DI PAOLO, Giovanni Andrea
Nacque a Napoli sul finire del sec. XVI, presumibilmente nei primi anni Ottanta.
Intrapresi gli studi giuridici, seguì i corsi del senese Alessandro Turamini, docente di diritto civile vespertino nello Studio napoletano dal 1592, e si addottorò nel luglio del 1602 (Torrese). Dal 1608 ricoprì la cattedra di pandette (diritto civile straordinario), rimasta vacante nel 1591 alla morte di Marcantonio Sorgente. Il 3 maggio 1611 fu tra i soci fondatori dell'Accademia degli Oziosi con Giambattista Manso, Francesco De Pietri e altri nomi di spicco della nobiltà e della intellettualità napoletana di primo Seicento; assunse l'appellativo accademico di "Rinforzato" (il D. aveva mantenuto in vita l'Accademia dei Rinforzati fondata dal Turamini, "in qua ... se moderante iuvenum ingenia ad veram iuris civilis doctrinam capessendam acuerentur": Heptaplus, 16 11, c. a4r) e ne fu eletto segretario, essendo "per tutti i respetti degnissimo di tutti gli honori" (G. C. Capaccio, Il forastiero, Napoli 1630, p. 9). Nel 1612 fu tra i lettori dello Studio che ricevettero l'omaggio con cui l'abate della chiesa di S. Andrea ricambiava l'offerta di cera che ogni anno, il 29 novembre, docenti e studenti gli portavano in processione per commemorare il luogo dove la tradizione voleva che sorgesse l'antica sede dell'università (De Magistris).
Alla morte di Antonio Buonaiuto, il 10 giugno 1616, fu chiamato sulla cattedra di diritto civile mattutino (ma è già "in regio gymnasio ordinario iuris civilis interprete" nel frontespizio dell'Heptaplus del 1614). Durante "la festa delli Studi" del 29 ott. 1617 tenne una prolusione alla presenza del viceré don Pedro Téllez Girón, duca d'Ossuna (Zazzera). Nel 1617 compare insieme con Antonio Gliemmo e Marcantonio De Stefano nella dedicatoria a Francesco Spinelli Marchese di Fuscaldo della stampa della Predica fatta nel funerale del padre Pietr'Antonio Spinelli, attribuita a Francesco Albertini (Manzi, pp. 336 s.). Il 12 sett. 1618 ottenne finalmente la cattedra vespertina di ius civile. Nel 1627 figura ancora come segretario dell'Accademia degli Oziosi, controfirmando il 28 aprile la licenza concessa dal Manso a Ettore Pignatelli di pubblicare con il nome accademico la tragedia Carichia. Non è chiaro se il D. sia subentrato nel 1647 al De Pietri come principe dell'Accademia, così come non è chiaro se abbia tenuto l'insegnamento pubblico di ius civile ininterrottamente sino alla morte, dato che le fonti (Cortese, 1924, p. 338) riferiscono che fu chiamato nuovamente su quella cattedra nel 1646 alla morte di Ferdinando Arias de Mesa, che nel '38 aveva sostituito il Navarro.
Incerto è anche l'anno del decesso. Se nel 1656 divenne ordinario di diritto civile vespertino Giovanni Antonio Di Paolo l'incarico ad interim a Giulio Capone a seguito della morte del D. è datato ora al 1648 ora al 1652 (ma sono anche da tenere presente "gli anni difficili della rivoluzione"; A. Mazzacane stabilisce la data 1652: cfr. Diz. biogr. d. Ital., XVIII, Roma 1975, pp. 662 s.).
Nel 1638 un suo fratello Aniello fu nominato procuratore dai lettori dello Studio; non definita resta invece la parentela con il Giovanni Antonio prima citato.
Il nome del D. campeggia nel frontespizio di un volume stampato a Napoli nel 1614: Syntomiae iuris universi Heptaplus. Opus publice disputatum moderante Io. Andrea De Paulo I. C. Neapolitano in regio Gymnasio ordinario iuris civilis interprete, obiectis respondente Andrea Valentino Neap. Editio altera emendatior. Nel 1611 dagli stessi torchi era uscito un volume con uguale titolo Syntomiae iuris universi Heptaplus, sottotitolo Opus in restituta Rinforzatorum Academia ab Andrea Valentino Neapolitano publicae disputationis gratia collectum e poscritto ...Obiectis satisfaciet idem Andreas Valentinus. Moderante Io. Andrea de Paulo I.C. Neapolitano publici Gymnasii ordinario Pandectarum interprete eiusdemque Academiae restitutore. Il Manzi attribuisce il primo al D. (p. 208), il secondo ad Andrea Valentino (pp. 181 s.); in realtà si tratta di due edizioni della stessa opera, registrazione a cura del Valentino, "eruditissimus iuvenis", di una discussione su questioni forensi tenutasi nell'Accademia dei Rinforzati, moderatore il D., e data alle stampe "publicae disputationis gratia" (v. l'Ad lectorem a cc. a3v-a4r della princeps). L'unica differenza, il frontespizio (nell'ediz. del 1614 è scomparso ogni riferimento all'Accademia) e la dedica (al marchese Fulvio Costanzo, protettore dei Rinforzati nella prima, al viceré don Pedro Fernández de Castro, conte di Lernos, "labentis huius regni status ac intermortuarum fere litterarum restitutori", nella seconda, dalla quale è stata pure tagliata la lettera del Valentino a "Iacobo De Franchis regio Neap. consiliario" e l'Ad lectorem di Giovanni Francesco De Bianchi, terzo "dictator" dell'Accademia). L'Heptaplus presenta una struttura composita in sette partes (I: τα πρῶτα; II: De iudiciis; III: De rebus creditis; IV: De hypotecis et pignoribus; V: De testamentis; VI: De bonorum possessionibus; VII: De stipulationibus), ciascuna divisa in sette particulae, ciascuna a sua volta articolata in axioma e paraphrasis (i 49 assiomi sono formulati compendiando nell'ordine i 50 libri delle Pandette giustinianee); in coda, fuori schema, è aggiunta la particula De feudis (il che spiegherebbe la rarità delle due edizioni: gli unici esemplari superstiti sono alla Nazionale di Napoli segnati, rispettivamente, XXIII.2.76 e 22.B.50).
