DIAVOLO
Si considerano d. le creature angeliche decadute, chiamate anche demòni - termine di origine diversa ma di uguale significato nel Medioevo -, o ancora creature come Leviatano, Belzebù, Baal, Belial, Behemoth; è opportuno, inoltre, distinguere tra la moltitudine dei d. e il loro capo Lucifero, che era il più importante degli angeli prima di diventare Satana, principe dell'inferno. D'altra parte la sfera del diabolico, immensa e votata alla diversitas e alla metamorfosi, non può essere delimitata in modo troppo netto, né essere dissociata dalle creature mostruose che in particolare brulicavano in margine all'arte romanica e gotica.Sostanzialmente ignorati dall'Antico Testamento, i riferimenti ai d. compaiono invece numerosi nel Nuovo (per es. Mt. 13, 19 e 39; Gv. 8, 44; 1 Pt. 5, 8; Ap. 12, 9-10), sulla scia del giudaismo popolare e della letteratura apocrifa. Nell'universo medievale il d. divenne un personaggio essenziale e onnipresente, personificazione del Male sia sul piano universale sia su quello individuale, dal momento che si immagina ogni uomo affiancato non solo dall'angelo custode ma anche da un d. personale (Pietro Lombardo, Libri Sententiarum, sec. 13°; Roma, BAV, Vat. lat. 686, c. 83v). Ciò nonostante la dottrina cristiana, sotto l'effetto del confronto con il manicheismo e in seguito con il catarismo, si affrancò da questo dualismo, sottolineando come Satana fosse una creatura di Dio e perciò sottomessa alla volontà divina; la venuta del Redentore impose al d. una grave sconfitta, delineando i limiti del suo potere sull'uomo e sul mondo.La presenza del d. nell'iconografia cristiana ha acquistato importanza molto lentamente, soprattutto a partire dal sec. 9°, a eccezione di apparizioni di limitata ampiezza nelle scene di esorcismo, per es. nei Vangeli di Rabbula (Firenze, Laur., Plut. 1.56, c. 8v) o nel mosaico con la Separazione del gregge in S. Apollinare Nuovo a Ravenna (ca. 520), dove l'angelo malvagio è identificato unicamente dal colore blu (Kirschbaum, 1940). Nei secc. 9° e 10° le raffigurazioni del d. si moltiplicarono, ma poco accentuata rimase l'espressione della sua natura malvagia (per es. Tentazione di Cristo nel Libro di Kells, Dublino, Trinity College, 58, c. 202v; Salterio di Stoccarda, Württembergische Landesbibl., Bibl.fol.23, cc. 6v, 10v, 29v, 107r e v; Omelie di Gregorio Nazianzieno, Parigi, BN, gr. 510, c. 165r; Salterio Chludov, Mosca, Gosudarstvennyj Istoritscheskij Muz., Add.gr. 129, cc. 35v, 63r). I secc. 11° e 12° segnarono una nuova tappa nello sviluppo dell'iconografia del d. sul piano sia quantitativo sia qualitativo; fu creata proprio in quest'epoca infatti una sua raffigurazione specifica che insisteva su caratteri animaleschi e mostruosi.La narrazione della caduta degli angeli ribelli, che è all'origine della nascita del d., trova un labile riscontro nelle Scritture (2 Pt. 2, 4; Gd. 6); il combattimento e la caduta del drago descritti in Ap. 12, 7-9 non riguardano l'alba dell'universo e la lettura di Is. 14, 12, come caduta di Lucifero, è frutto della interpretazione della Vulgata e dei Padri, estranea quindi all'Antico Testamento. Il racconto deriva soprattutto dalla letteratura ebraica apocrifa, in particolare dal Libro di Enoch, che attribuisce la caduta degli angeli al desiderio che essi nutrivano per le donne che vivevano sulla terra. Secondo un'altra interpretazione, che si impose a partire dal sec. 4°-5°, in particolare in s. Agostino, l'orgoglio e il desiderio di eguagliare Dio condussero alla condanna di Lucifero e dei suoi sostenitori e alla loro cacciata dal mondo celeste. L'evento, spesso associato alla separazione della luce dalle tenebre (Agostino, De civ. Dei, XI), si situa all'origine del mondo; in quel momento il male fa il suo ingresso nell'universo. Secondo la teoria dei 'troni del paradiso', sviluppatasi