Dinamica dei sistemi
L'evoluzione temporale dei sistemi - in particolare di quelli deterministici, cioè tali che la conoscenza del sistema a un dato istante ne determina tutta l'evoluzione futura - è stata negli ultimi decenni un importante oggetto di studio. La spinta in questa direzione è stata data sia dallo sviluppo straordinario dei mezzi di calcolo elettronico sia da una rinnovata forte comunicazione tra la matematica e le scienze naturali. Un possibile stato del sistema è descritto mediante un numero (finito o infinito) di quantità osservabili: queste possono essere di natura meccanica, come la posizione e la velocità di un punto o di un sistema di punti, oppure grandezze termodinamiche quali la temperatura o la pressione, ma anche, a seconda del contesto, concentrazioni, densità di una popolazione, valori di un titolo azionario, e così via. Lo spazio astratto in cui vivono tutte le grandezze necessarie per specificare completamente lo stato del sistema in esame e dunque - conformemente al principio deterministico - la sua evoluzione temporale futura è detto spazio delle fasi. Spesso i vincoli ai quali le grandezze osservabili sono assoggettate (come positività o dipendenza di una o più grandezze da altre) fanno sì che lo spazio delle fasi abbia anche una topologia e una geometria caratteristiche. Queste spesso pongono a loro volta delle limitazioni sui tipi di evoluzione temporale possibili, che è propriamente compito del matematico investigare.
L'evoluzione temporale è spesso astrattamente descritta mediante modelli continui come le equazioni differenziali (ordinarie o alle derivate parziali). Geometricamente questa descrizione equivale a immaginare lo spazio delle fasi come una varietà differenziabile, sulla quale ha senso definire la nozione di campo vettoriale: a ogni stato si associa il vettore velocità che descrive in che direzione e con quale rapidità il sistema evolverà nel tempo. Sotto ipotesi sufficientemente generali si ha la buona posizione del problema: è cioè possibile dimostrare l'esistenza e l'unicità di una curva regolare passante per il punto scelto; questa viene detta orbita del punto. È tuttavia sempre più frequente l'uso di modelli in cui il tempo è una quantità discreta, in cui alla semplicità dell'astrazione si coniuga la praticità dell'implementazione su un calcolatore. In questo caso la legge di evoluzione temporale è semplicemente una trasformazione che a ogni punto dello spazio delle fasi ne associa un altro. L'orbita di un punto è in questo caso la successione infinita ottenuta iterando la legge di trasformazione, cioè continuando ad applicarla ai punti ottenuti successivamente. Iterare molto velocemente è precisamente quanto i computer sanno fare meglio: così anche i modelli continui vengono discretizzati nel processo di sviluppo di un codice numerico per la loro simulazione. Ciò avviene costantemente nelle applicazioni, per es., ingegneristiche e geofisiche.
Non si deve pensare che i due approcci (tempo continuo o tempo discreto) siano indipendenti. Il secondo è più generale del primo: non è infatti sempre possibile ricondurre un sistema con tempo discreto a uno in cui la variabile temporale è continua. Inversamente, ogni sistema deterministico in cui la variabile temporale è continua può essere ridotto a uno in cui la variabile è discreta, semplicemente osservandolo a intervalli di tempo regolari. Questo approccio è molto importante: l'osservazione a intervalli regolari di tempo dei fenomeni naturali e sociali è storicamente e metodologicamente all'origine del modo stesso di fare scienza. Dall'osservazione regolare dei moti celesti nell'antichità fino alle registrazioni delle variabili fisiologiche acquisite in un reparto di terapia intensiva oggi, lo studio delle serie temporali così ottenute è alla base di quella ricerca di ordine, di regolarità e di leggi che è centrale nel metodo scientifico.
