Detrazione IVA e ristrutturazione di immobile altrui
Il sistema armonizzato dell’IVA si fonda sul principio di neutralità, assicurato attraverso il riconoscimento, a favore del soggetto passivo, del diritto a rivalsa e detrazione e del diritto al rimborso. La Corte di giustizia ha più volte ribadito che il diritto a detrazione non sopporta, di regola, alcuna limitazione: la necessità di individuare le fattispecie eccezionali in cui tale diritto viene limitato ha dato vita ad una nutrita casistica. Le decisioni “gemelle” delle S.U. (nn. 11533 e 11534 del 2018) intervenute sulla dibattuta questione della detraibilità dell’IVA per le spese sostenute per migliorie su beni immobili di terzi inducono a fare il punto sul tema.
Le decisioni delle S.U. della Corte di cassazione dell’11.5.2018, nn. 11533 e 115341, affrontano il problema della detraibilità dell’IVA (e del simmetrico problema della deducibilità dei costi) per spese relative ad immobili non di proprietà dell’imprenditore; problema in relazione al quale la giurisprudenza di legittimità ha fornito divergenti soluzioni.
Una prima soluzione, più restrittiva, ha negato la detrazione perché le spese di ristrutturazione, comportando un miglioramento del bene, avvantaggiano direttamente il proprietario, a prescindere dagli accordi intervenuti tra questi ed il detentore2. Una seconda soluzione, più permissiva, ha riconosciuto all’affittuario il diritto a detrarre l’imposta assolta sulle spese di ristrutturazione di fabbricati rurali costituenti beni destinati all’esercizio dell’attività agrituristica, anche se non ne era il proprietario, trattandosi di spese incrementative del valore di beni che si trovavano nella sua disponibilità ed erano state eseguite per migliorare la redditività della impresa, e pertanto il proprietario del fondo non poteva qualificarsi come destinatario o consumatore finale dei lavori di ristrutturazione3. Analoghe decisioni hanno riguardato beni detenuti in locazione. Inoltre, nello stesso senso, si è affermato, in tema di ristrutturazione d’immobile aziendale ottenuto in comodato, che vi è un interesse idoneo a giustificare la detrazione sul piano economico-giuridico, prima ancora che fiscale, laddove il comodatario abbia ottenuto il diritto di disporre dell’immobile al fine di utilizzarlo e adeguarlo per la propria attività economica per la durata del contratto4.
In una fattispecie di locazione infragruppo di immobile turistico ristrutturato e poi venduto a terzi, le suddette decisioni delle S.U., sulla scorta di C. giust., 14.9.2017, C-132/16, Iberdrola Inmobiliaria Real Estate Investments5, hanno riconosciuto, sia pure a determinate condizioni, il diritto a detrazione e hanno rinviato la causa al giudice di merito per una nuova valutazione alla luce del principio: «Deve riconoscersi il diritto alla detrazione IVA per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purchè sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale, anche se quest’ultima sia potenziale o di prospettiva. E ciò pur se, per cause estranee al contribuente, la predetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi».
Dopo avere ribadito un principio già affermato6, sottolineando che, per la detrazione di imposta, la strumentalità del bene deve essere verificata in concreto, prescindendo dalla categoria catastale attribuita all’immobile dall’Amministrazione, le S.U. hanno composto il contrasto sulla detraibilità dell’IVA ex art.19 d.P.R 26.10.1972, n. 633, sulle spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile di proprietà altrui7.
Secondo le S.U., i precedenti giurisprudenziali di segno negativo erano ricollegati alla preoccupazione che il contratto con il quale era riconosciuta la disponibilità del bene non in proprietà (es. locazione) potesse essere stato predisposto per consentire alla conduttrice una detrazione a cui la proprietaria dell’immobile, in quanto consumatrice finale, «non
avrebbe potuto aver diritto, appunto perché non esercitante attività di impresa o professionale». Le S.U. hanno però rimarcato la incompatibilità di questa preoccupazione con il carattere tendenzialmente assoluto del principio di neutralità dell’imposta, costantemente predicato dalla Corte di giustizia8, laddove ricorra il nesso di strumentalità tra ristrutturazione e attività d’impresa o professionale del soggetto passivo, nesso che «viene meno soltanto quando l’attività economica, anche potenziale, cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente». Su tale premessa hanno precisato che l’applicazione di tale principio si risolve nello stabilire, con un tipico accertamento di fatto, se il diritto spetta o non spetta per «l’esistenza o meno della natura strumentale dell’immobile rispetto all’attività economica in concreto svolta o che il contribuente avrebbe potuto svolgere», accertamento che risulta, invece, chiaramente estraneo alle fattispecie che si connotino per il carattere abusivo o elusivo.
