SERSALE, Diego
SERSALE, Diego. – Nacque il 4 maggio (per alcuni il 1° maggio) 1602 a Cosenza da Annibale Sersale e da Beatrice Della Marra e fu battezzato nel duomo della città calabrese.
I genitori si erano conosciuti e sposati a Napoli per poi trasferire la loro principale residenza a Cosenza nel 1599, pur mantenendo i propri interessi anche nella città partenopea. Nel 1624 la famiglia Sersale si trasferì a Cerisano nel palazzo rinascimentale che sarebbe rimasto di sua proprietà fino al 1888. I Sersale ebbero il titolo di duchi di Cerisano e principi di Castelfranco e il terzogenito Diego fu avviato ben presto alla carriera ecclesiastica.
Fu educato presso il Collegio romano e, terminati gli studi, restò a Roma dove fu addetto prima alla prelatura e poi promosso a referendario dell’una e dell’altra Segnatura (referendarii utriusque signaturae), ossia delle Segnature di grazia e di giustizia. Per i suoi meriti – come attesta Francesco Lombardi nel suo Compendio cronologico delle vite degli arcivescovi baresi (1697, pp. 137 s.) – «fu destinato governatore di diverse Città dello Stato di Santa Chiesa». Il 21 dicembre del 1638 fu consacrato vescovo dal pontefice Urbano VIII e promosso alla sede arcivescovile di Bari nella quale si recò nel marzo del 1639. Michele Garruba nella Serie critica de’ sacri pastori baresi (1844, p. 376) riferisce che nel 1638, dopo la morte dell’arcivescovo Gesualdo, era stato designato per la sede di Bari il cardinale Francesco Maria Brancaccio, tuttavia questi non prese mai possesso della sede episcopale a causa di alcuni incidenti e pertanto il pontefice provvide a sostituirlo con Sersale.
Il suo governo fu tra i più lunghi di quelli avuti dall’arcidiocesi barese: governò per circa 26 anni – dal 1639 al 1665 – e celebrò tre sinodi: nel 1641, nel 1652 e nel 1659.
Dei primi due sinodi se ne è persa la documentazione, mentre ci è pervenuto il testo del terzo sinodo che venne stampato a Venezia nel 1659. Il sinodo si occupò dei vari aspetti della vita ecclesiale della diocesi. Molta attenzione fu prestata all’osservanza delle norme riguardanti l’ufficio divino; nel testo dei decreti sinodali fu, infatti, riportata tutta la normativa emanata sino allora per l’esatta e scrupolosa osservanza della recita dell’ufficio divino. Il testo dei decreti sinodali termina con la tavola delle censure e delle pene comminate dall’arcivescovo ai trasgressori.
Sersale assolse con zelo all’obbligo delle visite ad limina apostolorum e a quello delle visite pastorali nella sua diocesi. Almeno cinque sono le relationes ad limina inviate alla sacra congregazione del Concilio e conservate nell’omonimo fondo dell’Archivio segreto Vaticano (rispettivamente datate 13 ottobre 1639, 14 aprile 1643, 13 novembre 1648, 1650 e 22 luglio 1655); le carte di alcune delle visite pastorali, invece, sono conservate nel fondo D’Addosio della Biblioteca nazionale di Bari. Di un certo interesse la relatio ad limina del 1655 nella quale l’arcivescovo riferiva alla sede apostolica sullo stato della diocesi barese.
Questa relatio segue lo schema classico delle altre relationes coeve con l’elencazione delle sedi vescovili suffraganee, delle dignità del capitolo cattedrale e di altri dati riguardanti le parrocchie, i monasteri e le confraternite. Di rilievo la parte riguardante i rapporti tra l’arcivescovo e il priore della basilica di S. Nicola. In particolare, in questa relatio, Sersale mise in evidenza l’atteggiamento del priore di S. Nicola, che con la pompa ostentata nelle cerimonie pubbliche generava confusione e offuscava la dignità dell’arcivescovo. Nel documento vengono trattati anche altri argomenti come la condizione morale del clero, l’esiguità delle entrate delle mense, la scarsezza degli alunni del seminario e delle rendite derivanti dalle contribuzioni e dalle decime, la forte presenza delle nuove congregazioni, dei monasteri di religiose e delle confraternite di laici.