a partire dall'anno Mille, Dio avrebbe creato l'uomo per sostituire gli angeli caduti.Le prime rappresentazioni della Caduta degli angeli apparvero intorno al Mille, in particolare nella miniatura anglosassone (per es. Genesi di Caedmon, Oxford, Bodl. Lib., Junius 11, pp. 3, 16-17; Salterio Harley, Londra, BL, Harley 603; Parafrasi della Genesi di Alfrico, Londra, BL, Cott. Claud. B.IV, c. 2r). In seguito la scena conobbe una crescente diffusione (Baschet, 1993, pp. 255-260), generalmente in rapporto con il ciclo della Genesi nell'iniziale I di questo libro (Bibbia di Saint-Vaast, della prima metà del sec. 13°; Boulogne-sur-Mer, Bibl. Mun., 5, c. 1r), o ancora in compilazioni morali come lo Speculum humanae salvationis o il Breviari d'Amor di Matfre Ermengau.La Caduta degli angeli, soggetto molto diffuso nella miniatura, ebbe comunque uno sviluppo anche nell'arte monumentale (per es. pitture murali degli inizi del sec. 13° nella cappella di S. Michele in Saint-Julien a Brioude; rilievo degli inizi del sec. 13° nella navata del duomo di Fidenza; portale settentrionale della seconda metà del sec. 14° nella cattedrale di Friburgo in Brisgovia). In quest'ambito si preferì legare il combattimento fra angeli buoni e cattivi al contesto apocalittico, come per es. nelle pitture di S. Pietro al Monte a Civate, anche se talvolta il riferimento ad Ap. 12 è associato a una rappresentazione vera e propria della Caduta degli angeli, come nell'affresco di Cimabue nella basilica superiore di Assisi o in quello di Spinello Aretino nella chiesa di S. Francesco ad Arezzo.È molto raro vedere rappresentato Lucifero sotto forma di angelo della luce prima della caduta (per es. Genesi di Caedmon; Oxford, Bodl. Lib., Junius 11, p. 3). Gli angeli ribelli sono generalmente respinti dall'arcangelo Michele e fatti precipitare sulla terra o nell'inferno; possono conservare il loro aspetto angelico, apparire già sotto forma di d. o essere raffigurati nel momento della progressiva metamorfosi. In alcuni casi è visibile solo la moltitudine disordinata dei d., mentre in altri sono evidenti il ruolo e l'autorità del loro capo. Nella rappresentazione della Caduta possono anche comparire Dio e Satana contrapposti, ciascuno in trono al centro della propria sfera (per es. Salterio Queen Mary, del 1310-1325, Londra, BL, Royal 2.B.VII, c. 1v; Warner, 1912). Intorno a Dio, dominante la sfera celeste, appaiono talvolta i troni lasciati vuoti dagli angeli ribelli, che fanno riferimento alla citata teoria dei 'troni del paradiso', come nella tavola del 1340 ca. del Maestro degli Angeli ribelli (Parigi, Louvre; L'arte gotica, 1983, nr. 59), modello che ispirò i fratelli Limbourg nelle Très Riches Heures del duca di Berry, del 1413-1416 (Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 64v).Dopo la caduta, secondo vari testi, il d. intervenne attivamente nelle vicende degli uomini per indurli al male e in tal modo catturarli. Adamo ed Eva furono le prime vittime dell'astuzia del serpente, interpretato, secondo Sap. 2, 24, come rappresentazione del d.; talvolta è un essere angelomorfo a tendere il frutto ai progenitori, come nella citata Genesi di Caedmon.Il Libro di Giobbe offre l'occasione per rappresentare le prove inflitte da Satana, nome che nell'Antico Testamento designa l'angelo accusatore, ma che le immagini medievali trasformano in un autentico diavolo. Fra i temi che hanno dato luogo, a partire dalla fine del sec. 8°, a un precoce sviluppo dell'immagine del d. si annovera quello della Tentazione di Cristo (Schiller, 1966, pp. 153-155). Anche le tentazioni subìte dai santi hanno stimolato la rappresentazione del d.: le Tentazioni di s. Antonio, probabilmente già nel sec. 10° (Roma, S. Maria Antiqua; Osborne, 1987), ma soprattutto a partire dal 12° (capitello; Vézelay, Mus. Lapidaire), sono tra quelle che