Come è noto, l’IVA, introdotta con la riforma tributaria degli anni ‘70, era intesa ad attuare nel sistema fiscale italiano la dir. 67/227/CEE dell’11.4.1967 del Consiglio CEE, al fine di armonizzare le legislazioni degli Stati membri in tema di imposte sulla cifra d’affari.
Le modificazioni apportate dalle direttive che si sono via via succedute hanno indotto il legislatore comunitario ad emanare la dir. 2006/112/CE del 28.11.2006, con la quale è stato riordinato l’intero sistema comunitario dell’IVA precisando, nell’art. 1, secondo capoverso, i tratti salienti del «sistema comune IVA», consistenti «nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase di imposizione».
È altrettanto noto che, nel nostro ordinamento, l’IVA è disciplinata essenzialmente dal d.P.R. n. 633/1972: la matrice europea del tributo conferisce particolare rilevanza alle norme comunitarie (ora «unionali») che si caratterizzano per la loro analiticità e determinatezza e che non costituiscono solo un vincolo per il legislatore interno quanto al risultato da raggiungere (art. 288 TFUE), ma sono spesso direttamente applicabili e costituiscono canone interpretativo della normativa nazionale, al pari della giurisprudenza unionale.
La normativa europea stabilisce che è soggetto passivo IVA «chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività» (art. 9, p. 1, dir. 2006/112/CE).
La Corte di giustizia ha avuto modo di puntualizzare che la nozione “comunitaria” (unionale) d’impresa include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato9. Questa configurazione di impresa unionale è stata confermata anche dalla Corte di cassazione (Cass., 8.2.2018, n. 3070), che ha sottolineato come tutto ciò sia stato implicitamente recepito dalla decisione della Commissione UE del 14.8.2015, C (2015) 5549, laddove afferma che i «soggetti che non svolgono attività economica (...) non vanno considerati come imprese» (p. 134 dec. cit.), con la conseguenza che l’attività economica può consistere anche in una libera professione regolamentata e che le prestazioni possono essere intellettuali, tecniche o specialistiche10.
Il meccanismo dell’IVA si fonda principalmente sul principio di neutralità, che deve operare sugli scambi intermedi (cosiddetta “neutralità interna”) nel senso che il tributo deve risultare neutrale nei confronti di coloro che, come soggetti passivi IVA, sono chiamati ad applicare il tributo (imprenditori, artisti, professionisti) e che hanno un rapporto diretto con il titolare dal lato attivo del rapporto obbligatorio d’imposta. La neutralizzazione dell’imposta si consegue per il tramite della congiunta applicazione sia della detrazione che della rivalsa obbligatoria (nonché, eventualmente, del rimborso). Il tributo, dunque, nei confronti dei soggetti passivi (cosiddetti “contribuenti di diritto”) non deve produrre alcun depauperamento, giacchè deve riversarsi sul consumatore finale non imprenditore (cosiddetto “contribuente di fatto”) il quale non può avvalersi della detrazione.
Il diritto a detrazione è, dunque, funzionale alla neutralità, nel senso che l’imprenditore detrarrà l’imposta pagata per l’acquisto di beni necessari per l’attività svolta e recupererà quanto versato a titolo di rivalsa; esso origina dall’art. 17 della sesta dir. 77/388/CEE del 17.5.1977, a tenore del quale «Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore: l’imposta sul valore aggiunto dovuto o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o saranno prestati da un altro soggetto passivo».
Inoltre l’art. 183 della dir. 2006/112/CE chiarisce che: «Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite. Tuttavia, gli Stati membri possono rifiutare il rimborso o il riporto se l’eccedenza è insignificante».
