DINAMICA ECONOMICA
. È principio fondamentale della statica che il mercato risolva per tentativi le equazioni dell'equilibrio economico (statico). Questo principio deriva dalla considerazione di una società ideale, in cui rimangano costanti il numero degli individui, i loro bisogni e il processo produttivo. Lasciando libertà completa alle industrie, facendo il lavoro e il capitale assolutamente mobili, escludendo l'intervento di cause perturbatrici, e supponendo l'uomo mosso unicamente dal tornaconto personale, è logico attendersi che il prezzo delle merci sia pari al loro costo, che il profitto sia eguale a zero, che la rendita, l'interesse e il salario corrispondano al livello naturale o normale o statico formulato dalla teoria generale dell'equilibrio economico. Ma questo caso statico è puramente nominale. In realtà, non esiste fatto o fenomeno economico che non muti di tempo in tempo: la popolazione cresce costantemente, dilaga nelle campagne, emigra e più sovente rifluisce nelle città, dove dà origine a fenomeni grandiosi di dinamismo. Il patrimonio sociale aumenta rapidissimamente, e quasi non si può compararne l'entità tra un momento e l'altro, poiché di fatto il concetto di ricchezza muta incessantemente, per la diversa qualità dei bisogni da soddisfare, per la variabilità del costo che è insieme soggettivo e pecuniario, per la diversa disponibilità e accessibilità della ricchezza, che sono requisiti mutabili per legge. Anche ogni atto di produzione, di organizzazione e di consumo è continuamente variabile: a seconda dei periodi storici sono diversi i gusti, i bisogni individuali, la tecnica produttiva, l'organizzazione delle imprese, il grado di competizione e la concorrenza. Dovunque, in una parola, in luogo della tendenza verso il "normale", postulato dalla statica, la comune cognizione del mondo reale rivela l'esistenza di persistenti ineguaglianze tra costo, utilità e prezzi e il loro livello di equilibrio.
Per questi motivi, una parte degli scrittori moderni di economia ha riconosciuto l'importanza e la necessità di una sistemazione razionale delle mutevoli esperienze economiche, dividendosi solo per quanto concerne la valutazione dell'utilità della ricerca statica, volendo alcuni considerarla addirittura nulla, mentre gli altri, giustamente avvisando la statica come un caso particolare dell'economia totale, la stimano grandissima. Così sorse la dinamica economica, che è lo studio dei fenomeni economici in movimento, considerati soprattutto nella loro dipendenza dalle forze agenti.
Quattro sono le vie seguite nello studio della dinamica: 1. l'interpretazione storica dei fenomeni dinamici; 2. la via delle approssimazioni successive al problema concreto, partendo dalla costruzione statica; 3. la costruzione dell'equilibrio economico dinamico; 4. l'esame induttivo, a base prevalentemente statistica, delle singole forze, classificate secondo la durata delle loro oscillazioni. Ma le conclusioni finora assodate non sono così buone come la continuità e la diffusione degli sforzi facevano presagire: l'economia dinamica resta tuttora nella infanzia.
Invero, l'interpretazione storica della struttura economica è lungi dall'aver stabilito vere e proprie uniformità del moto, tanto nell'ambito delle istituzioni considerate in quiete, quanto nel loro reale e continuo evolversi. Anche la via delle approssimazioni successive, seguita da G. Cassel con la teoria delle società uniformemente progressive, da V. Pareto con le configurazioni successive di equilibrio, e da A. Marshall, che pose in maniera rigorosa il principio di trattare separatamente ognuna delle cause perturbatrici e di seguirne gli effetti man mano che si presentano, non sorpassa di molto i limiti della statica, sia perché urta contro l'ipotesi statica della formula caeteris paribus, sia perché arbitrariamente sostituisce a un fenomeno che è essenzialmente continuo nel tempo uno di natura statica e discontinua e perciò irreale. La terza via, che discende direttamente dal Pareto, rappresenta, da un punto di vista estremamente generale, il passo più importante verso la sistemazione di tutta la dottrina dinamica. Ma l'equilibrio economico dinamico non può essere determinato in via analitica senza prima aver risolto il sistema di equazioni raffigguranti l'equilibrio demografico dinamico. Questo ultimo sistema è oggi sconosciuto. Per rendere solida la costruzione paretiana occorre appoggiarla su principî sicuri. Questo passo è stato compiuto dagli economisti posteriori, con l'ausilio dei più delicati strumenti della statistica odierna.