maggiormente hanno ispirato gli artisti. Il d. secondo la tradizione affrontò anche semplici mortali e personaggi leggendari come Teofilo: il racconto del suo patto con Satana e dell'intervento salvifico della Vergine, noto in Occidente dal sec. 9°, ha ispirato l'arte monumentale (scultura del sec. 12°: Souillac, Sainte-Marie; Parigi, Notre-Dame, portale meridionale) e la miniatura (il Salterio della regina Ingeborga, del 1200 ca., Chantilly, Mus. Condé, 9, cc. 35v-36r; il citato Salterio Queen Mary; Warner, 1912).Avversario tenace ma sterile dei giusti, il d. appare anche come ispiratore degli empi, instillando i suoi perversi consigli all'orecchio di principi malvagi come Saul ed Erode. Secondo i cristiani è ai d. che i pagani dedicavano il loro culto: tale convinzione viene ricordata attraverso l'immagine, conferendo agli idoli un aspetto diabolico (Camille, 1989). Le truppe infernali sono rappresentate in atteggiamento scatenato specialmente nei cicli dell'Apocalisse, soprattutto nelle scene dello squillo della quinta tromba (Ap. 9, 1-2), durante la lotta tra la donna e il drago (Ap. 12-13) e nell'ultimo combattimento escatologico (Ap. 19-20). Tra le innumerevoli attività malefiche del d. vanno ricordate la pratica sessuale con gli umani, sotto forma di succube o d'incubo, per es. in un manoscritto del sec. 14° in cui è raffigurato il concepimento di Merlino (Parigi, BN, fr. 9123, c. 96r), e ancora la propensione a rapire i neonati per sostituirli con proprie creature, dette changelins o 'cambiati' (De Gaiffier, 1936). L'attività del d. ha assunto anche, talvolta, un carattere meno minaccioso; il suo agire burlesco, satirico od osceno è raffigurato soprattutto nei margini dei manoscritti o nei dettagli dei monumenti. Quest'immagine del d., che è bene non qualificare come ridicola, possiede l'ambiguità del comico e delle pratiche d'inversione, che sono a un tempo forza di sovversione e omaggio alle norme (Bakhtine, 1970; Gurevič, 1981).Un altro tipo di iconografia individua, infine, i limiti del potere del d., o addirittura la sua disfatta. Le scene d'esorcismo lo presentano cacciato da Cristo (Schiller, 1966, pp. 182-183) o dai santi, mentre esce dalla bocca dei posseduti ed eccezionalmente dall'ano, come per es. nella Vita Martini, degli inizi del sec. 12° (Treviri, Stadtbibl., 1378, c. 136r), generalmente sotto forma di piccola figurina nera. L'esorcismo riguarda anche luoghi: l'edificio di culto all'atto della consacrazione, quando il d. è costretto ad allontanarsi dal luogo sacro, o la città, come nella basilica superiore di Assisi, dove Giotto ha affrescato S. Francesco che caccia i d. da Arezzo. D'altronde il d. - sotto forma di aspide o di basilisco, di leone o di drago, con riferimento al Sal. 91 (90), 13 - è spesso una figura sconfitta, atterrata da Cristo o dalla Vergine, come per es. nello Speculum humanae salvationis, del 1428 ca. (Roma, BAV, Reg. lat. 99, c. 32v), o anche, come drago, da s. Michele. La figura del d. oscilla così fra tre poli: l'immagine del suo temibile potere, quella della sua disfatta di fronte alle potenze celesti e infine la raffigurazione derisoria, che esprime al contempo la paura che Satana ispira e la possibilità di sconfiggere tale timore.L'aldilà sotterraneo è il dominio privilegiato del d., che spera di trascinarvi le sue vittime; per questo è rappresentato mentre accorre presso i moribondi volendo impadronirsi della loro anima o almeno contenderla agli angeli, appendendosi talvolta alla bilancia con cui s. Michele pesa le anime. Il d. può apparire nella scena della Crocifissione per impadronirsi dell'anima del ladrone malvagio e addirittura anche sulla croce di Cristo, di cui ignora l'identità, nell'ingenua speranza di scoprire qualche suo peccato (Marx, Skey, 1979). Il d. è presente, contrapposto a s. Michele, pure nella scena del