dicitore
Figura soltanto nella Vita Nuova e nel Convivio, nei significati di " poeta ", " scrittore " e " autore ". Per intenderlo in tutto il suo valore, bisogna ricondurlo nell'ambito semantico della terminologia retorico-poetica di D. e del suo tempo, dove anche ‛ dicere ' (" dire "), la parola primitiva, rientra di diritto, in quanto, per l'insegnamento di Brunetto Latini, la rettorica è " quella scienzia per la quale noi sapemo ornatamente dire e dittare " (ediz. Maggini, p. 4).
È assente nell'accezione moderna di " chi declama versi o prosa in pubblico " e in molte di quelle antiche: dalla più letterale, che vale " colui che parla ", a quella più specifica di " ambasciatore principale, incaricato di riferire ufficialmente il messaggio ".
Nella Vita Nuova significa costantemente " poeta volgare " (d'amore) e nella motivazione dantesca la scelta della lingua e la materia amorosa appaiono strettamente connesse: E lo primo che cominciò a dire sì come poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d'intendere li versi latini. E questo è contra coloro che rimano sopra altra matera che amorosa (XXV 6); se alcuna figura o colore rettorico è conceduto a li poete [latini], conceduto è a li rimatori [volgari] (§ 7); sotto questo rispetto retorico-stilistico, dire per rima in volgare tanto è quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione (§ 4); e ancora (§ 7): Onde, con ciò sia cosa che a li poete sia conceduta maggiore licenza di parlare e che a li prosaici dittatori, e questi dicitori per rima non siano altro che poete volgari, degno e ragionevole è che a loro sia maggiore licenzia largita di parlare che a li altri parlatori volgari; e così ancora in XXV 3 (due volte) e 8.
Nel Convivio l'accezione di " poeta in volgare " non scompare, ma si amplia fino a comprendere quella di " scrittore " in genere, anche e soprattutto di argomenti filosofici, trattati sempre secondo i principi della rettorica, quasi nell'ambito di una disputazione dottrinaria. Proprio dall'impegno strenuo di D. a scrivere il trattato filosofico la gran bontade del volgare di sì [si vedrà]; però che si vedrà la sua vertù, sì com'è per esso altissimi e novissimi concetti convenevolemente, sufficientemente e acconciamente, quasi come per esso latino, manifestare (I X 12); e ancora in Cv I XI 12 Così sono alquanti, e non pochi, che vogliono che l'uomo li tegna dicitori; e per scusarsi dal non dire o dal dire male accusano e incolpano la materia, cioè lo volgare proprio; in II VI 6 Ma però che in ciascuna maniera di sermone lo dicitore massimamente dee intendere a la persuasione; e in VIII 2. Il vocabolo ha infine il significato ristretto e specifico di " poeta ", in II XI 2 li dicitori che prima usaro di farla [la tornata], fenno quella perché... con certa parte del canto ad essa si ritornasse.