Abstract
Le recenti innovazioni introdotte dalla l. n. 103/2017 e dal d.lgs. n. 149/2017 hanno mutato la fisionomia della disciplina dei collegamenti audiovisivi nel dibattimento. Da un lato, infatti, è stata estesa anche agli imputati per i reati comuni la disciplina, sino ad oggi riservata agli imputati di reati di criminalità organizzata, che consente la loro partecipazione al dibattimento in videoconferenza. Dall’altro, sono state ridisegnate le coordinate della disciplina, contenuta nell’art. 205 ter disp. att. c.p.p., della partecipazione a distanza di imputati o di testimoni e periti, rispettivamente detenuti o presenti all’estero. Se il risultato complessivo del restyling operato dal legislatore mostra molti lati positivi (soprattutto in materia di acquisizione delle prove dichiarative all’estero) nella parte in cui estende a tutti gli imputati detenuti in Italia la partecipazione a distanza è destinata a riaprire dibattiti che sembravano ormai sopiti.
Con recenti interventi, operati con la l. 23.6.2017, n. 103 e con il d.lgs. 3.10.2017, n. 149, il legislatore è intervenuto per mutare la fisionomia della disciplina dei collegamenti audiovisivi nel dibattimento, con scelte destinate a riaprire alcuni dibattiti che sembravano ormai sopiti. Con il primo provvedimento è stata ampiamente rimaneggiata la complessa disciplina della partecipazione dell’imputato a distanza contenuta nell’art. 146 bis disp. att. c.p.p.; con il secondo, sono state ridisegnate le coordinate della disciplina, contenuta nell’art. 205 ter disp. att. c.p.p., della partecipazione a distanza di imputati o di testimoni e periti rispettivamente detenuti o presenti all’estero.
Il collegamento audiovisivo in dibattimento è stato per la prima volta previsto dal d.l. 8.6.1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, in l. 7.8.1992, n. 356), che, con l’art. 7, co. 2, ha introdotto l’art. 147 bis nelle disposizioni di attuazione del c.p.p. Tale modalità si utilizzava in origine per l’esame in dibattimento delle persone ammesse, in base alla legge, a programmi o misure di protezione, anche di tipo urgente o provvisorio. Successivamente esso era stato esteso all’audizione delle persone destinatarie del cambiamento delle generalità di cui all’art. 3 d.lgs. 29.3.1993, n. 119, nonché delle persone indicate nell’art. 210 c.p.p. nei confronti delle quali si procede per uno dei delitti previsti dall’articolo 51, co. 3-bis (così per effetto dell’art. 6 l. 7.1.1998, n. 11) o dall’art. 407, co. 2, lett. a), n. 4 (così per effetto dell’art. 8 d.l. 18.10.2001, n. 374), anche se vi è stata separazione dei procedimenti, quando tali persone debbano essere esaminate nell’ambito di un processo per taluno dei delitti indicati. Recentemente, tale forma di audizione è stata prevista altresì per l’esame degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, anche appartenenti ad organismi di polizia esteri, degli ausiliari e delle interposte persone, che abbiano operato in attività sotto copertura (di cui all’art. 9 l. 16.3.2006, n. 146) ad opera dell’art. 8 della stessa l. n. 146/2006 (per un approfondimento sull’art. 147 bis disp. att. c.p.p., cfr. Daniele, M., La formazione digitale delle prove dichiarative. L’esame a distanza tra regole interne e diritto sovranazionale, Torino, 2012, spec. p. 53 ss).
In seguito all’inserimento dell’art. 146 bis nelle disposizioni di attuazione ad opera dall’art. 2 della l. n. 11/1998 (sull’argomento, Curtotti Nappi, D., I collegamenti audiovisivi nel processo penale, Milano, 2006; Id., L’uso dei collegamenti audiovisivi nel processo penale tra necessità di efficienza del processo e rispetto dei princìpi garantistici, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1999, p. 526), il collegamento audiovisivo in dibattimento è stato applicato anche all’esame degli imputati a qualsiasi titolo in stato di detenzione in carcere, qualora si proceda per taluni delitti indicati nell’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.
