diametro di completezza
Massimo diametro che può avere un oggetto non ancora scoperto in un sistema di corpi planetari minori (in particolare gli asteroidi). In altri termini l’elenco attuale degli oggetti più grandi di questo valore limite dovrebbe essere completo. Dietro le semplicità della definizione si nascondono in realtà diversi problemi. In generale i corpi minori non sono sferici (spesso neppure approssimativamente) e quindi non è definibile un diametro. Si usa impropriamente questo termine per esprimere una dimensione caratteristica, che può però essere definita in vari modi: la massima distanza fra due punti del corpo, o il diametro del cerchio che ha la stessa area della massima sezione, o il diametro della sfera che ha lo stesso volume del corpo. Definizioni che portano a valori diversi ma dello stesso ordine di grandezza, se l’oggetto (come succede di norma fra i corpi celesti) non ha una forma troppo bizzarra. Le dimensioni fisiche dei corpi celesti, inoltre, sono conosciute direttamente soltanto in pochissimi casi (per es., per i corpi che sono stati studiati in situ nel corso di una missione spaziale). In genere esse sono desunte dalle osservazioni astronomiche, effettuate sia nel visibile sia nell’infrarosso, e dipendono sostanzialmente dalla magnitudine apparente dell’oggetto, ossia dalla quantità di luce che l’osservatore riceve. Questa a sua volta dipende, oltre che dalle dimensioni del corpo, anche dalla sua posizione nell’orbita rispetto all’opposizione di fase con il Sole (situazione in cui, per ragioni geometriche, la luce solare riflessa dal corpo è massima), dalle sue caratteristiche superficiali, e in particolare dall’albedo, dall’aspetto (angolo fra l’asse di rotazione del corpo e la direzione della Terra) e dalla sua fase rotazionale (se l’oggetto è irregolare la sua luminosità cambierà durante la rotazione). Infine, la magnitudine apparente dipenderà sensibilmente dalla distanza del corpo dal Sole e dalla Terra. Già all’interno della fascia principale degli asteroidi soltanto quest’ultimo effetto geometrico può cambiare la luminosità osservata di ca. un fattore 10. La stima delle dimensioni di un corpo celeste è quindi complessa e regolarmente soggetta a revisioni e aggiornamenti. Anche il concetto di completezza presenta considerevoli difficoltà. Sulla base di considerazioni statistiche abbastanza semplici è possibile stimare la frazione di corpi, entro una certa magnitudine limite (e quindi, con tutte le elaborazioni del caso, una certa dimensione), che restano ancora da scoprire. La percentuale può essere anche stimata sulla base della frequenza con cui vengono riscoperti oggetti già noti (si ricordi che, essendo i pianeti e pianetini in movimento sulla sfera celeste, ogni osservazione richiede un più o meno sofisticato processo di riconoscimento – il problema non si pone, ovviamente, per i pianeti maggiori). Quando questa percentuale tende a valori molto bassi si può presumere che quasi tutti i corpi entro quelle dimensioni siano stati scoperti. La completezza in senso assoluto però è molto meno facile da garantire, a meno che non ci si limiti ad asserirla per oggetti molto più grandi di quelli che si riescono correntemente a osservare. In breve il concetto è abbastanza qualitativo, anche se utile per capire fino a che punto i dati di cui oggi disponiamo possano essere considerati rappresentativi delle caratteristiche fisiche reali (in particolare dell’andamento della distribuzione di massa).
→ Asteroidi, impatti con la Terra