DIDATTICA (dal gr. διδάσκω "insegno")
È il procedimento per cui nella scuola o in istituzioni affini il mondo dell'esperienza, della cultura e del sapere viene portato a contatto e assimilato alle coscienze individuali dei discenti, per opera dell'educatore, secondo un'arte derivante dalla tradizione e dall'esperienza personale. Le forme della didattica mutano in generale col mutarsi della coscienza culturale, del senso e del concetto dell'educazione. Dove vengono assunti, come assolutamente validi, contenuti determinati d'esperienza e di cultura e l'educazione consiste in un'imposizione di essi al discente, la didattica è caratterizzata da un aspetto di rigido disciplinarismo da parte del maestro e di una messa in azione nella coscienza dello scolaro della facoltà mnemonica e del meccanismo dell'abitudine. Questo tipo di didattica, ch'ebbe la sua più netta espressione nelle scuole cinesi, dominò nelle scuole dell'antichità e del Medioevo, continuò in quelle dell'età moderma né può dirsi oggi interamente superata.
Il rinnovamento della didattica pratica, propugnato nei secoli XVII e XVIII e divenuto sempre più vasto e progressivo nei secoli XIX e XX, dipende dal formarsi di una coscienza pedagogica spiritualmente più profonda, corrispondente a una generale trasformazione del sistema della cultura. Questo rinnovamento della didattica ha come principî fondamentali:1. un ideale di cultura progressivo e armonicamente universale, che si riflette in un insegnamento formativo più che informativo; 2. la considerazione e il valore riconosciuto all'attività personale del discente, alla sua collaborazione nell'opera educativa; 3. la ricerca di forme graduali di conciliazione tra le esigenze, i valori, i contenuti obiettivi della cultura e le esigenze, la struttura della coscienza individuale, affinché questa si svolga insieme universailnente e armonicamente; 4. l'importanza riconosciuta all'opera geniale, spiritualmente attiva di mediazione del maestro. Il processo di trasformazione della didattica pratica, in continuo sviluppo dal principio del sec. XIX, presenta forme diverse a seconda dell'importanza riconosciuta all'uno o all'altro di quei principî, della natura economico-politica delle società in cui trova luogo, della funzione in essa della scuola, dei varî gradi e specialità di questa, ecc.
Il rinnovarsi della didattica pratica è però specialmente introdotto e sollecitato dalla coscienza riflessa dei suoi problemi, dalla didattica in senso teoretico, come disciplina pedagogica che acquista indipendenza e organicità solamente al principio dell'età moderna. L'equilibrio tra il sistema obiettivo dei valori culturali e le esigenze della personalità individuale che l'ideale umanistico sembra garantire ed è in atto nell'educazione di Vittorino da Feltre, già con Rabelais è divenuto un grave complesso problema, che mette in dubbio il valore dei tradizionali metodi didattici.
Alla fine del sec. XVI, mentre la crisi sociale-economico-politica muta le condizioni concrete dell'educazione, le trasformazioni radicali avvenute negli altri campi spirituali, specialmente in quelli religioso e teoretico, rinnovando il sistema dell'esperienza dei valori culturali e corrispondentemente il concetto della personalità, pongono il problema d'una loro sintesi educativa e perciò d'un corrispondente procedimento didattico. Il naturalismo religioso del Comenius (1592-1670) concepisce la realtà come un armonico sistema finalistico, retto da una legge provvidenziale, in cui trova il proprio luogo e le condizioni del proprio regolare sviluppo la persona umana. La sintesi educativa riposa su questa naturale armonia e i principî didattici ne sono l'espressione: ogni conoscenza si fondi sulla presentazione diretta della realtà e sul riconoscimento del suo valore per la vita individuale; ogni realtà sia rappresentata nel suo organico rapporto con le altre e nella sua organica struttura interna; il processo d'insegnamento segua nell'ordine di successione, nella compiutezza, nella gradualità, nella ripetizione, le leggi di sviluppo di ogni essere vivente. L'idea di un'originaria corrispondenza tra l'ordine della realtà e il sistema dei valori spirituali, da un lato, e le esigenze e le attività personali dall'altro, quando siano concepiti, gli uni nella loro purezza, le altre nella loro spontaneità, giunge a piena espressione nel naturalismo del Rousseau (1712-1778). L'educazione vien cosi concepita come il porsi in atto di tale connessione originaria, nello sviluppo della personalità, sottratta a ogni relazione e valore artificiale, guidata dai suoi interessi e dalle sue esigenze naturali a entrare in libero contatto con la realtà e a elevarsi a quell'ordine di valori spirituali, che esprimono la divina essenza della realtà stessa. Svalutata la scuola, ridotta l'opera dell'educatore a una funzione puramente negativa, la didattica rousseaniana è essenzialmente la negazione dei procedimenti didattici tradizionali, e mira in ogni campo allo sviluppo e all'estensione graduale delle attività, in rapporto con gli aspetti concreti dell'esperienza e le esigenze della vita.
