DI FIORE (De Fiore, Fiore)
Famiglia di intagliatori, cui appartennero alcuni tra i migliori artefici attivi a Napoli nella seconda metà del XVIII secolo. Capostipite fu probabilmente Francesco , al quale, nel 1753, venne pagata la cornice di una specchiera dei bagni della regina a Portici (Gonzales Palacios, 1980, p. 78). La committenza reale di gran parte delle opere del D. si conferma negli anni successivi per gli altri membri della famiglia: Gennaro, Nicola e Pietro.
Francesco risulta attivo con Giovanni Donzelli, "intagliatori, e Maestri falegnami di porte, finestre e bussole", a partire dal 14 ott. 1755, nell'esecuzione degli arredi lignei del palazzo dei Casacalenda a Napoli; dal 1758 esegui "lavori di intaglio ... per servizio della cappella della Villa Campolieto", per la stessa famiglia, e dal 5 al 14 ag. 1761 compare come testimone nella causa tra Mario Gioffredo e Marianna Di Sangro (Fiengo, 1976). Egli lavorò all'esecuzione della grata del coro e dei coretti della chiesa dei Ss. Marcellino e Festo, realizzò "sedie, boffette e sufà, ed altri lavori" per la marchesa Candida Giovene ed alcuni "lavori per ornare l'appartamento" destinato al marchese del Cirò, dei principi Spinelli di Tarsia, dopo il suo matrimonio con Gaetana Caracciolo dei principi di Avellino (Garzya, 1978, p. 153), sotto la direzione di Nicola Di Fiore.
Il più importante della famiglia è Gennaro, che lavorò nel gabinetto di porcellana del palazzo di Portici (descritto in una lettera di Luigi Vanvitelli del 17 giugno 1758: cfr. Musella Guida, 1978), eseguendo le porte, ora perdute, di legno intagliato, divise in tre riquadri ciascuna, secondo le precise indicazioni fornite dalla regina Maria Amalia, nel 1757-59, sotto la direzione di M. Gasparini e G. Gricci; le porte erano probabilmente trattate in modo da uniformarsi all'aspetto della porcellana che decora il gabinetto (Gonzales Palacios, 1980, pp. 122 s.). Da questo momento è documentata la sua attività di intagliatore della Casa reale.
Realizzò il letto per il matrimonio del re Ferdinando, esaminato nel settembre del 1766 da Luigi Vanvitelli con grande apprezzamento, essendo l'opera "carica d'arabeschi minutissimi con fiori ed altro, di lavoro delicato con esuberantissima finezza alla moda denominata alla francese" (Gonzales Palacios, 1979, p. 85): Gennaro aveva eseguito i disegni ed il modello "con dorature ed altro", documentando così la sua abilità anche come disegnatore. Il 24 dic. 1767 firmò una ricevuta del direttore del Real Laboratorio delle pietre dure, Gasparo Donnini, "per due piedi da me intagliati... quali servono per ponervi sopra due tavole di Pietre dure lavorate a fiori, e frutte fatte nell'istesso Real Laboratorio di Pietre dure" (Spinosa, 1979, pp. 329 s.), secondo il prezzo stabilito da Ferdinando Fuga: l'opera di Gennaro si collega quindi in modo stretto con l'attività del Laboratorio, nel cui ambito vanno inserite molte opere dell'intagliatore.
Francesco Pieri, scultore alla Real Fureria, ordinò a Gennaro il progetto "per la cornice dello specchio per la toaletta della Regina": l'artista ne esegui il disegno "dorato e colorito" ed il modello, che ebbero successo ma per i quali egli sollecitò il pagamento con una lettera al Tanucci del 12 sett. 1769 (Gonzales Palacios, 1979, p. 85). Questa cornice, descritta anche in una lettera del 5 nov. 1850 del direttore del Laboratorio, Pietro Valente, era ancora in lavorazione nel 1780. Essa era ornata, secondo il modello, di "agata rossa orientale e sopra la cimasa una nicchia di lapis lazzari, e nel mezzo a d.a nicchia una testa di putto, e nella parte di basso un'altra nicchia di lapis lazzari di bel colore e il tutto poi viene ornato con festoni, con frutti di pietre dure al naturale" (ibid., p. 124) e probabilmente anche con "n° 7 teste di cherubini di giallo di Volterra similmente sbozzate" (ibid., p. 85). Nel 1769 Gennaro venne pagato "per i disegni e modello delle due carrozze di trasporto dei cani" di Ferdinando IV, dipinte da Giuseppe Funari (Gonzales Palacios, 1980, p. 81), fatto che documenta la sua attività nella progettazione di varie opere d'intaglio, non solo di mobili.
