dimora (dimoro)
Con il valore di " indugio ", " esitazione ", in If X 70 Quando [Cavalcante] s'accorse d'alcuna dimora / ch'io facëa dianzi a la risposta, / supin ricadde e più non parve fora; Rime dubbie XXVIII 4 piango... / per tema non sia sdegnatrice / di mia dimora, " indugio lontano " (Contini); con valore negativo, unito a sanza o san, in Fiore LXIV 4, CXXXVI 13, CLXXXV 4, CXCVI 9, vale " subito ", " immediatamente " (cfr. pure sanza dimoro di If XXII 78, in rima, locuzione non infrequente in testi due-trecenteschi: v. per es. Libro della distruzione di Troia [in Schiaffini, Testi 157], Andrea da Grosseto, volgarizzamento del Trattato morale di Albertano da Brescia [in Monaci, Crestomazia 382], Rustico Il giorno avesse 7).
La locuzione ‛ far d. ' di If XXXI 144, riferita ad Anteo che depone D. e Virgilio al fondo che divora / Lucifero con Giuda... / né, sì chinato, lì fece dimora, oscilla tra il significato di " sostare " e quello di " indugiare ". In senso figurato, in Rime XCI 75 tanto fo dimora / in uno stato e tanto Amor m'avvezza / con un martiro e con una dolcezza.
In Pg XVII 90 è riferito alla lunga " sosta " di D. e Virgilio appena giunti nella cornice degli accidiosi, sosta che permette a Virgilio di esporre l'ordinamento del Purgatorio, per cui D. potrà trarre alcun buon frutto di nostra dimora.
Col significato di " abitazione ", " casa ", in If XX 50, riferito ad Arunte, che come casa ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca / ... onde a guardar le stelle / e 'l mar non li era la veduta tronca; con intenso valore figurato è detto, in Pd VI 37, dell'aquila imperiale che fece in Alba sua dimora / per trecento anni e oltre, fissò la sua sede in Alba, in fino al fine / che i tre a' tre pugnar per lui ancora. V. ADDIMORANZA; DIMORANZA.