CARLONI (Carlone), Diego Francesco
Figlio di Giovanni Battista e di Taddea Aglio (de Allio), nacque a Scaria (Valle di Intelvi, prov. di Como) nel 1674.
Giovanni Battista, stuccatore, come i fratelli Bartolomeo e Carlo Antonio, che fu anche valente architetto, era figlio di Pietro Francesco; architetto di importanti conventi in Stiria, Carinzia e Alta Austria. E Pietro Francesco, con il fratello Antonio, anch'egli costruttore, era figlio di primo letto di Pietro, architetto come il padre, di nome Pietro anche lui, maestro muratore menzionato nei documenti archivistici della Stiria dal 1554 al 1556. Il C. insomma, come il fratello Carlo Innocenzo, è uno degli ultimi rappresentanti di quel ramo dei Carloni originari di Scaria, che non vengono qui registrati in quanto operosi esclusivamente nell'Europa centrale e in quanto non è sinora documentabile una loro connessione con la cultura italiana.
Il C. seguì sedicenne il padre stuccatore che era in quel tempo impegnato in importanti lavori nel duomo di Passavia. è da ritenere che qui il C. abbia appreso la tecnica dello stucco e che quindi abbia seguito il padre a Gartlberg bei Pfarrkirchen (Baviera), dal momento che gli fu corrisposto un compenso simbolico di un fiorino per l'erezione dell'altar maggiore del santuario (Guldan, p. 220).Intorno al 1695 si trasferì probabilmente a Roma per completarvi la sua istruzione ed entrò in contatto con l'ambiente dei tardoberniniani, dei continuatori di Ercole Ferrata e del Le Gros. Nel 1701 ricevette pagamenti per lavori in stucco nella chiesa e nel convento delle salesiane di Amberg, e da allora il C. diresse la bottega paterna insieme con lo zio materno Paolo Aglio, che a lungo aveva già collaborato con il padre e che era ben conosciuto come stuccatore. L'attività dello zio e del nipote sembra strettamente legata, favorita anche da una buona rete di conoscenze e dalla protezione di alcuni personaggi importanti come l'architetto austriaco Fischer von Erlach (vedi anche per la parte del C. negli edifici del Fischer: H. Sedlmayer, J. B. Fischer von Erlach, Wien 1956, pp. 163-180 passim). Zio e nipote lavorarono ancora insieme nel 1704-1705 (e quindi nel 1710) nel convento degli agostiniani a S. Floriano presso Linz, eseguendo bassorilievi e statue. Nel 1705, dietro consiglio di Fischer von Erlach, il C. e l'Aglio vennero incaricati dalla sovrintendenza di corte di Salisburgo di decorare la nuova chiesa collegiata, dove continuarono a lavorare nell'anno seguente. Nel 1706 il C. e l'Aglio firmano un contratto per lavori da eseguire nella collegiata di Salisburgo. Nell'anno successivo viene nominato, per la prima volta, il nome di Paolo Aglio nei documenti che si riferiscono alla ristrutturazione della chiesa degli agostiniani a Rattenberg, mentre quello del C. compare solo nel 1712. Tutto ciò non significa, però, che il C. già non lavorasse agli stucchi (per la documentazione e l'analisi stilistica si veda: G. Amman, D.F.C. und Paolo d'Allios Tätigkeit in der ehemaligen Augustiner-Eremiten-Klosterkirche zu Rattenberg, in Festschrift Johatma Gritsch, Innsbruck-München 1973, pp. 9-22). Nel 1707 iniziarono anche i suoi lavori di decorazione, sempre con Paolo Aglio, del convento dei benedettini a Lambach, lavori che si protrassero sino al 1709 e che furono ancora ripresi dall'artista nel 1713. Negli stessi anni il C. tornava nella zona di Salisburgo: del 1708 è, infatti, il contratto per gli stucchi in varie sale e sullo scalone del castello di Klesheim, costruito da Fischer von Erlach (lavori pagati nel 1709), e del 1709 sono gli stucchi della sacrestia della parrocchiale di Müll. Fra il 1710 e il 1717 con interruzioni, il C. e l'Aglio furono impegnati a Linz in lavori nella chiesa dei carmelitani, e a Passavia, nella chiesa dei gesuiti: sono attribuite