La moderna teoria dei sistemi dinamici si prefigge propriamente di descrivere il comportamento futuro delle orbite tenendo conto di alcuni fatti importanti: la legge di evoluzione temporale è tipicamente non lineare (è bene comprendere come l'approssimazione lineare, da sempre in uso specialmente nel campo ingegneristico, sia per l'appunto una semplificazione utile, ma troppo cruda, della realtà, che è quasi sempre non lineare); si cerca di conoscere lo stato asintotico trascurando eventuali transienti (in altre parole, non si è interessati al comportamento del sistema in ogni istante, ma unicamente a quello che presenta dopo che ha avuto abbastanza tempo a disposizione per raggiungere uno stato limite invariante, in linea di principio infinito). Nel 18° e nel 19° sec. il sogno era di poter descrivere esattamente la dinamica di ogni sistema deterministico qualunque fosse il suo stato iniziale: in termini moderni si direbbe che si voleva mostrare l'integrabilità di ogni sistema dinamico. Verso la fine del 19° sec., J.-H. Poincaré mostrò come ciò fosse impossibile, scoprendo il caos associato alle orbite omocline nel problema dei tre corpi. Egli propose dunque di comprendere il comportamento delle orbite per un insieme di condizioni iniziali con qualche proprietà di genericità, in senso topologico, oppure, più frequentemente, in senso probabilistico, cioè interessandosi al comportamento del sistema corrispondente a una scelta a caso del dato iniziale.
Nel seguito discuteremo brevemente alcuni degli sviluppi più recenti della moderna teoria dei sistemi dinamici, partendo dalla sua applicazione all'analisi delle orbite dei pianeti nel Sistema solare. Proseguiremo poi con una discussione della teoria generale dei sistemi che mostrano un comportamento caotico per concludere con alcuni cenni sulle relazioni esistenti tra lo studio dei sistemi dinamici e questioni di aritmetica e teoria dei numeri.
Quasi-periodicità e caos nel Sistema solare
Il problema della stabilità delle orbite planetarie nel Sistema solare, già discusso nell'opera di I. Newton, si pose in modo rilevante fin dall'inizio del 17° secolo. Confrontando le osservazioni di Saturno intorno all'anno 1715 con quelle degli anni intorno al 1595 e, infine, con quelle riportate da Tolomeo e risalenti ai Caldei nel 3° sec. a.C., E. Halley concluse che l'orbita di Saturno si stava allontanando dal Sole mentre quella di Giove vi si avvicinava. Un'estrapolazione dei dati portava a una possibile collisione (passata) tra i due corpi avvenuta in un tempo dell'ordine dei 6 milioni di anni. Dal punto di vista matematico argomenti a favore della stabilità delle orbite planetarie furono portati da G.L. Lagrange, P.-S. de Laplace e S.-D. Poisson. Questi, interessati all'effetto a lungo termine delle perturbazioni che l'attrazione dei pianeti sugli altri porta al moto di rivoluzione intorno al Sole, dimostrarono l'assenza dei cosiddetti termini secolari nelle serie temporali che descrivono l'evoluzione dei semiassi maggiori delle orbite dei pianeti, ovvero dimostrarono l'assenza di termini polinomiali nel tempo almeno fino al terzo ordine nelle masse planetarie. L'estrapolazione di Halley non era giustificata.
Le ricerche di Poincaré già ricordate e, successivamente, quelle di G.D. Birkhoff mostrarono, al contrario, come fossero possibili instabilità nei moti planetari e come la struttura delle orbite nello spazio delle fasi del problema degli N corpi dovesse essere estremamente complessa. Un contributo fondamentale alla sua comprensione venne nel 1954 da A.N. Kolmogorov con l'enunciato del teorema di persistenza delle orbite quasi-periodiche nei sistemi hamiltoniani quasi-integrabili, che, dimostrato successivamente da V.I. Arnol´d e J. Moser, divenne celebre come teorema KAM. Un moto quasi-periodico è un moto indistinguibile da uno periodico se la precisione delle osservazioni è fissata e finita; tuttavia, a differenza di un moto periodico, nel caso quasi-periodico il periodo osservato cresce illimitatamente al migliorare della precisione. La quasi-periodicità è uno dei comportamenti dinamici più frequenti nei moti regolari. Kolmogorov, ben a conoscenza dei lavori di Poincaré e di Birkhoff, suggerì che la struttura tipica delle orbite nello spazio delle fasi di un sistema hamiltoniano generico può essere così ricca da presentare la coesistenza di un comportamento instabile per un insieme topologicamente generico di condizioni iniziali, e un comportamento stabile e quasi-periodico per un insieme probabilisticamente generico di condizioni iniziali. L'instabilità per un insieme di condizioni iniziali topologicamente generico implica che, anche se il moto di un pianeta o di un asteroide è regolare, una perturbazione arbitrariamente piccola della sua posizione o velocità è sufficiente a metterlo su un'orbita irregolare e caotica. Le orbite instabili possono invece lentamente muoversi lungo le linee di risonanza nello spazio delle fasi, corrispondenti a relazioni di commensurabilità tra le frequenze dei moti: si tratta della cosiddetta diffusione di Arnol´d, oggetto di ricerca molto estesa e intensa (con il contributo fondamentale dell'approccio variazionale introdotto e sviluppato da J. Mather). Il processo con cui questo tipo di diffusione si può manifestare è, tuttavia, piuttosto lento (teorema di Nekhoroshev). Questo insieme di risultati, trascurandone i limiti di applicabilità, rinforzò la convinzione che la scala di tempi, affinché si manifesti un comportamento caotico nella dinamica del Sistema solare, debba essere molto lunga in confronto con la sua età.
