DE ROSA, Diana (detta Dianella o Annella)
Figlia del pittore Tommaso e di Caterina De Mauro, sorella del pittore Giovan Francesco (Pacecco), nacque a Napoli nel 1602.
La madre della D., restata vedova nel 1610, sposò nel 1612 Filippo Vitale, pittore. Nel 1626 la D. andò in sposa ad Agostino Beltrano, un allievo di Massimo Stanzione. La rete di parentela si fa più complessa col matrimonio di Aniello Falcone con una figliastra di F. Vitale e quello di Juan Do con Grazia, sorella della D. e di Pacecco De Rosa. L'esattezza dei dati biografici basati sui documenti è acquisizione relativamente recente (Prota Giurleo, 1951, pp. 19, 26), dato che B. De Dominici, seguito dalla letteratura posteriore, aveva creato intorno alla figura della pittrice un intreccio romanzesco, raccontando che era l'allieva prediletta dello Stanzione, morta per mano del marito ingiustamente geloso.
La D., prima di frequentare la bottega del grande caposcuola Stanzione insieme con il fratello Pacecco, dovette avere per maestro il patrigno Vitale, figura non secondaria nell'ambito della pittura naturalistica di ascendenza caravaggesca.
La mancanza di date da legare a opere sicure rende tuttavia assai problematica l'indagine sulla personalità artistica della D., e anche le attribuzioni tradizionali vanno rivelandosi prive di fondamento.
I due "lodatissimi quadri" nel soffitto della Pietà dei Turchini andarono distrutti nel crollo del tetto della chiesa nel 1638 (Celano, 1692). Raffiguravano la Nascita e la Morte della Vergine e apparivano perfetti "nel disegno, nel componimento, e nel colorito" (De Dominici, III, p. 97). Gli stessi soggetti si ritrovano in due quadri dati a un pittore della cerchia di Vitale e oggi collocati alle pareti laterali all'altare maggiore (Pacelli, 1984, p. 93). Tradizionalmente considerata come bozzetto di uno dei due dipinti è la piccola Nascita della Vergine di Capodimonte, che ricalca lo schema compositivo manierista adottato dalla scuola napoletana del tempo (Mostra di bozzetti…, 1947, p. 29). Il S. Biagio tra s. Antonino di Firenze e s. Raimondo di Peñafort, conosciuto come opera di collaborazione tra il Beltrano e la D., venne commissionato al primo nel dicembre 1653 T. Prota Giurleo, Del pittore Passante e del suo maestro Beato, in IlFuidoro, I[1954], p. 137), quando la D. era già morta da dieci anni. Sono inoltre dispersi sia la Vergine che appare ad alcuni santi dell'Ordine benedettino, per la chiesa di Monteoliveto, sia il S. Giovanni Battista nel deserto, già nella sacrestia di S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone. Né vi sono elementi per identificare le varie mezze figure di sante uscite dalla bottega stanzionesca che le vengono attribuite (De Dominici, III, p. 98).
Il Longhi (1969) attribuì ad "Annella De Rosa" l'Ebbrezza di Noè (già coll. Calabrese), grazie alla presenza del monogramma intrecciato "ADR" individuato nel margine sinistro della tela: nell'opera, oltre che nell'Isaccoche benedice Giacobbe (già in coll. Majetti), individuava caratteri di "evidenza velasqueña" e una resa naturalistica così possente da parere scaturita dal Ribera. Intorno a questi due dipinti, a cui il Longhi collegò il Martirio di s. Ignazio di Antiochia della Galleria Borghese di Roma (in Civiltà del Seicento..., 1984, p. 146, è attribuito a F. Fracanzano) e il Filosofo di Palazzo Bianco a Genova, ruotò il dibattito critico successivo: il Causa (1972, p. 929) fu il primo ad avanzare dubbi sullo scioglimento del monogramma "ADR", dato che è documentato che la pittrice si chiamasse Diana. In seguito F. Bologna (comunicazione orale, ma confr. anche Leone De Castris, 1982, p. 62) ha riunito i quadri individgati dal Longhi insieme con altre opere, tra cui il famoso Angelo custode della Pietà dei Turchini (attribuito alla D. dal Celano [1692] e dal Galante [1872], p. 215), per ricostruire la figura di Filippo Vitale, artista di primo piano nella vigorosa ripresa naturalistica del quarto decennio. Queste vicende attributive sono tuttavia sintomatiche degli stretti rapporti tra la D., il Vitale, il Beltrano, Do e Pacecco De Rosa, nella prima fase della sua produzione (Pugliese, 1984, pp. 228, 233). Il Fiorillo (1984) ha riproposto l'attribuzione alla D. delle tele longhiane affiancandole a un Autoritratto (Londra, coll. priv.), a un Martirio di s. Bartolomeo (Napoli, coll. priv.), a una tela dello stesso soggetto proveniente dal Museo nazionale di Reggio Calabria e al S. Sebastiano curato del Museo di belle arti di Rouen.
