devexio Apenini
Fissando rapidamente l'estensione territoriale delle tre lingue dell'ydioma tripharium, D. così delimita in VE I VIII 9 il dominio del francese: Sed loquentes oïl quodam modo septentrionales sunt respectu istorum [gl'Italiani]. Nam ab oriente Alamannos habent et a septentrione et occidente an[glico sive] gallico [congettura del Marigo su angallico del manoscritto Berlinese, ma sarà senz'altro da surrogare anglico, col Grenoblese e il Trivulziano] mari vallati sunt, et montibus Aragoniae terminati; a meridie quoque Provincialibus et Apenini devexione clauduntur. È probabile intanto che ‛ Apenini d. ' sia eco, comunque D. intendesse l'espressione e il passo, di un luogo della Pharsalia di Lucano (II 429): " [l'Appennino] Longior educto qua surgit in aera dorso, / Gallica rura videt devexasque excipit [ma D. avrà forse letto aspicit] Alpis ", luogo appartenente a un brano che viene utilizzato e ricordato esplicitamente (ut Lucanus in secundo describit) due capitoli più innanzi (I X 6), a proposito della dorsale appenninica come linea divisoria dell'Italia. Quanto al valore dell'espressione, è stata comunemente accettata, fino alla recente contestazione del Vinay, l'interpretazione offerta e ampiamente motivata dal Magnaghi, che la riferiva al " declivio delle Alpi Pennine - prolungate probabilmente sino ad una parte delle Leponzie, in modo da chiudere a S(ud) la valle del Rodano ".
In effetti la descrizione dantesca dei confini della Francia d'oil è perfettamente congruente con la tradizione geografica medievale (scrittori e, qualora si ritenga veramente necessario prenderle in considerazione a questo proposito, carte), in particolare con quella specialmente autorevole e diffusa che si diparte dalle Storie di Orosio. Cfr. infatti Hist. (fonte basilare di D., come è noto, in materia geografica) I II 63 " Gallia Belgica habet ab oriente limitem fluminis Rheni et Germaniam, ab euro Alpes Poeninas [ma variante di una famiglia di manoscritti, si noti bene, Appenninas], a meridie provinciam Narbonensem, ab occasu provinciam Lugdunensem, a circio oceanum Britannicum, a septentrione Britanniam insulam ": descrizione ripetuta, tra i tanti, in un testo di cui è accertato qualche influsso sul Convivio, il De Natura locorum di Alberto Magno, III 7 (l'edizione lionese del 1651 ha " Alpes appenitias ": da leggersi a[p] pe [n] ninas?); mentre Brunetto Latini dice della Borgogna che " commence as montaignes entre Alamaigne et Lombardie " (Tresor I CXXIII 20). Dal punto di vista terminologico non vi sembrano essere difficoltà, essendo ben diffusa nel Medioevo, accanto all'equivalenza Alpes Appenninae (Appenninus) = A. Poeninae (e cfr. Isidoro Etym. XIV VIII 13), la tendenza a indicare con Alpes Appenninae, Appenninus, e simili, sezioni più orientali delle Alpi (complice ancora una falsa etimologia di Isidoro), e spesso l'intera catena o quasi (oltre che, beninteso, i nostri ‛ Appennini '): e la promiscuità dell'uso è anche in D., che in If XX 65 chiama Pennino le Alpi tra Garda e Val Camonica.
Secondo questa interpretazione, che pare ancora largamente plausibile, D. fissa dunque il confine sud del dominio d'oil in una linea che corre lungo il limite settentrionale del territorio d'oc e continua, nella zona di contatto fra Francesi e ytali, lungo il ‛ declivio ' (ma non è proprio detto che non si possa anche intendere " arco ") delle Alpi Pennine, probabilmente prese in senso più esteso dell'odierno. Vero è che, stando sia a Orosio e derivati che alle carte, il tratto alpino in questione si colloca piuttosto a sud-est che a sud della Francia: ma della sommarietà dell'indicazione (e non solo per questo confine, poiché D. semplifica in tutto il passo, limitandosi alle direzioni fondamentali dei quattro punti cardinali) appare ben cosciente l'autore stesso, avvertendo che i loquentes oil sono quodam modo situati a nord degl'Italiani.
Tutt'altra l'esegesi del Vinay (subito accettata da vari studiosi), secondo cui l' ‛ Apenini d. ' è il punto nel quale l'Appennino si diparte dalle Alpi, e tutto il passo significa: " l'oil è limitato a sud dalle regioni di lingua d'oc seguendo una linea che lo richiude lungo le Alpi là dove se ne stacca l'Appennino ". Non è possibile approfondire i motivi di perplessità che lascia questa tesi, pure ragionata molto sottilmente. Però è evidente che in questo modo viene a mancare un anello della catena che rende significativamente perfetta, pur nella semplificazione, la corrispondenza dei confini danteschi con quelli della tradizione ‛ orosiana '. Inoltre riesce difficile capire come mai D., ove non nomini un confine franco-italiano, senta il bisogno di riferire la posizione dei Francesi proprio a quella degl'Italiani (il che lo obbliga appunto a sottolineare l'approssimazione del rapporto nord-sud che assume), e non a quella dei Provenzali, che stanno senza possibilità di dubbio perfettamente a sud della ‛ Francia '. Senza dire infine che D. verrebbe a esprimersi in modo curiosamente ellittico e involuto (sintomatica la necessità del Vinay di ricorrere a difficoltose parafrasi), dicendo insomma, letteralmente, che a sud i Francesi sono " chiusi " da una linea grosso modo retta e da un punto (clauduntur va invece benissimo con l'altra interpretazione, che postula due linee, una orizzontale e una trasversale, che formano angolo).
Bibl. - D.A., Il trattato De vulg. eloq., a c. di P. Rajna, Firenze 1896 (rist. Milano 1965) 36-37; A. Magnaghi, La " d. A. " del De vulgari Eloquentia e il confine settentrionale della lingua del sì, in " Giorn. stor. " suppl. 19-21 (1921) 363-396; ID., I confini d'Italia nel pensiero di D. secondo una pubblicazione recente, in " Atti Accad. Scienze Torino " LVIII (1923) 361-379; M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 74-75; A. Marigo, ediz. del De vulg. Eloq. 56-60; G. Vinay, Ricerche sul De vulg. Eloq., III. " Apenini devexione clauduntur ", in " Giorn. stor. " CXXXVI (1959) 367-382.