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Detstvo Gor'kogo

di Peter von Bagh - Enciclopedia del Cinema (2004)
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Detstvo Gor′kogo

Peter von Bagh

Detstvo Gor′kogo (URSS 1938, L'infanzia di Gorki, bianco e nero, 101m); V ljudjach (URSS 1939, Tra la gente, bianco e nero, 100m); Moi universitety (URSS 1940, Le mie università, bianco e nero, 120m); regia: Mark Donskoj; produzione: Sojuzdetfilm; soggetto: dalle memorie di Maksim Gor′kij [Aleksej M. Peškov]; sceneggiatura: Il′ja Gruzdev, Mark Donskoj; fotografia: Piotr Jermolov; scenografia: Ivan Stepanov; musica: Lev Schwartz.

Detstvo Gor′kogo. 1870. Il ragazzo Aleksej Peškov, orfano, vive nella casa dei nonni, in un ambiente dominato da un'angusta, ossessiva idea di proprietà. Il nonno ha un carattere instabile e violento, la nonna consola il bambino col racconto di antiche leggende, che lo fanno evadere dalle miserie quotidiane. L'amicizia con un operaio rivoluzionario è tragicamente spezzata dalla morte dell'uomo, ucciso dalla polizia zarista. Aleksej, ancora adolescente, lascia la casa dei nonni e si mette in viaggio, alla scoperta del mondo. V ljudiach. 1880. Aleksej attraversa diverse esperienze di lavoro: è commesso in una lavanderia, sguattero su un'imbarcazione, quindi operaio apprendista in fabbrica. Sperimenta l'ingiustizia, entra in contatto con situazioni umane di grande sofferenza, è testimone dei primi moti rivoluzionari e comincia la propria formazione letteraria e politica. Moi universitety. Studente, Aleksej è comunque costretto dalla povertà a cercare altri lavori, come scaricatore ai mercati o operaio nella fabbrica d'un padrone spietato, che lo costringe ad andarsene. Aleksej è solo, disoccupato, alla fame; durante uno sciopero resta ferito, ma scopre la solidarietà di classe e trova la forza di guardare al futuro con rinnovate speranze.

Lo scrittore Maksim Gor′kij (pseudonimo di Aleksej Maksimovič Peškov) si era opposto alla trasposizione cinematografica della sua autobiografia perché non voleva che si facesse di lui un monumento vivente. Il timore si mostrò immotivato, perché Detsvo Gor′kogo, V ljudjach e Moi universitety non risultarono una semplice 'biografia dell'artista da giovane': nei tre film prendeva vita un panorama ricco e sfumato della Russia zarista e delle sue immense possibilità, frenate dall'egoismo, dall'ignoranza e dalla barbarie.

È importante, per non mandare perduta la complessità profonda dell'opera (presentata dallo studio Sojuzdetfilm come 'film per ragazzi'), considerare il momento in cui venne realizzata. La vita nell'Unione Sovietica della seconda metà degli anni Trenta era indescrivibilmente dura. Le speranze per un nuovo umanesimo socialista, pietra angolare dei film di Mark Donskoj, erano appena state smentite dalle grandi purghe staliniane del 1937 (e gli anni precedenti e successivi non furono molto più umani). La 'trilogia di Gor′kij' rappresentava dunque una diversione, una consapevole menzogna? Forse, finiva per essere soprattutto l'ultimo sogno del mondo che avrebbe potuto essere.

Dal punto di vista formale, il grande potere emotivo della trilogia gorkiana è basato sul contrasto fra la chiusura claustrofobica degli ambienti ricostruiti in studio e il sentimento di libertà comunicato dagli esterni. La presenza dei grandi fiumi e dei più piccoli corsi d'acqua è, nell'opera di Donskoj, un dato figurativo e sentimentale non meno importante di quanto lo siano la Monument Valley e il deserto dello Utah nel cinema di John Ford. Le immagini fluviali di Donskoj sono, da una parte, rappresentazione degli stati d'animo umani e, dall'altra, l'immagine costante di un'epoca di cambiamento ‒ mentre sullo sfondo si profila l'ombra ambigua dei veri grandi mutamenti provocati dai piani di industrializzazione e collettivizzazione, mutamenti che avevano preso una direzione ben diversa da quella sperata in un mondo ancora abitato dal sogno della rivoluzione a venire. Ma grande importanza assumono nel film anche gli oggetti, vero fuoco simbolico delle risse familiari, dell'ingordigia, dell'ottusa ansia di possesso che domina la piccola borghesia rurale negli anni infantili del protagonista.