Le recenti modifiche sono destinate ad avere importanti ricadute sul piano del rispetto di alcune garanzie fondamentali: esse non solo incidono sul concreto atteggiarsi del diritto di difesa dell’imputato, in particolare sotto il profilo della sua facoltà a partecipare al dibattimento, ma anche sul diritto del contraddittorio, essendo difficile negare, nell’ottica della accezione forte accolta nell’art. 111, co. 4, Cost., che la virtualità insita nell’esame a distanza sia priva di ripercussioni sull’esplicazione del metodo dialettico (così Daniele, M., La formazione digitale delle prove, cit., p. 19-20).
Concepito in origine come una delle tante manifestazioni del cd. sistema del doppio binario (sul punto, Ferraioli, M., Introduzione, in AA. VV., Nuove strategie processuali per imputati pericolosi e imputati collaboranti, coordinato da A.A. Dalia e M. Ferraioli, Milano, 1998, p. 3; Kalb, L., La partecipazione a distanza, ivi, p. 33), l’istituto della partecipazione a distanza dell’imputato al dibattimento, una volta spirato il termine di un anno di vacatio stabilito dall’art. 1, co. 81, l. n. 103/2017, entrerà stabilmente a far parte del sistema processuale (sulla modifiche introdotte dalla l. n. 103/2017 cfr. Lorusso, S., Dibattimento a distanza vs. “autodifesa”?, in Dir. pen. cont., 2017, fasc. 7-8, p. 2; Papagno, C., Le modifiche all’art. 146-bis disp. att. c.p.p, in G. Spangher, a cura di, La Riforma Orlando, Pisa, 2017, p. 209).
La principale novità introdotta è rappresentata dal fatto che la persona in vinculis partecipa al dibattimento, sia come imputato, sia come testimone, a distanza.
La disciplina della partecipazione a distanza, infatti, troverà applicazione, oltre che nei confronti delle persone che si trovano in stato di detenzione per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, co. 3-bis, nonché nell’art. 407, co. 2, lett. a), n. 4) c.p.p. (come appunto previsto fino all’entrata in vigore della novella), anche nei confronti di quelle detenute a qualunque titolo presso un istituto penitenziario.
Quando la riforma entrerà a regime, l’unica differenza tra le une e le altre riguarderà l’estensione dei poteri del giudice: per effetto delle innovazioni introdotte dalla legge Orlando, infatti, mentre le persone che si trovano in stato di detenzione per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, co. 3-bis e nell’art. 407, co. 2, lett. a), n. 4) (oltre che quelle ammesse a programmi o misure di protezione) parteciperanno automaticamente a distanza (salvo che il giudice non ritenga necessario, eventualmente anche su istanza di parte, disporne la presenza fisica in udienza; solo nell’ipotesi in cui sono state applicate le misure di cui all’art. 41 bis l. 26.7.1975, n. 354, infatti, la partecipazione a dibattimento è sempre esclusa), per tutte le altre la partecipazione a distanza dipenderà da un provvedimento discrezionale del giudice, che potrà adottarlo a condizione che sussistano ragioni di sicurezza, ovvero allorquando il dibattimento sia di particolare complessità o sia necessario evitare ritardi nel suo svolgimento. Per le persone che si trovano in stato di detenzione per taluno dei reati di cui agli artt. 51, co. 3-bis e 407, co. 2, lett. a), n. 4, c.p.p. è poi prevista la partecipazione a distanza anche qualora il processo sia relativo a reati per i quali siano in libertà e qualora debbano essere ascoltate come testimoni in procedimenti civili. Per le persone ammesse a programmi o misure di protezione è prevista la partecipazione a distanza anche alle udienze dibattimentali relative a processi nei quali esse siano citate a piede libero).
Le modifiche introdotte con la l. n. 103/2017 hanno inciso anche sulle forme del provvedimento con il quale il giudice dispone la partecipazione a distanza dell’imputato.
A differenza di quanto già previsto (l’art. 146 bis, infatti, stabiliva che il provvedimento rivestisse la forma del decreto o dell’ordinanza a seconda che fosse assunto rispettivamente nella fase degli atti preliminari o nel corso del dibattimento), esso assumerà sempre la forma del decreto motivato, il quale, a differenza di quanto stabilito nella originaria previsione, non dovrà neppure essere comunicato almeno dieci giorni prima dell’udienza, qualora assunto fuori dalla stessa.
