DOLOMIEU, Dieudonné-Sylvain-Guy-Tancrède de Gratet de
Geologo e mineralogista francese nato nel castello di Dolomieu (Isère) il 23 giugno 1750, morto a Châteauneuf (Saône-et-Loire) il 16 novembre 1801. Cadetto di nobile famiglia e destinato fin dall'infanzia all'ordine di Malta, raggiunse gradi elevati, pur fra contrasti e lotte accanite, che determinarono infine la sua espulsione dall'ordine sotto l'accusa di averne complottato la distruzione per simpatia verso le idee rivoluzionarie (1790). Fece frequenti viaggi in Francia e in Svizzera, in Portogallo e soprattutto in Italia. Dalle sue osservazioni sui vulcani dell'Italia meridionale trasse argomento ad esporre idee verosimili sull'origine delle rocce eruttive contro l'erronea dottrina dei nettunisti allora imperante per l'influenza del Werner: Mémoire sur les volcans eteints du Val di Noto (1784); Sur les tremblements de terre de Calabre (1784); Sur les îles Ponces (1788); Catalogue raisonné des produits de l'Etna (1788).
Dopo il suo allontanamento dall'ordine di Malta abbracciò apertamente le idee liberali e s'iscrisse al Club dei Foglianti, ma il prevalere dei rivoluzionarî estremisti e gli eccessi del Terrore smorzarono ben presto il suo entusiasmo; arrischiò libertà e vita per la generosa protezione da lui accordata alla famiglia del marchese de la Rochefoucauld, suo maestro e intimo amico, massacrato quasi sotto i suoi occhi. Costretto a tenersi appartato in provincia, ne trasse vantaggio per un proficuo lavoro scientifico, durante il quale pubblicò le memorie: Sur les pierres figurées de Florence (1793), Mémoire sur les pierres composées et les roches (1794), Distribution methodique des matières volcaniques (1794).
Il governo de1 Direttorio lo richiamò a Parigi, nominandolo nel 1795 membro dell'Institut e insegnante all'École des mines. Nel 1798 fu chiamato a prender parte alla spedizione d'Egitto e durante il viaggio, in vista di Malta, Bonaparte gli ordinò di scendere a terra col generale Junot per manifestare al gran maestro la sua intenzione di accordare all'Ordine sovrano le migliori condizioni, se la resa fosse stata immediata. Questa penosa missione rinfocolò l'odio dei cavalieri per il D.; l'anno seguente, di ritorno dall'Egitto, il D. e altri, gettati dalla tempesta nel porto di Taranto e fatti prigionieri dalle bande del cardinal Ruffo, furono tradotti a Messina, dove il D. per istigazione dello zar Paolo I, nuovo gran maestro dell'Ordine ricostituito in Russia, fu tenuto in duro carcere. L'intercessione, presso i Borboni di Napoli, di scienziati e di potenti valsero ad evitare la sua consegna allo zar, ma non a ridonargli la libertà. Soltanto dopo Marengo una clausola del trattato di Firenze (marzo 1801) lo restituì alla patria. Di ritorno a Parigi occupò la cattedra di mineralogia al Muséum, conferitagli durante la prigionia, e pubblicò la sua Philosophie minéralogique scritta nella prigione di Messina. Morì, mentre si aecingeva a un nuovo viaggio in Sassonia per incontrarsi col suo contraddittore Werner.