dinamica matematica
Settore della matematica che studia il comportamento dei sistemi dinamici (➔ anche statica). In essi l’evoluzione temporale è descritta da equazioni funzionali, la cui incognita è una funzione y(t), nelle quali il tempo gioca il ruolo della variabile indipendente (➔ indipendente, variabile). Questa caratteristica è comune a tutti i problemi studiati dalla branca dell’economia chiamata economia dinamica, contrariamente a quanto accade nelle analisi statiche in cui si prescinde dal tempo.
La d. economica utilizza equazioni (o sistemi di equazioni) alle differenze finite e differenziali. Le prime trattano problemi in tempo discreto e sono di largo impiego, soprattutto nelle applicazioni economiche, visto che i dati ottenuti dall’osservazione del mondo reale sono quasi sempre riferiti a intervalli regolari di tempo (anni, semestri, trimestri o mesi). Le equazioni differenziali trattano invece problemi in tempo continuo. La soluzione in forma esplicita di un’equazione, cioè la descrizione della sequenza dei valori assunti dalla y(t) in modo tale da soddisfare per ogni t l’equazione, porge indicazioni sul funzionamento dinamico del sistema oggetto di analisi. Se non è possibile ricavare una soluzione in forma esplicita, si cerca almeno di derivare indicazioni qualitative sulle proprietà della soluzione. Quando sia possibile ottenere una soluzione in forma esplicita, il suo comportamento dipende dal tipo di equazione (in particolare dalla forma della funzione nota g(t), che compare a secondo membro dell’equazione non omogenea), dai coefficienti che in essa compaiono e dal valore attribuito a certe costanti associate alle cosiddette condizioni iniziali.
Gli economisti sono primariamente interessati al collegamento che si instaura fra soluzioni ed equilibri (stabili o instabili) del sistema dinamico. La stabilità è legata all’idea che perturbazioni esogene dell’equilibrio (che l’economista mette sempre in conto) tendano a essere riassorbite spontaneamente dal sistema (che siano cioè reversibili); viceversa l’instabilità implica che le perturbazioni esogene tendano ad ampliarsi o comunque a ripresentarsi in futuro e quindi che lo scostamento dall’equilibrio sia irreversibile. Più precisamente, si dice che un sistema è in equilibrio stabile se una piccola perturbazione esogena genera un cammino che rimane definitivamente molto vicino al cammino di equilibrio. Se oltre alla stabilità si verifica anche che ogni cammino che parte sufficientemente vicino al punto di equilibrio converge a esso al divergere del tempo, l’equilibrio si dice asintoticamente stabile. Se queste proprietà sono (in)dipendenti dalla distanza del punto iniziale dall’equilibrio, la stabilità è locale (globale). ● Nel caso lineare, tipici andamenti di equilibrio sono quelli basati su un trend (➔) lineare o esponenziale. Sul trend possono innestarsi, sempre nel caso regolare, una o più oscillazioni cicliche di diversa ampiezza e frequenza. Si ottengono in questo modo spiegazioni rigorose di vari fenomeni economici: equilibrio generale o di singoli mercati; cicli brevi collegati all’andamento delle scorte; cicli lunghi dovuti a variazioni strutturali nei fondamentali dell’economia, in particolare nelle dotazioni di capitale e di forza lavoro e nella produttività dei fattori stessi, anche in relazione a innovazioni tecnologiche; combinazioni di cicli lunghi e di cicli brevi per il sovrapporsi dei due effetti. Modelli in cui compaiono equazioni non lineari possono sfociare in comportamenti irregolari anche di tipo caotico (caos deterministico; ➔ caos, teoria del).