In pratica, non solo il giudice potrà adottare il decreto al di fuori di qualunque contraddittorio, ma il provvedimento con il quale stabilirà la partecipazione a distanza, il più delle volte, potrà costituire la semplice presa d’atto della presenza da remoto dell’imputato. Poiché, infatti, il servizio traduzioni dei detenuti ed internati è affidato, ai sensi dell’art. 5 l. 15.12.1990, n. 395, alla polizia penitenziaria, quando le strutture saranno adeguate, è facile prevedere che la presenza o meno degli imputati per reati comuni nelle aule dipenderà dalle disponibilità delle singole strutture penitenziarie ad assicurare il videocollegamento ed il giudice potrà limitarsi a ratificare (con decreto motivato) una situazione di fatto che, il più delle volte, egli non sarà in alcun modo in grado di prevedere e che potrà sempre giustificare con la necessità di evitare ritardi nello svolgimento del processo.
Le modificazioni sulla forma del provvedimento hanno ovviamente ricadute sul regime di impugnazione dello stesso. Escluso che esso possa essere autonomamente impugnato (l’art. 586 c.p.p. prevede che solo le ordinanze emesse nel dibattimento possano essere impugnate unitamente alle sentenze), gli eventuali vizi dovranno essere trattati secondo il regime delle nullità relative (Così Giarda, A., in C. Consolo-F.P. Luiso-A.Giarda-G. Spangher, a cura di, Processo civile e processo penale. Le riforme del 1998, Milano, 1998, p. 6 e ss. Contra, invece, Melchionda, A., Sub art. 146-bis disp. att. c.p.p., in Comm. c.p.p. Chiavario, IV Agg., Milano, 1998, p. 167, p. 179 e Curtotti Nappi, D., I collegamenti audiovisivi nel processo penale, Milano, 2006, p. 170).
Poiché ai sensi dell’art. 125 c.p.p. il decreto è nullo quando, essendo richiesta (come nel caso di specie) la motivazione, esso ne sia privo, in concreto, la mancanza della motivazione, in tutte le declinazioni in cui tale vizio può manifestarsi, integrerà una nullità relativa, il cui regime di rilevazione, a seconda del momento in cui il decreto viene emesso, si atteggerà in maniera differente. Qualora, infatti, esso sia adottato nella fase degli atti preliminari, i deficit di motivazione dovranno essere eccepiti, ai sensi dell’art. 181, co. 2, entro il termine previsto dall'art. 491, co. 1. Qualora, invece, i deficit di questa riguardino il decreto emesso nel corso del dibattimento, poiché la parte è presente al compimento dell’atto, la nullità andrà eccepita immediatamente dopo la sua emanazione, in base alla previsione di cui all’art. 182, co. 2, c.p.p. In tale ultima ipotesi, dunque, qualunque questione sulla motivazione del decreto stesso dovrà essere trattata alla stregua di una questione incidentale e l’ordinanza con la quale viene risolta (assunta ai sensi dell’art. 478 c.p.p. con le forme dell’art. 491 c.p.p.) potrà essere impugnata unitamente alla sentenza (sul tema, sia pur con qualche variante Melchionda, A., sub art. 146-bis, cit., p.177-178).
Nel caso in cui, poi, il decreto non dovesse essere stato proprio emesso, sembra corretto ipotizzare che, quantomeno laddove la partecipazione a distanza dipenda da valutazioni discrezionali del giudice, possa configurarsi una nullità; anche tale nullità dovrà essere eccepita dalla parte immediatamente, perché altrimenti si verificherebbe una sanatoria ai sensi dell’art. 183 c.p.p. per accettazione degli effetti dell’atto.
I co. 78 e 79 dell’art. 1 della l. n. 103/2017 sono intervenuti anche sugli artt. 45 bis e 134 bis disp. att. c.p.p., che disciplinano la partecipazione a distanza dell’imputato nei procedimenti in camera di consiglio e nel giudizio abbreviato, quando questo si svolge in pubblica udienza.