In sostanza, l’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (art.17, co.1, d.P.R. n. 633/1972). Per la determinazione dell’ammontare di essa, l’art. 19, co. 1, dello stesso d.P.R. prevede che dall’ammontare così dovuto sia detratto il tributo pagato, dovuto o addebitato a titolo di rivalsa, per l’acquisto di beni o di servizi effettuato nell’esercizio d’impresa. Lo stretto collegamento fra operazioni attive ed operazioni passive, ai fini della determinazione in concreto del tributo, ed il testuale riferimento, contenuto nell’art. 19, co.1, all’esercizio d’impresa, configurano un sistema per cui l’IVA è dovuta all’erario in relazione a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi imponibili (operazioni attive). È, tuttavia, detraibile il tributo dipendente da operazioni passive (acquisti) effettuate nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (art. 19). La norma prevede, quindi, che dall’IVA dovuta sulle operazioni attive (art. 17) sia detraibile (art. 19) l’imposta relativa all’acquisto di beni o servizi necessari per l’esercizio vero e proprio dell’impresa, effettivamente destinati dall’imprenditore alla realizzazione degli scopi produttivi programmati. La Corte di giustizia ha più volte precisato che il diritto a detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e non può, in via di principio, essere soggetto a limitazioni, in quanto il sistema delle detrazioni ha la finalità di esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche; il sistema comune dell’IVA, quindi, garantisce la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché esse siano, in linea di principio, soggette all’IVA.
Il diritto a detrazione nasce nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile (artt. 167, 168 dir. 2006/112/CE; art. 19, co. 1, secondo periodo, d.P.R. n. 633/1972). Gli Stati membri hanno il potere di stabilire i criteri per il suo esercizio e hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie per garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel loro territorio, verificare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la contabilità e gli altri documenti utili, nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta11.
Per la detrazione dell’IVA sugli acquisti addebitata in fattura è, dunque, condizione necessaria l’«inerenza» dell’acquisto all’esercizio d’impresa; requisito identificato, di regola, mediante il raffronto fra le operazioni passive e quelle attive, dovendo le prime essere strumentali rispetto alle seconde, già compiute o soltanto programmate.
In altri termini, il concreto esercizio del diritto di detrazione: a) presuppone un «nesso immediato e diretto» tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle soggette ad imposta; b) richiede che le spese compiute per acquistare i beni e i servizi siano elementi costitutivi del prezzo delle operazioni effettuate a valle e ciò va dimostrato con elementi oggettivi12.
Il «nesso diretto e immediato» non è un concetto cristallizzato in una formula astratta, ma spetta alle amministrazioni finanziarie e ai giudici nazionali accertarne la ricorrenza in base alle circostanze concrete in presenza delle quali si sono svolte le operazioni, alla stregua delle quali si deve tenere conto solamente delle operazioni oggettivamente connesse all’attività imponibile del soggetto passivo: tale criterio è quello più conforme allo scopo perseguito dal sistema comune dell‘IVA13.
La sentenza, C. giust., C-132/16 ha poi ritenuto detraibile l’IVA assolta per la ristrutturazione di un immobile di proprietà altrui, purché tali spese presentino un nesso immediato e diretto con l’attività economica del contribuente o ancora con l’operazione imponibile effettuata a valle. Secondo la Corte, dunque, «l’art. 168 lett. a) della direttiva 2006/112/CE deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo ha diritto a detrarre l’IVA assolta a monte per la prestazione di servizi, consistenti nella costruzione o nella ristrutturazione di un bene immobile di cui un terzo sia proprietario, qualora quest’ultimo benefici a titolo gratuito del risultato di tali servizi e questi ultimi siano utilizzati tanto dal soggetto passivo medesimo, quanto dal terzo nell’ambito delle loro attività economiche, nei limiti in cui detti servizi non vadano oltre quanto necessario per consentire al soggetto passivo medesimo di effettuare a valle operazioni soggette ad imposta e il loro costo sia incluso nel prezzo di tali operazioni»14.
