Compagni, Dino
, Nato a Firenze intorno al 1260 e morto il 26 febbraio 1324, fu tra gli elementi più attivi della vita mercantile e pubblica della città. Aderente come D. alla fazione dei guelfi bianchi, ma mai così acceso politicamente da compromettere la sua vita pubblica, dopo la sua iscrizione alle arti nel 1282, fu via via console dell'arte della seta, in vari anni compresi fra il 1284 e il 1299. Partecipò nel contempo come ‛ savio ' ai vari Consigli del comune e salì al priorato in momenti particolarmente significativi della vita politica fiorentina. Fu infatti priore nel bimestre 15 aprile-15 giugno 1289, nel periodo della guerra aretina, quando, dopo la vittoria di Campaldino, in Firenze si preparò quel sopravvento della parte popolare che sfocerà negli Ordinamenti di giustizia; fu inoltre gonfaloniere di giustizia nel priorato che va dal 15 giugno al 15 agosto 1293 nel periodo della pace con Pisa, quando l'egemonia fiorentina si estese su gran parte della Toscana. Partecipò infine all'ultimo priorato di Parte bianca dal 15 ottobre al 7 novembre 1301, allorché, assunta da Carlo di Valois la custodia della città, il C. si allontanò definitivamente dalla vita politica. Fu così che la sua privata attività di illuminato mercante s'intrecciò con quella che egli assunse nelle arti e nell'amministrazione pubblica e civile, in un periodo vario e complesso della storia fiorentina, esterna e interna: quella stessa che vide attore e osservatore il suo coetaneo Dante.
A parte talune Rime, che non si distaccano dal fondo comune di quelle esperienze morali e poetiche, e la Intelligenza, un poemetto allegorico di 309 stanze rivelato da Francesco Trucchi che ne pubblicò le prime sedici nel 1846 (e peraltro tutt'oggi con attribuzione di discusssa paternità), l'opera che interessa D. e l'età sua e personaggi e vicende è la Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi. Il C. tocca la data del 1215 e poi assai più fittamente i tempi dalla pace del cardinale Latino (1280) al 1300, e infine dal 1300 all'età di Enrico VII. Par certo dire che egli tratta la storia fiorentina immergendovisi con candore e furore insieme più da memorialista che da storico, più con gusto e sentimento, ch'è vivido, schietto, sempre pronto e pugnace, che con distacco da cronica. Gli avvenimenti ,che egli presenta e descrive (e che sono gli stessi che entrano tutti o quasi nella Commedia), specie dal 1280 al 1300, sono quelli che lo videro attivo nell'arte di mercante e probo amministratore della cosa pubblica. Si capisce come personaggi e ambienti, tutti stretti attorno a Firenze come centro di cui si celebra con ingenua e schietta ammirazione la gloria del passato innanzi al presente degenere, sono a lui sommamente familiari, quasi tratti stessi della sua vita e del suo sentimento. Ma dentro a questa tela di vicende e di dati la parola segue ogni piega, cade e si esalta, varia nei toni ora commossi, ora patetici, ora lacrimevoli, ora furenti. Né questo dipende dal fatto che alla Cronica, almeno dal suo nucleo centrale, sia mancato un adeguato distacco di tempo. Il Del Lungo pensò infatti che fosse composta " tra gli ultimi mesi del 1310 e i primi del 1311 " (Dino C. e la sua Cronica, I II 511) e fissò " le ultime linee nell'autunno del 1312 " (ibid. 640-641). Questo dimostra che tanto di quel sentimento e di quella, struggente malinconia non nasce da un urto immediato della realtà inadeguata e impari alle attese, quanto piuttosto da una rievocazione distaccata e amara che il ricordo trasforma in disagio morale. Ora, a parte l'enorme apporto che la Cronica può dare per un'intelligenza storica di personaggi e vicende della Commedia, questo aspetto sembra il punto più probo e valido, seppure solo suggestivo, per un raffronto di temi e d'idee, ma anche di espressioni e ritmi verbali tra D. e Dino. Ciò non urta contro l'osservazione che l'Alighieri sia ricordato nella Cronica solo una volta, volutamente e in modo piuttosto generico e frettoloso: " Dante Alighieri che era imbasciatore a Roma (ediz. Del Lungo, pp. 220-221; e il dotto commento, pp. 521-527); anche se si tratta di una testimonianza estremamente preziosa, e unica trai testi coevi (per tutta la complessa questione v. la voce Dante, in Appendice alla presente Enciclopedia, e anche Roma). Accostamenti linguistici tra i due fiorentini sono peraltro stati fatti da G. Roberti (Apologia, pp. 40 ss., 84), storici da I. Del Lungo (ediz. cit., pp. 495-627, in 17 lunghe ed erudite postille), linguistico-poetici da A. Vallone, limitatamente a passi della Cronica e Pg VI (Per la datazione della D.C., in Studi sulla D.C., Firenze 1955, 14-15).