Le modifiche, operate attraverso un rinvio ai commi 1, 1-bis, 1-ter dell’art. 146 bis, hanno una mera funzione di raccordo con la disciplina delineata per il dibattimento. In pratica, anche nei procedimenti camerali e nel giudizio abbreviato che si svolge in pubblica udienza, per gli imputati per taluno dei delitti di cui agli artt. 51, co. 3-bis, 407, co. 1, lett. a), c.p.p., la partecipazione all’udienza avverrà sempre a distanza, salva sempre la possibilità, in questi casi, di un diverso provvedimento del giudice. Per gli imputati detenuti per reati comuni, invece, la partecipazione a distanza avverrà sempre a seguito di decisione ad hoc del giudice (che non riveste né la forma del decreto, né quella dell’ordinanza e che, dunque, non sembra esigere particolari motivazioni), comunicata o notificata dal giudice o dal presidente del collegio.
La nuova disciplina non ha modificato l’art. 127 c.p.p. nella parte in cui prevede il potere del magistrato di sorveglianza di ascoltare i detenuti e gli internati in luoghi posti fuori della circoscrizione del giudice procedente, qualora ne facciano richiesta, prima del giorno dell’udienza: tale scelta, a stretto rigore, dovrebbe comportare che, per questa categoria di soggetti in vinculis, la partecipazione a distanza possa non trovare applicazione. Analogo problema si porrà in riferimento all’art. 666, co. 4, c.p.p., per quanto riguarda l’udienza per la trattazione del procedimento di esecuzione (e, conseguentemente, quello di sorveglianza).
La nuova disciplina della partecipazione dell’imputato a distanza non ha toccato neppure l’art. 309, co. 5, c.p.p. (il quale, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 11, co. 1, l. 16.4.2015, n. 47, dispone che l’imputato possa chiedere di comparire personalmente alle udienze del riesame), né l’art. 391, co. 1, c.p.p. (il quale statuisce che l’udienza di convalida dell’arresto e del fermo si svolge con la «partecipazione» necessaria del soggetto privato della libertà). In entrambi i casi sembra che l’imputato abbia diritto a partecipare fisicamente alle udienze.
Degno di nota è, infine, il comma 4-bis introdotto nell’art. 146 bis disp. att. c.p.p., in forza del quale in tutti i processi nei quali si procede con il collegamento audiovisivo è possibile che anche le altre parti ed i loro difensori possano intervenire a distanza, a condizione che assumano l’onere dei costi del collegamento.
Sebbene le molteplici lacune contenute nella previsione rappresenteranno un concreto ostacolo alla sua effettiva applicazione (la norma, infatti, non disciplina i presupposti dai quali dipende la decisione con la quale il giudice può autorizzare le parti a partecipare a distanza; le specifiche tecniche di collegamento; le modalità di corresponsione dei costi di collegamento; le modalità di verbalizzazione e documentazione di atti che la legge prescrive debbano essere formati per iscritto), essa potrebbe costituire un significativo strumento di accelerazione dei processi ed un primo passo per una più marcata introduzione, anche nel processo penale, degli strumenti telematici.
Significative sono anche le modificazioni che sono state apportate alla disciplina della applicabilità della videoconferenza nell’ambito della collaborazione internazionale.
Attraverso un’unica norma, introdotta in occasione della ratifica della Convenzione Italia-Svizzera (l. 5.10.2001, n. 367), il legislatore aveva previsto sia «la possibilità di far partecipare a distanza in un processo che si svolga in Italia l’imputato detenuto all’estero, sia l’assunzione in videocollegamento di testimonianze o di dichiarazioni di periti che si trovano in uno Stato», ricomprendendo in un’unica disposizione i modelli che, ai sensi degli artt. 146 bis e 147 bis c.p.p., trovano una specifica ed autonoma disciplina, a seconda che l’audizione a distanza riguardi l’imputato ovvero i soggetti diversi da quest’ultimo (Piattoli, B., Videoconferenza e cooperazione nel processo penale, Milano, 2005, p. 9).
Condizione essenziale per procedere al collegamento audiovisivo dell’imputato detenuto all’estero è la presenza di una Convenzione internazionale che lo preveda espressamente. Ad essa, evidentemente, è affidata la concreta disciplina delle modalità di attuazione del collegamento. La disposizione di attuazione, a tale riguardo, ha però inteso stabilire che a tale strumento si possa ricorrere solo qualora l’imputato non possa essere trasferito in Italia e sempre a condizione che il collegamento audiovisivo assicuri la possibilità di presenza del difensore o di un sostituto nel luogo in cui viene assunto l’atto e che al difensore sia data la possibilità di colloquiare riservatamente con il suo assistito.
