DIDASCALIA (gr. διδασκαλία, da διδάσκω "insegno, ammaestro")
Nei tempi più antichi significò l'ammaestramento del coro, l'opera compiuta dal διδάσκαλος. Poi da questo senso si passò a quello di rappresentazione; e, nel caso del dramma, il significato si estese dall'esecuzione del canto corale a quella di tutta l'opera, sia tragica sia comica: estensione dovuta all'importanza del coro nel dramma antico, poiché colui che ammaestrava il coro era di regola il poeta stesso, con la parola διδασκαλία si venne a designare anche la messa in scena, e quindi, per le grandi rappresentazioni ateniesi, l'insieme di tragedie o di commedie che ogni poeta avesse presentato ai pubblici agoni. Quando l'interesse storico indusse a fissare il ricordo delle rappresentazioni, didascalie furono chiamate le liste cronologiche delle rappresentazioni corali, specie drammatiche; questo senso noi generalmente diamo alla parola.
È certo che fino dai tempi più antichi dovettero essere compilate e deposte negli archivî d'Atene liste ufficiali delle rappresentazioni drammatiche e corali eseguite ogni anno. Ma il primo a raccogliere e a pubblicare integralmente dalle origini all'età sua il materiale storico relativo alle rappresentazioni ateniesi fu, per quanto sappiamo, Aristotele nell'opera intitolata Διδασκαλία. Di questo lavoro pochi frammenti ci sono rimasti, ed è quindi impossibile farsene un'idea del tutto precisa. Sappiamo solamente che esso era in un libro (Diog. Laert., V, 26) e che trattava anche dei ditirambi (Arpocrat., s. v. Διδασκαλία; schol. ad Aristoph., Aves, 1379); inoltre possiamo ammettere con sicurezza che, per la parte anteriore ai suoi tempi, Aristotele si fondasse sul rigoroso esame di documenti d'archivio, e dobbiamo anche supporre che questa opera aristotelica alimentasse largamente le υποϑέσεις e gli scolî posteriori dei drammi. Ma la maggior parte di ciò che sappiamo intorno alle didascalie lo dobbiamo alle iscrizioni, e soprattutto, per quanto riguarda il dramma, a una serie di frammenti iscritti che furono rinvenuti sul pendio meridionale dell'acropoli d'Atene, nelle immediate vicinanze del teatro di Dioniso (Inscr. Graec., II, 972-5; A. Wilhelm, Urkunden dramatischer Aufführungen in Athen, p. 34 segg.) I drammi eseguiti nelle feste Dionisie e quelli delle feste Lenee erano ricordati in due liste a parte, in ciascuna delle quali le commedie erano separate dalle tragedie. Al nome dell'arconte eponimo seguivano quelli dei poeti, menzionati nell'ordine del giudizio che di essi era stato dato dai κριταί, col titolo del dramma o dei drammi da ciascuno presentati e col nome del relativo protagonista; alla fine stava il nome del protagonista vincitore. Quando poi, passati i più bei tempi del teatro ateniese, si tornò a rappresentare i drammi dei celebri autori, il nome dell'opera fu preceduto dall'indicazione παλαιᾷ e seguito dal nome dell'attore che l'aveva inscenata. La successione cronologica sembra essere scrupolosamente osservata in queste didascalie, tanto è vero che per gli anni nei quali per una qualche ragione le rappresentazioni drammatiche non avevano potuto esser fatte troviamo dopo il nome dell'arconte la dichiarazione: non avvenne (οὐκ ἐγένετο: Inscr. Graec., II, 975). Gli elementi di cronologia che i nostri frammenti ci forniscono, cioè i nomi degli arconti, dei poeti e anche degli attori, sembrano definire un periodo di tempo che può essere compreso fra il sec. V e il II a. C.; invece i caratteri della scrittura non risalgono, nei frammenti di paleografia più antica, oltre la metà del sec. III a. C. Onde è logico ammettere che gli Ateniesi, iniziando verso quell'epoca una lista di rappresentazioni drammatiche, non rinunciassero a ricordare i gloriosi fasti del loro teatro; per i quali essi avranno attinto notizie dagli archivî o, più probabilmente, dalle Διδασκαλία aristoteliche, che, forse, avranno