Il maggior progresso nel campo della dinamica economica si ebbe per via induttiva. Nella teoria delle crisi sono veramente gli albori della nuova scienza. Per questa via, aperta da St. Jevons, lo studioso non si limita soltanto a verificare le verità sviluppate deduttivamente, ma ricerca, con infinito amore e pazienza, le leggi che collegano i movimenti economici, con quella fede nell'uniformità dei fatti che è propria di ogni scienziato. Posto che lo studio utile è solo quello dei movimenti, s'incominciò dapprima col catalogarli. Lo stesso si fece ai primordî delle scienze, così in meccanica come in psicologia. Poi si studiarono a uno a uno: e quindi teorie delle crisi, dei fattori di dinamismo, delle piccole variazioni, dei movimenti erratici, degli attriti. In tal maniera fu approfondito utilmente lo studio della dinamica, in Italia specialmente per opera di G. Del Vecchio. Vi furono poi alcuni studiosi i quali, per giungere a maggior compiutezza speculativa, affermarono la necessità di gettar via le costruzioni statiche, le idee fatte, la tradizione, che i loro predecessori avevano difesa e portata alle più elevate sommità. Non soltanto si volle ricercare una novità sostanziale - la dinamica - ma si predicò, contemporaneamente, la necessità di foggiare una coscienza metodica nuova. Il programma: fare quello che Bacone credette di additare più che fare in filosofia. Ma la pretesa procedette oltre i limiti d'ogni ragionato e scientifico assetto. Infatti, non tutta la statica va riveduta in dinamica. Una parte resta tale e quale, ed è la teoria dei prezzi, intesa come formulazione statica, limitata a un certo momento, delle forze che determinano i prezzi. Questa parte assicura la continuità della tradizione degli studî, che è la cosa migliore di ogni scienza. La parte nuova è evidente: la teoria delle istituzioni che non è più statica ma dinamica, la psicologia del soggetto economico, la teoria delle competizioni, la teoria delle imprese, la teoria monetaria del profitto, la teoria dei bisogni, la teoria dinamica dei fattori di produzione e la teoria della produzione. La semplice enumerazione di queste questioni rileva le grandi difficoltà teoriche che stanno nella sistemazione di tutto il materiale dinamico. Fu però merito della nuova tecnica statistica, imperniata in Italia sui valorosi contributi di R. Benini, C. Gini, G. Mortara e C. Bresciani Turroni, e svolta, con una vasta congerie di applicazioni profondissime, da I. Fisher, R. Karsten, Edge, W. M. Persons, e H. Schultz sull'organo magno del cenacolo statistico americano, il Journal of the American Statistical Association, se gli studî di dinamica vantano ormai preziose ricerche, notevoli opere monografiche e felicissime sintesi. Vanno ricordati specialmente: la derivazione delle relazioni statistiche tra sconto e prezzi dovuta al Bresciani, le leggi dinamiche della domanda e dell'offerta scaturite per opera di H. L. Moore e migliorate con i poderosi studî dello Schultz, la teoria della quadratura dello Edge, fatta conoscere dal Karsten, e finalmente, per tacere di altri scritti egualmente felici e originali, il mirabile lavoro del Fisher, che pone in tutta la sua estensione la legge dell'influenza nel tempo di un fenomeno economico su un altro fenomeno economico, da cui si può dedurre l'importanza comparata dei fenomeni economici che la sola statica assolutamente non è in grado di misurare.
Sulla via aperta da questi scrittori si sono già avute le prime generalizzazioni: per virtù del Moore si conosce oggi l'equilibrio economico dinamico limitato ai movimenti intorno alla posizione normale espressa empiricamente dal movimento secolare; mentre un orientamento peculiare - verso la trattazione del problema del monopolio - assume il dinamismo di G. C. Evans, che suggerì un'importante osservazione per la considerazione dell'elemento tempo nelle curve di domanda dinamiche; e per impulso di C. F. Roos l'economia dinamica possiede la posizione chiarissima dell'equilibrio mobile sotto forma di un sistema di equazioni differenziali, da cui, considerando un solo istante del processo economico, si perviene subito al sistema di equazioni dell'equilibrio statico, come a suo tempo aveva perfettamente inteso M. Pantaleoni.
Bibl.: E. Barone, Sul trattamento di quistioni dinamiche, in Giorn. d. econ., 1894; V. Pareto, Le nuove teorie economiche, in Giorn. d. econ., 1901; J. B. Clark, Essential of Economic Theory, new York 1907; M. Pantaleoni, Scritti varii di economia, s. 3ª, Roma 1910; C. Bresciani, Relazione tra sconto e prezzi, in Giornale degli econ., 1916; I. Fisher, The Business Cycle etc., in Journ. of Am. Stat. Ass., 1923; J. M. Clark, Studies in the Economics of Overhead Costs, New York 1923; R. Karsten, The Theory of Quadrature in Economics, in Journ. of Am. Stat. Ass., 1924; G. C. Evans, The Dynamics of Monopoly, in Am. Mathem. Monthly, 1924; I. Fisher, Our Instble Dollar ecc., in Journ. of Am. Stat. Ass., 1925; J. Schumpeter, Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, Monaco 1926; H. Schultz, Mathematical Economics ecc., in Journ. of Pol. Ec., 1927; C. F. Roos, A Dynamical Theory of Economics, in Journ. of Pol. Ec., 1927; G. Cassel, Theoretische Sozialökonomie, Lipsia 1927; G. Del Vecchio, Lezioni di economia applicata, Padova 1930; H. Fogel, Die Theorie des volkswirtschaftlichen Entwicklungsprozesses, ecc., in Jahrb. f. Nat. und Stat., 1928; H. Staehle, Die Analyse von Nachfragekurven ecc., Bonn 1928; H. Schultz, Statistical Law of Demand and Supply, Chicago 1928; R. Streller, Die Dynamik der theoretischen Nationalökonomie, Tubinga 1928; H. L. Moore, Synthetic Economics, New York 1929.