Le simulazioni numeriche della dinamica del Sistema solare, benché facilitate dalla potenza di calcolo a disposizione oggi, si scontrano con la difficoltà data dalla brevità del passo temporale di integrazione indispensabile per poter tener conto anche della dinamica dei pianeti più interni del Sistema solare, che compiono una rivoluzione completa intorno al Sole in pochi mesi. Un passo di integrazione di poche ore è dunque indispensabile, a meno di non ricorrere a modelli semianalitici, sviluppati sfruttando le ricerche di Laplace e, soprattutto, di Lagrange sulla struttura dello spazio delle fasi del sistema planetario, e i successivi lavori di Poincaré, che perfezionò i metodi perturbativi e la loro applicazione nell'ambito della meccanica celeste. Proprio questo fu il punto di partenza di J. Laskar per l'elaborazione di una simulazione numerica della dinamica del Sistema solare completo (otto pianeti, escluso Plutone) da lui compiuta intorno al 1990. Laskar sostituì al sistema di equazioni di Newton il cosiddetto sistema secolare introdotto da Lagrange, nel quale le variabili angolari veloci (corrispondenti al moto imperturbato dei pianeti lungo le ellissi kepleriane) sono eliminate con un procedimento di media. Al sistema così ottenuto è associato uno spazio delle fasi di dimensione più piccola (precisamente dipendente da 32 osservabili anziché 48) che descrive la dinamica della lenta deformazione delle orbite dei pianeti nel tempo. Nelle variabili utilizzate da Laskar, introdotte da Poincaré, il moto imperturbato dei pianeti corrisponde semplicemente a un punto di equilibrio per la dinamica del sistema secolare. Poiché in queste variabili le soluzioni kepleriane corrispondono all'assenza di moto, è possibile utilizzare un passo di integrazione molto più lungo di quello necessario per la simulazione numerica diretta del Sistema solare, ossia 500 anni anziché 12 ore. L'integrazione numerica mostra come il Sistema solare interno (Mercurio, Venere, Terra e Marte) sia caotico e la scala temporale per l'instabilità, misurata dal tempo di Lyapounov, sia dell'ordine di 5 milioni di anni. Questo tempo misura il tasso di crescita esponenziale della distanza nello spazio delle fasi tra due orbite inizialmente vicine. Una conseguenza pratica di un valore così basso (su una scala di tempi astronomica) del tempo di Lyapounov è l'impossibilità del calcolo di un'effemeride planetaria per i pianeti interni, cioè di una previsione precisa della loro posizione, su tempi dell'ordine di circa 100 milioni di anni. Infatti, un errore nella posizione iniziale di 15 m può crescere in un simile intervallo di tempo fino a dare un'indeterminazione della posizione su una scala di 150 milioni di km, cioè della stessa grandezza della distanza attuale della Terra dal Sole.
Ancora più interessanti sono le conseguenze di questo comportamento caotico nello studio dell'evoluzione temporale dell'obliquità orbitale dei pianeti. L'obliquità è l'angolo tra l'equatore di un pianeta e il piano della sua orbita. Le simulazioni mostrano come sia possibile che l'obliquità di alcuni pianeti interni possa subire delle variazioni drammatiche su scale di tempi molto brevi rispetto a quelle geologiche.