La giovinezza è, per Donskoj, lo sfondo contro il quale è possibile misurare se un adulto ha conservato, o perduto, il suo idealismo. Le immagini angosciose, promessa del tempo che scorre inevitabilmente (e alcune sequenze della trilogia sono tra i più alti momenti proustiani del cinema d'ogni tempo), si stemperano nelle immagini della natura, soprattutto del Volga e delle sue sponde. Philippe Haudiquet ha voluto vedere Donskoj come l'erede spirituale dei paesaggisti Il′ja Repin e Isak Levitan e anche dei grandi autori russi Dostoevskij, Esenin e, naturalmente, Gor′kij; il cineasta che ha raccontato "l'uomo proteso verso l'avvenire rivoluzionario, l'uomo in un mondo ostile che dovrebbe e potrebbe essere più bello di quello che è".

Interpreti e personaggi. Detstvo Gor′kogo: Aleksej Ljarskij (Aleksej Peškov Gor′kij), Varvara Massalitinova (Akulina Ivanovna Kaširina), Michail Trojanovskij (nonno Kaširin), Elena Alekseeva (Varvara), Igor Smirnov (Lenka), Vasilij Novikov (zio Jakov), Aleksandr Žukov (zio Michail), K. Zlubkov (Grigorj), D. Sagal (Iva, lo zingaro), S. Tichonravov (padrone di casa). V ljudjach: Aleksej Ljarskij (Aleksej Peškov Gor′kij), Varvara Massalitinova (Akulina Ivanovna Kaširina), Michail Trojanovskij (nonno Kaširin), Irina Zarubina (Natalia, la lavandaia), E. Lilina (Matrëna Ivanovna), Ivan Kudrjavčev (Sergejev, il genero), N. Berezovskaja (Ivanovna Sergejeva, la figlia), E. Seleznikov (Viktor Ivanov), Vasilj Novikov (zio Jakov), Aleksandr Timonta′ev (Smuri, il cuoco). Moi universitety: Nikolaj Val′bert (Aleksej Peškov Gor′kij), Stepan Kajukov (Semënov), Nikolaj Dorokin (Osip Čatunov), Nikolaj Plotnikov (Nikiforič), Lev Sverdlin (guardiano), D. Sagal (Pletnev), M. Povolotskj (studente), Pavel Špringfeld (Gatčik), Vladimir Maruta (Romas), A. Smolko (Paša, lo zingaro), Irina Fedotova (Maša).

Bibliografia

Anonimo, Childhood of Maxim Gorky, in "Variety", September 28, 1938.

Wear., On His Own, in "Variety", September 27, 1939.

Mori., Universities of Life, in "Variety", March 5, 1941.

A. Johannès, Une vivante biographie, in "La revue du cinéma", n. 3, décembre 1946.

P. Mondello, Umanesimo di Donskoi, in "Bianco e nero", n. 3, marzo 1950.

A. Desvallées, Un homme dont l'oeuvre sonne fier…Marc Donskoï, in "Positif", n. 5, 1952.

Marc Donskoï, in "La revue du cinéma", n. 178, novembre 1964 (con interventi di C. Gauteur, Ph. Haudiquet et al.).

A. Cervoni, Marc Donskoï, Paris 1966.

Vedi anche
sceneggiatura La ripartizione in scene di un’opera teatrale, cinematografica o radiotelevisiva e il testo in cui è fissata. ● Nella cinematografia, la sceneggiatura è l’ultima fase dell’elaborazione scritta del soggetto del film: infatti designa la costruzione della struttura narrativa del film che precede le riprese, ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... Fëdor Michajlovič Dostoevskij Dostoevskij ‹dëstai̯èfsk'i›, Fëdor Michajlovič. - Scrittore russo (Mosca 1821 - Pietroburgo 1881). Frequentò a Pietroburgo la scuola militare d'ingegneria. Terminati gli studî nel 1843, fu promosso ufficiale, ma preferì dedicarsi alla letteratura. Il racconto Bednye ljudi ("Povera gente", 1846) gli diede ... leggenda In origine, breve narrazione relativa alla vita di un santo, della quale, a scopo edificativo o esemplare, si dava lettura il giorno della festa del santo. Più tardi, in base alla caratteristica saliente delle leggenda di contenere elementi fantastici e miracolosi, il significato del termine si allarga ...
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