Il favor per tale forma di partecipazione dell’imputato detenuto all’estero è dimostrata dalla previsione, contenuta nel comma 4 del citato art. 205 ter, il quale stabilisce che, ferma restando l’applicabilità dell’art. 420 ter c.p.p. per il caso in cui la presenza dell’imputato non possa essere assicurata in alcun modo (sul punto, si rammenta che secondo la giurisprudenza la detenzione all’estero, anche per reato diverso da quello oggetto del giudizio, costituisce legittimo impedimento a comparire in dibattimento. Così, Cass. pen., 3.11.2011, n. 47497), lo status detentionis all’estero, qualora sia possibile la partecipazione all’udienza in collegamento audiovisivo e l’imputato non dia il consenso o rifiuti di assistervi, non può tuttavia comportare la sospensione o il differimento dell’udienza.
L’art. 205 ter, come accennato, prevede che possano essere esaminati a distanza anche testimoni e periti, sempre a condizione che tale tecnica sia prevista da convenzioni internazionali. A tal fine, la disposizione rinvia a quanto stabilisce l’art. 146 bis disp. att. c.p.p.
Sino ad oggi, alla piena operatività della disposizione è stata di ostacolo la mancata ratifica, da parte dell’Italia, dei Trattati (per la verità sino ad oggi non molto numerosi), che prevedono la videoconferenza come strumento di collaborazione internazionale alternativo a quelli tradizionali.
Va ricordato che, a parte la Convenzione Italia-Svizzera (ratificata con la citata l. n. 367/2001), la videoconferenza internazionale è prevista dall’art. 9 del Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, concluso a Strasburgo l’8 novembre 2001 e dall’art.10 della «Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea», fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000.
Tuttavia, nonostante questi accordi internazionali siano anche molto risalenti, solo il secondo è stato recentemente recepito dal legislatore italiano (d. lgs. 5.4.2017, n. 52).
Pur in mancanza di accordi internazionali, nella prassi non sono mancati tentativi (sia pur sporadici) di applicazione dell’art. 205 ter disp. att. c.p.p. che hanno visto l’avallo della Corte di cassazione. In un caso nel quale è stata applicata la videoconferenza per far partecipare un imputato detenuto all’estero (nella specie negliStati Uniti d’America) in un processo svolto in Italia (pur in difetto di una previsione ad hoc nel trattato di assistenza giudiziaria Italia-USA sottoscritto a Roma il 9.11.1982 e reso esecutivo con l. 26.5.1984, n. 224), la Corte ha riconosciuto la legittimità del ricorso alla videoconferenza internazionale come strumento di mutua assistenza giudiziaria osservando, da un lato, come esso potesse rientrare nelle “altre forme di assistenza, se compatibili con la legislazione dello Stato richiesto” (art. 1, co. 2, ult. parte, del citato trattato Italia-USA) e, dall’altro, come la condizione di legittimità del suo espletamento, prevista dall’art. 205 ter, co. 1 disp. att. c.p.p. e consistente nella sua previsione in accordi internazionali, non comporti la necessità di una previa disposizione generale contenuta in un trattato, potendo essa essere ritenuta soddisfatta dall’esistenza di un apposito e specifico accordo ad hoc (così Cass. pen., S.U., 30.10.2003, n. 45276, in Cass. pen., 2004, p. 811). Di recente sempre la Corte di cassazione ha ritenuto che sebbene, ai sensi dell’art. 205 ter disp. att. c.p.p., il collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza ed il luogo ove si trova il detenuto, sia possibile solo quando tale collegamento sia previsto da accordi internazionali, ove il collegamento sia stato attuato in assenza dei predetti accordi, non si configurerebbe alcuna ipotesi di nullità processuale se l’imputato è stato assistito dal difensore e dall’interprete (nel caso di mancata conoscenza della lingua italiana) e non risulta alcuna effettiva violazione del diritto di difesa, ai sensi dell'art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p. (Cass. pen., sez. I, 6.5.2016, n. 46542). Sull’argomento, si v. anche C. cost., 9.3.2004, n. 88, in Giur. cost., 2004, p. 2, che, nel dichiarare inammissibile, per irrilevanza nel processo a quo, una questione di legittimità dell’art. 146 bis disp. att. c.p.p., aveva rilevato come in mancanza di una convenzione non fosse praticabile la partecipazione a distanza ai sensi dell’art. 205 ter, co. 1, disp. att. c.p.p. di un imputato detenuto nella Repubblica Federale tedesca per altra causa).
