Fabbri, Diego
Drammaturgo, sceneggiatore, giornalista e operatore culturale, nato a Forlì il 2 luglio 1911 e morto a Riccione il 14 agosto 1980. Il tema centrale della sua opera ‒ lo scontro tra l'uomo dell'orgoglio e l'uomo dell'amore, l'interpretazione del cristianesimo come rottura del conformismo e come scommessa sulla libertà dell'uomo ‒ trovò in ambito cinematografico un'importante declinazione. Le sceneggiature firmate da F., quel suo intendere il dialogo fra i personaggi come una raffinata forma di confessione e di 'teatro aperto', offrirono al cinema di registi importanti quali Vittorio De Sica, Michelangelo Antonioni e Roberto Rossellini una notevole e salda chiarezza drammatica. Nel 1962 ottenne una nomination all'Oscar per il soggetto e la sceneggiatura di Il generale Della Rovere (1959) diretto da Rossellini.
Di umili origini, padre operaio e madre cucitrice, si laureò nel 1936 all'Università di Bologna in scienze economiche e commerciali, sebbene fosse più interessato alla filosofia, al teatro e alla letteratura. Giornalista nei principali quotidiani del Paese e saggista, iniziò a dedicarsi al teatro svolgendo, oltre all'attività di autore, quella di direttore di teatro (Teatro della Cometa di Roma), capocomico e quindi di presidente dell'ETI (Ente Teatrale Italiano) dal 1968 fino alla sua morte. Autore alla ricerca di una visione del mondo mai ferma su un unico linguaggio o schema, sin dai suoi primi lavori (Il nodo, 1936; Rifiorirà la terra, 1937) appare evidente la sua capacità di analizzare temi etici e sociali, anche alla luce del suo difficile e tormentato percorso spirituale (dall'anarchico F. al cattolico F.), che lo avrebbe portato a un avvicinamento lento, ma naturale, e comunque critico, alla chiesa, e alla realizzazione di lavori di ispirazione religiosa in cui si analizza la società nei suoi contrasti con l'universalità del verbo cristiano (Processo a Gesù, 1952; Veglia d'armi, 1956). Il suo debutto nel cinema fu segnato dal coinvolgimento nella realizzazione della sceneggiatura di La porta del cielo (1945) di De Sica, per il quale avrebbe scritto anche Il viaggio (1974), basato su una novella di L. Pirandello, ultimo film del regista. Dopo aver ideato il soggetto di Un giorno nella vita (1946) diretto da Alessandro Blasetti ‒ i cui personaggi, coinvolti nella lotta partigiana, sono obbligati a compiere scelte 'uniche' ma doverose per rispettare la loro condizione di esseri umani ‒ e aver partecipato alla scrittura di Fabiola (1949), sempre di Blasetti, F. avviò una delle più riuscite e prolifiche collaborazioni, quella con Rossellini, con il quale condivise la concezione dell'aspetto religioso nell'arte. Con il regista scrisse un episodio, L'invidia, di Les sept péchés capitaux (1952; I sette peccati capitali), Europa '51 (1952), opera complessa dal forte risvolto ideologico, Era notte a Roma (1960), Viva l'Italia e Vanina Vanini entrambi del 1961. Altre importanti collaborazioni furono quelle con Antonioni per I vinti (1953), film a episodi in cui alcuni giovani sono protagonisti di storie di malessere esistenziale di tono vagamente noir; e quella con Marco Ferreri, inaugurata da una sceneggiatura scritta anche con Rafael Azcona e Pasquale Festa Campanile, che sviluppa un'idea di G. Parise. L'opera, ritirata in un primo momento per motivi di censura, uscì nel 1963 con il titolo Una storia moderna: l'ape regina. Nel 1966, Ferreri trasse il film Marcia nuziale da un testo elaborato con Fabbri. Da ricordare infine gli adattamenti per il cinema dei suoi testi teatrali: Il seduttore (1954) di Franco Rossi, dall'omonima commedia già messa in scena nel 1951 da Luchino Visconti, ritratto umoristico di un dongiovanni degli anni Cinquanta, e il meno riuscito La bugiarda (1965) di Luigi Comencini. F. scrisse inoltre radiodrammi e numerose riduzioni televisive.
G. Vigorelli, Fabbri Diego, in Enciclopedia dello spettacolo, 4° vol., Roma 1957, ad vocem; S. Torresani, Fabbri, Diego, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 43° vol., Roma 1993, ad vocem.