DI CROLLALANZA, Giovanni Battista
Nacque il 19 maggio 1819 a Fermo (prov. di Ascoli Piceno), dove suo padre, il nobile Pietro, abbandonata l'avita Chiavenna (Sondrio) a causa delle tempestose vicende politiche di quelle valli sul finire del sec. XVIII, si era stabilito, sposandovi una patrizia fermana di antica nobiltà, Eufrosina Ricci, madre di Giovan Battista.
La famiglia Di Crollalanza, che pare fosse originaria di Milano e che dopo la distruzione di quella città nel 1192 aveva preso stanza a Piuro di Chiavenna con un Cristoforo, pur avendo memorie molto antiche, non aveva dato nel corso dei secoli alcuna figura di spicco, bensì un'ininterrotta fila di amministratori locali, medici, apotecari, notai e religiosi. A titolo di curiosità si segnala il tentativo di qualche genealogista di connettere i Crollalanza agli Shakespeare inglesi, a causa del comune significato di quei nomi.
Il D. si mostrò fin dalla giovinezza attratto dallo studio della storia e da quello delle lingue moderne: iniziò presto l'insegnamento di tali discipline in vari istituti nelle Marche e in Emilia, dove sarà tra i fondatori del collegio "Principe Umberto" di Carpi, e direttore per qualche anno del collegio Nazionale di Imola. I suoi studi avevano però preso ben presto un preciso carattere specialistico indirizzato alla diplomatica, alla sfragistica e alla paleografia, con finalità di ricerca genealogica, araldica e di storia militare, che lo allontanerà dall'insegnamento scolastico, spingendolo piuttosto verso attività editoriali e pubblicistiche, e ad intraprendere numerosi e onerosi viaggi di studio in tutta Europa, che gli crearono una fitta rete di rapporti con appassionati corrispondenti interessati alle medesime discipline. Tuttavia il suo primo lavoro a stampa fu attinente al suo insegnamento scolastico, Il Goudar delucidato, ossia Nuovo compendio di grammatica francese, Fermo 1841. Nel 1844 collaborò al giornale Il Teofilologo di Teramo, e pubblicò un ragionamento critico-letterario Di Chateaubriand e della sua poesia sacra, Gubbio 1844, seguito da alcune modeste cose poetiche, Ispirazioni melanconiche (Venezia 1844), Poesie varie (ibid. 1845), e da una più interessante raccolta di Canti popolari (I-II, ibid. 1845-1846).
Nel 1846 cominciarono ad affacciarsi i suoi più specifici interessi, in IlSelam. Strenna poetica con almanacco storico, Fermo 1846. La prima opera storica di qualche impegno apparve nel 1851: La potenza militare della Russia (Bologna 1851), una ricerca sugli eserciti e le flotte di quella nazione, sui loro ordinamenti e uniformi, con dati e statistiche per tutti i tempi. Quest'opera avrebbe dovuto rappresentare l'inizio di un ambizioso lavoro, La storia e la statistica militare di tutte le nazioni del globo, che non fu mai completata, anche se seguirono alcuni altri saggi, come Sulla composizione dell'esercito pontificio: lettera (Firenze 1851), Dei Normanni o Danesi: de' loro costumi di mare, navi da guerra, e della loro tattica navale (Trieste 1857; Fano 1857), L'Impero indo-brittannico e la sua potenza militare (Fano 1857), e Storia militare di Francia dell'Antico e Medio Evo (3voll., Fermo 1856 e 1860; Firenze 1861). In quegli anni il D. si riavvicinò ai filoni poetico-letterari giovanili pubblicando L'amor materno. Carme (Fermo 1853), Jefte, tragedia (Milano 1855), Jefte. Tragedia, coll'aggiunta di uno scherzo comico: la prova del Jefte (Narni 1862), facendosi anche promotore e collaboratore (con un conte Gherardi e con G. A. Gabrielli) della pubblicazione di una Enciclopedia contemporanea (Fano 1855-59). Da questo momento tutti i suoi lavori saranno esclusivamente dedicati alla ricerca storica, genealogica ed araldica. Dopo una monografia sull'Origine e gesta di Giovanna d'Arco (Narni 1859 e 1862), poi tradotta in francese, che suscitò polemiche per la tesi sostenutavi di un'origine italiana dell'eroina, ed una d'occasione sulla storia della sua famiglia, Memorie storico-genealogiche intorno alla famiglia dei Crollalanza (Busto Arsizio 1867, per le nozze Crollalanza-Fornaroli), egli pervenne alla pubblicazione di una delle sue cose più meditate e approfondite, la Storia del contado di Chiavenna, Milano 1867.
Certo stimolato dalla parte che i suoi antenati avevano avuto nelle vicende trattate, il D. aveva dedicato anni di ispezioni in loco e di indagini alla preparazione di quest'opera (conducendo seco il figlio giovinetto Goffredo, che ne sarà tanto coinvolto da continuare un giorno l'opera paterna), alla ricerca o al controllo di ogni lapide e iscrizione della valle, verificando finalmente gli archivi, che lo erano stati poco e male dagli storici e cronachisti precedenti, specie quelli parrocchiali e quello capitolare di S. Lorenzo in Chiavenna (presso l'arcipretura sono conservate anche delle inedite Notizie storiche sulle chiese, collegiate, confraternite, ordini regolari e ospedalieri del contado di Chiavenna, raccolte dal prof. cav. G. B. Di Crollalanza, 1864).