Teoria generale dei sistemi caotici
Dalla stabilità strutturale all'iperbolicità non uniforme
Negli anni Trenta del secolo scorso A.A. Andronov e L.S. Pontrjagin introdussero la nozione di sistema dinamico strutturalmente stabile enfatizzando la questione della stabilità e della persistenza della dinamica asintotica di un sistema quando la legge di evoluzione temporale viene sottoposta a una piccola perturbazione. Il primo tentativo di sviluppare un paradigma generale, valido per la comprensione della maggior parte dei sistemi dinamici, fu sviluppato da S. Smale negli anni Sessanta del 20° secolo. Scegliendo come modello i flussi gradiente e i sistemi con un ferro di cavallo (un modello particolarmente semplice di insieme invariante la cui dinamica può essere caratterizzata in modo completo), Smale e i suoi collaboratori, insieme a un nutrito numero di matematici dell'Unione Sovietica, costruirono la teoria dei sistemi dinamici uniformemente iperbolici (detti anche sistemi di Anosov) o assioma A. In tali sistemi la dinamica asintotica si svolge su un insieme limite nello spazio delle fasi il cui spazio tangente può essere decomposto in due sottospazi invarianti corrispondenti alle direzioni contraenti o dilatanti della dinamica (nel caso dei sistemi di Anosov l'intero spazio delle fasi ammette una simile decomposizione). Una conseguenza dell'iperbolicità uniforme è che tutte le traiettorie del sistema sono esponenzialmente instabili, nel futuro oppure nel passato, ossia che due punti inizialmente vicini aumenteranno la loro distanza seguendo una legge esponenziale.
La dinamica degli attrattori uniformemente iperbolici, per quanto caotica, ammette anche una soddisfacente descrizione statistica: esiste una misura di probabilità invariante, detta misura fisica (o di Sinai-Ruelle-Bowen), che determina la distribuzione delle orbite dei punti iniziali scelti al di fuori di un insieme di volume nullo nello spazio delle fasi (un insieme di misura di Lebesgue nulla). La misura fisica contiene dunque tutta l'informazione statistica delle traiettorie e il grado di caoticità della dinamica è misurato da un'importante invariante, l'entropia di Kolmogorov-Sinai (che è strettamente positiva nei sistemi caotici).
La teoria dei sistemi uniformemente iperbolici può essere oggi considerata completa e soddisfacente. In fisica statistica questi sistemi sono diventati un modello di riferimento, un paradigma per lo studio euristico dei sistemi caotici con molte particelle sia all'equilibrio termodinamico sia nel loro approccio all'equilibrio. L'analogia tra i sistemi di sfere rigide con collisioni, tipici dei modelli della meccanica statistica, e i flussi geodetici su varietà con curvatura negativa fu per la prima volta notata da N. Krylov. Questi osservò come la superficie convessa delle sfere produca lo stesso effetto di dispersione delle traiettorie che, nel caso dei flussi geodetici, è provocato dalla curvatura negativa. Nel 1970 Ya.G. Sinai intraprese uno studio sistematico dei modelli con urti dispersivi, concentrandosi sulle proprietà iperboliche. La differenza principale e l'ostacolo maggiore all'estensione dei risultati dai sistemi di Anosov a quelli con urti è dato dalle discontinuità presenti nella dinamica di questi ultimi, che rendono l'analisi estremamente più complicata. In alcuni casi, tuttavia, si può addirittura dimostrare come le traiettorie tipicamente convergano, dopo un opportuno riscaldamento delle variabili spaziali e temporali, a un moto browniano.