Giudizio universale (Conques, Sainte-Foy, timpano) e soprattutto nell'atto di trascinare il corteo dei dannati in catene (Baschet, 1993); compare inoltre nella Discesa di Cristo al limbo, schiacciato sotto i piedi del Redentore, o addirittura al di sotto delle porte abbattute (v. Anastasi). Nel purgatorio i d. possono prendere parte ai tormenti inflitti alle anime, come nel retablo in pietra del terzo quarto del sec. 14° (Narbona, Saint-Just-et-Saint-Pasteur, cappella di Nostra Signora di Betlemme), ma il loro vero regno è l'inferno. Qui i d. tormentano le loro vittime malmenandole con bastoni, forconi o uncini, attizzando il fuoco, producendo una musica sicuramente molto vicina alla cacofonia o, soprattutto a partire dal sec. 14°, assumendo il ruolo di veri e propri carnefici che infliggono ai dannati una serie diversificata di supplizi, sempre più elaborati (Baschet, 1993).I d. compaiono anche riuniti in consiglio intorno al loro capo per deliberare e mettere a punto le loro strategie, come accade nelle rappresentazioni dei Misteri della Passione, per es. nei frontespizi dell'Histoire de Merlin (Baschet, 1993, p. 10). Infine, il Codex Gigas, del 1209-1227, fornisce un vero e proprio ritratto del d., personificazione del Male e dell'inferno, che occupa da solo l'immenso foglio che, insieme a quello della città celeste, costituisce un dittico (Stoccolma, Kungl. Bibl., A.148, c. 290r; Nordenfalk, 1975).Nelle immagini più antiche il d. non ha beneficiato di una specifica raffigurazione; è interamente antropomorfo e, nelle scene della Tentazione, talvolta non si distingue affatto da Cristo: simili nell'aspetto e nell'abbigliamento, di taglia identica, i due personaggi dialogano serenamente, come nell'avorio di Metz, dell'850 (Francoforte sul Meno, Stadt- und Universitätsbibl.), o nel ciborio di Arnolfo di Carinzia, dell'870 ca. (Monaco, Schatzkammer der Residenz; Schiller, 1966, figg. 391-392). Anche dopo il Mille il d. conserva un aspetto essenzialmente antropomorfo, contrassegnato solo debolmente da caratteri negativi, talvolta solo dalla nudità e dal colore scuro (Codex Aureus di Enrico III, del 1043-1046, Escorial, Bibl., Vitr. 17, c. 117v; Giudizio universale del 1100 ca., Torcello, cattedrale; capitello del sec. 12°, Issoire, Saint-Austremoine). Nel mosaico del 1260-1270 ca. del battistero di Firenze, solo la testa di Satana è mostruosa, mentre il corpo è antropomorfo e ben proporzionato.Nessuna singola rappresentazione può esprimere compiutamente la natura del d., che si manifesta proprio attraverso la diversitas e la varietà delle sue metamorfosi. Per ingannare è capace di assumere l'aspetto di donna seducente, o addirittura di santo, anche se nell'immagine l'inganno viene denunciato in genere attraverso un dettaglio (per es. presenza di zampe o di ali); all'opposto il maligno può agire anche sotto forma di animale; nel ricco bestiario del d. figurano in particolare il serpente e il drago, la scimmia, il leone, il gatto, il grifone, il centauro, i rettili.A partire dal sec. 9° la rappresentazione più diffusa del d. si fondava sulla doppia nozione di difformità e di animalità. Si ricorreva a un aspetto globalmente umano, ma si contaminava questa forma - vera imago Dei secondo Gn. 1, 26 - associandole caratteri animali. Lo snaturamento dei tratti umani solo raramente veniva esasperato nell'arte medievale; è comunque possibile citare qualche caso estremo in cui l'artista si è allontanato da ogni forma conosciuta, tendendo verso un'immagine totalmente destrutturata, quasi astratta, del corpo (per es. Vita Amandi, Valenciennes, Bibl. Mun., 502, c. 12r). La mostruosità del d. è espressa più frequentemente dall'ibridismo di tratti umani e animali, che evoca talvolta creature della mitologia antica come i satiri. I tratti animali si concentrano sulla testa (corna, orecchie