Nel 1775-76 egli lavorava alle decorazioni degli appartamenti reali del palazzo reale di Napoli, eseguite sotto la direzione del Fuga (Pane-Mormone, 1956); prestò poi la sua opera per le stanze della regina Maria Carolina nella reggia di Caserta (1779-81), nell'ambito dei lavori, di gusto rococò, condotti da Carlo Vanvitelli. Per queste opere Gennaro sollecitò il pagamento nell'aprile del 1781 e subito dopo si specificò che stava eseguendo "gl'intagli per l'addobbo di due gabinetti della Maestà della Regina", gabinetti costituiti dal "Bagno e il Ritratto di S. M. ordinati dal cavalier Vanvitelli" (Gonzales Palacios, 1980, p. 201). Il gabinetto della regina costituisce uno degli ambienti più interessanti del complesso, con una decorazione, a specchi, intagli a soggetto vegetale e simbolico (le colombe) e stucchi, che si avvicina a quella del successivo gabinetto degli specchi del palazzo Doria d'Angri.
Per quanto riguarda i mobili della reggia, tra quelli in essa conservati sono attribuibili a Gennaro un tavolo ligneo parietale con il piano impiallacciato "di fior di persico", ancora in situ nel gabinetto della regina, con un raffinato succedersi di volute, di intagli e di fiori in piombo dipinto di bianco (le indorature potrebbero essere state eseguite da Antonio Pittarelli; Putaturo Murano, 1977, p. 85 n. 135; Gonzales Palacios, 1980, pp. 201 s.), una "cantoniera" in legno intagliato e dorato, guarnita con fiori di metallo dipinto" (Gonzales Palacios, 1980, p. 202), un altro tavolo parietale, in legno con rifiniture in piombo dorato e col piano impiallacciato di rosso di Francia con bordo in giallo di Siena, poggiante su cinque gambe decorate con testine muliebri e ricche applicazioni dorate in piombo, avvicinabile ad una console venduta all'asta del 1940 della collezione del principe D. Marcantonio Doria d'Angri (Gonzales Palacios, 1980, p. 203), un lampadario in legno dipinto di bianco e bronzo dorato, collocato originariamente nel gabinetto della regina, dove si ritrovano testine muliebri simili a quelle del secondo tavolo parietale e soprattutto una singolare decorazione con piante e frutti di Pomodoro, i cui elementi bronzei sono probabilmente opera di Francesco Antonio Serio.
Sempre sotto la direzione del Vanvitelli, Gennaro eseguì nel 1783-85 decorazioni parietali e mobili per il palazzo Doria d'Angri (un "letto ricco", una "console", un "trumeau": Garzya, 1978, p. 153; tra questi ultimi, dispersi all'asta nel 1940, è identificabile la console analoga al tavolo parietale della reggia di Caserta, già esaminato). Il lavoro più pregevole, eseguito per questo palazzo, ancora conservato in situ, è il "boudoir" o gabinetto degli specchi, in tonalità azzurre e rosa, con pannelli di specchi che rivestono le pareti, decorati con fiori, foglioline dorate, volute, testine di moro, elementi araldici ed otto ovali con scene allegoriche in monocromo, complesso avvicinabile alle decorazioni del gabinetto della reggia di Caserta.
La decorazione dei mobili, in questa fase di transizione tra il gusto rococò ed il neoclassico, si arricchiva, come si è visto, di decorazioni in metallo, spesso in bronzo: probabilmente parente di Gennaro è il bronzista Domenico, pagato l'8 sett. 1756 per i bronzi del camino della camera dell'Aurora nel palazzo reale di Napoli e nell'ottobre del 1763 per alcune cornucopie a quattro bracci per la reggia di Caserta (Gonzales Palacios, 1979, pp. 81 s.).
Sicuramente figli di Gennaro furono gli intagliatori Nicola e Pietro, richiesti alla fine del 1786 per essere nominati intagliatori della Real Casa, attivi nella reggia di Caserta e intorno al 1796 nel palazzo reale di Napoli, sempre sotto la direzione del Vanvitelli; essi collaborarono alla preparazione degli addobbi per il matrimonio del principe ereditario nel 1796-97. Nicola era un bravo disegnatore, come il padre, e di lui resta un disegno per una "Stanza di Compagnia del palazzo reale di Caserta" (New York, Cooper-Hewitt Museum; firmato e datato 1775: Wunder, 1962, tav. 50), che raffigura una decorazione parietale a specchi ed un tavolo con due gambe diritte avvicinabile agli arredi di Caserta.
Nei quattro inventari dell'Archivio di Stato di Napoli del mobilio della villa Favorita a Resina, del 1799, 1801-1803, 1806 e 1815, sono descritti gli arredi della villa, riconducibili in gran parte a Nicola e Pietro come intagliatori e al pittore ornamentista e indoratore Antonio Pittarelli.