Un maggiore impulso all’utilizzo dello strumento di che è comunque presumibile che potrà pervenire dalla recente attuazione della Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (del 3.4.2014) relativa all’ordine europeo di indagine penale (d.lgs. 21.6.2017, n. 108) e dalla riforma del libro XI del codice di procedura penale (d.lgs. 3.10.2017, n. 149).
L’art. 729 quater c.p.p. ha sostanzialmente trasposto all’interno del codice quanto già previsto dall’art. 205 ter disp. att. c.p.p. (che, oltre a non essere abrogato, è richiamato), prevedendo che l’audizione e la partecipazione all’udienza davanti all’autorità giudiziaria italiana della persona sottoposta ad indagini, dell’imputato, del testimone o del perito che si trovi all’estero e che non possa essere trasferito in Italia, può essere eseguita mediante videoconferenza o altra forma di collegamento audiovisivo nei casi previsti dagli accordi internazionali.
La più completa base normativa di livello convenzionale che consentirà alla disposizione codicistica di operare è costituita, però, dalla Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’ordine europeo di indagine (cd. OEI) destinata a soppiantare la Convenzione di Bruxelles del 2000.
In base all’art. 39 d.lgs. n. 108/2017 è, infatti, previsto che il pubblico ministero o il giudice che procede possono emettere, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, un ordine di indagine, per richiedere l’audizione a distanza di testimoni, periti, consulenti tecnici e persone informate dei fatti ovvero, ma solo a condizione che vi consentano, di imputati e di persone sottoposte ad indagini, mediante videoconferenza.
Tale forma di audizione è possibile solo quando ricorrano determinate condizioni. Anzitutto è necessario che l’autorità di esecuzione abbia la disponibilità o l’accesso ai mezzi tecnici necessari. Non si tratta di una condizione assoluta, in quanto se l’autorità di esecuzione non ha la disponibilità o l’accesso ai mezzi tecnici necessari, l’autorità giudiziaria che ha emesso l’ordine di indagine può metterli a sua disposizione per il tramite dell’autorità centrale.
In forza dell’art. 39, poi, l’ordine di indagine può essere emesso allorquando ricorrano giustificati motivi, che rendono non opportuna la presenza dei testimoni, periti, consulenti tecnici, delle persone informate dei fatti, degli imputati o delle persone sottoposte alle indagini sul territorio nazionale ovvero quando la persona da interrogare o esaminare sia a qualsiasi titolo detenuta nello Stato membro.
A cosa esattamente tale formula intenda far riferimento, quando richiama ragioni di opportunità, non è possibile dire con esattezza. Una ragione particolare che può determinare l’autorità giudiziaria procedente ad optare per una videoconferenza è sicuramente costituita dalla esigenza di proteggere la persona offesa.
Le modificazioni introdotte alla disciplina delle videoconferenze mostrano luci ed ombre.
L’estensione a tutti gli imputati della disciplina del dibattimento a distanza, una volta entrata a regime, non mancherà di suscitare forti perplessità sul piano della sua compatibilità con la Costituzione e con le fonti internazionali (Così, nei primi commenti, Papagno, C., Le modifiche all’art. 146- bis, cit., p. 219; Lorusso, S., Dibattimento a distanza, cit., p. 7; Scuto, S., Dibattimento a distanza sempre più frequente, in Il Sole 24 ore, n. 169/2017, p. 32. Nel senso che la disciplina sulla partecipazione a distanza non comporterebbe alcuna lesione del diritto di difesa, Fidelbo, G., Commento alla disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame dei collaboratori di giustizia (l. n. 11 del 1998), in Gazz. giur., 1998, p.6 e Curtotti Nappi, D., I collegamenti audiovisivi, cit., p. 365).