Con ulteriore approfondimento del tema, la Corte di Lussemburgo ha riconosciuto il diritto di detrazione anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, quando i costi dei servizi in questione siano stati parte delle «spese generali» del soggetto passivo che, in quanto tali, sono stati ritenuti elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che lo stesso fornisce, osservando che costi di tal genere presentano un nesso diretto e immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo15.
In proposito ha precisato che la circostanza che la determinazione del nesso diretto e immediato sussistente tra una prestazione di servizi e il complesso dell’attività economica imponibile debba avvenire in base al contenuto oggettivo di tale prestazione di servizi non esclude che si possa parimenti tenere conto della causa esclusiva dell’operazione di cui trattasi, dovendosi ritenere che essa costituisca un criterio di determinazione del contenuto oggettivo. Una volta accertato che un’operazione non sia stata effettuata ai fini delle attività imponibili di un soggetto passivo, non si può considerare che detta operazione presenti un nesso diretto e immediato con tali attività ai sensi della giurisprudenza della Corte, anche allorquando tale operazione, in base al suo contenuto oggettivo, sarebbe soggetta all’IVA16.
Anche Cass.,17.6.2011, n. 13327 ha ammesso la detraibilità dell’IVA per il costo sostenuto per la ristrutturazione di immobili condotti in locazione, purché sia riscontrato il suddetto nesso di inerenza.
Va sottolineato che le sentenze in discorso delle S.U. hanno effettuato una scelta precisa in ordine alla nozione generale di «inerenza». Nell’affermare che, per la detraibilità dell’IVA sugli acquisti, occorre «un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale» esercitata o da esercitarsi, la Corte ha compiuto due operazioni.
Da un lato ha aderito all’impostazione secondo cui il nesso di inerenza è espressione di un giudizio qualitativo (e non quantitativo) di carattere oggettivo sulla riferibilità del costo all’attività dell’impresa (intesa nel suo complesso), anche se in via indiretta, potenziale od in proiezione futura»17. Dall’altro, ha evidenziato che tale giudizio va effettuato caso per caso, con accertamento in fatto, in relazione all’attività d’impresa esercitata o da esercitarsi.
Sotto il primo profilo viene ribadito il superamento degli orientamenti giurisprudenziali che, invece, ritengono inerente soltanto l’operazione correlabile con l’impresa in termini di costo/vantaggio, cosí individuati nella dottrina citata in nota: a) «suscettibilità, anche solo potenziale, di arrecare, direttamente o indirettamente, un’utilità all’attività di impresa», secondo una relazione di causalità o di “normalità economica”18; b) «strumentalità del bene o servizio rispetto all’attività da cui derivano i ricavi o gli altri proventi che concorrono a formare il reddito di impresa »19; c) «funzionalità rispetto alla produzione del reddito»20, cioè in vista di un aumento della redditività dell’impresa21; d) «correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili»22.
Sotto il secondo profilo (relativo alla valutazione concreta e caso per caso), le S.U. muovono dall’implicito presupposto che la presunzione di inerenza delle operazioni attive comunque effettuate nell’esercizio dell’impresa non opera con riguardo alle operazioni passive, in relazione ai quali «non è sufficiente, ai fini della detraibilità della relativa imposta, la qualità d’imprenditore societario, dovendosi verificare in concreto l’inerenza, cioè la stretta connessione con le finalità imprenditoriali e la “strumentalità” in concreto del bene acquistato rispetto alla specifica attività imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata»23. Ciò posto, le S.U. confermano la precedente giurisprudenza, secondo cui «la sussistenza dell’inerenza è una questione di fatto, la cui prova spetta al contribuente»24: pertanto «la compatibilità con l’oggetto sociale costituisce mero indizio della inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa»25.
