TORRIERI, Diana (Angela Vittoria)
– Nacque a Canosa di Puglia il 9 agosto 1913 da Arturo e da Giuseppa De Angelis.
La famiglia del padre era proprietaria di un importante calzaturificio a Lanciano, dove lei trascorse l’infanzia e l’adolescenza. Nel 1931 si sposò con Abner Velitti con il quale ebbe un figlio, Sergio, nato ad Avezzano nel 1932.
Il debutto teatrale avvenne nel 1938 nella compagnia di Guglielmo Giannini, il futuro fondatore del partito Uomo qualunque. Partecipò lo stesso anno, ma solo per qualche mese, alla compagnia di Giulio Donadio e dal 1939 entrò nella Borboni-Cimara, diretta da Anton Giulio Bragaglia. Dopo una breve tournée con Wanda Capodaglio entrò a far parte, rimanendovi poi tre anni, del teatro delle Arti di Roma, di cui divenne primattrice, subentrando ad Antonella Petrucci e interpretando numerosi ruoli in un repertorio fin dagli inizi vasto e impegnativo (Il Reduce di Ruzzante, Winterest di Maxwell Anderson, Anna Christie di Eugene O’Neill, Delitto e castigo da Dostoevskij, Cintia di Giovambattista Della Porta, Rosso e nero da Stendhal, Catene di Allan Langdon Martin, Caterina Ivanovna di Leonid Andreev, Rosso Malpelo di Jules Renard, Settimo cielo di Austin Strong, Oltre l’orizzonte di O’Neill e altri ancora).
Il primo successo, e tra i più importanti della carriera, arrivò il 28 marzo 1941, quando debuttò in Il lutto si addice ad Elettra di O’Neill, spettacolo storico per l’apertura, in tempo di guerra, alla nuova drammaturgia americana, eccezionalmente autorizzata dal regime grazie all’abilità di Bragaglia. Lo spettacolo, con la regia di Giulio Pacuvio e le scene di Enrico Prampolini, ebbe un ottimo riscontro critico. A Torrieri, che recitava a fianco di Salvo Randone e Lola Braccini, fu dedicata la copertina della rivista Il Dramma (15 settembre 1941). Edwin Cerio la definì «panerotica Diana che tutti amiamo stranamente» (ibid., p. 74) e Leonida Repaci la considerò la nuova alta interprete del moderno teatro tragico (ibid., p. 9).
Finita la guerra, nel 1945 Torrieri chiese al giovane Giorgio Strehler, conosciuto grazie a Ruggero Jacobbi, di curare una nuova regia di Il lutto si addice ad Elettra per lei e Memo Benassi (Mambrini, 2013, p. 299). Il nuovo allestimento ottenne un successo ancora maggiore, questa volta con una regia trionfale, la prima in Italia di Strehler, che, sfrondando le parti classicistiche, puntò l’attenzione sugli aspetti letterari e psicanalitici, con riferimenti alla guerra appena conclusa. Paolo Grassi scrisse di Torrieri: «una Lavinia tagliente e inflessibile, disperata e dolente» (Il lutto si addice a Elettra di O’Neill, in Avanti!, 16 dicembre 1945).
Lasciato il teatro delle Arti, era entrata nel 1943 a far parte della compagnia, diretta da Sergio Tofano, dell’Ente teatrale italiano, appena fondato, che agì a Roma (L’arca di Noè di Sergio Pugliese) e l’anno successivo a Milano (La moglie ideale di Marco Praga, Zio Vania di Čechov, Un albergo sul porto di Ugo Betti e soprattutto Il piccolo Eyolf di Ibsen, per il quale le fu dedicata per la seconda volta la copertina di Il Dramma, 15 aprile 1943).
Passò gli anni della guerra soprattutto a Milano, diventando staffetta partigiana nel 1943, in una formazione di Giustizia e Libertà, con il nome di battaglia Poil de Carotte (D. Torrieri, Destinazione Emily, Milano 1990, p. 48). Nei giorni della Liberazione fu ferita di striscio, mentre si trovava vicino a quello che sarebbe diventato il Piccolo Teatro di Milano. Nel 1945 recitò anche nel film Incontro con Laura di Carlo Alberto Felice, andato perduto, a fianco di Ernesto Calindri e dell’allora ventiduenne Vittorio Gassman. Una pellicola che ebbe anche una funzione salvifica: il produttore Gino Bonazzi, proprietario di quattordici filande, riuscì a impedire la deportazione dei suoi operai utilizzandoli come comparse.