Resta il fatto che l'attività di maggiore impegno del D. si esplicò nel campo dell'insegnamento pubblico e privato e da quello gli derivarono i riconoscimenti più lusinghieri. Intere generazioni di giuristi si formarono alla sua scuola e riconobbero il suo magistero. Primo fra tutti Francesco D'Andrea, che negli Avvertimenti ai nipoti sottolineò il debito contratto nei confronti del maestro, ringraziando il caso (la lontananza) che aveva persuaso il padre a mandarlo a scuola, piuttosto che a casa del Coscia "goffo al maggior segno e privo di ogni sorta di erudizione..., da Gio. Andrea di Paolo, che abitava al vico de' Giganti, uomo eruditissimo, oratore eccellente, e con chi, dopo Alessandro Turamino, ... può dirsi ne' nostri studi visse e morì il vero modo d'insegnare ad interpretare le leggi", da chi "apprese la vera maniera d'intendere le leggi per i loro principi e di sapere distinguere le vere opinioni de' nostri dottori dalle false" (Cortese, 1923, p. 87; il passo sarà ripreso dal Giannone nel cap. IV del I. XXXVI II dell'Historia civile del Regno di Napoli [a cura di N. Bettoni, IX, Milano 1822, p. 2331).
Si profila nei "ricordi" del D'Andrea il quadro dell'insegnamento giuridico a Napoli nella prima metà del Seicento animato dallo scontro tra giuristi "pratici" da un lato, ostinatamente ancorati al mos italicus iura docendi, esperti di glosse e decisiones, e giuristi "culti"dall'altro che risalivano alle fonti del diritto romano e medievale per interpretarle ed illustrarle con gli strumenti filologici, logici e retorici approntati dall'Umanesimo (metodo storico-critico affermatosi Oltralpe nel corso del Cinquecento, ma che poteva vantare come antesignano il napoletano Alessandro D'Alessandro). Tra i "culti" il D. godette di una autorità indiscussa (non a caso divenne segretario degli Oziosi), e dopo il Freccia e il Turamini fu colui che maggiormente contribuì a rianimare il decrepito ambiente della giurisprudenza napoletana, nei confronti del quale ebbe un atteggiamento sempre estremamente critico e persino irriverente (le fonti riferiscono l'aneddoto che il D. aveva ribattezzato sarcasticamente il Diversorium iuris feudalis del de Curtis la "taverna dei feudi"). Grazie a lui e ai numerosi discepoli, che riversarono nella pratica del foro quanto di dottrina e di eloquenza avevano appreso dalle sue lezioni, la scuola giuridica a Napoli si apprestava a compiere il grande salto di qualità del secondo Seicento.
Fonti e Bibl.: F. Zazzera, Narrazioni tratte dai Giornali del governo di don Pietro Girone duca d'Ossuna viceré di Napoli (1616-1620), in Arch. stor. ital., IX (1846), p. 525; T. Costo, Memoriale delle cose più notabili accadute nel Regno di Napoli, Napoli 1618, p. 85; M. Recco, Catalogus Neapolitanorum in collegio graduatorum..., in Super privilegio a Ioanna II concesso ... glossa singularis, Neapoli 1647, p. 255; G. L. Torrese, Diligentissima Neapolitanorum doctorum nomenclatura, Neapoli 1647, p. 7; F. De Magistris, Status rerum memorabilium tam ecclesiasticarum quam politicarum..., Napoli 1655, pp. 104 s.; G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, p. 92; L. Giustiniani, Mem. istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, p. 15; G. Manna, Della giurisprudenza e del foro napolet. dalla sua origine alla pubblicaz. delle nuove leggi, Napoli 1839, pp. 133, 136; C. Minieri Riccio, Cenno storico delle accademie fiorite nella città di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napolet., V (1880), pp. 150 s.; N. Cortese, I ricordi di un avvocato napol. del Seicento: Francesco D'Andrea, Napoli 1921 pp. 4, 12, 87, 92, 138, 155, 162, 238; Id., L'età spagnuola, in Storia dell'Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 225, 322, 338, 340, 376, 422; Id., Il governo spagnolo e lo Studio di Napoli, in Cultura e politica a Napoli dal Cinquecento al Settecento, Napoli 1965, pp. 96 s.; R. Trifone, Uno sguardo agli scritti dei giuristi napol. del Seicento, in Atti dell'Accad. naz. di scienze morali e polit. in Napoli, LXX (1959), pp. 8, 10, Ig, 21; V. I. Comparato, Uffici e società a Napoli (1600-1647). Aspetti dell'ideologia del magistrato nell'età moderna, Firenze 1974, pp. 279, 284; P. Manzi, La tipografia napoletana, nel '500. Annali di Giovanni Giacomo Carlino e di Tarquinio Longo (1593-1620), Firenze 1975, pp. 12, 18, 181 s., 208, 221, 336 s.