ANGELI, Diego (pseud. Dieli)
Figlio di Maurizio (condirettore, assieme a Diego Martelli, della rivista fiorentina Il Gazzettino delle arti e del disegno,e uno dei primi estimatori del movimento pittorico dei macchiaioli), nacque a Firenze l'8 nov. 1869. A Roma, dove la famiglia si era trasferita fin dal 1880, si mise in luce giovanissimo per un giudizio favorevole del Carducci su una sua odicina al Tevere; tuttavia, assai più che l'influenza carducciana, contribuì alla formazione letteraria dell'A. quell'ambiente culturale romano della fine dell'Ottocento, che aveva come suo brillante corifeo Gabriele D'Annunzio e che egli poi ritrasse nelle "Cronache mondane" nel Giornale d'Italia.L'A., per la signorilità dei modi, per la profondità della cultura, per la piacevolezza del conversare, fu apprezzato da un'intera generazione letteraria italiana: fu amico di D'Annunzio, di E. Scarfoglio, di M. Serao, di F. Martini, di E. De Amicis, di A. De Bosis (con il quale collaborò attivamente nella rivista Convito), di A. Oriani, di A. Fogazzaro. Al gusto dell'epoca, che richiedeva l'associazione della vita con l'arte, l'A. si compiacque di conformare alcuni atteggiamenti esteriori, riempiendo le cronache romane delle sue gesta di cavaliere, spadaccino, sportivo (con C. Pascarella iniziò un giro d'Italia come podista).
Tra la fine del secolo scorso e il primo trentennio dell'attuale, l'A. fu uno dei nomi più noti del giornalismo italiano: collaboratore di numerosi quotidiani, periodici e riviste (più assiduamente collaborò al Marzocco di Firenze, al Capitan Fracassa di Roma, al Giornale d'Italia, dal 1902 al 1926), divenne famoso per i "servizi" rapidi, tempestivi, e brillanti dal fronte francese tra il 1914 e il 1915, che contribuirono ad orientare una parte dell'opinione pubblica italiana a favore dell'intervento a fianco delle potenze dell'Intesa, secondo lo stile di quel nazionalismo che l'A. si vantava di avere sostenuto fin dal 1896, quando reagì vigorosamente alla depressione dello spirito pubblico dopo Adua (anche l'A., nel 1903, collaborò con entusiasmo al Regno di Corradini). Ma dal suo acceso spirito patriottico rimase estraneo ogni elemento di provincialismo.
Nella sua opera, al di là delle compiacenze esteriori, si avvertiva la presenza di una zona singolarmente vasta del sapere, associata con una rara e sorprendente preparazione. Superata una non felice esperienza poetica giovanile, l'A. seppe essere brillante romanziere (L'orda d'oro,Milano 1906), raggiungendo, nel pur evidente filone dannunziano, una propria validità espressiva nella "interpretazione dei paesaggi romani e dei monumenti dell'Urbe" (vedi anche Le Chiese di Roma,Roma 1900) e nella "rappresentazione degli ambienti aristocratici e decadenti della Capitale... condotte dall'A. con raffinatezza d'immagine, con gusto assai vago e carezzevole, e con quel sentimento di ambigua dolcezza che è al fondo di molta parte dei sacerdoti della Bellezza" (L. Russo, cit. in bibl.; vedi ad es.: Cronache del Caffè Greco,Milano 1930; Roma romantica,ibid. 1935). Con occhio di cultore d'arte, si soffermò sulle bellezze artistiche e naturali di Roma, di cui scoperse pure alcuni lati meno noti della sua storia, come l'ultimo trentennio del Settecento (Storia romana di trent'anni 1770-1800, Milano 1931).
In numerosi altri campi lasciò un'impronta vigorosa: del suo pieno possesso delle lingue e delle letterature straniere, e della sua squisita sensibilità diede prova in alcune traduzioni dal francese e dall'inglese, in saggi su autori e periodi della letteratura inglese e americana, e soprattutto nella traduzione integrale del teatro di Shakespeare (39 voll., Milano 1911-1934) del quale scrisse anche una biografia (La vita di Guglielmo Shakespeare,Milano 1934). Nella critica d'arte continuò la tradizione familiare, con la tesi di laurea su S. Botticelli (poi pubblicata), con l'apprezzatissima attività di critico nei quotidiani e nelle riviste cui collaborava, e infine con la pubblicazione di alcuni saggi, dei quali almeno uno, quello su Mino da Fiesole (Firenze 19o4), conserva ancora oggi una sua validità critica.
Gli anni della maturità furono occupati dal vagheggiamento, di maniera certo dannunziana, della grande figura di Napoleone: tanto che nel 1927, quando il Primoli, morendo, lasciò preziosi cimeli napoleonici, l'A. fu indicato come il più idoneo a dirigere il Museo napoleonico romano, istituito appunto con il lascito Primoli (e l'A. tenne questo incarico per dieci anni, fino alla morte). Postumo vide la luce il saggio I Bonaparte a Roma (Roma 1938).
Morì a Roma il 23 genn. 1937.
Opere: oltre a quelle già ricordate, sono da segnalarsi due romanzi formanti con L'orda d'oro una trilogia (Centocelle, Milano 19o8e Il crepuscolo degli dei,ibid. 1915), una raccolta di liriche d'amore e patriottiche (L'oratorio d'amore,Roma 19o4),cronache e racconti di guerra (A Parigi durante la guerra, Milano 1915; La spada e l'aratro: con gli inglesi in Piccardia,ibid. 1917,ecc.), un saggio storico su s. Ignazio (S. Ignazio di Loyola, Lanciano 1911) e racconti per ragazzi.
Bibl.: P. Gorgolini, Italica. Prose e poesie della terza Italia 1870-1928, I, Torino 1928, pp. 48-52; L. Russo, I narratori, Roma 1923, p. 65; G. Ceccarelli [Ceccarius], D. A., in Nuova Antologia,LXXII (1937), pp. 480-482; G. R. Ansaldi, D. A., in Times Literary Supplement,20 febbr. 1937; Id., Ricordo di D. A.,in Nuova Antologia,LXXIII (1938), pp. 191-196; Id., D. A. poète et artiste,in Revue des études italiennes,III(1938), pp. 170-175; F. Donini, Un precursore dei Crepuscolari: D. A.,in Rassegna italiana,XXI(1938), pp. 113-118.