La congettura di stabilità di Smale e J. Palis, successivamente dimostrata da R.C. Robinson, R. Mañe e da Sh. Hayashi, caratterizza i sistemi strutturalmente stabili mediante l'iperbolicità dell'insieme dei punti non erranti congiuntamente alla richiesta della trasversalità delle intersezioni tra varietà stabili e instabili. Al contrario di quanto sperato inizialmente, fu subito chiaro che i sistemi uniformemente iperbolici sono abbastanza rari, eccetto nel caso unidimensionale. Per es., nello spazio dei sistemi dinamici su una varietà compatta, possono esistere 'isole' costituite da sistemi arbitrariamente bene approssimati da altri che hanno un numero infinito di attrattori, mentre i sistemi assioma A possono averne solo un numero finito. Ogni tentativo di costruire una teoria generale della dinamica che si fondasse esclusivamente su nozioni topologiche era dunque destinato al fallimento e occorreva congiungere questo punto di vista tradizionale con quello fornito dalla moderna teoria della probabilità (più precisamente con la teoria ergodica, che della probabilità rappresenta il versante dinamico). Il quadro tecnico per poter sviluppare un simile programma fu fornito da V.I. Oseledets e Ya. Pesin, che introdussero una nozione molto generale di iperbolicità non più associata a un insieme invariante nello spazio delle fasi bensì a una misura di probabilità invariante. L'iperbolicità non uniforme corrisponde all'idea che alcuni degli esponenti di Lyapounov associati a una misura di probabilità invariante siano positivi, assicurando che almeno una parte delle proprietà fondamentali dei sistemi assioma A sono conservate. Più tardi, M. Benedicks e L. Carleson (1991) mostrarono l'abbondanza dei sistemi non uniformemente iperbolici nella famiglia di Hénon, una famiglia di sistemi bidimensionali che aveva sfidato la comprensione rigorosa da parte dei matematici per quasi due decenni. Molti aspetti della dinamica di questi sistemi sono ancora compresi solo parzialmente, a dispetto del lavoro di molti eminenti studiosi. Lo storico lavoro di Benedicks e Carleson ha aperto la strada a una teoria dei sistemi dinamici non uniformemente iperbolici di tipo Hénon. Per questi si dimostra l'esistenza di attrattori dalle caratteristiche simili, talvolta in numero infinito, con la coesistenza di elementi di iperbolicità e la presenza di punti critici che talvolta rallentano l'espansione e che rendono tanto complicata l'analisi della famiglia di Hénon. Tuttavia, come dimostrato da Benedicks, L.S. Young e Viana, questi attrattori di tipo Hénon hanno proprietà statistiche ben definite: ammettono un'unica misura fisica stocasticamente stabile, peraltro equivalente a uno schema di Bernoulli, e con un bacino di attrazione associato di misura piena.
Il programma di Palis: finitezza e stabilità stocastica degli attrattori. - I progressi dell'ultima decade del 20° sec. hanno portato Palis a formulare una congettura che svolge ormai un ruolo fondamentale nello sviluppo della teoria dei sistemi dinamici. Palis ha ipotizzato che un sistema dinamico generale possa essere approssimato arbitrariamente bene con uno che abbia le proprietà seguenti: il sistema approssimante possiede un numero finito di attrattori tali che l'orbita di un punto con probabilità unitaria tende a uno di essi; ciascuno di questi attrattori ha una misura fisica; le proprietà precedenti sono stabili per perturbazioni; gli attrattori sono stabili per perturbazioni stocastiche; con probabilità uno gli attrattori hanno una struttura molto semplice (sono orbite periodiche attrattive oppure supportano una misura invariante assolutamente continua).
La congettura di Palis è stata dimostrata da M. Lyubich nel caso particolare dell'iterazione dei polinomi quadratici sul campo reale (mappa logistica).
Dinamica, frattali e biforcazioni omocline
Lo studio del comportamento generico dei sistemi dinamici bidimensionali in prossimità di una tangenza omoclina ha stimolato numerosi lavori recenti. Una tangenza omoclina è (come nel problema dei tre corpi) un punto periodico le cui varietà stabile e instabile sono tangenti in un qualche punto isolato. Questo fenomeno è uno degli ingredienti principali della dinamica non iperbolica. Le tangenze omocline sono sempre un'ostruzione all'iperbolicità e nel caso dei sistemi dinamici bidimensionali ne sono l'ostruzione principale: come congetturato da Palis e dimostrato da E.R. Pujals e M. Sambarino, in dimensione due un sistema dinamico generico è uniformemente iperbolico oppure possiede una tangenza omoclina. Variando leggermente i parametri del sistema è possibile studiare il comportamento di esso quando questa tangenza viene distrutta e chiedersi se il comportamento risultante è nuovamente di tipo iperbolico. I primi risultati di S. Newhouse, Palis e F. Takens mostrarono come sia essenziale studiare le dimensioni frattali degli insiemi iperbolici e, in particolare, le intersezioni e la differenza aritmetica tra insiemi di Cantor (il prototipo degli insiemi frattali). C.G. Moreira e J.-C. Yoccoz dimostrarono come genericamente questa differenza abbia misura nulla oppure parte interna non vuota e, successivamente, applicarono questo risultato fornendo una risposta completa al problema di quanto frequentemente si incontrino sistemi dinamici iperbolici in vicinanza di un sistema con una tangenza omoclina. Yoccoz e Palis hanno inoltre recentemente compiuto alcuni importanti progressi nella comprensione del tipo di insiemi invarianti non iperbolici che si possono generare mediante le biforcazioni omocline.
