AEDO (Aiedo, Avedo, Haëdo), Diego
Nacque a Carranza (Spagna) nella prima metà del sec. XVI; ordinato sacerdote, fu inquisitore in Valenza e in Aragona.
Passato nell'Inquisizione siciliana (1577), cominciò ben presto a farsi notare per l'accanimento con cui difendeva i privilegi giurisdizionali del Santo Ufficio, seriamente minacciati dal viceré M. A. Colonna.
Nel 1578 scoppiarono i primi incidenti tra l'A. e il Colonna, a causa di alcuni ufficiali e familiari del Santo Ufficio che erano stati arrestati sotto l'accusa di aver commesso delitti comuni. L'A. protestò a Madrid con varie consulte (in data 8 genn. 1578, 4 ag. 1578, ecc.), ma il Colonna riuscì ad averla vinta, ottenendo da Madrid l'approvazione del suo operato.
Nell'agosto del 1579 fu arrestato, per i soliti motivi, un altro familiare del Santo Ufficio, e l'A. lanciò per due volte la scomunica contro uno dei più fidati collaboratori del viceré, il giudice della Regia Gran Corte G. F. Rao, il quale si era rifiutato di consegnare il familiare incriminato. L'A. non riuscì a spuntarla neanche questa volta. Il Colonna infatti fece assolvere il Rao dal Tribunale di Regia Monarchia. Intanto, poco dopo, il vescovo di Cefalù, O. Preconio, rimise al Rao un altro familiare del Santo Ufficio, arrestato per delitti commessi nella sua diocesi. Sotto l'impressione di questo nuovo colpo alla sua autorità, l'A. mandò a Madrid una violenta requisitoria (in data 4 sett. 1579) contro il Preconio dipingendolo quasi come un eretico. Riprese quindi ad attaccare direttamente il Colonna presso l'inquisitore generale spagnolo, accusandolo, con violenza, di volere la totale esautorazione del Santo Ufficio in Sicilia.
Questa volta l'A. dovette ricevere da Madrid precise assicurazioni di un deciso intervento del sovrano contro il Colonna, se nei primi mesi del 1580 mandò una lettera circolare a tutti gli ufficiali e familiari del Santo Ufficio nell'isola, annunziando importanti novità sul conto del temibile viceré. Ritenendo intanto che fosse venuto il momento buono per assestare il colpo di grazia al Colonna, il 1 marzo 1580 mandò segretamente a Filippo II, con un inviato straordinario, un lungo ed abilissimo memoriale (documento fondamentale per la storia dell'Inquisizione di Sicilia), nel quale insinuava, tra l'altro, che la lotta del Colonna contro il Santo Ufficio (l'unico e vero baluardo della dominazione spagnola nell'isola) era legata a un elaborato piano tendente a sottrarre, in accordo con i principi italiani e con gli ambienti di Curia in particolare, la Sicilia alla corona spagnola. Le accuse dell'A., se a Madrid non furono prese alla lettera, ebbero però un peso notevole per la conclusione della Concordia tra il Consiglio dell'Inquisizione e il Consiglio d'Italia, approvata da Filippo II a Badajoz il 4 luglio 1580, con cui i privilegi giurisdizionali del Santo Ufficio vennero pienamente confermati ed ampliati, a netto detrimento dell'autorità civile. L'A. riuscì così a far prevalere di nuovo in Sicilia l'autorità del Santo Ufficio su quella civile. Non riuscì, però, pur con tutte le sue abilissime insinuazioni, ad ottenere l'allontanamento del Colonna dalla Sicilia. Sentendosi comunque al sicuro, ricominciò ad attirare i nobili nel foro del Santo Ufficio, sottraendoli alla giurisdizione dei tribunali civili. Questa politica dell'Inquisizione non poteva non suscitare, a lungo andare, la reazione del Colonna, che avvertiva chiaramente quale grave pericolo rappresentasse per la stabilità e l'efficacia del potere vicereale l'alleanza tra il Santo Ufficio e il baronaggio. Un anno dopo la Concordia, nel luglio del 1581,scoppiò così un altro incidente col viceré, che aveva fatto arrestare un nobile, familiare del Santo Ufficio. L'A. mandò una consulta a Madrid, accusando il Colonna di essere ritornato, nonostante la Concordia del 1580, alla vecchia politica di esautorazione del Santo Ufficio. La questione si trascinò per le lunghe, ma la sua conclusione non è nota. È un fatto, però, che nell'ottobre del 1582 arrivò a Palermo il visitatore generale G. Bravo de Sotomayor, che, in perfetto accordo con l'A., cominciò ad attaccare prima i più fidati collaboratori del viceré e quindi il Colonna stesso, col proposito di costringerlo ad andarsene dalla Sicilia. Cosa che alla fine riuscì perfettamente. Nel maggio del 1584, infatti, il Colonna s'imbarcò per la Spagna. L'A. ottenne così completa vittoria, e in ricompensa dei suoi meriti inquisitoriali, il 23 genn. 1585, fu fatto nominare da Filippo II vescovo di Girgenti, e quindi, il 14 ag. 1589, arcivescovo di Palermo.
In questa nuova qualità, però, il vecchio inquisitore non esitò ad intervenire decisamente, varie volte, in sostegno del potere civile, contro il Santo Ufficio. Il 3 apr. 1599, infatti, insorto uno dei soliti conflitti giurisdizionali tra il Tribunale del Santo Ufficio e la Regia Gran Corte, l'A. assolse dalla scomunica del Santo Ufficio la Regia Gran Corte. Lo stesso fece poi nell'agosto del 1602, attirandosi la scomunica del Santo Ufficio e l'interdetto su tutta la diocesi, a cui reagì lanciando a sua volta l'interdetto contro il Santo Tribunale.
Morì a Palermo il 5 luglio 1608.
Bibl.: C. A. Garufi, Contributo alla storia dell'inquisizione di Sicilia nei secc. XVI e XVII, Palermo 1920, pp. 234-324, 378-387; G. van Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1923, pp. 99, 269; H. G. Koenigsberger, The government of Sicily under Philip II of Spain, London 1951, pp. 165, 167-169.