diffondere
Il verbo appare sei volte (sempre nella forma del participio ‛ diffuso '), solo nel Purgatorio e nel Paradiso, ed è sempre in rima, tranne l'unico caso di Pd XXXI 61. È usato come aggettivo in Pg XXXII 91 e in Pd XI 75, dove parlar diffuso si può riferire al precedente discorso di s. Tommaso, lungo 18 terzine, e quindi l'aggettivo vale " esteso "; o si riferisce al discorso seguente, in cui il santo parla chiaramente di s. Francesco e della Povertà, prima designati con metafora; e allora l'aggettivo vale " chiaro ", in contrapposizione al discorso chiuso di prima (v. 73). Nella forma passiva, in Pd XXI 33 io pensai ch'ogne lume / che par nel ciel, quindi fosse diffuso, e in Pg XV 132 l'acque de la pace / che da l'etterno fonte son diffuse, con valore di " sgorgare ", " effondersi ": la luce celeste " si effonde " dagli splendori della scala del cielo di Saturno, e l'acqua della pace " sgorga " da una sorgente che non si esaurisce mai, cioè Dio; in quest'ultimo caso l'uso è metaforico, come in Pd XXIV 92 La larga ploia / de lo Spirito Santo, ch'è diffusa / in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia, ove l'immagine della ploia, " pioggia ", giustifica l'uso del vocabolo. In Pd XXXI 61, infine (Diffuso era per li occhi e per le gene / di benigna letizia) la costruzione del participio è latineggiante e i crudi latinismi sene e gene (vv. 59 e 61) accentuano il riecheggiamento di analoghi usi classici, che i commentatori ritengono possibile individuare in Virgilio (Aen. VI 686, XI 64-65), Ovidio (Met. II 318), Stazio (Silv. IV II 54).