Già in passato, la disciplina era stata ampiamente criticata in quanto, oltre ad amplificare il divario tra imputati, determinava una compromissione dello statuto del giusto processo e, più in particolare, una lesione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e di quello di immediatezza (Curtotti Nappi, D., L’uso dei collegamenti audiovisivi, cit., p. 526, p. 518; Daniele, M., op. cit., p. 19-20; Così Giarda, A., Commento a Corte cost. 22-7-1999, n. 342 in Corr. giur., 1999, p. 1234. Secondo Melchionda, A., Sub art. 146-bis, cit., p. 185, la partecipazione a distanza inciderebbe perfino sull’assistenza del difensore perché obbligherebbe l’imputato a dotarsi di due difensori, uno presente in aula ed uno in presso il sito remoto, in qualità di sostituto). Si può aggiungere, poi, che la partecipazione a distanza può determinare anche una compromissione del principio di pubblicità, posto che, per quanto qualitativamente sofisticate, le trasmissioni delle immagini sono necessariamente parziali, perché statiche e, soprattutto, non in grado di far percepire da remoto le più recondite sfumature dei comportamenti delle persone presenti nell’aula di udienza.
La nuova disciplina della partecipazione a distanza può inoltre avere ripercussioni sul piano della sua compatibilità con le garanzie contenute nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sebbene, infatti, a differenza di quanto statuisce l’art. 14, par. 3, lett. d) del Patto internazionale sui diritti civili, l’art. 6 della Convenzione non preveda in termini espliciti che l’accusato abbia il diritto di essere “presente” alla sua udienza, i giudici europei hanno da tempo affermato che la comparizione dell’imputato riveste una importanza fondamentale per l’attuazione del processo equo e giusto, poiché la sua presenza costituisce una sorta di precondizione essenziale per attuare le varie garanzie previste dall’art. 6 della Convenzione (C. eur. dir. uomo, 23.11.1993, Poitrimol c. Francia; C. eur. dir. uomo, 22.9.1994, Lala c. Paesi Bassi; C. eur. dir. uomo, 12.2.2004, De Lorenzo c. Italia; C. eur. dir. uomo, 28.6.2005, Hermi c. Italia; C. eur. dir. uomo, 1.3.2006, Sejdovic c. Italia).
Sebbene sia la Corte costituzionale (C. cost., 22.7.1999, n. 342; C. cost. 9.3.2004, n. 88; C. cost. 26.11.2002, n. 483; C. cost. 22.7.2011, n. 234), che la Corte europea dei diritti dell’uomo (C. eur. dir. uomo, 5.10.2006, Viola c. Italia; C. eur. dir. uomo, 27.11.2008, Asciutto c. Italia; C. eur. dir. uomo, 27.11.2007, Zagaria c. Italia) abbiano escluso che la videoconferenza possa essere censurata, essenzialmente in ragione del fatto che le prescrizioni di carattere tecnico previste dal legislatore (segnatamente la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi, la possibilità di udire quanto vi viene detto e la possibilità da parte di difensore ed assistito di poter conferire riservatamente) sono idonee ad attuare le garanzie del giusto processo, è facile prevedere che l’estensione dell’ambito applicativo della disciplina de qua costituirà l’occasione per una riproposizione delle vecchie questioni.
Minori problematiche, invece, sembra sollevare la più articolata disciplina della videoconferenza internazionale già da tempo presente nell’ordinamento ma rimasta un po’ in penombra a causa del ritardo con il quale l’Italia ha dato esecuzione alle Convenzioni dalle quali, come visto, dipende la concreta attuabilità della stessa.
Come è agevole intuire si tratta di uno strumento particolarmente importante che, una volta entrato a regime, sarà in grado non solo di soppiantare, per intuitive ragioni di carattere pratico, quello della rogatoria, ma perfino di ovviare agli inconvenienti che il regime di tale meccanismo di collaborazione può produrre sull’utilizzabilità della prova acquisita all’estero.
Va ricordato che nella materia della reciproca assistenza internazionale assumono «una particolare rilevanza le modalità attraverso le quali si instaurano i rapporti tra organi giurisdizionali che appartengono a sistemi diversi nonché le formule per assumere le prove in ambiti procedimentali caratterizzati sempre di più da esigenze di “interscambio” cognitivo» (Piattoli, B., Videoconferenza e cooperazione, cit., p. 10).