La documentazione di tale lavoro è conservata presso la Biblioteca comunale di Como, sotto il nome di Carteggio Crollalanza (cfr. P. Cerfoglia, Documenti valchiavennaschi. Carteggio Crollalanza ed Indice Fossati, in Clavenna, I [1962], pp. 125-36).
Nella Storia del contado di Chiavenna è rimarchevole lo sforzo di uscire dagli schemi angusti della storia municipale, sistemando gli avvenimenti locali nel quadro generale di quelli politici e religiosi della vicina Valtellina e dei confinanti Grigioni, pur sottolineandone le sottili ma fondamentali peculiarità. I limiti sono rappresentati da una metodologia talvolta non del tutto corretta, dalla mancanza di indici e di riferimenti di consultazione, e da alcune tesi ormai insostenibili; comunque, per quella storia locale resta opera a tutt'oggi insuperata, e ricercata, come prova il fatto che l'editore Forni ne abbia proposto una ristampa anastatica.
La preparazione e la pubblicazione di questo lavoro costarono però al D. non piccoli sacrifici economici, inaugurando un sistema che continuerà con altre edizioni, fino a creargli gravi problemi finanziari, che egli si vedrà costretto ad arginare scrivendo pubblicazioni su commissione sovvenzionate da amministrazioni pubbliche o da privati.
Vennero così le Memorie storico-genealogiche della famiglia Manzano del Friuli, Fermo 1874; Ilgenerale argentino D. Emanuele Belgrano e la sua origine italiana, ibid. 1874 e Buenos Aires 1874; La nuova Arma del Regno d'Italia, Pisa 1875; Cenni genealogici della nobile famiglia Sarzana, ibid. 1876; Memorie storico-genealogiche della stirpe Waldsee-Mels-Colloredo, ibid. 1876 e Wien 1889; Iconti Balbiani di Chiavenna e loro diramazioni, Pisa 1878; Cenni storici e genealogici della stirpe dei Brentano, ibid. 1878; I Rosso di Sicilia, ibid. 1878; Cenni storici e genealogici della fam. Fabbroni, ibid. 1881; Tavole genealogiche della fam. Picenardi, ibid. 1881; La fam. Planta, ibid. 1881; Notizie istorico-legali della casa Germania, o Geremei, ibid. 1882; e Cenni storici e geneal. delle nobili fam. Massa e Giustiniani, Rocca San Casciano 1886. Comunque la pubblicazione più diffusa, che darà al D. popolarità in tutta Italia, fu un periodico mensile (poi con uscita bimestrale), il Giornale araldico-genealogico-diplomatico compilato da una Società di araldisti e genealogisti, che vide la luce a Fermo nel luglio 1873 e vi uscì fino a tutto il 1874, passando poi a Pisa dal 1875 al '91, e a Bari, dopo la morte del D., dal 1892 al 1905.
Questa pubblicazione, corredata spesso da tavole ripiegate e illustrazioni, volle venire incontro ai gusti di un pubblico più vasto di quello degli specialisti, alternando genealogie di famiglie alla pubblicazione di atti e documenti inediti, recensioni di libri storici a riproduzioni di stemmi e sigilli, descrizioni di antiche usanze e cerimonie a nomenclatura e simbologia araldica, o anche, occasionalmente, ad articoli di colore sul Medioevo e sulle crociate, indulgendo a un certo folclore di moda. Il valore scientifico dei vari articoli è assai diseguale, ma nel complesso abbastanza dignitoso, anche se lontano dal rigore di certe analoghe pubblicazioni straniere. Comunque nel genere fu la sola cosa duratura in Italia a quel livello, ed ebbe larga diffusione.
Il D. vi profuse tutte le sue energie e le sue sostanze, affiancando alla rivista (sempre a Pisa, dal 1875) la Accademia araldico-genealogica italiana, di cui fu presidente fondatore, prima effettivo e poi onorario, e provvedendo dal 1879 alla pubblicazione dell'Annuario della nobiltà italiana, il primo almanacco del genere a carattere nazionale dopo l'Unità. Essendogli morta nel 1847 la prima moglie, sposata nel 1845, Maria del conte Anastasio Ginanni di Ravenna, e nel 1879 la seconda, Teresa Zoli di Forlì, il D. si era stabilito a Pisa dal 1874, legandosi a una sua governante, M. Isolina Iovi di Pisa, che avrebbe sposato nel 1880. Dal secondo matrimonio aveva avuto una figlia, M. Olga (n. 1851), ed un figlio, Goffredo, che ne continuerà l'opera; dal terzo ebbe un altro maschio, Aldo Maria (n. 1883).
La sua ultima opera fu di gran lunga la più importante, il Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti (3 voll., Pisa 1886-1890), e resta ancor oggi l'unica raccolta generale di blasoni italiani che comprenda anche le innumerevoli famiglie estinte.