Come si è già visto in riferimento alla nozione di impresa comunitaria, ai fini IVA, l’attività economica complessiva (cui è correlato il costo, ai fini della detrazione) è intesa in modo ampio: vi rientrano anche gli atti preparatori (come l’acquisto dei mezzi per esercitare l’impresa, anche se non immediatamente utilizzati), pena la lesione del principio di neutralità, per la mancata detrazione dell’IVA con riferimento alle spese di investimento effettuate prima dell’effettivo inizio dell’attività economica e dello sfruttamento del bene. La C. giust. ha tuttavia puntualizzato che il soggetto passivo ha l’onere di provare che erano state soddisfatte le condizioni per l’esercizio del diritto di detrazione ed ha rimarcato che l’Amministrazione finanziaria può esigere che l’intenzione dichiarata sia confermata da elementi oggettivi, come la specifica idoneità dei locali progettati ad una utilizzazione commerciale26.
Nel caso in cui poi si sia verificata l’impossibilità di impiego dei beni per cause indipendenti dalla volontà, la Corte di giustizia chiarito che la qualità di soggetto passivo è definitivamente acquisita solo se la dichiarazione dell’intenzione di avviare l’attività economica programmata sia stata effettuata in buona fede dall’interessato e che il diritto a detrazione resta acquisito anche qualora il soggetto passivo non abbia potuto utilizzare i beni o i servizi che hanno dato luogo a detrazione nell’ambito di operazioni imponibili a causa di circostanze estranee alla sua volontà27.
Anche la scelta di non avviare l’attività economica, in assenza di circostanze fraudolente o abusive e con riserva di eventuali rettifiche, in conformità alle condizioni previste all’art. 20 della sesta direttiva, non pregiudica il diritto a detrazione che, una volta sorto, rimane acquisito quando l’Amministrazione fiscale è a conoscenza, fin dalla prima liquidazione dell’imposta, del fatto che l’attività economica prevista, che doveva dar luogo ad operazioni assoggettate ad imposta, non sarà esercitata. Resta inteso che l’onere di provare l’esistenza delle condizioni per l’esercizio del diritto di detrazione incombe al soggetto passivo e l’Amministrazione finanziaria può esigere che l’intenzione dichiarata di avviare un’attività economica sia confermata da elementi oggettivi28.
Naturalmente tali principi non sovvengono ed il diritto alla detrazione può essere negato ove venga dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto diritto viene fatto valere in modo fraudolento o abusivo, giacché la lotta contro eventuali evasioni, elusioni e abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA29. Tuttavia, le misure adottate dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per conseguire siffatti obiettivi e non possono essere utilizzate in modo da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA30.
Diversa è l’ipotesi della rimborsabilità dell’eccedenza detraibile IVA in caso di ristrutturazione di immobili altrui. Su questo tema le S.U. non si sono specificamente pronunciate, nonostante che uno dei proposti motivi del ricorso per cassazione attenesse alla differenza (non tenuta presente dalla CTR, secondo la parte ricorrente) tra i presupposti per la detrazione dell’IVA e le condizioni di rimborsabilità dell’eccedenza detraibile (consistenti nel riferirsi a beni ammortizzabili).
Ai sensi dell’art. 30, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 633/1972, anch’esso posto a presidio del principio di neutralità, il contribuente ha il diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi ivi previste; ma, per quanto interessa, «c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche».
Questa disposizione ha dato adito a diverse interpretazioni.
Le principali questioni sono due: la prima concerne il concetto di acquisto, la seconda quello di bene ammortizzabile.
Sul primo tema appare rilevante quanto la Corte di legittimità ha affermato – in tema di leasing finanziario immobiliare –, laddove ha chiarito, in adesione alla giurisprudenza comunitaria, che «non è dirimente, di per sè, l’uso da parte del legislatore del termine acquisto, trattandosi di termine neutro, impiegato per l’acquisizione sia di un titolo di proprietà sia di servizi resi dall’obbligato.», osservando che nello stesso corpo della citata disposizione si fa riferimento all’«acquisto» non solo di «beni ammortizzabili» o di «beni [...] per studi e ricerche», ma anche di «servizi per studi e ricerche» e che, inoltre, lo stesso legislatore si riferisce all’acquisto ed alla vendita di beni con riserva di proprietà (cessioni di beni), per i quali non si è verificata la traslazione del diritto reale, sottolineando come, nel sistema della legge italiana sull’IVA, da un lato, vi siano casi in cui si ha una cessione di beni imponibile, anche se non si è verificato il trasferimento di proprietà (come le citate vendite con riserva di proprietà) e, dall’altro, vi siano casi in cui, pur sussistendo un trasferimento civilistico di proprietà, non vi è cessione di beni imponibile (cfr. elenco art. 2 d.P.R. n. 633/1972).
