MARMI, Diacinto (Giacinto) Maria
Nacque probabilmente a Firenze, intorno al 1625. La sua origine toscana, fiorentina in particolare, è suggerita dall’ampia documentazione relativa alla sua famiglia, attiva alle dipendenze dei Medici per almeno centoventi anni, in varie residenze toscane (Bellesi, pp. 82-84).
Come appare dagli alberi genealogici redatti dal figlio Anton Francesco, conservati nella Biblioteca nazionale di Firenze (Magl., XXVI. 90, cc. 32, 35r) quella dei Marmi fu una dinastia di funzionari di corte, a vario titolo impiegati nell’amministrazione di palazzi e ville granducali, che raggiunse il massimo prestigio con il Marmi.
Non si hanno notizie sulla sua formazione e sull’attività antecedente il 1654, quando risulta già avere incombenze presso la guardaroba granducale al seguito dello zio Biagio Marmi, guardaroba di palazzo Pitti, alla cui morte, nel 1663, subentrò nell’incarico (Colle, 2004, p. 160). Nel 1658 redasse un libro di piante del palazzo conservato nella Biblioteca nazionale di Firenze (Magl., XIII.36: Libro di piante di tutti gli appartamenti principali de’ serenissimi padroni…) e pubblicato da Morandini nel 1960. Nel 1661 sovrintese alle fastose feste per il matrimonio tra il gran principe di Toscana Cosimo e Margherita Luisa d’Orléans. L’autorevolezza e l’importanza acquisita dal M. attraverso la responsabilità dell’organizzazione della reggia di palazzo Pitti è attestata dalla redazione nel 1662-63 della sua Norma per il guardaroba del gran palazzo nella città di Fiorenza… (ibid., II.I.284), vera e propria guida alla gestione del palazzo.
La Norma contiene le planimetrie dei tre piani di palazzo Pitti e la descrizione di tutte le sue stanze. Identifica esattamente sia gli abitanti (membri della famiglia, cortigiani e servitori) sia la distribuzione e sistemazione di persone e cose. Il suo scopo era il buon funzionamento della guardaroba generale, per esempio attraverso il supporto mnemonico costituito dalle «tavole di memorie» aggiornate coi movimenti quotidiani degli arredi e le attività lavorative dei servitori nelle 399 stanze dei 22 appartamenti. Vi erano anche indicate le prestazioni di artisti e artigiani (Colle, 1997, pp. 8, 14, 65-75, figg. 1-5). La Norma del M. ha valore di testimonianza per la ricostruzione degli ambienti medicei, insieme con i numerosi disegni dello stesso M., con gli inventari coevi e con le precedenti «regole» di G. Mancini (Regole per comprare, collocare e conservare le pitture… [1617-21], a cura di A. Marucchi - L. Salerno, Roma 1956) e dimostra l’organico collegamento dell’arredo e della decorazione degli interni con la vita, il gusto e le collezioni di corte (Barocchi - Gaeta Bertelà, pp. 8 s.).
Il M. guardaroba aveva compiti legati alla buona conservazione e manutenzione dei beni, particolarmente in occasione degli spostamenti necessari per eventi e celebrazioni, ma doveva anche progettare soluzioni e sistemazioni estetiche e funzionali per interni, esterni e impianti tecnici in stretta collaborazione con gli architetti di corte Giovanni Battista Baratri, Pier Maria Baldi e Giovanni Battista Foggini. Aveva dunque le capacità e le competenze dell’odierno architetto sommate a quelle di ingegnere e direttore tecnico-artistico di grandi strutture residenziali e di spettacolo. Lavorò infatti anche per i teatri di corte: risalgono al 1662 i disegni per il teatro dei Burattini e il teatro delle Dame di palazzo Pitti (ibid., pp. 80 s.).
