DIEO (Δίαιος, Diaeus)
Politico e generale acheo del sec. II a. C. Nacque a Megalopoli. Era probabilmente figlio di quel Diofane figlio di Dieo che fu stratego della lega achea nel 192-i a. C. Egli si trovò di fronte all'insurrezione della Macedonia contro i Romani e al rinvigorirsi in Sparta delle mene autonomistiche per opera di Menalcida. La politica di D. fu quella stessa che in occasioni analoghe aveva seguito Filopemene: appoggiare lealmente i Romani nella loro guerra in Macedonia, profittare dei loro imbarazzi per rinvigorire l'autorità della lega nel Peloponneso. Verso Menalcida egli procedette con tanta moderazione che fu accusato d'esserne stato corrotto egli stesso, sperando forse d'indurlo così a desistere dalle mene anti-achee. Ma poiché vi insisteva, minacciò a Sparta la guerra. Gli Spartani credettero prudente di evitarla e nello stesso tempo di serbare intatta la loro pretesa che la giurisdizione capitale della lega non si esercitasse presso di loro prendendo l'iniziativa di condannare a morte essi stessi, dopo averli lasciati fuggire, 24 agitatori anti-achei con a capo Menalcida. Costoro si recarono a Roma per ottenere il ritorno, e vi si recò anche D., uscito di carica, per difendere il suo operato. I Romani, che avevano sulle braccia la guerra macedonica e la terza punica, diedero risposte ambigue, non volendo né compromettersi né esasperare gli Achei. E l'effetto fu che tanto D. quanto Menalcida, tornati in Grecia, riferirono probabilmente in buona fede di avere avuto risposta favorevole. Gli Spartani riaccolsero Menalcida, e gli Achei mossero guerra a Sparta. La guerra non ebbe però risultati decisivi e per questo sotto D., rifatto stratego pel 148-7, fu condannato lo stratego uscente Damocrate; ma frattanto Cecilio Metello aveva vinto l'insurrezione macedonica e D. credette prudente di acconciarsi a una tregua con Sparta. Ormai Spartani e Achei, e D. prima di tutti, capivano che la parola decisiva spettava ai Romani. Recata agli Achei la deliberazione del Senato, che staccava dalla lega non solo Sparta, ma Eraclea, Corinto, Argo e Orcomeno, ne seguì la guerra. Caduto lo stratego acheo Critolao a Scarfea, D. che era stato suo predecessore, assunse di nuovo il comando, secondo le norme costituzionali, e per mettere in piedi un nuovo esercito non esitò a ricorrere a proletarî e a schiavi; ma resistere a Roma era impresa disperata. L'esercito acaico, guidato da D., fu battuto a Leucopetra e lo stratego fuggì a Megalopoli, dove si diede la morte insieme con i suoi famigliari. La figura di D. ci è giunta tratteggiata con colori assai foschi dal suo avversario politico Polibio. Fatte tutte le possibili riserve, rimane però che egli non fu né un esperto generale né un avveduto uomo politico, ma un sincero patriota.
Bibl.: B. Niese, Geschichte der griechischen und makedonischen Staaten, III, Gotha 1903, p. 339 segg.; G. Niccolini, la confederazione achea, Pavia 1914, p. 190 segg.; P. V. M. Benecke, in Cambridge Ancient History, VIII, Cambridge 1930, p. 302 segg.; E. Freeman, History of federal government in Greece and Italy, 2ª ed., Londra 1893, p. 538 sgg.