tenuto a modello anche nel redigere il resto del catalogo. Quanto poi agli agoni dei cori ciclici, nei quali ogni anno gareggiavano fra loro le tribù di Atene, non è certo che Aristotele li avesse compresi insieme con le tragedie, le commedie e i ditirambi; sicuramente invece li trattò in quell'altro suo libro dedicato alle vittorie (Νῖκαι) delle feste Dionisie e Lenee (Diogene Laerzio, loc. cit.; Esichio, s. v. Νῖκαι). Purtroppo, se delle Διδασκαλία abbiamo pochi frammenti, delle Νῖκαι non ne abbiamo nessuno; ma è molto probabile che un vivo riflesso di quest'opera ci sia rimasto in un'iscrizione ateniese, una lista di vincitori nelle gare delle feste Dionisie ἐν ἄστει, la quale, per la scrittura, appartiene alla seconda metà del sec. IV e sembra essere stata continuata per circa un quindicennio (Inscr. Gr., II, 971; Dittenberger, Syll., 3ª ed., 1078). Anche questa lista si rifà da tempi più antichi, certo tenendo conto di documenti d'archivio, e precisamente sembra prendere inizio dal 473-2, rammentando i grandi nomi di Pericle corego e di Eschilo poeta. Al ricordo dell'arconte, segue ordinatamente la menzione della tribù vincitrice nei cori dei fanciulli con relativo nome del corego, poi sono segnati corego e tribù che hanno vinto nei cori degli uomini (tanto per i fanciulli quanto per gli uomini manca il nome del διδάσκαλος), infine le vittorie drammatiche, comiche e tragiche, con relativi corego e διδάσκαλος. Il protagonista vincitore viene segnato solamente a partire dalla metà del sec. V. È probabile, poi, che l'erezione di questa stele coincida con il restauro del teatro di Dioniso (346), e forse non ha torto chi suppone che della compilazione di questo catalogo di νῖκαι fosse incaricato lo stesso Aristotele, il quale non molto tempo dopo redasse insieme con Callistene una analoga lista, un pinax di vincitori nelle Pitie delfiche, come sappiamo da un'iscrizione che ci è pervenuta (Dittenberger, Syll., 275). Dopo Aristotele altri Greci si occuparono di didascalie: così Caristio di Pergamo, il quale nella seconda metà del sec. II a. C. scrisse un libro intitolato Περί διδασκαλιῶν (Aten., V, 235 E); e l'abitudine d'incidere nella pietra liste cronologiche di rappresentazioni si estese, come le iscrizioni c'insegnano, anche dopo Aristotele. Didascalie del tipo descritto si trovano solamente nell'Attica; ma se si allarga un poco il significato della parola in modo da comprendere in esso tutti i documenti relativi a vittorie sceniche e corali, anche senza un rigoroso ordinamento cronologico, dovremo ricordare molte altre iscrizioni, dell'Attica e di altri paesi. Così un catalogo di vincitori negli agoni drammatici delle feste Romee, a Magnesia sul Meandro, iscritto a due riprese nel sec. II e nel I a. C. (Dittenberger, Syll., 3ª ed., 1079); la numerosa serie delle iscrizioni coregiche di Atene e di altri luoghi dell'Attica, ecc. In un solo esempio (Dittenberger, Syll., 3ª ed., 1088) si ricorda il titolo del canto eseguito: l'Elpenor di Timoteo. Le iscrizioni incise in onore dei coreghi vincitori non si possono dire a rigore vere e proprie iscrizioni didascaliche, sebbene abbiano con le didascalie qualche affinità.
Anche a Roma non mancarono didascalie. Forse se ne occupò Varrone, mentre si sa che Accio compose certi suoi Didascalicon libri, ed è probabilissimo che le antiche edizioni di Terenzio e di Plauto fossero corredate da talune indicazioni, riassunte nei tardi manoscritti, in certo modo simili alle didascalie dei Greci.
Bibl.: E. Reisch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 394 segg.; A. Wilhelm, Urkunden dramatischer Aufführungen in Athen, Vienna 1906. Per le Διδασκαλὶαι aristoteliche: Jachmann, De Aristotelis didascaliis, Gottinga 1909; per le Νικαι aristoteliche: A. Koerte, in Classic. Phil., I (1906), pp. 391 segg. Cfr. U. v. Wilamowitz, in Gött. Geol. Anz., 1906, p. 611 segg.