dinamica economica
Disciplina che mette in relazione le variabili economiche presenti con quelle passate o future. Essa si traduce in un sistema dinamico di equazioni che, per date condizioni iniziali o finali, permette di studiare l’andamento temporale dei fenomeni economici. Si distingue dalla statica economica. Mentre quest’ultima descrive i fenomeni in un dato momento del loro divenire e mette a confronto diversi equilibri stazionari (si parla di statica comparata, ➔ statica), la d. e. permette di studiare anche l’andamento delle variabili fuori dall’equilibrio. La d. e. può essere di breve-medio periodo o di lungo periodo e trova applicazione sia in ambito macroeconomico sia in quello microeconomico.
La d. e. di breve-medio periodo si occupa principalmente dello studio del ciclo economico (➔). A partire dai primi anni 1980, si sono distinti due importanti filoni di ricerca. Il primo fa riferimento alla teoria del ciclo economico reale (➔ ciclo economico reale, teoria del), di stampo neoclassico, secondo la quale il ciclo economico non è altro che la risposta efficiente del PIL a shock esogeni di natura reale, in particolare a quelli di produttività. Queste analisi si basano su ipotesi di efficienza dei mercati e rifiutano qualsiasi intervento stabilizzatore del ciclo da parte dello Stato. Il secondo filone riguarda invece la teoria del ciclo neo-keynesiana, che attribuisce le cause del ciclo economico a shock di natura nominale oltre che reale. Essa si basa su ipotesi di inefficienza dei mercati e sostiene politiche economiche (in particolare fiscali e monetarie) di stabilizzazione ciclica. La d. macroeconomica di lungo periodo studia le determinanti della crescita del PIL. Nei modelli di crescita esogena l’aumento del PIL è dovuto a fattori indipendenti dalle scelte degli agenti economici, come l’accumulazione di capitale fisico (➔ Harrod-Domar, modello di) e il progresso tecnologico (modello di Solow-Swan). Tali fattori influenzano la crescita nella transizione dinamica da un equilibrio di stato-stazionario a un altro. Nei modelli di crescita endogena, il motore è endogeno, essendo il risultato del comportamento ottimizzante degli agenti economici. La crescita è dovuta ai rendimenti di scala costanti dei fattori (capitale fisico e umano, innovazione, infrastrutture) o addirittura a rendimenti crescenti dinamici o statici degli stessi. In entrambi gli approcci, l’analisi della d. della popolazione, e quindi della struttura per età della stessa e della forza lavoro, riveste un ruolo importante nella spiegazione della crescita.
L’analisi dinamica trova applicazione anche in campo microeconomico. L’economia industriale, per es., la utilizza per lo studio dei modelli comportamentali delle imprese e delle relative forme di mercato. Le aziende nascono, prosperano e fanno profitti; contemporaneamente alcune falliscono ed escono dal mercato. Le opportunità di profitto incentivano l’entrata di nuove imprese e generano un processo dinamico competitivo tra nuovi entranti e imprese incumbent (➔).
La letteratura sulla d. industriale, concentra la sua attenzione sugli aspetti dinamici che caratterizzano l’evoluzione dei moderni settori industriali. Si possono distinguere 3 livelli di d. industriale: la demografia industriale, che studia la d. di entrata di nuove imprese nel mercato; la d. strutturale, che studia il ciclo di vita delle industrie; l’evoluzione strutturale, o approccio history friendly, che studia le caratteristiche generali dei mercati, considerando al contempo tutti gli aspetti specifici suggeriti dall’evidenza empirica, tipici dell’industria oggetto di studio. Per es., l’industria dei computer ha particolarità sue proprie che la distinguono dall’industria farmaceutica. Dagli anni 2000 alcuni modelli della d. industriale sono stati incorporati nei modelli macroeconomici di equilibrio economico generale al fine di contribuire a spiegare la d. del ciclo economico.