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DIAFRAMMA

di Agostino PALMERINI - Giovanni MINGAZZINI - Giuseppe Tusini - Enciclopedia Italiana (1931)
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DIAFRAMMA

Agostino PALMERINI
Giovanni MINGAZZINI
Giuseppe Tusini

. Anatomia umana. - In anatomia umana è il muscolo appiattito, situato come un setto a forma di cupola fra la cavità toracica e quella addominale (fig.1). Con la faccia superiore convessa, più alta a destra che a sinistra, corrisponde, sui lati, alle pleure e ai due polmoni, nel centro, al pericardio e al cuore; con la faccia inferiore concava corrisponde, a destra, al fegato, a sinistra, al fondo dello stomaco e alla milza, in dietro, ai reni e alle capsule surrenali. È innervato dal nervo frenico. Lo Schlaepfer (Bull. Johns Hopkins Hosp. XXXIV, 1923, pagina 195) ha sostenuto che non partecipano all'innervazione gli ultimi nervi intercostali, come si riteneva in passato. È nutrito da rami dell'arteria mammaria interna e principalmente da rami dell'aorta toracica e addominale. Le sue reti linfatiche sono in ampia comunicazione con quelle toraciche e addominali. Contraendosi amplia la cavità toracica, restringe e comprime (torchio addominale) quella addominale. Funziona ritmicamente come un muscolo involontario, ma la sua azione può essere modificata dalla volontà. È un muscolo essenzialmente inspiratore e interviene in molti atti fisiologici (riso sardonico, singhiozzo, defecazione, minzione forzata, vomito, parto, sforzo).

Si distingue nel diaframma una parte centrale tendinea in forma di trifoglio (centrum tendineum) alla quale fanno capo le fibre muscolari che provengono dal margine inferiore della gabbia toracica: cioè dalla regione sternale inferiore (pars sternalis), dalla regione costale, e più precisamente dalle ultime sei coste (pars costalis) e dalla regione lombare (pars lumbaris). In quest'ultimo tratto, anatomicamente il più complesso, si distinguono un pilastro mediale, uno accessorio e uno laterale (crus mediale, intermedium, laterale) formati da fasci muscolari che con inserzioni tendinee s'attaccano ai corpi della seconda e della terza vertebra lombare. Attraverso l'orificio esofageo (hiatus oesophageus) il diaframma dà passaggio all'esofago insieme con i due nervi vaghi; attraverso l'orifizio aortico (hiatus aorticus) all'aorta e al dotto toracico; attraverso il foro della vena cava (foramen venae cavae) alla vena cava inferiore; attraverso orifici minori passano la vena azygos l'emiazygos, i nervi splancnici, il tronco del simpatico (figg. 2-3).

Prima dell'esame radioscopico, che permette d'analizzare assai bene i movimenti del diaframma, si dava molta importanza al cosiddetto fenomeno diaframmatico o del Litten: in particolari condizioni di luce, nel decubito orizzontale, lateralmente, fra la sesta e la nona costa, s'apprezza l'escursione d'un'ombra lineare corrispondente alla depressione della parete toracica con la progressiva aspirazione inspiratoria del diaframma.

Complessa è la fisiologia e la patologia del diaframma (v. respiratorio, apparato). Delle affezioni mediche da tempo sono noti il crampo e la paralisi del diaframma (v. appresso). Nel 1888 Dabney descrisse uno spasmo diaframmatico epidemico, malattia acuta, febbrile della durata di 4-10 giorni, forma di reumatismo muscolare nota anche come pleurodinia diaframmatica epidemica o Devil's Grippe. Secondariamente il diaframma partecipa ad affezioni toraciche (p. es. perforazione da empiema) o addominali (p. es. ascesso subfrenico, echinococco del fegato). L'infiammazione primitiva del diaframma è assai rara; gli esempî più noti sono dati dalla miosite da Trichinella spiralis nella trichinosi. L'infiammazione secondaria (con fenomeni di degenerazione vacuolare, grassa, ialina, ecc., di fibrosi, ecc.) occorre in molti stati morbosi (pleurite, anemia perniciosa, tubercolosi, pneumoconiosi, ecc.) e ha molta parte nelle sindromi dispnoiche. Condizione morbosa rara, spesso insospettata e per lo più in rapporto con fattori congeniti, è la cosiddetta eventrazione del diaframma nella quale la porzione della cupola è abnormemente rilasciata, distesa, elevata, con parziale spostamento in alto dei visceri addominali. Essa è unilaterale e quasi sempre a sinistra; si può diagnosticare facilmente con l'esame radiologico; va distinta dall'ernia diaframmatica vera (nella quale i visceri addominali erniati nel torace sono rivestiti da un sacco costituito da uno dei piani anatomici del diaframma), più spesso in rapporto a difetto di chiusura del setto pleuro-peritoneale; e dall'ernia spuria (senza sacco), più spesso d'origine traumatica (ferite toraco-addominali), lesioni ambedue chirurgiche.

