diffusione
Processo attraverso cui un elemento (particelle fisiche, specie animali, o altro) si muove nel tempo da regioni dove esso ha un’alta concentrazione verso regioni a bassa concentrazione. In economia, il termine è usato in relazione al processo attraverso cui un’innovazione (➔), con nuove idee, nuove tecnologie o nuovi prodotti, viene progressivamente accettata o adottata nel sistema dalle diverse tipologie di agenti economici (clienti, utilizzatori, siano essi persone, imprese, o organizzazioni).
I principali elementi che definiscono il processo di d. sono quindi le caratteristiche dell’innovazione, le peculiarità di produttori e potenziali utilizzatori della stessa, la tipologia di canali di comunicazione attraverso cui passa l’informazione riguardo a un’innovazione, e il tempo necessario perché il processo di d. inizi e si dispieghi. Le caratteristiche intrinsiche dell’innovazione giocano un primo ruolo chiave: quanto più una nuova idea o un nuovo prodotto presentano migliorie rispetto alle categorie già esistenti, o quanto più sono chiaramente codificate le loro peculiarità, o ancora quanto maggiori sono la facilità e i campi di potenziale applicazione, tanto più facile e rapida sarà la loro diffusione. Tali elementi interagiscono poi con le diverse tipologie di potenziali utilizzatori. Questi differiscono per bisogni e anche per tratti psicologici. Gli innovatori si rivolgono a un gruppo ristretto di soggetti, quelli che più di altri sperimentano e sono pronti a rischiare nell’incerto processo di scoperta, conoscenza e applicazione di un’innovazione. I cosiddetti ‘primi utilizzatori’ seguono gli innovatori nel processo di adozione, ne codificano in modo più chiaro uso e vantaggi, e solo in un secondo momento l’innovazione si diffonde in una cerchia di persone sempre crescente. Un sistema sociale tende poi anche a definire la portata dei canali attraverso cui l’innovazione circola mediante norme (legali e non) che definiscono, per es., il grado di appropriabilità.
Esso indica solitamente la velocità con cui il processo di d. avviene, sia in termini temporali sia in termini di percentuale di potenziali utilizzatori che effettivamente adottano un’innovazione (misurata, per es., tramite la quota di mercato di un nuovo prodotto). Dal punto di vista empirico, studi sulla d. (soprattutto di prodotti o tecnologie) tendono a concordare che il tasso di d. nel tempo o fra agenti segue una curva a S, in termini matematici rappresentabile come una logistica: pochi utilizzatori (per es., bassa quota di mercato) in una prima fase, seguita da un’altra di rapido incremento, che poi rallenta fino ad arrivare a un livello di saturazione, oltre il quale il tasso di d. rimane pressoché stabile.
A seconda di come gli elementi chiave si combinano fra loro nei diversi casi di innovazione, il processo di d. avviene con differenti modalità, ed esistono varie teorie che cercano di spiegarne i meccanismi base. In una prima classe di studi, cosiddetti ‘epidemiologici’, la d. dipende essenzialmente dalla profittabilità dell’innovazione e dal progressivo apprendimento delle caratteristiche tecniche ed economiche, secondo uno schema quasi ‘meccanicistico’, invariante fra differenti innovazioni. Un approccio successivo, detto di ‘d. in equilibrio’, pone enfasi sulla eterogeneità dei fattori che concorrono alla d.: le interazioni fra chi produce e chi utilizza e le loro diverse aspettative; l’interdipendenza fra le decisioni di produrre innovazione e il tasso stesso di d.; l’importanza della struttura di mercato nei settori di produzione e consumo. Questa tradizione tende però a concettualizzare l’adozione e la d. come un fatto statico, un equilibrio originato da perturbazioni delle caratteristiche tecniche ed economiche, e offre una caratterizzazione relativamente poco ricca sull’evoluzione del processo. È con la moderna economia dell’innovazione che entrano pienamente in gioco l’incertezza intrinseca agli sviluppi innovativi, le non-perfette condizioni di razionalità e capacità predittiva degli attori, e una più dettagliata descrizione dei processi stessi attraverso, per es., modelli di formazione in sistemi complessi (➔ anche criticità auto-organizzantesi; percolazione) di canali endogeni di sperimentazione e diffusione.