Oltre alla Norma il M. ha lasciato un ingente patrimonio grafico, consistente in numerosi disegni databili tra il 1662 e il 1697, di mano sua e del figlio Giovanni Battista conservati a Firenze, presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe e presso la Biblioteca nazionale (Magl., II.I.380-381), che contengono molti dettagliati studi per ambienti di rappresentanza quali gallerie, cortili, scale (monumentali e segrete), mobili (caminetti, stipi, letti alla francese, consolles, cornici, cofanetti, scrigni, orologi, scaldavivande, gabbie per uccelli, oggetti vari).
È molto probabile che il M. abbia seguito costantemente l’attività di produzione, coordinando e controllando numerosi artisti e artigiani di valore.
Nella realizzazione dei suoi progetti per mobili intagliati, scolpiti e dorati, dovette avvalersi di vari artefici, tra cui V. Crosten, come emerge dal confronto di un suo tavolo a palazzo Pitti, datato 1704, con un disegno del M. della fine del XVII (Colle, 2000, pp. 188-190, 192-195). È inventariato già nel 1637 e poi nel 1663, nelle stanze di palazzo Pitti del gran principe Cosimo, un tavolo su sirene scolpite e dorate (Firenze, Galleria degli Uffizi), connesso in passato a un foglio del M. (Massinelli, p. 68).
Meritano una menzione la poltrona «mobile», antenata dei moderni montascale, progettata per la scala di palazzo Vecchio (Barocchi - Gaeta Bertelà, pp. 26-29); le sedie con leggio o basse per donna da sala; i letti con schienale regolabile e le finestre attrezzate per scrivere (Colle, 1997, p. 263, e 2000, p. 200). È datato al 30 maggio 1667 il suo disegno dell’allora ultimata biblioteca di palazzo Pitti per il principe Cosimo (Barocchi - Gaeta Bertelà, pp. 84 s.). Risale al 1670 il progetto dell’alcova con annesso gabinetto per Vittoria Della Rovere, vedova a quella data, riccamente decorato da stucchi (ibid., pp. 90 s.). Sono del 1674 i disegni di una scala segreta per il granduca e di un letto alla francese (ibid., pp. 20 s., 124). Progettò inoltre la sistemazione di altri ambienti di rappresentanza, come quello che ospitava lo stipo di Vittoria Della Rovere del 1677 circa (Firenze, Palazzo Pitti: ibid., pp. 12, 66 s., fig. 33; Massinelli, p. 72).
In quegli anni il M. fu anche «guardarobiere dell’argenterie della credenza» (Barocchi - Gaeta Bertelà, p. 9 n. 6).
Intervenne inoltre in moltissime altre residenze granducali e aristocratiche, tra cui la villa di Poggio Imperiale, le ville Lappeggi, Dragomanni (poi Torrigiani), la villa Salviati a San Cerbone (ibid., p. 10) e la villa di Artimino del 1683 di cui fece la revisione inventariale (Colle, 2004, p. 163).
Tra 1681 e 1683, per volere della granduchessa madre Vittoria Della Rovere, il M. progettò l’ampliamento della villa del Poggio Imperiale, sotto la direzione di Ferdinando Tacca (ibid., p. 115). Sono riferibili a questo periodo il disegno per la cappella (datato 29 sett. 1681), con altare e quadri (Barocchi - Gaeta Bertelà, p. 130), quello datato 11 luglio 1682 per un letto alla francese, con baldacchino e padiglione a base rettangolare, chiuso da preziosi parati (ibid., p. 123) e quello dell’armadio per contenere cristalli (1683: ibid., p. 101).
Diverse tavole, infine, come quelle per la sala del trono o udienza della residenza romana di Cristina di Svezia, a palazzo Riario (poi Corsini: ibid., pp. 54 s., 67, 112), evidenziano l’attenzione propria dell’architetto «arredatore», poiché riportano le misure e studiano i rapporti e l’effetto complessivo reale di elementi architettonici e arredi di varia origine, provenienza e proporzioni.
A partire dal 1682 progettò l’alcova del principe Ferdinando in palazzo Pitti, e tra il 1683 e il 1687 la cappellina e il camerino segreto annessi (Spinelli, pp. 51-57).