Crampo del diaframma. - Il crampo tonico del diaframma, descritto da G. B. A. Duchenne, è assai raro; in esso l'epigastrio è protruso, manca la respirazione addominale, compensata da una respirazione dispnoica delle parti superiori del torace. Il paziente si lamenta di mancanza di respiro e soffre spesso di dolori in corrispondenza dell'inserzione del diaframma, che resta immobile durante la respirazione. La malattia può assumere notevole gravità per l'asfissia che determina, quando non sia di natura isterica, e va curata con doccie fredde in bagno caldo, faradizzazione, correnti galvaniche sull'epigastrio, iniezioni di morfina e cloroformizzazione nei casi gravi. Assai frequente è invece il crampo clonico, volgare singulto o singhiozzo (v.); s'ha un rumore inspiratorio dovuto all'aria aspirata per la contrazione del diaframma a glottide parzialmente chiusa. In genere trattasi di disturbo lieve. A volte è prolungato e molesto negl'isterici. Talora, invece, è un sintomo di gravi lesioni cerebrali (apoplessia, tumori cerebrali, encefalite pontina, meningite cerebrale), e può essere dato da irritazione diretta del nervo frenico. Altre volte, infine, è un sintomo di cattivo significato prognostico nelle malattie addominali (peritonite, occlusione intestinale). Come cura si raccomanda l'inspirazione forzata, la somministrazione di goccie d'etere, la suggestione.

Paralisi del diaframma. - È conseguenza della paralisi del nervo frenico, ma piuttosto rara. Questo nervo può essere leso nei suoi centri midollari (poliomielite anteriore), o da affezioni che interessano la terza e quarta radice cervicale (frattura o lussazione della colonna vertebrale, meningiti, specialmente sifilitiche, tumori, ecc.). Il nervo stesso solo rare volte può essere leso direttamente, essendo protetto nel suo decorso, ma va soggetto a paralisi neuritiche di natura infiammatoria o tossiinfettiva (alcoolismo, difterite, tabe, ecc.). Nelle neuriti del nervo frenico si riscontra spesso un punto doloroso nella regione del collo sui muscoli scaleni, lateralmente allo sternocleidomastoideo, o fra i suoi due capi inferiori. Si conosce anche una paralisi del diaframma isterica (P. Briquet G. B. A. Duchenne). A volte la paralisi è dovuta a un processo infiammatorio dello stesso diaframma (miosite). La paralisi del diaframma per frenicectomia è un metodo modernissimo di collassoterapia (v.). Il diaframma paralizzato, come dimostra l'esame radioscopico, non si contrae nell'inspirazione e quindi, invece d'abbassarsi, s'innalza in questa fase respiratoria trascinando con sé, in alto, gli organi sottodiaframmatici (fegato, milza). Allo stato di riposo manca spesso la dispnea, che invece diviene imponente nei movimenti, e può divenire pericolosa in presenza d'affezioni polmonari (bronchite, polmonite). La paralisi del diaframma impedisce l'espettorazione e il torchio addominale, sfuggendo agli organi in alto. La prognosi è in genere buona, nelle forme reumatiche e isteriche, infausta negli altri casi. La terapia consiste in cure causali (ablazione di tumori comprimenti il nervo frenico, cura antiluetica, stimolazione del nervo frenico con correnti galvaniche o faradiche, iniezioni di stricnina, ecc.).

