NASELLI, Diego
– Nacque il 20 settembre 1754, quintogenito di Luigi, principe d’Aragona, e di Stefania Morso, dei principi di Poggioreale; il luogo di nascita è incerto: probabilmente fu Castellammare del Golfo, feudo della sua famiglia (attualmente in provincia di Trapani) in cui i genitori si erano ritirati, o Palermo, dove fu battezzato nella chiesa di S. Antonio Abate.
Il casato dei Naselli, originario dell’area lombarda, era presente in Sicilia sin dal XIII secolo e s’era assicurato una posizione di primo piano nella feudalità isolana sin dagli ultimi secoli del Medioevo. Nel corso del XVIII secolo le fortune della famiglia, nel ramo dei principi d’Aragona e conti di Comiso, furono legate soprattutto alla figura di Baldassare (1697-1753), nonno di Diego, che ricoprì cariche di prestigio alla corte napoletana di Carlo di Borbone, e di tre dei suoi figli, Salvatore, Diego e Mariano, ascesi ai massimi gradi dell’esercito borbonico e ben inseriti alla corte di Ferdinando IV. Il padre di Diego, Luigi, primogenito di Baldassare e perciò titolare del patrimonio feudale, nonostante alcune cariche onorifiche (fu nominato, tra l’altro, gentiluomo di Camera del re e capitano della guardia del viceré di Sicilia), condusse una vita per lo più appartata nei suoi possedimenti siciliani.
Nel marzo 1767 Naselli fu avviato alla Reale accademia di marina, come guardiamarina, corpo di allievi di cui fu promosso brigadiere il 28 maggio 1780. Un documento riferisce che, con questo grado, servì in una «Marina estera» (Arch. di Stato di Napoli, Sez. militare, Excerpta): in quegli anni due gruppi di giovani ufficiali furono inviati rispettivamente presso le flotte inglese e francese per esercitarsi alla navigazione e alla tattica militare. Il 10 agosto dell’anno successivo, mentre ancora serviva all’estero, fu nominato alfiere di vascello; il 3 settembre 1784 fu promosso al grado di tenente di vascello. Quest’ultimo avanzamento giunse a conclusione della spedizione contro Algeri che una squadra navale borbonica condusse a luglio insieme con la flotta spagnola. Negli anni successivi partecipò a diverse operazioni contro i pirati barbareschi che con le loro scorrerie intralciavano i traffici napoletani nel Mediterraneo. Nel decennio seguente, la sua ascesa ai gradi intermedi e superiori della Marina fu accompagnata dall’accesso agli onori di corte: primo segno di una consuetudine con la famiglia reale, che sarebbe cresciuta negli anni successivi, fu la nomina nel 1790 a maggiordomo di settimana di Ferdinando IV. Nel gennaio 1797 fu promosso tenente di fregata; dopo aver comandato una corvetta ed essere stato comandante in seconda della fregata Partenope, un piano di marina del 1798 redatto in vista dell’imminente guerra contro i francesi lo poneva al comando della fregata Cerere.
Mancano notizie precise relative alle sue vicende nei convulsi mesi della Repubblica napoletana, ma è probabile che abbia seguito i sovrani in Sicilia ai primi del 1799. La Cerere, salvata dall’incendio appiccato a circa metà della flotta borbonica, si arrese ai francesi il 20 gennaio. A luglio Naselli era al comando della fregata reale la Sirena che condusse da Palermo alla rada di Procida il re Ferdinando, il quale, in segno di riconoscenza, in agosto lo promosse capitano di vascello e gli assegnò una pensione di 500 ducati annui.
Durante il decennio francese seguì nuovamente i sovrani in Sicilia e nei primi anni fu destinato alla gestione finanziaria della Real Marina, di cui era asceso ai massimi gradi. Negli anni 1811-12, quelli in cui si acuì lo scontro tra la Corona e il baronaggio siciliano e in cui sotto le pressioni inglesi fu introdotta la Costituzione, si schierò con il sovrano; nel luglio 1813, a seguito dello sfaldamento del fronte costituzionale, entrò a far parte, come ministro della Guerra, del nuovo governo di orientamento anticostituzionale e filoborbonico, estromesso dopo pochi mesi; allo stesso ministero fu richiamato in carica l’anno successivo, contro il parere del plenipotenziario britannico William Bentinck.
Alla fine di maggio 1815 lasciò Palermo per seguire il sovrano a Napoli. Nei mesi successivi come ministro della Guerra del Regno di Sicilia e, dal 15 agosto, investito dell’interim della Marina napoletana, si occupò della riorganizzazione delle forze armate: un compito reso estremamente delicato dalla necessità di unificare i due eserciti, napoletano e siciliano, e di amalgamare gli ufficiali affermatisi sotto Murat con quelli che avevano seguito i Borbone in Sicilia. Nel gennaio 1817, disciolto il Supremo Consiglio di guerra, fu nominato a pieno titolo ministro di Guerra e Marina del Regno delle Due Sicilie; nel 1818, alla morte del titolare Emanuele Parisi, assunse la carica di ministro ad interim degli Affari interni; il 30 marzo 1820 entrò nel Consiglio di Stato. Come titolare del portafoglio di Marina, nel 1816 dispose il divieto, per le imbarcazioni siciliane, di portare vessilli recanti l’aquila nazionale.