al C. le statue dell'altar maggiore (1712). Intorno al 1715 il C. eseguì gli stucchi di sedici sale nel palazzo della principessa Gugliemina von Grävenitz a Stoccarda (distrutti nel 1944) e negli stessi anni iniziò la decorazione del castello di Ludwigsburg, che fu una delle sue opere più importanti. A Ludwigsburg tornerà a più riprese sino al 1725 circa. Intorno al 1718 eseguì per il castello di caccia del conte von Rabatta a Thyrnau, presso Passavia, la figura di Diana a grandezza più del naturale (oggi nel Bayerisches National Museum di Monaco di Baviera: vedi H. Brunner, Die Diana…, in Die Kunst und das schöne Heim, LIII [1955], pp. 256 s.). Nel 1719-20, il C. eseguì la decorazione delle pareti del refettorio d'estate (sala dell'imperatore) dell'abbazia di Kremsmünster. Già nel 1718 aveva lavorato alla decorazione della chiesa dei benedettini a Weingarten dove, nel 1723 firmava un contratto per l'esecuzione, entro due anni, su disegno di D. G. Frisoni, delle sculture per l'altar maggiore, e due anni dopo ricevette pagamenti per altri lavori nel transetto e in sei altari minori. Fra il 1719 e il 1725, a Ludwigsburg, il C. eseguiva la decorazione con figure in stucco nella cappella di corte, nella sala ovale, nel nuovo corps de logis, oltre al fregio e alle cariatidi del vestibolo al piano terreno (direttore dei lavori era il Frisoni e collaboratore negli stucchi il genero P. Retti, mentre il fratello Carlo Innocenzo eseguiva gli affreschi). Ancora insieme con il fratello, dietro raccomandazione di Leopoldo Retti sovrintendente ai lavori, il C. fu nel 1734 incaricato di eseguire diverse opere nel castello di Ansbach: stucchi nella sala delle feste, corpo di guardia, vestibolo e scalone, e in altri ambienti.
Poco dopo aver terminato questo lavoro, il C. tornò in patria e si stabilì a Scaria insieme con la moglie Maria Francesca de Allio e i figli. Già precedentemente, e in occasione di altri soggiorni, vi aveva eseguito qualche lavoro. Gli vengono attribuiti gli stucchi della cappella del Sacro Cuore nella basilica di S. Fedele a Como (Monti), altri nella parrocchiale di Veglio poco lontano da Scaria (Magni) e quelli, distrutti, nella casa Bono di Scaria (Magni). La sua opera più importante lasciata nel paese natale è però la decorazione eseguita con Carlo Innocenzo nella chiesa della B. Vergine, quasi completamente ricostruita dai due fratelli. Sono del C. le statue all'esterno e, all'interno, tutti gli stucchi delle pareti e delle volte, gli altari e le statue: eseguiti in tempi diversi vennero probabilmente terminati dopo la sua morte.
Il Ratti (p. 369) fa risalire al 1732 l'arrivo del C. a Genova, ma sono dell'agosto del 1739 i pagamenti a F. M. Schiaffino per i modelli in cera di statue in gesso eseguite da lui: l'artista riceverà nel 1740 (S. Varni, Spigolature… nell'Archivio della Basilica di Carignano, Genova 1877, pp. 91 s.), il saldo per dodici statue "più un busto rappresentante il venerabile Aless. Sauli" nella basilica di S. Maria di Carignano, nella cui sacrestia è conservato anche un suo rilievo eseguito per ringraziamento d'una guarigione (Gavazza, 1962). è probabile che sempre a Genova il C. abbia lasciato anche altre opere non ancora identificate (Gavazza, 1964). Fra il 1730 e il 1743 dovette recarsi più volte, a varie riprese, ad Einsiedeln dove, presso l'abbazia benedettina, portò a termine un insieme di opere assai importante sia per la vastità del programma sia per la perizia con cui fu condotto. Si tratta di sei altari in stucco, due in marmo, molte statue (di cui alcune scomparvero durante l'invasione francese del 1798), bassorilievi e due cenotafi. Anche qui la sua opera fu strettamente legata a quella del fratello, che dipinse negli stessi anni alcune pale d'altare.
Il C. morì a Scaria il 25 giugno 1750.