In effetti la mole del lavoro, per un paese che usciva dal frazionamento in molti Stati con regolamentazioni e linguaggio araldici diversi e spesso contrastanti, dovette essere grande; già la definizione di una terminologia italiana moderna (in passato questa disciplina si era spesso servita del francese o di una letterale e spesso ridicola traduzione dal francese) gli presentò notevoli problemi che egli riuscì a superare, e non sempre, mediante la creazione di un linguaggio nuovo che poi la Consulta araldica perfezionerà e completerà, non senza contrasti, grazie anche all'opera del figlio del D., Goffredo. L'aver poi voluto includere le armi delle famiglie non nobili ma notabili (gli stemmi di cittadinanza), cosa che gli impose una difficile ricerca, venne da alcuni interpretato come un espediente per aumentare la diffusione dell'opera, mentre fu forse un raro e lodevole esempio del tentativo di far uscire l'araldica dall'angusto recinto del fatto strettamente nobiliare. Il Dizionario è certo costellato di sviste e di errori di stampa e carente nei cenni storici sulle famiglie (che peraltro non erano lo scopo della pubblicazione, principalmente indirizzata ai blasoni), tanto che l'autore si riprometteva una nuova edizione più corretta e completa, ben cosciente delle lacune inevitabili in tal genere di opere (già nel terzo volume aveva inserito una cospicua appendice di aggiunte e correzioni), ma ne fu impedito dalla morte. Comunque ancor oggi in Italia non vi è nulla di equivalente (a livello nazionale, non locale, e comprendente le famiglie estinte) per fungere da supporto a ricerche per l'identificazione di scudi su monumenti, sigilli, oggetti d'arte, ecc., anche se la mancanza di un indice delle raffigurazioni e degli emblemi (che il D. avrebbe voluto fornire nella nuova edizione) ne limita molto l'usabilità.Il D. godette notorietà anche maggiore all'estero, specie in Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra, Austria e Germania, dove gli studi araldici erano più progrediti e tenuti in maggior conto: fu presidente onorario del Consiglio araldico di Francia, membro dell'Istituto storico di Francia, delle accademie Adler di Vienna e Nederlandsch Heraut dell'Aja, ed appartenne ad uno stupefacente numero di sodalizi storici, letterari e scientifici. In Italia fu cavaliere mauriziano e della Corona d'Italia, commendatore e balì dell'Ordine del S. Sepolcro, ed ottenne il 20 ag. 1863 il patriziato non trasmissibile della Repubblica di San Marino. Le ingenti spese per raccogliere le documentazioni e le prove necessarie a sostenere le sue tesi nelle querelles con altri studiosi, frequentissime in campo genealogico e nobiliare, dove si piccava di "combattere la cialtroneria interessata", nonché una cattiva gestione delle imprese editoriali che "arricchivano solo gli stampatori", portarono il D. a vivere gli ultimi anni in condizioni difficili. Nel 1891 si vide costretto a mettere in vendita (facendo circolare, accompagnato da una patetica lettera di prefazione, un Catalogue d'une partie de la Bibliothèque du commandeur J. B. de Crollalanza, Pisa 1891) i suoi libri "non strettamente necessari a suo figlio", che furono divisi in tre livraisons: la prima comprendeva 543 volumi di storia italiana e 429 di storia straniera; la seconda 792 volumi di biografie, statuti e almanacchi; la terza 944 volumi di blasoni, araldica, Ordini equestri e storia militare, più 13 grandi buste di documenti, pergamene e dossiers storici di 1600 famiglie, più 23 alberi genealogici. Morì a Pisa l'8 marzo 1892.
Fonti e Bibl.: Sulla famiglia Di Crollalanza cfr.: G. G. Macolino, Diario sacro e perpetuo, Milano 1707, pp. 17 s., 188, 317; G. Romegialli, Storia della Valtellina, Sondrio 1832, pp. 147, 164; In morte della contessa Maria Ginanni Crollalanza - Cenni necrol., iscriz. e versi, Fermo 1847; F. Raffaelli, Mem. storico-geneal. della fam. dei Crollalanza, in Giornale araldico..., II (1875), nn. 10-11. Sul D. in particolare: necrol. in Arch. stor. ital., s. 5, IX (1892), p. 457; L'Illustrazione italiana, 3 apr. 1892, p. 223; A. De Gubernatis, Diz. biogr. d. scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 327; L. Vinci, Dell'Accademia di Fermo, in L'istruzione nella prov. di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno 1898; B. Buzzetti, Le chiese del territorio dell'antica Comunità di Piuro, Como 1921, pp. 28 s., 32, 147 s.; V. Spreti-G. Degli Azzi Vitelleschi, Saggio di bibliografia araldica, Supplemento all'Enc. storico-nobiliare italiana, Milano 1936, pp. 52 s.; P. Cerfoglia, Nel I centenario della "Storiadel contado di Chiavenna" di G. B. Crollalanza, in Clavenna, Bollettino di studi storici valchiavennaschi, VI (1967), pp. 9-17 e tavole genealogiche.