Si è pertanto ritenuto che il leasing di un bene è annoverabile tra gli acquisti di beni, affermando che l’utilizzatore ha diritto al rimborso dell’eccedenza detraibile, assolta relativamente a beni ammortizzabili detenuti in virtù di contratto di leasing, in quanto tale operazione deve essere equiparata, per detto utilizzatore, all’acquisto di un bene d’investimento anche prima dell’esercizio del diritto di riscatto31. Sul tema del bene ammortizzabile vi sono orientamenti non omogenei.
Si è osservato che la nozione di beni ammortizzabili, in assenza di una esplicita formulazione ai fini IVA, va tratta dalle disposizioni del t.u.i.r. (in particolare, dagli artt. 102, 103) in tema di imposte dirette, per le quali i beni ammortizzabili (essendo destinati ad essere utilizzati nell’esercizio dell’impresa) si identificano di regola con i beni strumentali ossia con quei beni che abbiano, come unica destinazione, quella di essere direttamente impiegati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, così da non essere idonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti. Valorizzando la strumentalità si è ritenuto che non v’è ragione per escludere (la detrazione e di conseguenza) il rimborso dell’IVA assolta sul costo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condotto in locazione dalla parte contribuente e costituente bene destinato all’esercizio dell’attività alberghiera della stessa parte, sulla considerazione che si tratta di eccedenza per un verso conforme ai dettami generali della direttiva del 2006, per un altro formatasi in relazione a costi per migliorie di beni di terzi eseguite al fine di migliorare la redditività dell’impresa e ammortizzabili nel bilancio civilistico quali altre immobilizzazioni immateriali (art. 2424, co.1, b) I-7, c.c.; OIC-24) alla stregua della normativa comunitaria sui conti annuali delle società32.
A fronte di questo orientamento, volto a riconoscere in termini tendenzialmente ampi il diritto al rimborso, se ne riscontra tuttavia un altro parzialmente difforme, che affonda le sue radici su una differente qualificazione dell’operazione rispetto alla quale il diritto al rimborso è esercitato.
Con riferimento ad una vicenda attinente alla sussistenza del diritto al rimborso dell’IVA relativa alle spese di costruzione dell’immobile eretto su un terreno di proprietà altrui, detenuto in comodato dal soggetto che richiede la restituzione dell’imposta, è stato osservato che non sussiste una necessaria correlazione tra detrazione e rimborso, in quanto l’IVA relativa a spese di costruzione di un immobile su suolo altrui, pur se detraibile, non attiene a beni qualificabili come ammortizzabili, dovendo i relativi costi essere classificati contabilmente tra le altre immobilizzazioni materiali, con la conseguenza che i relativi costi vanno ricondotti nella categoria di spese incrementative e, quindi, con divieto di rimborso33.
In particolare si è osservato che l’ammortizzabilità di un bene è una procedura tecnico-contabile con la quale i costi sostenuti per l’acquisto di beni strumentali direttamente impiegati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali e che abbiano una durata pluriennale, vengono ripartiti negli esercizi di utilizzo. Tali disposizioni normative, secondo questo orientamento, rinvierebbero alle norme del codice civile in materia di immobilizzazioni (artt. 2424, co.1, lett. b) I e II, e 2424 bis c.c.) ossia a elementi soggetti a procedura di ammortamento. Quindi, sull’osservazione che «strumentalità ed ammortizzabilità non sono concetti coincidenti […] poiché un bene può essere strumentale senza essere ammortizzabile (è il caso del terreno rispetto all’opificio) e, viceversa può essere ammortizzabile pur non essendo strumentale (è il caso dei fabbricati civili posseduti dall’impresa)», si è affermato che «la restituzione dell’imposta presuppone che concorrano entrambe le condizioni, ovvero che il bene sia utilizzato nel ciclo produttivo e che soddisfi, quindi, il requisito della strumentalità e che si tratti di beni di uso durevole, la cui vita non si esaurisca nell’arco di un esercizio e che, quindi, soddisfino anche il requisito dell’ammortizzabilità», con la conseguenza che non potrebbe essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’IVA assolta sulle spese per la realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere inseparabili dai beni cui accedono, in quanto tali opere in base ai principi civilistici accedono ad un immobile altrui e, di conseguenza, non potrebbero essere iscritte in bilancio come beni ammortizzabili propri del soggetto che le ha effettuate, e quindi, non rientrerebbero nella previsione normativa di cui all’art. 30 cit.