A fugare tutti i dubbi sulla morte romanzesca della D. esiste l'atto di morte, nel quale si dichiara che la pittrice morì di malattia il 7 dic. 1643, dopo una vita di successi professionali che le permise di lasciare ai figli una discreta somma di denaro guadagnata in tempi diversi da lei e dal marito Agostino Beltrano (Prota Giurleo, 1951, p. 25).
Fonti e Bibl.: C. Celano, Notizie del bello, del curioso e dell'antico della città di Napoli... [1692], III, Napoli 1970, p. 1467; B. De Dominici, Vite dei pittori, architetti e scultori napol., III, Napoli 1743, pp.96-100; C. T. Dalbono, Massimo, i suoi tempi e la sua scuola, Napoli 1871, pp. 31 s., 5558; G. A. Galante, Guida sacra della città di Napoli [1872], a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, pp. 109 s., 215, 225 n. 60, 252, 260 n. 46, 308, 323 n. 132; G. D'Addosio, Documenti ined. di artisti napol., in Arch. st. per le provv. napol., XXXVIII (1913), p. 499; XLV (1920), p. 183; S. Ortolani, in Mostra della pittura napol. dei sec. XVII, XVIII, XIX, Napoli 1938, pp. 72 s.; O. Giannone, Giunte sulle vite de'pittori napol., Napoli 1941, pp. 115 ss. Mostra dei bozzetti napol. del '600 e 1700, Napoli 1947, pp. 28 s.; U. Prota Giurleo, Un complesso familiare di artisti napol. del sec. XVII, in Napoli-Rivista municipale, s. 2, LXXVII (1951), 7-8, pp. 19, 22, 25 s., 30; A. Moir, The Italian followers of Caravaggio, Cambridge 1967, p. 169; R. Longhi, G. B. Spinelli e i naturalisti napol. del Seicento, in Paragone, XX (1969), 227, pp. 49-52; R. Causa, La pittura del Seicento a Napoli dal naturalismo al barocco, in Storia di Napoli, V, Napoli 1972, pp. 929 s., 932; R. Marini, Pittori a Napoli, 1610-1656. Contributi e schede, Roma 1974, p. 128; M. Novelli, A. Beltrano. Uno stanzionesco da riabilitare, in Paragone, XXV (1974), 287, pp. 69, 71; C. Volpe, Un'altra opera firmata di A. Beltrano, ibid., pp. 82, 84 n.; P. L. Leone De Castris, La pittura a Napoli fino alla peste del '56, in La pittura napol. da Caravaggio a Luca Giordano (catal.), Napoli 1982, pp. 60 ss.; Civiltà del Seicentoa Napoli (catal.), Napoli 1984, ad Indicem; V. Pugliese, Pittura napol. in Puglia, I, in Seicento napoletano. Arte, costume e ambiente, a cura di R. Pane, Milano 1984, pp. 228, 233, 534n.; V. Pacelli, Testimonianze, considerazioni e problemi di restauro sui dipinti seicenteschi dell'Annunziata di Capua, in Ricerche sul '600 napoletano. Saggi vari in memoria di R. Causa, a cura di G. De Vito, Milano 1984, pp. 90 s., 93; C. Fiorillo, Sei tu Annella?, in Napoli nobilissima, XXIII (1984), pp. 208-211; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVIII, p. 596 (sub voce Rosa, Diana); Diz. enc. Bolaffi di pittori e incis. ital., X, pp. 28 s.