Nel 1946 Torrieri apparve in La voce nella tempesta di Emily Brontë, con la regia di Ruggero Jacobbi, e fece compagnia con Benassi. Tornò prima attrice nella stagione successiva, con Tofano e Tino Carraro, in Malìa di Luigi Capuana poi portò, a Parigi, prima volta per un complesso teatrale italiano dopo la fine della guerra, La moglie ideale e infine partì in tournée per il Sudamerica con Tofano e Carraro. Fu invitata a viaggiare sul piroscafo Lugano insieme ai rappresentanti italiani della cultura e dell’industria (tra cui Livio Garzanti e Jacobbi) nel primo viaggio istituzionale in quell’area dopo la fine del conflitto. La compagnia esordì al teatro municipale dell’Opera a Rio de Janeiro.
Dal dopoguerra alla fine degli anni Sessanta (con qualche partecipazione anche negli anni Ottanta), Torrieri si distinse per grande personalità, soprattutto nei ruoli tragici, affrontando un repertorio mai scontato, che oscillava fra opere classiche e testi moderni stranieri e italiani, che contribuì a valorizzare. Con il passare degli anni si andò precisando la sua individualità inquieta di «attrice “intellettuale” e popolare insieme, ricca di energia comunicativa e a un tempo di sottile spirito critico» (Pavolini, 1961).
Nel 1949 l’attrice, che soffriva di gravi problemi di salute, tentò il suicidio ingerendo una massiccia dose di sonniferi. Una volta ripresasi, per qualche tempo i giornali parlarono del suo desiderio di farsi monaca e ritirarsi dalle scene (Diana Torrieri si farebbe monaca, in La stampa, 29 settembre 1949). In realtà ricominciò ben presto l’attività teatrale e fece compagnia con il solo Carraro dal 1948 al 1950, portando in scena drammaturgie impegnative come La macchina infernale di Jean Cocteau, L’Annuncio a Maria di Paul Claudel e Il sorriso della Gioconda di Aldous Huxley, per il quale Carlo Terron scrisse: «Diana Torrieri ha realizzato il suo difficile, denso e torbido personaggio con acutissima intelligenza e non comune sensibilità nevrotica e al terzo atto ha raggiunto un tono angoscioso di sorprendente e audace originalità» (Il sorriso della Gioconda, in Corriere lombardo, 21 febbraio 1950). Nell’estate del 1951 fu ancora in Sudamerica questa volta con Gassman ed Elena Zareschi, portando in tournée La vedova scaltra di Carlo Goldoni, per la regia di Luigi Squarzina.
Negli anni successivi partecipò a numerosi spettacoli di qualità tra cui Agamennone di Vittorio Alfieri (1952), Così è se vi pare di Luigi Pirandello, Antigone (1953) e Ottavia (1955), entrambi di Alfieri, Elettra di Sofocle (1956). Formò compagnia in proprio per un paio di stagioni, realizzando tra l’altro Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello (1952-53) e Un tram che si chiama desiderio di Tennesse Williams (1955). Fu prima attrice del teatro delle Tre Venezie (con il quale interpretò tra l’altro La Signora delle camelie di Dumas figlio e Otello di Shakespeare) e del teatro Stabile di Napoli (Ruota di Cesare Vico Lodovici, 1959).
Un incontro fondamentale fu quello con Giuseppe Ungaretti nel 1956, in occasione dell’interpretazione di Fedra nell’opera omonima di Racine, con la nuova traduzione del poeta. Lo spettacolo, per la regia di Corrado Pavolini, segnò anche il debutto teatrale di Gian Maria Volonté, e ottenne un grandissimo successo, in virtù del quale Ungaretti decise di tradurre specificamente per Torrieri anche l’Andromaca di Racine, che uscì a sua cura per Mondadori nel 1975. Dopo Fedra si allontanò per otto anni dalle compagnie di giro italiane per intraprendere una carriera da solista. Ambasciatrice della cultura italiana all’estero per conto del ministero, cominciò una tournée internazionale che toccò le Americhe e l’Africa, oltre a numerosi Paesi europei. Fu tra le primissime artiste di teatro italiane a intraprendere una carriera internazionale.
In otto anni recitò per seicentoventidue volte, utilizzando un vastissimo repertorio e dando specifico risalto alla poesia, dalle origini ai poeti contemporanei, con particolare attenzione all’opera di Emily Dickinson. Come dichiarò in un’intervista (Otto anni a una voce: intervista con Diana Torrieri al suo ritorno nel teatro regolare, in Sipario, 1966, n. 239, pp. 9 s.), decise di interrompere la tournée e di tornare a recitare in Italia per un esaurimento nervoso e perché, per difficoltà burocratiche, era stata costretta negli anni ad anticipare molti soldi al ministero per la sua missione all’estero, esaurendo i risparmi di una vita.