1 Tra i primi commenti: Antonaci, G., Spese di ristrutturazione su immobili di terzi: consentita la detrazione dell’IVA, in D&G, 2018, 6; Giuliani, G.–Spera, m., Detrazione IVA su beni altrui, in Il Fisco, 2018, 1555; Peirolo, m., Detrazione dell’IVA confermata anche per gli immobili non locati, in Il Fisco, 2018, 1268; Ferranti, G., Immobili locati: IVA detraibile e spese deducibili per le S.U. della Cassazione, in Corr. trib., 2018, 2079.
2 Cass., 12.7.2006, n. 15808; Cass., 25.3.2011, n. 6936.
3 Cass., 30.4.2009, n. 10089; Cass., 16.2.2010, n. 3544.
4 Cass., 29.1.2014, n. 1959.
5 A commento, Peirolo, M. Detraibilità dell’IVA per i servizi di ripristino dell’immobile i proprietà altrui, in Il Fisco, 2017, 39.
6 Sull’accertamento di strumentalità in concreto, Cass., 29.4.2015, n. 8628 e C. giust., 18.12.2008, C-488/07, Royal Bank of Scotland plc c. The Commissioners of Her Majesty’s Revenue & Customs.
7 I diversi orientamenti sono ripercorsi in Cass., ord. 22.9.2017, n. 22089, esaminata da Baruzzi, S., Alle SS.UU. stabilire se spetta il diritto a dedurre i costi e detrarre l’IVA per la ristrutturazione di immobili altrui, in Il Fisco, 2017, 3977.
8 Sul principio di neutralità, tra molte, C. giust., 28.2.2018, C-672/16, Imofloresmira - Investimentos Imobiliários SA c. Autoridade Tributária e Aduaneira; C. giust., 14.9.2017, C-132/16 cit.; C. giust., 18.7.2013, C-124/12, AES-3C Maritza East 1 EOOD c. Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, Plovdiv; C. giust., 29.10.200, C-29/08, Skatteverket c. AB SKF. Per una ricognizione sulla giurisprudenza unionale, Capello, F., La giurisprudenza della C. giust. in materia di IVA (1977-2015) parte quinta, in Dir. prat. trib., 2015, 2081. Sull’art. 30 d.P.R. n. 633/1972, quale attuazione dei principi contenuti nell’art.19, Cass., 13.10.2008, n. 25111.
9 Per una definizione di impresa comunitaria, C. giust., 23.4.1991, C-41/90, Klaus Höfner e Fritz Elser c. Macrotron GmbH.; C. giust., 1.7.2008, C-49/07, MOTOE c. Elliniko Dimosio; C. giust., 26.03.2009, C- 113/07, SELEX Sistemi Integrati SpA c. Commissione delle Comunità europee e Organisation européenne pour la sécurité de la navigation aérienne (Eurocontrol).
10 Sul concetto di professioni e altro, Comm., 30.1.1995, n. 95/188/CE; C. giust., C-41/90 cit. e C. giust. 18.6.1998, C-35/96, Comm. c. Italia).
11 Tra molte, C. giust., 29.7.2010, C-188/09, Dyrektor Izby Skarbowej w Białymstoku c. Profaktor Kulesza, Frankowski, Jóźwiak, Orłowski sp. jcit.