appuntite, muso di lupo, di cane, di leone o becco d'uccello) e sull'estremità delle membra (unghie, artigli o zoccoli), mentre il corpo è peloso o ricoperto di scaglie e talvolta provvisto di coda. Come reminiscenza della loro origine angelica i d. sono in genere dotati di ali, identiche a quelle degli angeli, almeno fino al sec. 13°, quando i d. iniziano a essere raffigurati con ali di pipistrello (Salterio di Bianca di Castiglia, del 1223 ca., Parigi, Ars., 1186; Baltrušaitis, 1955).La natura del d. si esprime nell'insistenza e nel trattamento di certe parti del corpo - sia che abbia connotati animali sia umani -, del quale i teologi sottolineano la natura spirituale, aerea, ma che l'arte ha rappresentato necessariamente sotto apparenze sensibili.A differenza degli angeli, i d. sono generalmente nudi, il che costituisce un carattere negativo, anche se talvolta portano un perizoma, come nel mosaico della cattedrale di Torcello o nel rilievo di Teofilo nella Sainte-Marie di Souillac. Il trattamento dei loro corpi è improntato a tensione, agitazione, aggressività. Le forme appuntite sono ricorrenti (corna, denti, naso, capigliatura o criniera, peli) come le pieghe e le grinze, che si accumulano intorno alla bocca o sul collo, sulle costole o sulle membra nervose, in contrasto con le pieghe armoniose delle vesti dei santi e degli angeli (Bonne, 1985); infine le positure esageratamente curve e contorte esprimono il gesticolare disordinato dei diavoli.La bocca riveste un'importanza particolare nell'immagine diabolica; è ampiamente aperta, contratta in una smorfia animalesca, smisurata, spalancata per far uscire la lingua (timpano del Giudizio universale di Gisleberto; Autun, Saint-Lazare), o addirittura totalmente deformata (mosaico del 1260-1270 ca., Firenze, battistero). Reminiscenza delle fauci di Leviatano, simbolo del luogo infernale, la bocca esprime il suo potere minaccioso. A partire dagli anni intorno al 1200 la bocca veniva spesso raddoppiata con l'aggiunta di un secondo volto sul ventre dei d. (Salterio di Canterbury, Parigi, BN, lat. 8846, c. 11v; Giudizio universale del 1210-1215 ca., Chartres, cattedrale, portale meridionale; Obrist, 1977). Questo fenomeno esige letture multiple: intensifica la mostruosità del d., rende nota la sua bestialità tramite lo spostamento della testa, sede dell'intelligenza, verso le parti impure del corpo (Mâle, 1922), manifesta il trionfo del 'basso corporeo', caratteristica dell'universo diabolico (Bakhtine, 1970). Si possono inoltre mettere in risalto le affinità fondamentali che nella cultura cristiana uniscono il d. e la maschera (Schmitt, 1988) ed è anche necessario sottolineare che, a partire dalla fine del sec. 13°, la ripetizione dei volti ha investito parti impure del corpo (sesso, cosce, petto), come pure le articolazioni (gomiti, spalle, ginocchia), spesso cariche di connotazioni negative (Giudizio universale della seconda metà del sec. 13°, Bourges, cattedrale, timpano; Giudizio universale della seconda metà del sec. 13°, Rouen, cattedrale, timpano); in seguito, soprattutto nel sec. 15°, Satana poteva arrivare ad avere fino a dieci volti (per es. Histoire de Merlin, Parigi, BN, fr. 96, c. 61r). Questo fenomeno può considerarsi espressione di un'immagine corporea dominata da una 'oralità' minacciosa, rappresentazione di un corpo aperto, particolarmente pericoloso e angosciante; ciò si pone anche in rapporto con l'evocazione di una sessualità inquietante e aggressiva e con l'insistenza sugli organi genitali del d., spesso smisurati, in particolare nelle scene infernali (codice di Beato di Liébana proveniente da Santo Domingo de Silos, Londra, BL, Add. Ms 11695, c. 2r; Conques, Sainte-Foy, timpano; Bible de Manerius della fine del sec. 12°, Parigi, Bibl. Sainte-Geneviève, 10, c. 128v; Très Riches Heures del duca di Berry del 