Nel 1967 recitò in La pietà di novembre di Franco Brusati con Giorgio Albertazzi, Anna Proclemer e Sergio Tofano e, due anni dopo, in Più grandiose dimore di O’Neill per la regia di Vittorio Cottafavi. Nel 1968 fu inviata da Radio RAI2 per realizzare un servizio sul Brasile. Durante il viaggio, sulla nave Augustus, intervistò i due grandi musicisti brasiliani Vinicius De Moraes e Dorival Caymmi.
Attrice amata dal pubblico anche per le sue doti più istintive e inquiete, ben riscontrabili nella sua voce espressiva e brillante, Torrieri fu seguita molto anche alla radio, dove partecipò a numerose commedie a partire già dal 1942, con Le tre sorelle di Čechov, per la regia di Enzo Ferrieri, cui seguì, tra le altre, L’albergo dei poveri di Maksim Gor′kij (1946), con Ruggero Ruggeri, sempre per la regia di Ferrieri. Nel 1957 si raccontò agli ascoltatori del Terzo programma nella trasmissione Un’attrice allo specchio, confidenze poetiche di Diana Torrieri.
Intensa fu anche la sua partecipazione ai programmi televisivi. Con già una notevole reputazione teatrale, fu tra le prime mattatrici a impegnarsi nella prosa televisiva. Con sorriso al contempo seducente e ambiguo partecipò, tra l’altro, a Gli spettri, di Ibsen (1954), per la regia di Mario Ferrero; Il piacere di lasciarsi di Renard (1956), per la regia di Vito Molinari; Ventiquattr’ore felici di Cesare Meano (1956), per la regia di Claudio Fino; Il litigio di Charles Vildrac (1957), per la regia dello stesso Fino; Il tunnel (1958), tratto dal dramma in un atto di Mabel Costanduros e Howard Hagg, per la regia di Giacomo Vaccari; Tana di ladri (1961), regia di Eros Macchi; Marea di settembre di Daphne du Maurier (1963); Processo a Gesù di Diego Fabbri (1963); Piccole volpi di Lillian Hellman (1965); e infine La donna di fiori (1965), miniserie televisiva con Ubaldo Lai nel ruolo del tenente Sheridan, per la regia di Anton Giulio Majano. Nel 1965-66 fu Emma Micawber nello sceneggiato televisivo David Copperfield; nel 1969 comparve in Dal tuo al mio e nel 1979 in La promessa; nel 1980 partecipò alla miniserie TV Bambole: scene di un delitto perfetto.
Molto meno numerose le partecipazioni a produzioni cinematografiche. Negli anni Quaranta prese parte a Il barone di Corbò (1939) di Gennaro Righelli; Don Pasquale (1940) di Camillo Mastrocinque; La primadonna (1943) di Ivo Perilli e il già citato Incontro con Laura (1945) di Carlo Alberto Felice. Nel dopoguerra partecipò a tre film diretti dal figlio Sergio Velitti: La duchessa d’Urbino (1967), firmato anche da Jacobbi, Il silenzio del mare (1968) e La Malquerida (1969).
Dopo aver abbandonato le scene Torrieri, separatasi ufficialmente dal marito nel 1973, si dedicò intensamente alla poesia e alla letteratura. Pubblicò i volumi di poesia I nomi (Milano 1974) e Forse l’allodola (Quarto d’Altino 1976). Fu autrice di tre romanzi: Il tuo silenzio (Milano 1973), Vivendo Anna (Torino 1982), che vinse il premio Fregene, e L’antica bambina (Torino 1985). Nel 1990 pubblicò per le Edizioni paoline Destinazione Emily, un’insolita autobiografia scritta come un colloquio con la Dickinson, mescolando ricordi a riflessioni poetiche e religiose.
Considerato l’alto profilo artistico e culturale della Torrieri e viste le gravi ristrettezze economiche, l’11 agosto 1991 il presidente del Consiglio Giulio Andreotti le concesse il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli.
Morì a Roma nella notte del 26 marzo 2007.
Fonti e Bibl.: C. Pavolini, in Enciclopedia dello spettacolo, a cura di S. D’Amico, Roma 1961, s.v.; D. T., in Donne e uomini della Resistenza, 2010, http://www.anpi.it/donne-e-uomini/ 713/diana-torrieri, (18 ottobre 2019); C.E. Mambrini, Il giovane Strehler: da Novara al Piccolo Teatro di Milano, Vignate 2013; Il laboratorio di Lucio Ridenti. Cultura teatrale e mondo dell’arte in Italia attraverso «Il Dramma» (1925-1973). Atti del Convegno, a cura di F. Mazzocchi - S. Mei - A. Petrini, Torino 2017, p. 48.