Sersale fu un buon pastore per la sua diocesi e si distinse per numerose opere caritatevoli, specie nei periodi di carestia, di tumulti, di flagello dei bruchi e di pestilenza che afflissero più volte, in quegli anni, il capoluogo barese. Durante i moti rivoluzionari del 1647 – iniziati a Napoli con Masaniello ed estesisi a Bari e in tutto il Regno –, Sersale si prodigò insieme alle autorità civili per frenare l’insurrezione. Giovan Battista Pyrris nella sua Cronaca della città e provincia di Bari negli anni 1647 e 1648 (1894, p. 32) narra con dovizia di particolari il rituale di pacificazione orchestrato dall’arcivescovo e da Cesare del Tufo, governatore della città, al termine dell’insurrezione. Durante il periodo della pestilenza che imperversò per otto mesi nel 1656 procurando più di dodicimila vittime nella città di Bari, Sersale si prodigò nel soccorso materiale e spirituale della popolazione afflitta dal flagello della peste e, in data 8 luglio dello stesso anno, emanò uno storico editto per disporre gli animi dei baresi a rassegnarsi, con penitenze e orazioni, al volere divino (Lombardi, 1697, p. 143). In un altro editto del 1658, poiché la pestilenza aveva colpito in modo eccezionale il ceto clericale, «autorizzò diversi laici probi e pii a recare ai moribondi il Santissimo viatico» (Garruba, 1844, p. 379).
Sersale si adoperò notevolmente per l’edilizia di culto e per le istituzioni ecclesiastiche della sua arcidiocesi. Fece ristrutturare a proprie spese il soffitto della cattedrale e fece anche costruire due coretti. Restaurò e ampliò il palazzo arcivescovile e il seminario; fece innalzare nell’atrio del palazzo arcivescovile una colonna di granito orientale sormontata dalla statua di s. Sabino. Durante il suo governo, nel 1642, fu completata la chiesa di S. Gaetano, in precedenza dedicata al Salvatore e situata nel centro storico di Bari.
Con decreto del 15 febbraio del 1652 fondò la confraternita di S. Maria del Suffragio. Il nome di Sersale è anche collegato alla chiesa dedicata a S. Maria delle anime del Purgatorio a Gioia del Colle e alla confraternita del Purgatorio, infatti la più antica attestazione di quest’ultima confraternita, tra le fonti attualmente conosciute, risale al 1652, anno in cui l’arcivescovo, nel corso della santa visita a Gioia ordinò di rimuovere dalla chiesa ossa e teschi di morti che erano presenti in essa. Durante il suo episcopato furono erette molte case religiose, soprattutto di monache: nel 1647 fu fondato il monastero dei Ss. Giuseppe e Teresa a Bari; nel 1657 quello delle cistercensi sotto il titolo di S. Maria di Loreto in Valenzano e quello delle cappuccinelle in Acquaviva dedicato alla Madonna della Consolazione; nel 1664 fu fondato quello di S. Chiara di Cassano.
Diego Sersale morì il 14 luglio 1665 mentre si trovava nel comune di Valenzano; fu trasportato e sepolto a Bari nella cattedrale. I suoi preziosi paramenti sacri sono attualmente custoditi nel museo diocesano di Bari.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Sacrae Congregationes Concilii, Relationes ad limina - Baren I, 112 A, ff. 73/2v-73/6r; D. Sersalis, Tertia Dioecesana Synodus Bariensis, Venezia 1659; F. Lombardi, Compendio cronologico delle vite degli arcivescovi baresi, parte II, Napoli 1697, pp. 136-147; M. Garruba, Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844, pp. 376-380: G.B. Pyrris, Cronaca della città e provincia di Bari negli anni 1647 e 1648, Trani 1894; G. Pinto, Il capitolo metropolitano primaziale di Bari, Roma 1965, pp. 83-97; S. Palese, Altre fonti edite e inedite, conservate a Bari e altrove, in Le fonti archivistiche, a cura di S. Palese, Bari 1985; F. Ricciardi Celsi, La relatio del 1655 di D. S. arcivescovo di Bari, in Nicolaus studi storici, 1, 1995, pp. 143-154; V. Todaro, Palazzo Sersale a Cerisano. Un esempio di architettura rinascimentale in Calabria, Cosenza 2003.