Tra questi mobili, nel 1796-98 essi ne eseguirono alcuni per la galleria del secondo appartamento reale della villa, tra cui quattro tavolini parietali a semicerchio, oggi nella biglietteria del Museo di Capodimonte, una poltrona e sofa, conservati nello stesso museo, in cui si ritrova un'analoga decorazione a intaglio. I due ultimi mobili sono ornati con ventiquattro pannelli ovali eseguiti dal pittore Carlo Brunelli, inseriti nelle spalliere, con figure di baccanti, d'ispirazione pompeiana, che possono essere rimossi e sostituiti da cuscini a incastro analoghi a quelli posti sui sedili, descritti nel 1806 (Gonzales Palacios, 1980, p. 211). Oltre alle linee avvolgenti dei dorsali e ai caratteristici braccioli, sono da notare le doppie gambe anteriori terminanti in forma di trottola. I colori che predominano nelle imbottiture e nelle decorazioni sono l'oro, il bianco e l'azzurro, in accordo con le decorazioni alle pareti e sulle porte della galleria, il cui pavimento era costituito da frammenti provenienti, probabilmente, dalla villa Jovis a Capri.
L'ambiente più suntuoso della villa Favorita era la stanza del Trionfo di Bacco, o stanza dei Pampani. Tra i mobili, molto ricchi ed in gran parte non ancora rintracciati, era un tavolino ovale con piano in legno pietrificato, attualmente a Palermo nel palazzo dei Normanni. La stanza presentava tappezzerie murali in raso bianco ricamato in seta policroma, usato anche nel rivestimento di undici sedie e due sofà, portati in Sicilia nel 1806 ed ora nel palazzo reale di Caserta: databili intorno al 1796-98, essi costituiscono un esempio di buona qualità dell'evoluzione degli intagliatori e dei decoratori verso il neoclassicismo europeo, con le colonnine a tutto tondo che fiancheggiano le spalliere, gli ovali con trofei, la finissima decorazione delle gambe, a foglie d'alloro, congiunta, nella fascia sovrastante, da una ghirlanda con un cammeo centrale, la decorazione pittorica con putti delle spalliere (Gonzales Palacios. 1979).
Di un altro artigiano, probabilmente appartenente alla famiglia, Giuseppe, si ha notizia per la sua partecipazione al concorso per la costruzione della guglia dell'Immacolata a Napoli, concorso promosso da Francesco Pepe e vinto da Giuseppe Genuino, che fornì il disegno per la costruzione, iniziata il 7 dic. 1747 (V. Gleijeses, La guida di Napoli..., Napoli 1979, p. 238).
Fonti e Bibl.: G. Chierici, La reggia di Caserta, Roma 1937, tavv. XL, XLII; M. T. Oliveros de Castro, Maria Amalia de Sajonia esposa de Carlos III, Madrid 1953, p. 405; F. de Filippis, Il palazzo reale di Caserta, in Premio Napoli, XIX (1954), pp. 33-43; G. Morazzoni, Il mobile neoclassico italiano, Milano 1955, tav. CCXXVII; R. Pane-R. Mormone, Ferdinando Fuga, Napoli 1956, pp. 221-225; R. P. Wunder, Extravagant drawings of the Eighteenth Century, New York 1962, tav. 50; E. Baccheschi, Mobili italiani del Meridione, Milano 1966, pp. 51, 104; A. Gonzales Palacios, Il mobile nei secoli, Milano 1969, III, p. 53; G. Fiengo, Gioffredo e Vanvitelli nei palazzi dei Casacalenda, Napoli 1976, pp. 17, 64, 114, 117 s.; A. Putaturo Murano, Il mobile napoletano del Settecento, Napoli 1977, pp. 85 s.; C. Garzya, Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pp. 152 s.; S. Musella Guida, Precisazioni sul salottino di Portici, in Antologia di belle arti, II (1978), 5, pp. 73-76; A. Gonzales Palacios, The furnishings of the Villa Favorita in Resina, in The Burlington Magazine, CXXI (1979), pp. 231 s.; Id., Il Laboratorio delle pietre dure dal 1737 al 1805, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1979, pp. 81 s., 85 s., 88; A. Spinosa, Ancora sul Laboratorio di pietre dure e sull'arazzeria: i documenti dell'Accademia di belle arti di Napoli, ibid., pp. 327-384 passim; A. Gonzales Palacios, in Civiltà del '700 a Napoli 1734-1799 (catal.), II, Firenze 1980, pp. 78-81, 122 s., 182, 189, 199, 201-204, 210 ss., 433.