Si rammenta, infatti, che in tema di rogatoria internazionale, di regola, trovano applicazione le norme processuali dello Stato in cui l’atto viene compiuto (cd. lex loci) (Cass. pen., 24.4.2012, n. 43535; Cass. pen., 7.10.2005, n. 45103, in Cass. pen., 2006, p. 4148).
Si è osservato, in particolare, che «secondo la sua forma più antica e tradizionale, nei rapporti tra Stati la rogatoria si atteggia come una delegazione di poteri» e che alla raccolta delle prove «lo Stato richiesto procede in modo unilaterale, applicando, soltanto, secondo i canoni tradizionali della sovranità territoriale, le sue regole processuali interne, cosicché può dirsi che, per lo Stato richiedente, la rogatoria si è svolta “a distanza”, salve poi restando la valutazione e l’utilizzabilità dei risultati probatori» (Pisani, M., Rogatorie internazionali e videoconferenze, in Riv. dir. proc., 2002, p. 981).
L’OEI per la videoconferenza, può essere giustamente definito, mutuando una felice espressione coniata per gli analoghi strumenti previsti dalle fonti internazionali che lo hanno preceduto, commissione rogatoria del «terzo tipo» (Così, Pisani, M., Rogatorie internazionali, cit., p. 982 e ss. per distinguerla dalla rogatoria tradizionale e da quella concelebrata di cui all’art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959), in quanto, attraverso la possibilità di procedere all’acquisizione delle prove dichiarative in videoconferenza, viene consentita la realizzazione di una presenza virtuale della persona da ascoltare nel luogo in cui si compie l’atto e, dunque, di applicare nel corso dell’audizione le norme previste dai singoli ordinamenti e, in tal modo, di ovviare a tutti gli inconvenienti che la disciplina della rogatoria faceva emergere in punto di utilizzabilità delle prove acquisite all’estero.
Fonti normative
Art. 729 quater c.p.p.; 146 bis disp. att. c.p.p.; 147 bis disp. att. c.p.p.; 205 ter disp. att. c.p.p.
Bibliografia essenziale
Curtotti Nappi, D., I collegamenti audiovisivi nel processo penale, Milano, 2006; Id., L’uso dei collegamenti audiovisivi nel processo penale tra necessità di efficienza del processo e rispetto dei princìpi garantistici, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1999, p. 526; Daniele, M., La formazione digitale delle prove dichiarative. L’esame a distanza tra regole interne e diritto sovranazionale, Torino, 2012; Ferraioli, M., Introduzione, in AA.VV., Nuove strategie processuali per imputati pericolosi e imputati collaboranti, coordinato da A.A. Dalia e M. Ferraioli, Milano, 1998, p. 3; Fidelbo, G., Commento alla disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame dei collaboratori di giustizia (l. n. 11 del 1998), in Gazz. giur., 1998, p.1; Giarda, A., in Consolo, C.-Luiso, F.P.-Giarda, A.-Spangher, G., a cura di, Processo civile e processo penale. Le riforme del 1998, Milano, p. 1998, p. 6 e ss.; Id , Commento a Corte cost. 22-7-1999, n. 342 in Corr. giur. 1999, p. 1234; Kalb, L., La partecipazione a distanza, in AA.VV., Nuove strategie processuali per imputati pericolosi e imputati collaboranti, coordinato da A.A. Dalia e M. Ferraioli, Milano, 1998, p. 3; Lorusso, S., Dibattimento a distanza vs. “autodifesa”?, in Dir. pen. cont., 2017, fasc. 7-8, p.2; Melchionda, A., Sub art. 146-bis disp. att. c.p.p., in Comm. c.p.p., IV Agg., Milano, 1998, p. 167; Papagno, C., Le modifiche all’art. 146-bis disp. att. c.p.p, in G. Spangher, a cura di, La Riforma Orlando, Pisa, 2017, p. 209; Piattoli, B., Videoconferenza e cooperazione nel processo penale, Milano, 2005, p. 9; Pisani, M., Rogatorie internazionali e videoconferenze, in Riv. dir. proc., 2002, p.994 e ss; Scuto, S., Dibattimento a distanza sempre più frequente, in Il Sole 24 ore, n. 169/2017, p. 32.
Attribuzione: Fuelrefuel [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]