Il 27 aprile 1820 fu nominato luogotenente generale in Sicilia, al posto del duca di Calabria, Francesco di Borbone, che faceva ritorno a Napoli: in tale veste ebbe il delicato incarico di rendere operativi, con l’ausilio di Giuseppe De Thomasis, i decreti dell’8 e 11 dicembre 1816, che abolivano l’autonomia statuale dell’isola e vi introducevano le istituzioni del nuovo Regno unificato. Il 29 giugno emanò la circolare, forse redatta da De Thomasis, che illustrava il nuovo programma di governo, fondato sulla riforma dell’amministrazione civile e sul riordino della giustizia, e che confermava l’abolizione della feudalità e degli antichi vincoli di dipendenza personale. L’annuncio della riforma cadde in un momento poco propizio. Diffusesi le notizie del moto costituzionale scoppiato a Napoli, tra il 15 e il 16 luglio anche Palermo si sollevò: ma nella città siciliana, privata di recente dell’antico ruolo di capitale, prevalsero le forze indipendentiste e l’insurrezione assunse una forte carica antinapoletana. Con l’obiettivo di placare i rivoltosi, Naselli nominò una giunta di governo composta da uomini che avevano fatto parte dei governi costituzionali del 1812-14, ma la mossa si rivelò inutile; il 17 luglio, assediato nella sua residenza, fu costretto a una fuga precipitosa (durante la quale rimase ferito) e a imbarcarsi insieme con De Thomasis e il comandante militare dell’isola Richard Church; la sua abitazione fu saccheggiata.
Rientrato a Napoli il 19 luglio, fu destituito dagli incarichi governativi e, per deliberazione della Giunta provvisoria di governo, sottoposto a inchiesta insieme col generale Church per aver abbandonato l’isola; il 3 gennaio dell’anno successivo, tuttavia, il Parlamento decretò il non luogo a procedere. Benché nel 1822, nell’ambito della riorganizzazione dei vertici dell’esercito, fosse stato nominato viceammiraglio della Real Marina, negli anni successivi si tenne lontano dall’attività di governo: trascorse gli ultimi anni di vita nella residenza napoletana di Chiaia, accudito dalla nipote Maria Vittoria Naselli, che nel 1831 nominò sua erede universale e sposò in punto di morte.
Morì a Resina (presso Napoli), dov’era in villeggiatura, il 4 marzo 1832.
La vicinanza al sovrano negli anni dello scontro col baronaggio siciliano, l’orientamento anticostituzionale, il provvedimento del 1816 contro la bandiera siciliana, infine il suo ruolo nell’introduzione delle nuove istituzioni in Sicilia nel 1820 sono all’origine del duro giudizio che su Naselli hanno espresso non solo gli storici d’ispirazione liberale (Colletta, 1957; Pepe, 1847), ma anche la «vecchia storiografia siciliana» (l’espressione è in Giarrizzo, 1989, p. 679), accolto anche da Nino Cortese (1951; e cfr. anche le note a Colletta, 1957, III).
Domenico Martuscelli gli dedicò il quinto volume della sua opera Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli (Napoli 1818).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Arch. Serra di Gerace, Mss. Livio Serra, Alberi genealogici di famiglie napoletane, vol. 7, c. 258; ibid., parte II, serie I, Mss. Ricca e Vargas, vol. 23; Ministero delle Finanze, b. 1745; Archivio Borbone, b. 984; Sezione militare, Marina, Stati di servizio, b. 1, cc. 2, 3, 5; ibid., Excerpta, n. 763; vol. 209, c. 97; Segreteria di Guerra, b. 642; Al Parlamento nazionale pel general N., s.l., s.d. [ma Napoli 1820]; Prospetto degli avvenimenti di Palermo per ciò che riguardano il tenente generale N. Al Parlamento nazionale, Napoli 1820; G.E. Di Blasi, Storia cronologica dei viceré luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia, Palermo 1842, pp. 748 s., 752-754; G. Pepe, Memorie del generale G.P. intorno alla sua vita e ai recenti casi d’Italia, I, Parigi 1847, pp. 437 s., 463; F. Paternò Castello, Saggio storico-politico sulla Sicilia dal cominciamento del secolo XIX sino al 1830, Catania 1848, pp. 64, 70, 75, 81, 111 s., 115-128, 133-140, 157, 214-218; L. Del Pozzo, Cronaca civile e militare delle Due Sicilie sotto la dinastia borbonica dal 1734 in poi, Napoli 1857, pp. 277, 307, 310, 330, 405; G. Bianco, La Sicilia durante l’occupazione inglese (1806-1815), Paler-mo 1902, pp. 195 s., 235, 278; A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, II, Palermo 1915 (rist. anast., Bologna 1970); V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, IV, Milano 1931; R. Romeo, Il risorgimento in Sicilia, Bari 1950; N. Cortese, La prima rivoluzione separatista siciliana (1820-1821), Napoli 1951; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, I-III, Napoli 1957, pp. 364 s. e ad ind.; R. Feola, Dall’Illuminismo alla Restaurazione. Donato Tom-masi e la legislazione delle Sicilie, Napoli 1977, p. 167; L. Radogna, Storia della Marina militare delle Due Sicilie (1734-1860), Milano 1978; G. Giarrizzo, La Sicilia dal Vespro all’Unità d’Italia, in V. D’Alessandro - G. Giarrizzo, La Sicilia dal Vespro all’Unità d’Italia, Torino 1989, pp. 679 s.; A. Spagnoletti, Storia del Regno delle Due Sicilie, Bologna 1997; C. De Nicola, Diario napoletano (1798-1825), a cura di R. De Lorenzo, I-III, Napoli 1999; D. Gaziano, Aragona e i suoi principi, I-III, Palermo 1999.