Si riporta qualche esempio a comprova: " la nobile città figliuola di Roma " (Cron. I 1), la bellissima e famosissima figlia di Roma (Cv I III 4); " [Dio] il quale per tutti i tempi regge e governa " (Cron. I 1), impera e regge (If I 127), regat atque gubernet (Mn I V 8); " ricca e larga di imperiali fiumi di acqua dolce " (Cron I 1), lieta / d'acqua e di fronde (If XIV 98-99); " cittadini superbi " (Cron. I 1), genti / ... superbi (Pg XII 35-36); " proibiti guadagni " (Cron. I 1), subiti guadagni (If XVI 73); " in picciol tempo " (Cron. I 2), picciol tempo (Cv I V 9, Pd XII 85); " per le discordie de' suoi cittadini " (Cron. I 2), li cittadin / ... per che l'ha tanta discordia assalita (If VI 61-63); " cosa fatta capo ha " (Cron. I 2), Capo ha cosa fatta (If XXVIII 106); " nacquero molti scandoli e incendi e battaglie " (Cron. I 2), ruine, incendi e tollette dannose (If XI 36); " Furono messi in caccia " (Cron. I 10), a la caccia / di me fu messo (Pg III 124-125); " difensione " per ‛ divieto ' (Cron. I 14), difensione (If VII 81, VIII 123); " condannato nell'avere e nella persona " (Cron. I 23), Morte... e ferute... / nel prossimo si danno, e nel suo avere / ruine, incendi (If XI 34-36); " co' loro seguaci " (Cron. I 23), co' lor seguaci (If XI 128); " deliberati di cacciare " (Cron. I 23), Da questa istanza può deliberarti (Pd II 94); " davano la carne per cibo " (Cron. I 26), Vende la carne loro essendo viva (Pg XIV 61); " Credete voi che la giustizia di Dio sia venuta meno " (Cron. II 1), E se licito m'è, o sommo Giove / che fosti in terra per noi crucifisso, / son li giusti occhi tuoi rivolti altrove? (Pg VI 118-20). E bastano questi, anche se i raffronti potrebbero agevolmente continuare.
Ciò serve non a stabilire, sia chiaro, rapporti di dipendenza dell'una opera dall'altra con l'assurda conclusione di svuotare di ogni autenticità la Cronica; ma solo a cogliere meglio il comune terreno su cui D. e il C. si muovevano, e con esso singolari concordanze e consonanze di spirito (ambedue furono guelfi bianchi) e di lingua.
La vita della Cronica fu spesso resa aspra e difficile, sempre in relazione al fatto (e con tutte le complicanze che comporta) che dell'opera non si conoscono codici anteriori al XVI secolo (la prima edizione a stampa è quella fiorentina del 1728 a c. di D. M. Manni): e si pensi alla polemica tra il Del Lungo (La critica italiana dinanzi agli stranieri e all'Italia nella questione di Dino C., Firenze 1877: che è contro lo Scheffer-Boichorst e il Fanfani) e P.Fanfani (Le metamorfosi di D.C. sbugiardate, ibid. 1878; La critica italiana del signor I. Del Lungo messa in veduta, ibid. 1879); e tra loro i vari interventi di molti letterati e storici del tempo, e, particolarmente, quello di G. Roberti (Apologia di Dino C. in risposta [a...] P Fanfani, Milano 1876). Dopo l'edizione e gli studi di I. Del Lungo (Dino C. e la sua Cronica: l'edizione dell'opera è secondo il codice Ashburnhamiano), tutto questo fa parte solo della storia (e della polemica) del testo.
Ediz. e Bibl. - Chronicon Florentinum italica lingua scriptum, in Rer. Ital. Script. ne 467-536 (nuova ediz. fasc. 117-119 [pp. 1-266], Città di Castello 1913); I. Del Lungo, D.C. e la sua Cronica, Firenze 1879-1887, voll. 3; altra edizione più agevole diedero lo stesso Del Lungo (ibid. 193910), G. Luzzatto (Milano 1906; nuova ediz. Torino 1969) e R. Piccoli (con Rime e Intelligenza, Lanciano 1911). Sul problema dell'autenticità della Cronica, v. D. Guerri, D.C., Torino 1932; G. Folena, Filologia testuale e storia linguistica, in Studi e problemi di critica testuale, Bologna 1961, 29-31. Per L'Intelligenza, oltre a più recenti edizioni, cfr. quella a c. di V. Mistruzzi, Bologna 1928, con ampia introduzione (pp. IX-CCXV), nota al testo, glossario e indice. K. Hil-Lebrand, Dino C., Parigi 1862; I. Del Lungo, Storia esterna vicende avventure d'un piccolo libro de' tempi di D., Roma 1917, voll. 2 (su cui cfr. P. Silva, in " Giorn. stor. " LXXIV [1919] 135-138); A. Del Monte, La storiografia fiorentina dei secoli XII e XIII, in " Bull. Ist. Stor. Medio Evo " LXII (1950) 248 ss.; R..Morghen, La storiografia fiorentina del Trecento, in Secoli vari, Firenze s.a., 81 ss.; P.G. Ricci, Dino C. e la prosa storica del '300, in Letteratura Italiana. I minori, Milano 1961, partic. 208-212.