Chirurgia. - La chirurgia del diaframma comprende gl'interventi per ferite, per ernie diaframmatiche, per ascessi subfrenici, molto raramente per tumori. I primi interventi sul diaframma furono eseguiti per via laparatomica da Sawaki, J. Péan, Bardenheuer (1879), per via toracotomica da Höröch (1884), da Postempski, da Permann (1889) con dibattito sulle indicazioni e gli svantaggi di ciascuna delle due vie. Se però v'è discussione sulle modalità dell'intervento, non esiste dubbio sulla necessità di esso in ogni ferita toraco-addominale con lesione quindi del diaframma: anzitutto per l'esistenza di lesioni contemporanee degli organi addominali o toracici e inoltre perché attraverso a detta lesione può verificarsi un prolasso o anche una vera ernia dei visceri addominali, talora con strozzamento dei visceri erniati, immediato o tardivo, non avendo le ferite dal diaframma tendenza alla cicatrizzazione spontanea.

Alla toracotomia, che fu usata nella grande maggioranza dei casi operati, è stato obiettato di non concedere una buona visibilità sui visceri addominali, di rendere difficili le eventuali manovre operatorie sopra di essi, d'essere causa di pneumotoraci pericolosi. Rydygier fa notare, a questo proposito, che aprendo la cavità toracica s'ottiene nella pleura un innalzamento della pressione negativa che potrebbe rendere difficile la riduzione dei visceri e in alcuni casi l'ha resa impossibile. Però attraverso la via toracotomica riesce più agevole raggiungere e suturare la ferita del diaframma, senza contare che attraverso la ferita stessa, opportunamente ampliata, si può arrivare sul viscere addominale leso e provvedere a seconda delle evenienze (splenorrafia, splenectomia, gastrorrafia, enterorrafia, epatorrafia, nefrectomia).

La via laparatomica è stata soprattutto usata quando la lesione diaframmatica è susseguente a una ferita addominale, i cui sintomi imponenti possono alle volte mascherare il quadro clinico della ferita del diaframma. A questa via è stato mosso l'appunto di non permettere una buona visibilità sul diaframma, di renderne malagevole la sutura, di non permettere l'esame del polo superiore della milza, dell'angolo colico sinistro, della parte alta dello stomaco. Per ovviare a questi inconvenienti G. Kelling ha ideato un letto operatorio che mantiene il paziente in posizione quasi verticale, così da aversi una maggiore accessibilità verso la vòlta del diaframma. Altra obiezione è che per la via laparatomica possono venir lesi i visceri addominali nelle manovre di riduzione.

Anche per le ernie diaframmatiche si possono seguire la via toracotomica o la via laparatomica: intervenendo di regola per fenomeni acuti di strozzamento, molti chirurghi dànno la preferenza alla via toracotomica che rende più accessibile la porta erniaria e dà adito direttamente sul viscere strozzato, il quale nell'eventualità di cancrena, potrà essere resecato con minor pericolo d'infettare il peritoneo. Essendo necessario nelle ernie un grande dominio sul diaframma, spesso viene data preferenza a una resezione osteoplastica (Postempski), con ampio lembo a ferro di cavallo con la base in alto e con duplice resezione delle coste. Aperto il cavo pleurico, si sbriglia l'anello diaframmatico, si riducono nell'addome i visceri erniati, eventualmente dopo aver provveduto in modo conveniente alle alterazioni rilevate. Si procede in seguito alla sutura del diaframma (frenorrafia) e al drenaggio del cavo pleurico, se si ritenesse opportuno. Gl'interventi sul diaframma per tumori sono rari: nella letteratura ne vengono riportati una ventina di casi.

Negli ascessi subfrenici, potendo essi estrinsecarsi tanto verso l'addome quanto verso il torace, si può procedere a un'incisione laparatomica parallela all'arcata costale che non interesserà il diaframma, oppure a una toracotomia, con resezione d'una o di due coste. In questa seconda evenienza, ove non esistessero aderenze tra i due foglietti pleurici, prima d'incidere il diaframma e di svuotare l'ascesso, si fisserà il foglietto parietale a quello viscerale mediante una sutura circolare, per non correre il pericolo d'infettare la cavità pleurica.

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Vocabolario
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