Sistemi dinamici e aritmetica
Dinamica quasi-periodica in dimensione bassa
Il prototipo di sistema dinamico quasi-periodico è la rotazione su una circonferenza. Quando l'angolo di rotazione è irrazionale le orbite sono dense nella circonferenza e lo sviluppo in frazione continua dell'angolo di rotazione permette di analizzare l'organizzazione delle orbite sul cerchio. Poincaré mostrò come estendere la nozione di numero di rotazione a tutti gli omeomorfismi della circonferenza che preservano l'orientazione. Un tale omeomorfismo non ha orbite periodiche se e solo se il numero di rotazione è irrazionale, nel qual caso è inoltre semiconiugato alla rotazione corrispondente, ovvero è possibile metterlo in corrispondenza con una rotazione mediante un'applicazione continua ma non necessariamente invertibile. Nel 1932 A. Denjoy dimostrò come questa semiconiugazione sia in effetti una coniugazione topologica, cioè in cui la corrispondenza delle orbite è data da un omeomorfismo, purché il sistema sia dato da un'applicazione iniettiva e due volte derivabile con continuità. Denjoy costruì inoltre dei controesempi a questa affermazione in regolarità più bassa. Per molto tempo la questione di quali ipotesi fossero necessarie affinché la coniugazione di Denjoy fosse più regolare rimase aperta.
La soluzione passò attraverso l'analisi di un problema analogo nello studio della dinamica olomorfa, ovvero nello studio dei sistemi dinamici ottenuti mediante l'iterazione di applicazioni razionali del piano complesso. Dopo i lavori pionieristici di G. Julia e P. Fatou, che negli anni 1918-1920 introdussero la dicotomia dinamica tra i punti stabili e quelli a dinamica instabile e caotica, fu chiaro come tra i primi potessero annoverarsi quelli con orbita quasi-periodica, benché per lungo tempo la loro esistenza sia stata solo congetturale. Nel 1942 C.L. Siegel dimostrò l'esistenza di tali orbite: più precisamente, dimostrò che se un'applicazione conforme del piano complesso ha un punto fisso e localmente è approssimabile al primo ordine con una rotazione di un angolo irrazionale che soddisfa una condizione aritmetica di tipo diofanteo, allora in un intorno del punto fisso tutte le orbite sono quasi-periodiche e ottenute iterando una rotazione irrazionale con lo stesso numero di rotazione. Riprendendo l'analisi della dinamica dei diffeomorfismi del cerchio, nel 1963 V.I. Arnol'd mostrò che se il numero di rotazione di un diffeomorfismo analitico della circonferenza soddisfa una condizione aritmetica di tipo diofanteo come quella introdotta da Siegel e se il sistema è una piccola perturbazione di una rotazione, allora la coniugazione di Denjoy è analitica. Le condizioni di tipo diofanteo pongono un limite alla velocità di approssimazione di un numero irrazionale con numeri razionali. Intuitivamente si tratta di rendere meno forti gli effetti non lineari, che si amplificano mediante le relazioni di risonanza, espresse in questo contesto dalla prossimità del numero di rotazione a un numero razionale.
