità naturale soltanto un limite che la libera attività dell'Io puro pone a sé stessa per superarlo e Hegel ripone la vera necessità nel movimento dialettico della Ragione assoluta (che, dopo essersi allontanata da sé nella natura, ritorna a sé stessa elevandosi a Spirito consapevole di sé), cioè in un processo razionale di carattere teleologico che si svolge fuori della successione temporale. Il determinismo meccanicistico è invece fortemente sostenuto dalle filosofie anti-idealistiche di F. Herbart e di A. Schopenhauer, dal positivismo di A. Comte, dall'evoluzionismo di H. Spencer, dal materialismo svoltosi dopo la prima metà dell'800, e dal monismo di E. Haeckel. Negli ultimi decenni dell'800 e all'inizio del '900 le concezioni deterministiche (che sembravano definitivamente e illimitatamente vittoriose) sono criticate e respinte in Francia dalla filosofia della contingenza (preceduta dalle filosofie della libertà di F. Ravaisson e C. Secrétan e dal neo-criticismo di C. Renouvier) e dalla teoria dell'evoluzione creatrice di H. Bergson, in Italia dal positivismo di G. Tarozzi, in Inghilterra e in America dalle varie correnti del prammatismo (Ch. S. Peirce, W. James, F. C. S. Schiller). L'idealismo attualistico italiano ha ripreso, su questa questione, l'atteggiamento del pensiero hegeliano, insistendo però sul concetto che la realtà è costituita dall'atto puro, extra-temporale di auto-creazione dello Spirito trascendentale, in cui s'identificano libertà e necessità. Alla negazione del rigoroso determinismo meccanicistico, che sinora appariva il presupposto inelimininabile della scienza della natura, sembrano condurre (secondo alcuni fisici) anche le recenti ricerche sulla teoria dei quanti.