12 In proposito, C. giust., 8.6.2000, C-98/98, Commissioners of Customs & Excise e Midland Bank plc.
13 C. giust., 21.2.2013, C-104/12, Finanzamt Köln-Nord c. Wolfram Becker.
14 C. giust., C-132/16.
15 Sulla detraibilità delle spese generali, C. giust., 8.6.2000, C-98/98 cit..; C. giust., C-104-12, cit.
16 In proposito, C. giust., C-104/12; C. giust., 10.11.2016, C-432/15, Odvolací financní reditelství. Sulla giurisprudenza in tema di inerenza: Tarigo, P., Il giudizio di inerenza dei costi d’impresa in alcune recenti sentenze della Corte di cassazione, in Riv. dir. fin. e sc. fin., 2016, 423.
17 Per tutti, Fantozzi, A.-Paparella, F., Lezioni di diritto tributario dell’impresa, Padova, 2014, 125 ss..
18 Cass., 10.10.2014, n. 21450; Cass., 27.2.2013, n. 4901.
19 Cass., 19.12.2014, n. 27043; Cass., 5.7.2013, n. 16853.
20 Cass., 24.9.2014, n. 20054.
21 Cass. n. 13327/2011; Cass. n. 3544/2010; Cass., 7.4.2009, n. 10079.
22 Cass., 23.7.2015, n. 21743; Cass., 27.2.2015, n. 4041; Cass., 21.1.2009, n. 1465.
23 Cass., 3.6.2015, n. 11425; v. anche Cass., 20.2.2013, n. 4157; Cass., 21.5.2013, n.16697; Cass. n. 16853/2013; Cass.,19.7.2017, n. 17783.
24 Cass., 11.10.2017, n. 23817; Cass. n. 16853/2013, che richiama C. giust., 29.3.2012, C-414/10, Valeclair SA, punto 32.
25 Cass. n. 11425/2015; Cass. n. 4157/2013; Cass. n. 16853/2013; Cass. n. 17783/2017.
26 Sulla detraibilità delle spese per atti preparatori, C. giust., 14.2.1985, C-268/83, Rompelman c. Minister van Financiën.
27 In questi sensi, C. giust., 15.1.1998, C-37/95, Belgische Staat e Ghent Coal Terminal NV.
28 In tema di scelta di non iniziare l’attività economica, C. giust., 8.6.2000, C-400/98, Finanzamt Goslar c. Brigitte Breitsohl; in merito all’onere della prova, C. giust., 29.2.1996, C-110/94, Intercommunale voor zeewaterontzilting (INZO) c. Stato belga.
29 Sulla persecuzione di condotte fraudolente, C. giust., 21.6.2012, C-80/11 (riunita in C-142/11), Mahagében e Dávid; C. giust., 19.10.2017, C-101/16, Paper Consult.
30 Su proporzionalità tra persecuzione della frode e riconoscimento della detrazione, C. giust., C-80/11; C. giust., C-101/16; C. giust., 5.7.2018, C-320/17, Marle Participations SARL.
31 In questo senso Cass., 16.10.2015, n. 20951, in linea con C. giust., 2.7.2015, C-209/14, NLB Leasing, e C. giust., 16.2.2012, C-118/11, Eon Aset Menidjmunt.
32 In questi termini, Cass., 27.3.2015, n. 6200 (ann. Cogliandro, L., Società non operative, rimborso dell’Iva e principi comunitari, in Riv.dir.trib., 2016, 64); v. anche Cass., 20.1.2016, n. 920, nonché, in tema di imposte sui redditi, Cass., 24.1.2017, n. 1788 e, in tema di interventi su impianti in concessione, Cass., 15.11.2013, n. 25668. Riguardo al principio contabile nazionale oIC-24, nel testo vigente si prevede espressamente che «L’ammortamento dei costi per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore» (§76). Per una innovativa riflessione sull’ammortamento dei terreni, Cass., S.U., 26.4.2017, n. 10225.
33 Cass., 4.12.2015, n. 24779 (ann. Pennarola, C., in Riv.giur.ed., 2015, 1447); per un’analisi critica, Sirri, m.-Zavatta, R., Retromarcia per il rimborso IVA delle spese su beni e servizi, in Riv. giur. trib., 2016, 315 (secondo cui, pur non essendo detrazione e rimborso perfettamente intercambiabili, la decisione non é allineata né ai principi dell’UE, né al principio contabile OIC-24 che indica, invece, come ammortizzabili le spese/migliorie sui beni di terzi).