1413-1416, Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 108r). Il sesso del d. può trasformarsi in serpente che talvolta aggredisce le dannate (per es. affreschi del 1393-1413 ca. nel duomo di San Gimignano). Prima del sec. 15° raramente venivano attribuiti al d. caratteri femminili, anche se talvolta si nota la presenza di seni pendenti (per es. Bourges, cattedrale, timpano).Il colore contribuisce a esprimere la natura del d., anche se nessuna tinta in particolare lo contraddistingue; senza dubbio il colore scuro è caratteristico del d., in conformità con le numerose fonti testuali. Più che attraverso il nero, impiegato talvolta (capitello, Issoire, Saint-Austremoine; Tentazione di Cristo di Duccio di Buoninsegna, New York, Frick Coll.), la sua appartenenza al mondo delle tenebre viene manifestata dal bruno, ma anche dal blu scuro, dal verde scuro o da qualsiasi altro colore scuro e saturo. Altre immagini sottolineano la diversitas diabolica contrapponendo d. di colori molto diversi: grigio, rosso, giallo, blu (per es. affreschi del 1365 ca., Firenze, S. Maria Novella, Cappellone degli Spagnoli); soprattutto nel sec. 15° i d. sono spesso multicolori.Il principe dei d., l'"imperador del doloroso regno" (Dante, Inf. XXXIV, v. 28), talvolta è oggetto di una raffigurazione specifica. Fra i secc. 12° e 15° la sua potenza è stata espressa con crescente insistenza, in particolare nelle rappresentazioni dell'inferno (Baschet, 1990). Sia la posizione seduta e frontale sia il diritto al trono sottolineano questa preminenza nel Giudizio universale della cattedrale di Torcello e più ancora in quello di Sainte-Foy a Conques, dove Satana, di dimensioni maggiori rispetto ai semplici d., è situato al centro del suo regno, la sua capigliatura evoca una corona e il gesto imita quello del Cristo-giudice. In seguito, anche se le catene che impacciano Satana sottolineano la sua sottomissione alla volontà divina, la potenza del padrone dell'inferno è stata accentuata ulteriormente dalle dimensioni gigantesche, talvolta superiori a quelle di Cristo (affreschi di Buonamico Buffalmacco del 1330-1340 nel Camposanto di Pisa), o dall'enfasi posta sui simboli di sovranità e maestà (trono, scettro, corona, corte che circonda il principe; Baschet, 1993). Per finire, come nell'Inferno di Dante, Satana può essere dotato di una testa trifrons; questo motivo, che non sembra svilupparsi prima della fine del sec. 13° (Pisa, Camposanto; Firenze, Santa Croce, affresco del Giudizio universale), distingue ulteriormente Satana dai semplici d. e, attribuendogli un carattere trinitario, ne fa un'inversione dell'immagine divina.In sintesi, la storia delle immagini del d. evolve globalmente da una non-rappresentazione a una raffigurazione che insiste sempre più sia sulla potenza sia sui caratteri negativi. È necessario comunque sottolineare che il d. compare sempre in contrapposizione a un polo positivo, in posizione subordinata o vinto da questo. In tale contesto la sua potenza, per quanto temibile, è finalmente controllata e recuperata dalle figure celesti. L'immagine del d. può quindi iscriversi in una dialettica fra il timore che ispira e il processo che consente di superarlo. Le sue raffigurazioni infine possono essere anche oggetto di odio e di azioni distruttive, spesso cancellate o raschiate, bersaglio del lancio di pietre (Marrou, 1948; Baschet, 1990). A questo proposito va sottolineato che l'immagine cristiana non è solo una rappresentazione, ma conferisce anche una forma di 'presenza' all'essere raffigurato, in questo caso una presenza eminentemente minacciosa. Si comprendono meglio quindi gli atteggiamenti ambivalenti che sono stati individuati, come pure la diffidenza a lungo manifestata nei confronti di una vera e propria raffigurazione del diavolo.
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