Come si è visto, per lungo tempo l'attività del C. fu strettamente legata a quella di P. Aglio, ed è certo che l'influsso di questo artista più anziano e più accreditato, ma di cui conosciamo ben poco, fu assai importante sulla formazione del Carloni. Agli insegnamenti paterni e all'esperienza di P. Aglio, il C. però contrappone la sua istruzione romana come si può vedere fino dalle prime sue statue a S. Floriano dove è chiara l'ispirazione al Ferrata. L'influenza del Ferrata, di C. Rusconi e del Le Gros si ritrovano del resto in quasi tutte le opere di statuaria del Carloni. Negli stucchi decorativi invece egli risentì, oltre che degli esempi paterni, del gusto austriaco, dominato nell'architettura sia degli esterni che degli interni da Fischer von Erlach; e più tardi, dopo il 1720 circa, lasciato P. Aglio e a contatto con la pittura del fratello Carlo, con cui lo si trova spesso a collaborare, aderì decisamente al gusto rococò. Il rilievo si fa più sottile, le forme più nervose e taglienti; i nastri leggeri si svolgono in ricci asimmetrici, quasi in pittorico ricamo lungo le pareti, e lo stucco diventa il vero protagonista della decorazione e non solo accompagnamento in questa decorazione dal rilievo appena marcato e tuttavia concreto, dal disegno sciolto e sicuro, che si rivela maggiormente la personalità del Carloni. Una evoluzione del suo stile è già chiara nella chiesa di Scaria dove la decorazione murale si svolse in un giro di anni certo abbastanza ampio. La fortuna del C. in Germania si affievolì col prevalere del gusto francese e non si può dire che il suo stile, in gran favore all'inizio del Settecento, abbia avuto un gran seguito dopo la sua partenza. L'influsso del C. è invece predominante in tutti gli stucchi anche del Settecento maturo nelle chiese della Valle d'Intelvi ed in molti palazzi e chiese della Lombardia e del Canton Ticino dove si trovarono a lavorare i numerosissimi stuccatori comaschi. Una notevole rispondenza con il suo stile si ritrova poi nelle decorazioni in stucco di alcuni interni di palazzi genovesi come i palazzi Durazzo e Cataldi, tali da far pensare all'intervento se non del C. stesso; di suoi diretti discepoli (Gavazza, 1962).
Documenti e qualche disegno a lui attribuito si trovano al Museo della Valle d'Intelvi, a Scaria.
Fonti e Bibl.: R. Soprani-G. C. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769, p. 369; E. Alizeri, Guida artist. per la città di Genova, Genova 1846, p. 331; G. Teglio, Not. biografiche dei celebri artisti che illustrarono la famiglia Carloni, Como 1847, p. 8; S. Monti, Storia ed arte nella prov. ed antica diocesi di Como, Como 1902, p. 230; A. Hajdecki, Die Dynasten Familien… in Wien, in Berichte und Mitteilungen des Altertums-Vereines zu Wien, XXXIX (1906), p. 54; M. Marangoni, I Carloni, Firenze 1925, pp. 15 s., 24, 29; Die Kunstdenkmäler der Schweiz, I, Kanton Schwyz, Basel 1927, ad Ind.; L'opera del genio ital. all'estero, F. Hermanin, Gli artisti ital. in Germania, II, Roma 1935, p. 25; W. Fleischhauer, Barock im Herzogtum Württemberg, Stuttgart 1958, ad Indicem;E. Bachmann, Residenz Ansbach…, München 1962, pp. 15, 52 ss.; E. Gavazza, La collaborazione Carlone-Schiaffino nella basilica di Carignano a Genova, in Arte lombarda, VII(1962), 2, pp. 105-116; Id., Apporti lombardi alla decorazione a stucco tra '600 e '700 a Genova, in Arte e artisti dei laghi lombardi, II, Como 1964, pp. 58-63 passim, 68 s.; M. C. Magni, Cenno su alcuni stucchi intelvesi, ibid., pp.74-76, 78 n. 7; E. Guldan, Quellen zu Leben und Werk italien. Stukkatoren des Spätbarock in Bayern, ibid., pp.219-234 (con doc. e bibl.); R. Preimesberger, Notizen zur italien. Stukkatur in Oesterreich, ibid., pp. 335-337; Linzer Stukkateure (catal.), Linz 1973, pp. 64-66 passim;F. Cavarocchi, D. F. C. eGiacomo Antonio Corbellini nel tricentenario della nascita, in Rivista di Como, IV(1974), pp. 2-11; E. Ascarelli d'Amore, I Carloni, in Arte cristiana, XLIII (1975), pp. 51-58 passim;U.Thieme-F. Becker, Künsterlexikon, VI, p. 6.