Il medesimo principio dell'educazione naturale domina nel Pestalozzi (1746-1827); ma, sorgendo dalla diretta esperienza educativa e scolastica, si specifica nel principio dell'elementarità, da cui deriva un sistema didattico assai più definito. Questo secondo principio significa che il processo educativo deve consistere nel partire da contenuti elementari in cui mailifestano la loro potenza le tre attività spirituali (morale-religiosa, tecnico-pratica, teoretica), per sostituire a essi, gradualmente, contenuti in cui tali attività vengano estendendosi, approfondendosi e acquistando piena libertà. Per quanto riguarda l'istruzione, essa deve partire dall'intuizione, elaborando la quale secondo le relazioni generali espresse dal linguaggio e quelle più tipicamente razionali della forma e del numero, l'intelletto acquista coscienza della propria autonomia e si eleva all'ordine del puro concetto. L'indirizzo pestalozziano si determina in un preciso sistema didattico nel Herbart (1776-1841) sulla base delle sue teorie morali da un lato e psicologiche dall'altro. Da questi presupposti derivano i principî dell'istruzione educativa, della plurilateralità dell'interesse, della coordinazione degl'insegnamenti e infine la teoria dei gradi formali dell'istruzione: chiarezza, come apprensione definita di un singolo oggetto o nozione; associazione, come combinazione della nuova cognizione con le precedenti; sistema, come elevazione del nuovo dato conoscitivo a universalità concettuale; metodo, come applicazione e uso intellettuale concreto del nuovo concetto.
La nuova didattica si diffuse rapidamente nelle scuole, specie di primo grado, confermata successivamente dall'effettiva utilità scolastica di alcuni procedimenti e dall'appoggio speculativo del positivismo, sotto la cui influenza venne specificandosi sempre più particolarmente sulla base di uno psicologismo astratto a fondamento sensistico e con tendenze utilitaristiche. Ma nonostante i pregevoli risultati per la particolare tecnica scolastica, l'indirizzo didattico sopra segnato al principio del sec. XX si rivelò privo di universale valore pedagogico, tanto più quanto più si estese e si svolse la funzione e l'organismo della scuola e si ridestò anche per questo negl'insegnanti più viva la coscienza pedagogica. Ciò fu effetto della profonda e attiva crisi spirituale che culminò nella rinnovata coscienza filosofica dell'essenziale libertà dello spirito, come principio dinamico della cultura. Anche il processo educativo apparve come mediazione spirituale cosi ricca, originale, complessa, differenziata, da non ammettere la fissità di regole didattiche, ma richiedere l'elasticità di una coscienza didattica, istruita e pronta a risolvere i problemi particolari nel loro senso educativo e nella varietà dei rapporti ch'esso porta con sé.
La coscienza della natura spirituale della sintesi educativa e della complessa problematica che essa implica appare soprattutto nelle varie correnti dell'idealismo pedagogico, a cui si avvicinano tuttavia anche altri indirizzi di diversa origine filosofica. Il risultato ne è la conquista di una vera e propria posizione teoretico-speculativa di fronte al campo dell'educazione, di una visione più chiara della sua problematica e del principio che la domina, il che si riflette nel campo della didattica pratica in una coscienza più profonda della varietà dei processi d'interrelazione e del valore dei reciproci riflessi tra il mondo dell'esperienza e della cultura nei suoi varî piani e la persona nei suoi varî gradi di attività, coscienza che se svaluta ogni sistema dogmatico formale di regole, pone le condizioni per la più libera, elastica e geniale azione mediatrice dell'insegnante.
Bibl.: Per una storia generale della didattica e una sua esposizione sistematica (da un punto di vista herbartiano), v. O. Willmann, Didaktik als Bildungslehre nach ihren Beziehungen zur Sozialforschung und zur Geschichte der Bildung, Brunswick 1882 segg.; per una generale trattazine dei suoi problemi: G. Vidari, Elementi di pedagogia, III: La didattica, Milano 1920. Per il riconoscimento della natura essenzialmente spirituale dell'educazione e le posizioni che ne derivano cfr. G. Gentile, Sommario di pedagogia, 3ª ed., Bari 1925; G. Budde, Noologische Pädagogik, Langensalza 1914; P. Natorp, Philosophie u. Pädagogik, Marburgo 1909; J. Cohn, Geist. d. Erziehung, Lipsia 1919; Th. Litt. Die Philosophie d. Gegenw. u. ihr Einfl. a. d. Bildungsideal, Berlino 1927. Per esempî caratteristici di nuovi punti di vista didattici, cfr. G. Lombardo-Radice, Lezioni di didattica, Palermo 1914; G. Simmel, Schulpädagogik, Osterwieck 1922.