Il 14 ag. 1697 gli venne conferito il titolo di gentiluomo di palazzo con i privilegi di nobiltà (Barocchi - Gaeta Bertelà, p. 9 n. 6), grazie ai meriti acquisiti negli allestimenti di tre eventi svoltisi successivamente a Firenze (1685), Pisa e Roma: i festeggiamenti per la traslazione delle ceneri di s. Zanobi e di quelle di s. Stefano Papa e per l’assunzione della porpora cardinalizia di Francesco Maria de’ Medici.
Il M. morì a Firenze, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Carmine, il 1° ag. 1702. Membro del Consiglio dei duecento, riuscì ad assicurare agli eredi un ragguardevole patrimonio fondiario (a Castello, Cascialla e Montelupo).
Il figlio primogenito, Giovan Battista, nacque a Firenze l’11 giugno 1659, e vi morì il 17 ott. 1686. Pittore e scultore, si formò presso Ciro Ferri, fu anche allievo di V. Dandini e di G.B. Foggini. Collaborò a lungo con il padre e i loro disegni furono ereditati dal fratello, Anton Francesco e sono ora conservati nel Gabinetto disegni e stampe (ad eccezione dei mss. II.I.380-381 della Biblioteca nazionale di Firenze).
Fonti e Bibl.: L. Baldini Giusti, in Curiosità di una reggia (catal.), Firenze 1979, pp. 46 s., 52; Mostra documentaria e iconografica di palazzo Pitti e giardino di Boboli, a cura di F. Morandini, Firenze 1960, p. 43; K. Aschengreen Piacenti, Un tavolo granducale del Cinquecento, in Le arti del principato mediceo, Firenze 1980, pp. 365-369; L. Baldini Giusti - M. Chiarini, L’«alcova» di Ferdinando de’ Medici gran principe di Toscana, in Palazzo Pitti. Vicende costruttive e decorative, in Antichità viva, XXV (1986), 2-3, pp. 33-46; S. Bellesi, Una vita inedita di V. Dandini e appunti su A. D. Gabbiani, Giovan Battista Marmi, F.M. Galletti e altri, in Paragone, XXXIX (1988), 465, pp. 82-84 nn. 138-154; P. Barocchi - G. Gaeta Bertelà, Arredi principeschi del Seicento fiorentino. Disegni di D.M. M., Torino 1990; A.M. Massinelli, Il mobile toscano, Milano 1993, pp. 64-73, figg. 104-110, 112, 114 s., 117-119, 121 s.; M. Bohr, Die Villa del Poggio Imperiale und die Skizzenbücher des Architekten D.M. M.: zur Bautypologie und Innenraumgestaltung Mediceischer Profanbauten um die Wende vom 17. zum 18. Jahrhundert, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXVIII (1994), 2-3, pp. 337-418; R. Spinelli, Francesco Rustici e Giovan Battista Marmi in palazzo Panciatichi in Firenze, Firenze 1997; I mobili di Palazzo Pitti. Il periodo dei Medici 1537-1737, a cura di E. Colle, Firenze 1997, pp. 67-69, 237, 243, 248, 250, 258 s., 263; A. González-Palacios, Trionfi barocchi a Firenze, ibid., pp. 28, 31; Id., Limiti e contesto di Leonardo van der Vinne, in Id., Il tempio del gusto, Vicenza 2000, pp. 420-424; E. Colle, Il mobile barocco in Italia. Arredi e decorazioni d’interni dal 1600 al 1738, Milano 2000, ad indicem; R. Spinelli, G.B. Foggini: «architetto primario della Casa Serenissima» dei Medici (1652-1725), Firenze 2003, pp. 13, 51-57, 113; E. Colle, Gli inventari delle corti. Le guardarobe reali in Italia dal XVI al XX secolo, Firenze 2004, pp. 115, 160, 163.
(Giacinto) Maria