L'apparire di condizioni aritmetiche in questi problemi non è dunque un'astratta complicazione della teoria ma è una richiesta naturale. Nel 1979 M.R. Herman estese il risultato di Arnol'd facendo cadere l'ipotesi che il diffeomorfismo fosse vicino a una rotazione. Sia nell'ambito della dinamica olomorfa sia in quello dello studio della dinamica sulla circonferenza rimaneva, tuttavia, aperta la questione di caratterizzare esattamente gli insiemi dei numeri di rotazione irrazionali per i quali tutti i sistemi analitici con numero di rotazione che vi appartiene sono analiticamente coniugati a una rotazione. In entrambi i contesti il problema fu risolto da Yoccoz nel 1995 e nel 2002, mediante un'approfondita e originale sintesi di strumenti analitici, geometrici e aritmetici che ha portato a una vera rivoluzione nello studio della dinamica quasi-periodica, denominata rinormalizzazione geometrica.
Topologia quasi-periodica e biliardi nei poligoni
Numerosi problemi di geometria, topologia, sistemi dinamici e anche di fisica dello stato solido conducono a considerare lo studio dei flussi geodetici su superfici chiuse dotate di una metrica riemanniana piatta con singolarità di tipo conico. Tali flussi si presentano naturalmente nello studio dei biliardi nei poligoni razionali (cioè tali che gli angoli interni sono multipli razionali di π radianti), ma possono anche descrivere il moto di un elettrone in un metallo sotto l'azione di un campo magnetico omogeneo, nel qual caso la superficie in questione è detta superficie di Fermi. Scegliendo un'opportuna sezione trasversale al flusso sulla superficie ci si può ricondurre allo studio di un sistema dinamico a tempo discreto ottenuto iterando una trasformazione di scambio di intervalli. Quest'ultima trasformazione è ottenuta a partire da un intervallo, decomponendolo in un numero finito di sottointervalli che vengono scambiati tra di loro conservandone l'orientazione, secondo una permutazione fissata. Se il numero di intervalli è semplicemente uguale a due, c'è un'unica permutazione possibile: il sistema ottenuto è una rotazione e la superficie di partenza era un toro bidimensionale. Al crescere della complessità topologica (genere) della superficie di partenza il numero di intervalli cresce insieme alla ricchezza combinatoria dei tipi possibili di scambi di intervalli. Lo studio della dinamica di questi sistemi fu iniziato negli anni Settanta del secolo scorso da A.B. Katok, M. Keane, G. Rauzy. Nel decennio successivo si sviluppò soprattutto grazie all'opera di S.P. Kerchoff, H. Masur, J. Smillie e W.A. Veech, che introdussero sofisticate tecniche provenienti dalla geometria algebrica e analitica complessa (teoria di Teichmüller). In questo modo venne dimostrato sia che con probabilità uno una trasformazione di scambio di intervalli è unicamente ergodica, cioè possiede un'unica misura di probabilità invariante per la dinamica, sia che l'insieme dei biliardi poligonali (non necessariamente razionali) con dinamica ergodica è topologicamente generico.
Un ulteriore importante sviluppo di queste idee si trova nei lavori successivi di A. Zorich e di Yoccoz e i suoi collaboratori, che hanno sviluppato la relazione tra le idee di rinormalizzazione nei sistemi dinamici, lo studio di questi algoritmi e la dinamica delle trasformazioni di scambio di intervalli. Come abbiamo già avuto modo di notare, le trasformazioni di scambio di intervalli descrivono l'applicazione di primo ritorno del flusso geodetico su una superficie con metrica piatta. Tornando alla superficie, le proprietà asintotiche del suo flusso geodetico sono ben descritte mediante la nozione di ciclo asintotico di S. Schwartzman. Infatti è possibile determinare un ciclo nel primo gruppo di omologia della varietà tale che, considerando segmenti sempre più lunghi delle geodetiche che si avvolgono ripetutamente sulla superficie e completandoli a ciclo chiuso in omologia, essi convergono al ciclo asintotico. L'idea intuitiva sottostante alla rinormalizzazione in questo contesto è che un'opportuna accelerazione del moto lungo le geodetiche può essere utilizzata per generare lunghi tratti di geodetica (dunque buone approssimazioni del ciclo asintotico) in un intervallo di tempo relativamente breve. Le proprietà di approssimazione del ciclo asintotico sono codificate nel caso dei flussi geodetici dal cociclo di Kontsevich-Zorich (semplicemente detto cociclo di Zorich nel caso delle trasformazioni di scambio di intervalli) e in particolare dalla semplicità dello spettro degli esponenti di Lyapounov del cociclo.
bibliografia
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